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Autore: eleonorads_    12/08/2018    0 recensioni
Beatrice, giovane studentessa universitaria, è pronta a gettarsi a capofitto nel suo futuro da mediatrice linguistica, ignara di ciò che il futuro le serberà.
Tuttavia, una sera, basta una tavolata di nuovi amici per riaprire in lei una ferita profonda e tornare a fare i conti con il passato, con l'Italia, con la famiglia, con l'amore, con Alexander.
L'amore è un demone che costringe alla lontananza o può invece essere una colla, che resiste alle intemperie, e annulla la distanza?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Un gioco



 

MADRID 2018




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E’ dalla prima media che iniziai a mostrare la mia gran dote da rompiscatole, farneticando che nella vita avrei lasciato l’Italia per trasferirmi in Spagna. A fare cosa, per quale motivo, con o senza un lavoro...questo non lo sapevo, ma ero certa che avrei piantato le radici là e, sempre là, avrei lasciato crescere il fusto della mia giovinezza e della mia vecchiaia.

Parliamoci chiaro: nessun italiano sano di mente lascerebbe la sua patria, conscio del fatto che espatriare, in tal caso, significa rinunciare alla pizza (la vera pizza), alla carbonara e alla lasagna. Io non ero ovviamente nella lista dei suddetti italiani sani di mente, perciò, alla magica età di 20 anni, ero già pronta a fare le valigie e prendere il primo volo per la terra della sangria.

Mi chiamo Beatrice Biancacci, per gli amici Bea o Bibi, sono nata in un paesino minuscolo e sconosciuto vicino Roma e frequento la facoltà di Lingue e Letterature moderne all’Università degli Studi di Viterbo.

Come dicevo prima, mi sono trasferita da poco in Spagna, Madrid precisamente, ma resterò giusto altri pochi mesi, il tempo di dare qualche esame e poi tornare in quel buco di monolocale scadente vicino l’Università.

Tralasciando il fatto che la mia mente tende spesso a compiere strani viaggi e che la mia fantasia è decisamente come un cavallo imbizzarrito a briglia sciolta, ammetto comunque che non era proprio così il tipo di Erasmus in Spagna che avevo sognato: avevo sostenuto già un buon numero di esami, i miei coetanei spagnoli parlavano italiano più di me e inoltre non avevo ancora intravisto neanche una goccia di alcol.

Non vi sto qui a descrivere la mia delusione.

Stasera, però, accadde qualcosa fuori dal comune: per il suo compleanno, Enrico, un altro giovane studente italiano, aveva deciso di offrirci da bere. Peccato che il poverino non era ancora fisicamente pronto per una tale sfida: bastò infatti un bicchiere di sangria, il prelibato vino fruttato e speziato spagnolo, a mandarlo fuori di testa quanto bastava per permettergli un buon numero di figuracce con il barman e gli altri clienti del locale.

A discolpa di Enrico, posso aggiungere che quella bevanda maledetta aveva sortito lo stesso effetto su di me, quando venni qui in Spagna per la prima volta, insieme a mia madre, diversi anni fa. Ma restare un po' brilla, nel mio caso, era stato decisamente più imbarazzante.

Comunque, stavo dicendo, Enrico offrì da bere, noi in cambio lo obbligammo a ballare con diverse ballerine abbronzate e sorridenti e, dopo essersi scatenato per bene, tornò seduto al tavolo con me, Sabrina, Luca e Lorenzo, urlando:

<< Questa musica la adoro! >>.

<< Ehy, guarda che non sono mica diventata sorda >>, tuonò Sabrina, colorando la sua espressione con una serie di imprecazioni in spagnolo.

<< Lo siento >>. Enrico si scusò, si accomodò vicino alla ragazza cui aveva appena fatto sanguinare un timpano, poi ci guardò ognuno negli occhi, con sguardo eccitato.

<< Vi va di fare un gioco? >>.

<< No >>, esordì di nuovo Sabri, con il suo entusiasmo.

<< Ma non sai neanche a cosa stavo pensando >>.

<< No >>.

<< Allora praticamente… >>, Enrico si sporse in avanti verso di noi e cominciò impertinente a presentare la sua idea << ...non è un vero e proprio gioco, con regole, punti, vincitori, ecc. Ognuno, a turno, deve semplicemente raccontare un suo gran segreto o, se non avete dei segreti così impressionanti, qualche storia importante che lo riguardi, del suo passato magari. Qualsiasi cosa di cui il nostro gruppo non è al corrente, in modo tale da poterci conoscere meglio >>.

Sabrina scoppiò a ridere, seguita subito da Luca e Lorenzo, che invece esordì con un:

<< Ma tu non eri ubriaco? Non puoi andare a prendere a pugni qualcuno o a vomitare in bagno, come ogni buon ubriaco che si rispetti? >>.

<< Ubriaco no, casomai leggermente brillo… >>. Guardai entrambi, sorridendo. Lorenzo ed Enrico non perdono mai un’occasione per punzecchiarsi.

<< Dato che fai così lo spiritoso, parla tu >>. Enrico puntò il dito contro il suo amico, il quale distolse il suo sguardo, sbuffando.

<< Il mio gran segreto è che ho una voglia assurda di tornarmene in camera. Tu eres loco. >>.

<< Come sei noioso! >>.

<< Io sono Batman >>, esordì Luca, alzando il braccio sinistro, come un bambino che risponde “presente” all’appello della maestra.

<< Io sono Sabrina >>.

<< Cosa? Sei cretina? >>. Tutti scoppiarono in una risata fragorosa, tranne Lorenzo, che si beccò un pugno sulla spalla da parte di Sabri.

<< Basta! >>, tuonò Enrico. << Siete tutti una delusione, branco di capre ignoranti >>.

Si portò il bicchiere di sangria alla fronte e ci squadrò uno per uno, neanche fosse uno scienziato che ha a che fare quotidianamente con delle scimmie capaci solo di lanciarsi le proprie feci a vicenda. Continuò nel suo disprezzo per qualche secondo, finché il suo sguardo non si spostò sul mio e fu tutto un:

<< Bea! Bea, Bea, Bea...mia dolce e cara Bea, lo so che tu non mi deluderai mai >>.

Sorrise e, ammiccando, aggiunse:

<< Tu non dici mai no a nessuno dei tuoi amici. Coraggio, raccontaci qualcosa in più su di te...sei sempre così silenziosa e riservata. Fammi questo regalo di compleanno! >>.

<< Ma la vuoi chiudere quella fogna? >>, Lorenzo tentò di correre in mio soccorso, ma io poggiai una mano sul suo braccio, fermandolo. E’ vero, di solito sono molto timida e non mi piace parlare troppo di me, ma, a parte il fatto che Enrico non era del tutto in sé, su un fatto aveva ragione: erano settimane che ci frequentavamo senza conoscerci.

Dal momento che parevano bravi ragazzi, della mia stessa età e anche con le mie stesse passioni, non mi sembrava cosa troppo sconvolgente condividere con loro un piccolo grande frammento di me. Se avessi aperto il mio cuore, magari poi Enrico, Sabrina, Luca e Lorenzo avrebbero fatto la stessa cosa con me.

<< Ti racconterò quello che vuoi sapere, ma dovrai armarti di pazienza >>.

Enrico sorrise di nuovo, col viso illuminato di chi è appena riuscito a raggiungere il suo obiettivo e io ora sono qui, seduta, in un bar qualsiasi nella grande città di Madrid, pronta per aprire il mio libro e cominciare a narrare le prime pagine della mia storia.

O di quello che almeno ne è rimasto, oggi, in Italia. O in qualsiasi altro posto.

 

   
 
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