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Autore: KatherineFreebatch    14/08/2018    4 recensioni
Tra di loro era sempre cominciato così: con una mano a coppa sulla guancia di Ben.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Benedict Cumberbatch, Martin Freeman
Note: nessuna | Avvertimenti: Mpreg
- Questa storia fa parte della serie 'You and me (forever us)'
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Your Hand/My Cheek


Tra di loro era sempre cominciato così: con una mano a coppa sulla guancia di Ben.

La prima volta era successo sul set di Sherlock. Londra era gelida, la camicia viola ed il Belfast troppo leggeri per tenere al caldo quel corpo così magro e usato all’eccesso fino alla settimana prima sul palco dell’Oliver.

 

Dopo un’attesa di quasi mezz’ora, Martin era andato in cerca di Benedict, preoccupato da quel ritardo così fuori carattere e aveva trovato il moro rannicchiato sul divano nel suo trailer. Era addormentato, perso in un sonno senza riposo, i respiri laboriosi e umidi, quasi gracchianti nell’espirazione. Se ne stava avvolto nel Belfast, un Woolrich bianco e una coperta arancione. Sudava e tremava e Martin, preoccupato, aveva agito d’istinto: si era inginocchiato al suo fianco, gli aveva posato una mano sulla guancia e le labbra sulla fronte. Quello che doveva essere solo un gesto per cercare di capire se Benedict avesse la febbre, si era trasformato in un bacio lunghissimo. Talmente tanto lungo che quando Martin era tornato a sedersi sui suoi suoi talloni, aveva trovato gli occhi di Ben spalancati, annebbiati dalla febbre e illuminati da qualcosa di indefinibile.
Il sorriso di Benedict era stato talmente luminoso da abbagliare e lasciare senza parole Martin.


“Hey, Mà.” Aveva biascicato Benedict, poi aveva voltato il capo per posare un bacio direttamente sul centro del palmo di Martin e si era accoccolato contro quella mano e con un sospiro, era scivolato di nuovo in un sonno senza riposo che preannunciava la polmonite che avrebbe colpito il giovane attore solo poche ore dopo.

E, anni dopo, era sempre stata una mano sulla guancia di Benedict a gettare in confusione le carte in tavola.

 

Avevano appena fatto pace, i due. Si erano promessi di coltivare la loro amicizia per portarla alle condizioni di una volta e, per dare segno della sua buona volontà, dopo tutte le parole di lode ed affetto spese nelle interviste nei mesi precedenti, Martin si era presentato agli Emmy per supportare il suo amico e la sua nomina come miglior attore.
Benedict non aveva vinto e la sconfitta era stata un boccone talmente amaro da ingoiare da spingerlo alle lacrime.

 

Martin lo aveva trovato in un angolo del locale affittato per l’after party, un bicchiere di G&T tra le dita e le lacrime che gli ricavano copiose il viso. La loro amicizia pareva ancora troppo fragile per un abbraccio e Martin, chissà perché, aveva pensato che accarezzare il viso dell’amico fosse meno intimo, meno invasivo.


La reazione di Benedict era stata istantanea quanto estrema: le lacrime da copiose, si erano trasformate in un torrente incontrollabile, i singhiozzi avevano preso a scuotere con violenza quel corpo magro ed emaciato.
 

Il rumore del cristallo in frantumi contro il pavimento era passato in secondo piano quando Benedict si era lanciato tra le braccia di Martin, aggrappandosi alle sue spalle con una disperazione disarmante.
 

“Oh, Ben...” aveva mormorato contro il suo collo stringendolo a se. Ed il moro aveva scosso la testa, dicendo di essere cosciente di quanto infantile fosse il suo comportamento, ma che faceva troppo male aver perso, soprattutto dopo tutto l’impegno e tutti i sogni investiti in quel progetto. Martin, privatamente, aveva dato ragione a Ben, ma si era staccato un poco da lui, gli aveva afferrato il viso con entrambe le mani e, guardandolo fisso negli occhi, gli aveva detto:
 

“Per me hai vinto tu.”
 

Il sorriso di Ben aveva spinto Martin a baciarlo sul naso e ciò aveva provocato una risata talmente forte da scacciare le lacrime dagli occhi camaleontici di Benedict.

E, anche oggi, è stata una mano sul viso di Benedict a sancire il cambiamento della vita di entrambi.
 

È stato quando Ben ha presentato a Martin un test di gravidanza, due lineette rosa in evidenza, gli occhi del moro che, intimoriti, fissavano il tappeto grigio e luccicante ai loro piedi.
 

“Non ho intenzione di scusarmi o di disfarmene.” Ha detto appena detto lui, le mani in tasca e una posizione di sfida ad irrigidirgli le spalle in netto contrasto con l’espressione incerta sul suo viso.

 

“Adesso sta a te decidere che farne... di noi.”
 

E Martin si è affidato al metodo consolidato per confortare e rassicurare quello che negli anni era diventato il suo migliore amico, il suo uomo, il suo compagno, la sua ragione di vita: gli ha posato una mano sulla guancia, i polpastrelli insinuati appena tra i ricci che stavano crescendo in preparazione per la nuova stagione di Sherlock.
 

“Cosa vuoi che ne faccia di voi, se non proteggervi e amarvi fino all’ossessione?”
 

E Benedict ha sorriso, spinto la guancia contro la mano di Martin, posato il suo palmo su quello del biondo. Una lacrima aggrappata alle ciglia e negli occhi, un ti amo grande come un universo.

   
 
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