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Autore: Lexi Niger    09/07/2009    7 recensioni
Cinque anni. Sono rimasti separati a lungo, senza cercarsi affatto. Ora Blair ha bisogno dell'aiuto di Chuck per scoprire un segreto che le è stato a lungo nascosto. Lo convincerà? Insieme verranno a capo al mistero? Un incontro il loro che cambierà necessariamente lo scorrere ordinario delle giornate di entrambi.
Genere: Romantico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Probabilmente nessuno si ricorderà di questa storia, ma visto che ci tengo molto ho scritto un nuovo capitolo, aggiornandola.
Siccome non avevo progettato di tirarla per le lunghe pensò di aggiornare (tempo e ispirazione permettendo) in tempi abbastanza brevi.
Mi auguro che qualcuna la segua ancora, nonostante io l'abbia sospesa per la maturità.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacione, Ale.


Capitolo 8.

Cadde dal divano, provocando un rumore sordo nel salotto.
Chuck Bass, in passato, si era svegliato tra le braccia di una balia, raramente tra quelle del padre, più spesso circondato da ragazze di cui non ricordava nemmeno il nome, oppure in compagnia di Nate, dopo le serate più travolgenti.
Mai però si era svegliato con la faccia schiacciata su un persiano color panna, dopo una caduta tutt'altro che piacevole.
Per fortuna aveva avuto la prontezza di atterrare con le mani davanti al viso, evitando di rompersi il setto nasale, nel migliore dei casi.
Maledetta Waldorf che lo aveva costretto a dormire su un divano che, per quanto pregiato e morbido, lo aveva tenuto sveglio per buona parte della notte.
A fatica si puntellò sul tappeto con le mani, tentando di rialzarsi senza provocare nuovo dolore alla schiena già martoriata.
Sistemò la coperta con cui aveva inutilmente tentato di scaldarsi nelle ore precedenti e si diresse verso il bagno al piano terra, riservato alle incombenze minori.
Guardandosi allo specchio quasi non si riconobbe, vedendo i capelli spettinati e le occhiaie marcate che, in vicinanza agli zigomi pallidi, lo rendevano uno zombie.
Cercò di darsi un contegno veloce prima di tornare in salotto dove recuperò la sua roba, quella poca che gli era stato concesso di estrarre dalla valigia la sera precedente, e si diresse alle scale per salire al piano superiore, dove avrebbe trovato una sistemazione più congeniale.
Girò la maniglia di una porta, non ricordando a quale stanza immetteva, ma la trovò chiusa a chiave e dovette rinunciarvi.
Finalmente, dopo aver oltrepassato un'altra camera, dove probabilmente dormiva Dorota, giunse in quella riservata agli ospiti, riconoscibile per quell'aria un po' asettica che regna sempre in una stanza dove non si vive se non in periodi rari e di breve durata.
Lasciò il borsone ai piedi del letto matrimoniale, coperto da una ricamata coperta nelle tinte dell'azzurro e si avviò verso il bagno collegato a quella camera, in modo che gli ospiti non dovessero adeguarsi ai ritmi dei padroni di casa.
Ruotò il pomello dell'acqua calda all'interno della doccia e tornò a spogliarsi, abbandonando il pigiama su una sedia.
La doccia lo aiutò a rilassarsi ed a recuperare le forze perse il giorno prima, nel tour de force che lo aveva coinvolto fin dalle prime ore della mattina, riportandolo nella sua città natale.
Si avvolse in un morbido asciugamano cobalto e ritornò sui suoi passi, cercando alla rinfusa un maglione sufficientemente pesante per sopportare il rigido inverno newyorkese, a cui non era più abituato.
Quando fu completamente vestito si portò alla finestra, dove vide i grattacieli rivestiti da una nuova e fresca coltre di neve candida, caduta con tutta probabilità nella notte.
Si tolse le scarpe di pelle che aveva già infilato e indossò un paio di scarponcini, adatti alla fanghiglia che avrebbe trovato una volta sceso in strada.
In silenzio prese il cappotto e la sciarpa e si diresse verso le scale, ma un pensiero lo bloccò: voleva vedere lei, prima di uscire.
Tornò indietro fino a raggiungere una camera che conosceva benissimo, per averci trascorso molti pomeriggi in compagnia dei suoi migliori amici e numerose notti insieme a Blair, quando le cose tra loro non si erano ancora guastate nel peggiore dei modi.
Socchiuse leggermente la porta, attento a non provocare nessun cigolio, e per un attimo esitò, spaventato da qualcosa che non riusciva pienamente a spiegarsi.
Blair Waldorf dormiva serena nel suo ampio letto, con i capelli mossi che si aprivano sul cuscino, intorno al suo volto angelico.
In quei momenti della ragazza calcolatrice e cinica che lui conosceva non vi era nulla, se non un leggero sorriso dall'aria furba che le increspava le labbra; per il resto Blair sembrava indifesa, persino fragile nel modo in cui stringeva al petto le coperte.
Per un attimo Chuck fu tentato di avanzare fino al letto e sedersi ai suoi piedi per osservala più da vicino, come era abituato quando si svegliava prima di lei in passato, ma si trattene: il loro rapporto era mutato radicalmente e lui non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi in quella stanza, in quella città, se solo avesse dato retta al cervello piuttosto che ad una stupida curiosità da ragazzino.
Si allontanò velocemente, come se stare un secondo di più avrebbe potuto compromettere la situazione, e tornò al piano terra, dove chiamò l'ascensore.
Salutò cordialmente il portiere all'ingresso del palazzo e uscì all'ara gelida di dicembre che penetrò fin sotto il suo pesante cappotto, provocandogli un brivido inaspettato.
Percepì il cellulare vibrare nella tasca destra e lo estrasse velocemente, senza controllare lo schermo.
< pronto? > disse tranquillo.
< charles? > replicò una voce femminile dal timbro cristallino.
< sì sono io, Genevieve > rispose il ragazzo, continuando a camminare sul selciato viscido per il ghiaccio.
< come va a Londra? > gli chiese la moglie.
Il giovane alzò lo sguardo verso il cielo plumbeo che minacciava pioggia, con una smorfia di disappunto.
< sono a New York > precisò, cercando di non apparire frustrato.
Sua moglie non si ricordava nemmeno dove era diretto quando l'aveva lasciata la mattina precedente, non che normalmente venisse degnato di particolare attenzione.
< sì scusami hai ragione > ammise lei, senza apparire minimamente dispiaciuta, < mi ero confusa >.
Confusa con chi, avrebbe voluto sapere Chuck, ma non espresse a parole il suo dubbio.
< tutto normale lì a Parigi? > domandò il ragazzo per fare conversazione.
< non sono a Parigi, Charles, ma ad Avignone > .
< ad Avignone? > indagò il giovane, < perchè? >.
Sentì un sospiro spazientito dall'altra parte del telefono, come se si trattasse di qualcosa di ovvio che lui avrebbe dovuto necessariamente sapere.
< ci vado ogni tre mesi per curare il mio corpo > sottolineò la donna, vedendo che lui aspettava ancora una risposta.
< capisco > asserì il ragazzo, < passa una buona giornata al centro benessere allora > le augurò con voce atona.
Chiuse la telefonata senza aggiungere altro, come se avesse parlato con un cliente piuttosto che con sua moglie: niente smancerie tra di loro, così aveva deciso Genevieve, e lui vi si atteneva.
Finalmente avvistò il bar che ricordava fare un buon caffè e vi entrò, percependo subito il calore del locale, affollato da numerosi avventori, vista l'ora.
Si avvicinò al bancone, approfittando del posto lasciato da una signora di mezza età che si era appena alzata, e ordinò un caffè forte per lui e un macchiato con una punta di caramello caldo per Blair.
< caramello? > chiese il barista perplesso.
< sì una punta di caramello al posto dello zucchero > precisò il giovane, sapendo che quella richiesta poteva risultare assai strana.
L'uomo si spostò per preparare quanto richiesto e Chuck ebbe modo di voltarsi ed osservare l'ambiente, che ricordava diverso. Certo il bancone era sempre nella stessa posizione centrale, ma qualche modifica doveva essere stata approntata sia alle pareti sia al design dei tavoli, che trasmettevano un'atmosfera assolutamente all'avanguardia.
< ecco a lei > lo richiamò il barista, ponendogli davanti due bicchieri di carta con relativo coperchio, dal quale usciva una leggera scia di fumo bianco, ad indicare l'elevata temperatura della bevanda.
Facendo attenzione a non rovesciarsi addosso il caffè bollente cadendo su una lastra di ghiaccio il giovane ritornò verso l'appartamento di Blair a passo spedito, così da non farlo raffreddare eccessivamente.
Quando l'ascensore si aprì sul salotto di casa Waldorf Chuck seppe che la ragazza si era alzata, perchè sentì qualcuno trafficare in cucina, sui fornelli.
Arrivò sulla porta senza fare alcun rumore e lì si fermò per guardare Blair che trafficava con una moka dalle dimensione ridotte, posta sul fuoco.
< dai, funziona > la incitò Blair, battendo una mano sul piano di marno bianco al suo fianco, < muoviti! >.
Il giovane sorrise, pensando a quanto la ragazza fosse priva di esperienza manuale, dal momento che aveva sempre avuto Dorota al suo fianco, pronta a correre ad ogni sua insignificante necessità.
< non c'è né bisogno > asserì Chuck e vide la giovane sobbalzare spaventata prima di voltarsi verso di lui.
Alzò i due bicchieri in un messaggio evidente e riportò lo sguardo sulla caffettiera che iniziava ad emettere suoni inquietanti.
< ce l'avrei fatta > sottolineò Blair, sollevando il mento come faceva in tutte le occasione in cui le sue doti venivano messe in discussione.
Il ragazzo non replicò, limitandosi ad allungarle il suo caffè.
< con il caramello > precisò, mentre la giovane lo prendeva.
Blair non disse nulla, anche se il caramello le dava la nausea appena ne percepiva l'odore.
Erano anni che non prendeva più il caffè in quel modo. Cinque anni, per la precisione.
Nonostante queste premesse avvicinò comunque il bicchiere alle labbra, bevendone un sorso.
Il liquidò caldo le bruciò leggermente il palato prima di scorrere attraverso la gola, verso lo stomaco.
E Blair Waldorf dovette ricredersi: era ottimo.
Sollevando lo sguardo verso il giovane capì il motivo per cui aveva abbandonato quell'abitudine: il caramello non aveva nessuna colpa.



Spazio autrice:

-mary: grazie mille per i complimenti, mi fa piacere pensare che tu ti immagini le scene e ti diverti..spero che tu abbia letto anche questo capitolo e che ti sia piaciuto ugualmente..

-vale: anch'io adoro i loro continui bisticci, perchè nascondono un legame forte..

-blair: una delle migliori che tu abbia letto? mi onori sul serio, fin troppo.. spero che tu abbia apprezzato anche questo capitolo, nonostante io sia un po' arrugginita..

-marta: ma io ti adoro, tu non rompi mai, figurati!

-sara: ahah, il tuo commento è bellissimo e mi fai talmente tanti complimenti che stento a credere di meritarli sul serio..spero che qui o di là continuerai a leggere la storia..

-chocola: spero che il continuo ti abbia soddisfatta XD
  
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