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Autore: Ily Briarroot    14/08/2018    7 recensioni
[Prima classificata al contest di EFP "Tiriamo fuori la fantasia!" indetto da i love ace 30 e giudicato da molang].
[ATTENZIONE: accenni Spoiler].
"Shiho chiuse appena le palpebre, seria, cercando di trattenere a stento le lacrime causate da una decisione dolorosa che sentiva di non avere il coraggio di attuare. Tuttavia, la migliore che potesse prendere, sia per se stessa che per lui."
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Tooru Amuro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tied to you
“Perché il mio cuore si spezza un po’ quando sento il tuo nome"
 




Hai sempre creduto che le illusioni nella vita non portino mai a nulla di buono. 
Non tolleravi l'idea di dare retta a sciocchi ideali creati dalle menti umane con l'unico scopo di ricevere un conforto momentaneo, nell'assurda pretesa di cancellare la dura realtà che chiunque è costretto ad affrontare. Sei cresciuta così, d'altronde, e non avresti mai cambiato idea. Il solo pensiero di poterti aggrappare a qualcosa di simile a una speranza ti irritava, poiché lo consideravi un rifiuto nel voler affrontare la dura realtà che la vita riserva. Non c'è via di scampo, non c'è alternativa. Ognuno nasce nel proprio status, senza alcuna via di fuga, imparando ad accettare ciò che arriva senza vedere altro. 
La libertà. 
Sorridi al solo pensiero. Un altro ideale astratto e vano, perché non siamo noi a decidere il nostro destino, al quale possiamo solo arrenderci o dal quale scappare. 
Già, perché tu non sei come Akemi. Lei aveva il sole negli occhi, illuminava l'ambiente con un sorriso. Tua sorella ci credeva, in quei valori. Aveva lottato per tentare di cambiarlo, quel destino, ma aveva fallito.
Illusa. 
Avresti voluto dirglielo, il giorno in cui è morta. Avresti voluto urlare e dirle che avrebbe dovuto ascoltarti, che non era finita bene ed era scontato sarebbe successo. E che adesso, per colpa di quella sua decisione, ti aveva lasciata sola. 
Akemi non c'è più e con lei, da quella volta, si è spento tutto. Avevi deciso di rassegnarti, tempo fa. Era l'opzione più semplice per smettere di soffrire e per evitare di dare soddisfazione a coloro che ti tenevano chiusa in gabbia. E invece la vita ti ha offerto un'altra occasione, un'altra possibilità di avere una famiglia e degli amici. Come la fenice che rinasce dalle proprie ceneri, avevi trovato il coraggio di ricominciare. Con tanta, tanta paura e mille difficoltà, certo. Ma, passo dopo passo, una persona era riuscita a tirarti fuori da quell'inferno, scalfendo la corazza che avevi innalzato per proteggerti dal mondo. Lui, solo e soltanto lui. Il ragazzo che ti aveva puntato il dito contro ma che, lentamente, aveva creduto in te, prendendoti per mano. Che aveva rischiato più volte la sua vita per salvare la tua e che, più di ogni altra cosa, ti aveva fatto credere ci fosse una speranza, quella che non avevi neanche preso in considerazione. 
Lottare. 
Ti aveva fatto capire quanto fosse sbagliato scappare da un destino che invece era sempre stato possibile stravolgere in meglio. E lo avevi imparato solo con lui accanto, appurando che quelle di Akemi non erano parole sparse nel vento. Quasi come se lei avesse guardato negli occhi quel ragazzo, affidandoti a lui. Esattamente come se ti avesse indicato la via per raggiungerlo, per far sì che lui trovasse te. In fin dei conti, il tuo raggio di sole non ti aveva lasciata. Si era solo trasformato. Senza quasi rendertene conto, ti sei innamorata di quegli occhi blu, di quell'istinto nel rischiare la vita solo per gli altri. Solo per te. Ormai quel detective era la tua unica luce, in quel marasma di pensieri e ansie che non riuscivi a levarti dalla testa.
E poi, di colpo, anche la libertà è arrivata. 
Velocemente, fin troppo velocemente. Ti eri abituata a quella nuova vita quando, guardandoti allo specchio, vedevi il riflesso di una ragazzina pulita e felice e non quello di una giovane donna criminale che non conosce l'amore. 
Lo avevi scoperto in quei due anni, cosa fosse. Avevi avuto bisogno di una figura paterna che ti aveva accolta in casa e dei bambini che ti giravano intorno. La forma più pura di affetto, quella a cui non avresti più rinunciato. 
Ma, tutto ciò, era possibile solo con la consapevolezza di poter  stare lì con loro. La stessa che ti faceva vivere al sicuro, che ti aveva fatta aprire con fatica verso il mondo. La protezione che quella vita ti aveva trasmesso, arrivata pian piano con la fiducia verso la persona che più ti stava aiutando. Lo sforzo di combattere e lottare, perché quest'ultima te lo aveva insegnato, anche se avevi appreso con difficoltà cosa significasse. 
Una vita molto bella, tutto ciò che non avevi mai assaporato. Ti sei trovata a desiderare molte volte durasse per sempre, complice una vana speranza che ti si delineava nella testa. 
Era tutto un'illusione, una felicità temporanea destinata a svanire. Lo hai sempre saputo, d'altronde. 
Ne eri consapevole quando ritardavi la creazione dell'antidoto definitivo all'apotoxina e anche quando cercavi di tenere per te le informazioni pericolose che conoscevi, allontanando Shinichi dal pericolo.
Perdere lui significava perdere tutto, quando credevi di averlo già perso, quel tutto. 
Perdere lui equivaleva porre fine a ogni cosa, tanto valeva concedersi al nemico. Finché, di colpo, il mondo si è capovolto e l'Organizzazione non esisteva più. Avevi combattuto a testa alta e il pericolo era scomparso portandosi via l'amarezza di un passato da dimenticare. 



 
Shinichi diede tre colpetti alla porta socchiusa, prima di spalancarla del tutto. 
«Posso?». 
Lei era ferma, in piedi, lo sguardo perso nel vuoto, ragionando sulla nuova prospettiva con la quale vedeva per la prima volta la stessa stanza che le apparteneva da ormai due anni. Si voltò verso di lui, lievemente confusa nel vederlo con il suo vero aspetto. 
«Perché mi guardi così? Ti aspettavi Conan?». 
Shiho sorrise malinconicamente, trattenendosi dal rivelargli quanto già le mancasse il bambino occhialuto che le stava accanto e che sostituiva la figura del liceale alla quale avrebbe solo dovuto abituarsi. 
«Non ho dubitato neanche per un attimo che, una volta risolte le cose, non avresti aspettato un minuto in più per prendere l'antidoto definitivo». 
«Hai ragione». 
Shinichi ridacchiò, annullando definitivamente la distanza tra di loro. Notò subito dopo la sua espressione seria, fatta di quella profondità che apparteneva solo a lei. Capì immediatamente ci fosse qualcosa che non andava. 
«Non sei contenta di essere tornata quella che eri? Eppure tu stessa dicevi di sentirti a disagio in quel corpo da bambina, no?». 
Lei non lo guardò, incrociando le braccia al petto e percependo un peso enorme che le schiacciava i polmoni e che non le permetteva di respirare. 
Non avrebbe potuto dirgli cosa la tormentava, né il fatto di essere spaventata, combattuta dalla sicurezza che l'idea dello stare vicino a lui le trasmetteva e la consapevolezza di non poterlo fare e non perché non volesse. 
«È vero, ma ora è tutto diverso».
«Hai paura?».
Sollevò lo sguardo verso di lui solo in quel momento, specchiandosi nei suoi occhi innocenti. Così puri e diversi dai propri, che avevano visto tanto, troppo. 
«Che differenza farebbe? Devo pur cominciare da qualcosa, nonostante sia difficile farlo da sola».
«Non sei sola, ricordi? Non devi dimenticarlo». 
Shiho chiuse appena le palpebre, seria, cercando di trattenere a stento le lacrime causate da una decisione dolorosa che sentiva di non avere il coraggio di attuare. Tuttavia, la migliore che potesse prendere, sia per se stessa che per lui. Lo fissava negli occhi blu, cercando di mantenere il massimo della compostezza senza battere ciglio. Era semplice notare la titubanza del detective, la sua espressione confusa. Le sopracciglia leggermente inarcate, frutto di chissà quale pensiero che aleggiava da un po' nella sua testa. 
Lentamente, molto lentamente, gli aveva posato le mani sul volto in modo da specchiarsi nelle sue iridi dai riflessi così particolari. 
Decise di ignorare il battito furioso del suo cuore, in quel momento così privo di ogni freno inibitore, così capace di osare ciò che sapeva non gli sarebbe mai appartenuto. Era libero, in quel momento. Libero di sfociare in un'illusione che avrebbe fatto male, in seguito.
Con le mani pallide ancora ferme sul viso caldo di lui, lo aveva guidato verso la sua fronte, facendovi appoggiare contro quella del ragazzo. Adesso, riuscire a non perdere l'immagine nei suoi occhi era diventato complicato. 
«Sarà l'unica volta. Questo non è il mio posto, né il mio destino. Lo so» sussurrò Shiho, prima che un sorriso amaro prendesse spazio sul suo volto. Il calore che emanava, la sensazione di sicurezza che ancora le trasmetteva il suo corpo. Era ancora lì, davanti a lei. Non avrebbe cambiato nulla di ciò che stava per accadere. 
«Shinichi... ». 
Con la stessa calma, portò le labbra del ragazzo sulle proprie, in un bacio che sapeva di affetto, di condivisione, della vita che avrebbe desiderato. Il detective si era irrigidito, impacciato e completamente stordito, finché percepì la propria bocca muoversi da sola, lentamente, su quella di Shiho. Ricambiò appena, goffamente, quel bacio del tutto inaspettato senza quasi rendersene conto, mentre le mani fredde della ragazza premevano ancora sulle sue guance calde.
Lei si allontanò da quel piacevole contatto subito dopo, preda del sentimento più bello e reale che avesse mai provato e che aveva dovuto interrompere bruscamente. 
«M-ma... tu... ». 
La voce del detective la trascinò di nuovo alla realtà e scosse la testa, mantenendo un limite minimo di distanza. 
«No, non fare domande. Ti prego» gli rispose, la voce spezzata che cercava a tutti i costi di nascondere. «Volevo condividere un'ultima cosa importante con te, prima di andarmene. Adesso torna da lei. Era quello che volevi, no? È meglio così». 
Shinichi dischiuse appena la bocca nel vano tentativo di realizzare la situazione, quando la vide voltargli le spalle e correre via. 
«Ehi, no. Aspetta!». 
La seguì fino al piano di sotto, percorrendo velocemente le scale. Soltanto quando raggiunse l'ingresso si rese conto che lei era sparita oltre la pioggia che scendeva fitta da un po' e che non aveva intenzione di arrestarsi molto presto. 


 

Hai sempre saputo quale fosse la soluzione migliore. Quella di andartene, di allontanarti dal ragazzo che amavi più di ogni altra persona al mondo. Da colui che ti aveva accolta e protetta, il tuo pilastro. L'altra metà di te stessa. L'alternativa che Shinichi non aveva neanche mai preso in considerazione. Ma le illusioni non esistono e hai impedito spesso alla tua mente di crearne per evitare di seguire sentimenti che ti uccidevano, poiché lui sarebbe tornato da Ran, dopo una settimana, un mese o un altro anno.
E, forse, è arrivato anche il tuo momento di cominciare a vivere. 
Se solo fosse lì, vicino a te, come sempre. Se solo non fossi andata via, la certezza di avere la sua mano, il suo aiuto, non ti farebbe sentire così spaesata. 
Non avresti mai potuto rimanere, non dopo averla vista mentre gli avvolgeva le braccia al collo. 
Dopotutto, non avevi mai preteso nulla. Un bacio, un saluto, un addio. Nulla di più, per la persona che ti aveva dato una seconda possibilità e dalla quale dovevi separarti per tornare a vivere. 


 
~


«Anche oggi hai pensato da solo alla colazione e non vuoi mai un aiuto. Che poteri hai?». 
Shiho si avvicinò al tavolo della cucina apparecchiato accuratamente, notando l'enorme quantità di cibo invitante preparato di buon'ora. Sorrideva senza che neanche se ne rendesse conto mentre prendeva un biscotto al volo e se lo portava alle labbra. 
«Mi spiace, non posso svelarti il segreto. So fare tante cose, mettila in questo modo». 
La voce del giovane uomo che fece capolino nella stanza le giunse alle orecchie con la velocità di un fulmine. Si avvicinò a lei e le scostò la sedia, guardandola in modo eloquente e pronto a ribattere alla risposta negativa che avrebbe seguito quel gesto. 
«No, non tentare di convincermi» gli rispose la castana, assumendo il solito atteggiamento rigido per un istante. «Sono in ritardo, devo scappare». 
Masticò velocemente, per poi muoversi con l'intenzione di fiondarsi verso la giacca appesa all'ingresso. Tuttavia non fece in tempo a scattare in quella direzione, perché il biondo le aveva già afferrato il polso con una mano, obbligandola a retrocedere verso la sedia. 
«Rei, stamattina non posso. Ho molto da fare a lavoro» gli rispose riluttante mentre prendeva posto davanti al tavolo. Un sorriso di soddisfazione si formò sul volto del ragazzo, segno che aveva vinto la sfida. 
«Che importa se arrivi con qualche minuto di ritardo? Devi fare una colazione decente almeno una volta alla settimana. E poi guarda... » le fece segno di guardare le sue creazioni culinarie, ridacchiando «... mi sono impegnato. Fallo almeno per me».
Shiho sbuffò rassegnata, scegliendo un altro biscotto dal vassoio. Per quanto Rei le piacesse e per quanto apprezzasse il suo sforzo nel prendersi cura di lei nonostante le sue mille attività, pensava di aver messo in chiaro quanto il lavoro fosse importante e quanto la loro relazione non avrebbe dovuto ostacolarlo in alcun modo.
«Allora impegnati anche a trovare una scusa convincente per il mio ritardo in laboratorio» disse monotona lei, avvicinandosi la tazza di caffè ancora caldo. «Cuoco, infiltrato in un'organizzazione criminale e poliziotto, oltre che un bravo uomo di casa. C'è qualcosa che tu non sappia fare?». 
Il ragazzo allargò il suo sorriso, l'espressione maliziosa stampata sul volto. Si sedette di fronte a lei, osservando ogni suo minimo movimento. 
«Aspetta e vedrai. Ci conosciamo da pochi mesi, a tempo debito saprai che me la cavo molto bene anche in altre faccende».
Quella risposta la colse alla sprovvista qualche istante, il tempo in cui i loro sguardi s'incrociarono. Averlo ritrovato era stato un caso, un mese dopo essersene andata da Beika. In quel periodo stava cercando uno spunto da cui iniziare per sistemare la sua vita, ancora così totalmente alla deriva, in balia della confusione più totale. Ora che poteva assaporare la sensazione di libertà, adesso che poteva respirarlo a pieni polmoni, non aveva idea di come farlo davvero.
Senza Shinichi era tutto diverso e lo sarebbe stato sempre. La verità era che le mancavano quegli occhioni blu, grandi e innocenti come quelli di un bambino, che la fissavano e la completavano. 
Ma lui le aveva insegnato cosa fosse davvero il destino e lei aveva imparato a crederci.
Si convinse che, in fin dei conti, quello di aver incontrato Rei dall'altro capo della città non poteva essere stato un caso. Diffidente sin da subito per colui che aveva conosciuto con il nome in codice di Bourbon e che aveva cercato di ucciderla, aveva fatto fatica a credere che in realtà l'avesse aiutata, che fosse sempre stato dalla loro parte. Rei aveva dovuto trovare delle prove concrete da mostrarle, era consapevole di essere stata impegnativa. Molto impegnativa. 
D'altronde, l'unica persona della quale si fosse fidata davvero era Shinichi e lui le aveva tenuto nascosto tutto sulla vera identità di Tooru Amuro. Tuttavia, pian piano, aveva lasciato che quest'ultimo scalfisse lentamente la barriera che aveva costruito intorno e che riuscisse ad avvicinarsi, ogni giorno sempre di più. 
Era vero; non lo conosceva bene, non ancora, ma le piaceva. Le piaceva sul serio. 
Shiho si riscosse da quei pensieri, nascondendo il lieve imbarazzo causato dalla sua affermazione.
«Ho capito cosa intendi. Se la tua voleva essere una frase a doppio effetto, beh... ci sei riuscito male». 
La ragazza poggiò la tazza sul tavolo con la solita compostezza e lui ridacchiò, ormai abituato ai suoi modi di fare. 
«Ormai siamo una coppia ufficiale. Possiamo anche parlare di certe cose».
«Mi chiedo come facciate a essere pieni di tutta questa presunzione voi detective. Non correre» puntualizzò Shiho, senza trattenere una punta di divertimento nella voce. Si alzò in piedi, ignorando la voce proveniente dal televisore che elencava i fatti di cronaca più eclatanti degli ultimi giorni. Sospirò, realizzando che purtroppo neanche Yamagata fosse esente dalle tragedie quotidiane. 
Rei non mutò la sua espressione; continuava a osservarla sempre più interessato a quella sfida a parole che gli stava lanciando.
«Punto primo, sono un poliziotto. Punto secondo, non nutro alcuna presunzione nei tuoi confronti». 
Lei lo guardò di nuovo, fingendo la massima impassibilità. 
«Adesso vado davvero o non mi sbrigherò presto stasera» gli disse velocemente, alzandosi in piedi. Non fece in tempo a farlo, però, perché la foto in primo piano sullo schermo del televisore la lasciò immobile per un lasso di tempo che sembrava infinito. 


«Ed è così che il giovane e promettente detective Shinichi Kudo ha sventato i piani del colpevole, assicurandolo alla giustizia. Una brillante carriera tutta in ascesa quella di questo ragazzo, che, nonostante l'età, è uno dei più famosi investigatori del Giappone».


Strinse un pugno senza accorgersene, iniziando a tremare. Erano passati tre anni durante i quali non era tornata a Beika per timore di poterlo vedere, per cancellare tutto ciò che ancora nascondeva dentro, in un angolo buio e spento del suo cuore. Il dottor Agasa era l'unico che ancora sentiva regolarmente. L'unico a conoscere il suo trasferimento in quella città sconosciuta. 
Gli aveva chiesto di non dire nulla a nessuno, soprattutto a lui. E, a malincuore, il professore aveva accettato, non senza le iniziali insistenze sul fatto di rimanere a vivere a casa sua.
Adesso, sentire la voce di Shinichi e vederlo dopo tanto tempo le aveva fatto riaprire una ferita che pensava si fosse cicatrizzata. 
Rei fu attento e notò il suo sguardo, avvicinandosi appena. 
«Ehi, Shiho» la chiamò, cercando i suoi occhi nascosti dalla frangia che le ricadeva scompostamente sul viso. «Dovresti parlargli». 
«No» tagliò corto lei, respirando profondamente. «Adesso sarà meglio che vada. Ci vediamo stasera». 
Dopodiché s'infilò velocemente la giacca e sparì, chiudendosi la porta alle spalle, sotto lo sguardo serio di Rei che vedeva l'ombra di quel legame forte che Shiho avrebbe mantenuto con Shinichi, nonostante tutto. Nonostante lei continuasse a ignorarne l'esistenza. 


 
~

 
«Un caso davvero complesso quello ha scosso l'intera prefettura di Yamagata, regione di Tohoku. Si tratta di due omicidi avvenuti in modo misterioso e che non hanno ancora un colpevole. Questa mattina, l'arrivo del giovane detective Shinichi Kudo, sul posto per dare un contributo alle indagini, ha movimentato l'aeroporto di Yamagata, preso d'assalto da giornalisti e curiosi... ».


«Questa donna è stata uccisa dal cianuro di potassio contenuto in quel té almeno dieci ore fa» disse Shiho, osservando il corpo rigido della donna sdraiata a terra «vede, Ispettore? Lo dimostra questo colore sotto le unghie. In più, l'odore di mandorle è molto forte». 
Prese con cura il bicchiere di plastica rovesciato a terra, annusandolo da una distanza non troppo ravvicinata. L'uomo con la giacca che le stava davanti l'ascoltava attentamente mentre prendeva appunti e annuiva di tanto in tanto. 
«Invece, il marito è morto per strangolamento. I segni che ha sul collo indicano che l'assassino abbia utilizzato una corda. Anche questo omicidio si aggira intorno alle ventidue di ieri sera». 
La giovane donna si sfilò delicatamente i guanti, prima di alzarsi in piedi. L'Ispettore la ringraziò, prima di allontanarsi velocemente dalla scena del delitto per accogliere qualcuno. 
Fu allora che vi fece caso. 
Si fece avanti un ragazzo alto, moro, dallo sguardo deciso. Il suo sguardo, quello che ormai aveva imparato a conoscere e che aveva amato e preso in giro al tempo stesso. Gli occhi blu, uguali a come li ricordava. 
Il cuore perse un battito quando si trovò davanti Shinichi Kudo per la prima volta dopo tre interminabili anni. Lo vide fermo, di sasso, mentre la scrutava come se la vedesse per la prima volta. 
E lei reagì allo stesso modo. 
«Shinichi» mormorò, cercando di formulare un pensiero sensato. Ma neanche in questo riuscì.
«Ai?». 
Gli venne fuori quel nome così, d'istinto. 
Shiho sorrise e non ci volle molto prima che lui ricambiasse lo sguardo. 


«Quindi ti sei trasferita subito qui» concluse lui, una volta che ebbe ascoltato tutta la storia. Non vederla più gli aveva fatto male, anche se non lo aveva mai ammesso. 
«Sì. Avevo bisogno di cominciare a vivere. Non è stato facile». 
Camminavano da un'ora, ormai, sotto il sole primaverile in una delle zone più verdi della città. Shiho si era fermata improvvisamente, ammirando i colori del tramonto che stava ormai spegnendosi. 
«Ci sei mancata. Il dottor Agasa non è più lo stesso da quando sei andata via. Lui non ha mai voluto dirmi dove fossi».
«Gliel'ho chiesto io». 
Shinichi si voltò a guardarla, stupito. Non capiva quella richiesta così distante, così fredda. Aveva in mente le immagini degli ultimi momenti con lei, di quel bacio mai chiarito. Tuttavia, non era un argomento facile, soprattutto per uno come lui. 
«Ma perché non sei rimasta? Beika è casa tua». 
«Avevo bisogno di separarmi da te e di imparare a vivere la mia vita da sola. Dopotutto la tua ha avuto una grande svolta, no? Con Ran». 
L'amico annuì, perdendosi per un istante nei colori del cielo. 
«Sì, stiamo finalmente insieme adesso che non ci sono più pericoli. Voglio dire, mi ha perdonato e va tutto bene. Ma mi chiedo ancora cosa sia successo quel giorno, voglio dire... ». 
«Niente, Shinichi. Dimentica tutto come ti avevo chiesto. Voglio solo che tu sia felice» gli rispose malinconicamente, sospirando. «Con lei». 
Il detective aveva ancora tante domande in testa, alle quali non riusciva a dare una collocazione. Avrebbe voluto dissipare i suoi dubbi una volta per tutte, ma i suoi occhi luminosi e malinconici lo dissuasero dal farlo. Verdi, belli e profondi, esattamente come li ricordava. 
«E Ai Haibara come sta?» le chiese divertito, scrutando la sua reazione. Era incredibile la sensazione che provava nell'averla ancora una volta accanto a lui, come se il tempo non fosse passato. Un senso di completezza che non viveva più da anni e che era diventato fondamentale nella sua vita. 
«Ai Haibara sta bene. È Shiho Miyano che sta cercando di rimettersi in gioco» rispose la ragazza, quasi divertita dalla sua affermazione. La complicità che tanto gli era mancata, ora era improvvisamente tornata. 
«Quindi ormai ti ho trasmesso la passione per i casi. Non avrei mai creduto di ritrovarti sulla scena di un crimine». 
«No! Non pensarci neanche, detective. Il mio lavoro rimane in laboratorio, diciamo che a volte mi improvviso medico legale quando è necessario. Non rompiamo gli schemi, sei tu il fissato di gialli». 
«Sapevo che sarebbe accaduta una cosa simile, in fondo».
Lui rise e lei lo imitò appena, approfittando della situazione per osservarlo. Sorrise, leggendo in quell'espressione le tracce di quel bambino che aveva conosciuto cinque anni prima. 
«Diciamo che è cambiato anche qualcos'altro. Per Shiho è ancora piuttosto difficile affrontare la libertà, ma ce la sta mettendo tutta. Sta ricominciando a vivere sul serio» continuò poi, poggiando la mano sul ventre, leggermente arrotondato da quei tre mesi trascorsi in fretta.  Fu allora che lui capì. 
«Non dirmi che... ». 
Lo sguardo che le rivolse fu uno dei più belli che avesse mai visto. 
Shinichi la vide annuire e trattenere dentro di sé un'emozione alla quale non era abituata. 
«È così. Sul mio cammino è capitato un poliziotto arrogante di nome Rei Furuya, lo conosci?» ironizzò lei, consapevole di avere la sua più completa attenzione. Vide di colpo la sua espressione sbigottita, l'idea farsi largo nella sua mente. Dopodiché Shinichi scosse appena la testa, donandole un sorriso carico di nostalgia e affetto.
«Sei felice?». 
La castana riprese a camminare guardando a terra, cercando le parole più giuste da dire. Quelle più vere, alle quali non aveva pensato del tutto. Respirò a fondo e solo quando fu sicura che lui stesse tenendo il passo si bloccò, incrociando le sue iridi blu. 
«Sì, adesso lo sono. Ma solo perché tu mi hai dato una seconda possibilità». 
Di colpo, quel dolore era scomparso. Da quando era entrato Rei nella sua vita, da quando aveva aperto il suo cuore a un'altra persona che l'aveva capita e amata, la sofferenza verso quel qualcosa che non avrebbe mai potuto essere era cessata. La cicatrice non se n'era mai andata e palpitava, ma era sopportabile. 
«Sono contento per te. Davvero». 
Si fermarono di nuovo, l'uno davanti all'altra, per qualche attimo nel quale nessuno dei due proferì parola. Dopodiché Shiho gli si avvicinò e, lentamente, gli circondò il collo con le braccia, stringendosi al suo corpo. Lo stesso calore, le stesse sensazioni di una volta. 
«Grazie, Shinichi. Per tutto». 
Una lacrima sfuggì al suo controllo, finendo sulla spalla del ragazzo. L'affetto, quello puro. Il filo rosso di un destino comune a entrambi che non si sarebbe mai sciolto. 
«Non dirlo, sono io che devo ringraziarti. Mi sono accorto di non averlo mai fatto seriamente» mormorò lui, stringendola in un abbraccio goffo, ma che non avrebbe mai rifiutato. «Mi sei mancata». 


 

Di colpo, era tutto più semplice. Gli ostacoli non esistevano più, così come i timori scaturiti da quell'addio complicato. Allontanarsi da lui era come non respirare, ne eri consapevole. Ma il ritrovarsi, il rivederlo senza percepire il vuoto, il pensare a lui senza sentire più dolore erano le cose che ti avrebbero permesso di continuare la tua vita senza più paure, ora ne eri certa.
Perché Shinichi sarebbe sempre stato una parte importante di te stessa. 



 

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Note dell'autrice
Fanfic scritta di getto e - io non so perché me le vado a cercare, anzi, le scrivo - triste per i fan della ConAi, ne sono consapevole. Tutto nato dal fatto che lui le spezzerà il cuore, perché forse ormai nella mia testa succederà. L'idea è nata dalla citazione per il contest del forum di EFP e tutto è venuto da se'. Fan ConAi, me compresa, scusate. xD 
 


 
  
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