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Autore: crystalemi    09/07/2009    8 recensioni
[5° Posto al contest «ODIO et AMO» indetto da En~Dark~Ciel]
«Non so quale fiore si possa regalare ad un Santo, così ho optato per un classico. Ti piacciono le rose, vero ragazzo?»
«Da te, Tyki Mikk, non mi aspetterei altro che una pianta carnivora.»
«Ma come siamo scortesi, ‘stanotte, piccolo baro.»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Allen Walker, Tyki Mikk | Coppie: Tyki/Allen
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa fic si è classificata Quinta al contest «ODIO et AMO» indetto da En~Dark~Ciel.
Warning: Piccoli Spoiler sul 14th.




Saint Rose

[Tyki/Allen]



Allen Walker non credeva che un giorno avrebbe dovuto prendere parte ad un simile evento. Non era, a dirla tutta, psicologicamente preparato. Si sentiva ancora distrutto dallo scontro sull’arca e aveva sempre più timore per quello che gli altri dicevano gli capitasse.
Non gli piaceva proprio l’idea di perdere se stesso per lasciar spazio ad un Noah.
Noah. Quella parola era così amara, sia nella sua mente che sulle sue labbra. Se c’era qualcosa che odiava più del Conte, era quella famiglia. Li odiava per il fatto che fossero umani, esattamente come lui. In effetti, lui per quanto avesse la memoria del 14th impiantata nel suo corpo, si sentiva perfettamente umano. Ma questo non l’aveva deciso lui. Loro – lui,lui,lui! – erano consci di ciò che facevano. Perché? Ricercare la distruzione dell’umanità. Perché se ne fai parte? Che motivo c’è per assecondare il Conte?
«Walker, non ti distrarre.»
Si voltò di scatto verso Howard Link. Giusto: era in missione. Cercò con lo sguardo gli altri. Avvistò Kanda all’ingresso, nell’ombra. Era certo di trovarlo lì: non si era mosso da quel pomeriggio. Lavi invece era con Bookman, appoggiati all’angolo creato da balaustra e muro, sul balconcino. Il suo amico parlava amabilmente con una fanciulla dai ricci capelli biondi. Nel centro della stanza, bella come un cristallo, Linalee sfoggiava un abito in stile occidentale, pieno di pizzi e sbuffi di stoffa. Sembrava una meravigliosa bambola mentre parlava con le altre dame presenti nel palazzo del cardinale a cui facevano da scorta.
La festa era ancora all’inizio nonostante fosse ormai passata un’ora dall’arrivo degli ospiti. A quanto aveva capito, mancava un Conte molto importante e anche un governatore, un tale Cheryl Kamelot. Quel cognome gli riportò in mente Road. Chissà magari anche lei si confondeva fra gli umani come Tyki. Ancora lui.
Per toglierselo dalla mente tornò a controllare in giro. Nulla di sospetto e nessun Akuma, stranamente. Eppure era innocence quella che veniva esposta quel giorno per l’ultima volta dal Cardinale du Plessis. Allen guardò il sigillo imperiale che giaceva su un morbido cuscino rosso poggiato sulla colonnina accanto a lui e sospirò.
Si sentiva a dir poco ridicolo, piazzato lì accanto come un soprammobile, un idiota. Invidiava i suoi compagni che stavano tranquillamente nell’ombra. Perché proprio lui fra tutti doveva stare lì?! Attirava più sguardi lui del monile! Fortunatamente era riuscito a farsi cucire in tempo da Johnny una divisa con cappuccio. I capelli, purtroppo, continuavano ad intravedersi.
«Come procede, Walker?» Gli chiese Kanda arrivato di soppiatto alle sue spalle. L’aveva spaventato, lo sapeva e si divertiva.
«Come vuoi che vada, Ba-» Si bloccò all’occhiataccia di Link. Non dovevano litigare. Era assolutamente vietato combinare disastri. Preso un grosso respiro, rispose:
«Tutto secondo i piani. Non dovresti essere all’entrata?» Chiese infine guardando in quella direzione ma vide spuntare dei capelli rossi.
«Ruotiamo. Idea di Lavi, non posso contraddirlo.» Lavi se ne stava approfittando e Allen, in una certa via sadica, ne godeva. Ridurre Kanda al limite era divertente se si contava che questi stava anche facendo i conti con il suo assurdo senso del dovere per tenersi calmo.
Dopotutto però, prendere una boccata d’aria non gli avrebbe dato fastidio. Così, con un sorriso sornione, gli cedette il posto con piacere.
«Capisco.» Rispose soltanto, allontanandosi preceduto da Link.
Fuori, all’aria frizzante di quella serata primaverile, riuscì a calmarsi. Non si era nemmeno accorto di essere in ansia. Continuava, però, ad avere un brutto – pessimo – presentimento.
Da quel punto, tra l’altro, non riusciva a vedere l’entrata. Stava pensando di spostarsi quando Linalee gli venne incontro nel suo abito svolazzante. Appariva rilassata e divertita ma Allen sentiva che era solo un’apparenza. D’altronde, stavano lavorando, non erano lì per divertirsi.
«Allen-kun, come va?» Prima di rispondere le sorrise gentilmente. Sapeva quanto a Linalee mancassero i suoi sorrisi ma più di questi non riusciva a forzarsi. Non voleva farla preoccupare ma non voleva nemmeno mentirle ancora.
«Bene. E’ tutto calmo.» Linalee cominciò a parlargli e tentò in ogni modo di stare attento ma finì nuovamente per deconcentrarsi.
Poi, fu un attimo. Una mano avvolta di bianco gli sollevò il mento e lui poté incontrare gli occhi scuri e magnetici del suo personale incubo – dopo il Conte, Mana e il Maestro. Lui gli sorrideva affabile e galante, un Tyki Mikk bianco elegante e aristocratico.
«Madamigella Linalee Lee, spero non le dispiacerà se ruberò Allen Walker al dovere per un po’. Inoltre, vi sconsiglio di attaccarci. Non siamo qui per l’Innocence, questa notte.»
Allen si limitò a guardare Linalee e tentare di rassicurarla con gli occhi. Sembrò funzionare e questa lo lasciò andare, allarmando però Lavi e Kanda riguardo all’arrivo di Tyki Mikk.
Dall’orecchino Allen venne a sapere che Lavi aveva visto entrare tutto un gruppo assieme a Tyki e Road.
Percorsero tutto il giardino e Alle tenette lo sguardo fisso sulla schiena del Noah.
Quella schiena larga ed elegante attraeva i suoi occhi con i piccoli e lenti movimenti. Come aveva potuto scambiare quella camminata per quella di un vagabondo?
«Siete qui per proteggere l’Innocence, ragazzo?» Chiese il Noah, sedendosi con la sua solita grazia sul bordo di una fontana in marmo. Allen ammirò l’acqua scorrere dalle brocche dei putti che formavano la complessa struttura, prima di decidersi a rispondere.
«Avremmo qualche altro motivo?» Tyki sorrise gentilmente.
«No, perdonami, era una domanda inutile. Tentavo di avviare una conversazione.» Allen gli rivolse un’occhiataccia che lo fece sorridere. Adorava quel ragazzo, Tyki Mikk. Amava il suo essere sempre così bianco.
«Ti odio, sai, piccolo baro?» Sussurrò suadente, il volto rivolto al cielo stellato, qualche minuto dopo. Allen, sempre in piedi, continuò a fissarlo deciso a non lasciarsi giocare.
«Le ferite mi fanno male spesso, ma non ti odio per questo. Odio il fatto che mi hai fatto perdere il controllo, odio il fatto che sei un esorcista, odio il tuo aver tentato di salvarmi.» Si era alzato, Tyki Mikk, e ora sovrastava Allen, gli occhi puntati in quelli dell’altro.
«Non hai nulla da dire a tua discolpa, ragazzo?» Chiese poi con gentilezza il Noah, carezzando con reverenza la guancia solcata dalla cicatrice.
«Voi, esseri umani, aiutate qualcuno che vuole distruggere l’umanità. Non sono io a dover parlare, non trovi?» La voce sottile di Allen arrivò rabbiosa eppure calma, controllata. Nella sua mente continuò l’elenco di tutto ciò che Tyki gli aveva fatto e decise che no, le sue colpe erano di certo minori.
«Ragazzo, Sembra quasi che tu non comprenda. E’ per merito tuo se ho deciso di impegnarmi seriamente nella distruzione dell’Innocence. Eppure mi sembrava di avertelo già accennato. Sull’arca, ricordi?» Restando attento ai movimenti di Tyki, Allen si limitò ad annuire. Oh, sì. Ricordava, sì.
Come avrebbe potuto dimenticarsene? Il pensiero di aver spinto qualcuno dalla parte del Conte lo aveva torturato giorno e notte. Saper che quel qualcuno era Tyki Mikk lo aveva distrutto, nonostante non riuscisse ancora a spiegarsi il perché.
«Ragazzo, a cosa pensi? Pensi a tutto l’odio che mi vuoi?» Walker osservò il Noah sobbalzare di sorpresa.
«Ragazzo, sei capace di odiarmi?» Chiese poi con un sottile stupore. Tyki conosceva la risposta nonostante non l’avesse mai capito prima. E forse capiva cosa tormentava maggiormente quel piccolo esorcista. Rise al volto sconvolto del quindicenne, rise di gusto e amaramente.
Allen odiava odiare.
L’aveva capito solo in quel momento, però. Allen odiava se stesso, nessun altro. Allen non odiava il Conte. Allen non odiava i Noah. Allen non odiava gli Akuma.
Allen amava tutti allo stesso identico modo e odiava se stesso per la sua incapacità di salvare le persone dalle proprie scelte.
«Allen, Allen, Allen. Siediti.» Il suo tono era scherzoso ma nascondeva una punta di autorità che l’esorcista si ritrovò inconsciamente ad assecondare.
L’ultima domanda l’aveva spiazzato. A getto avrebbe risposto di sì. Ma si era reso conto che gli era impossibile desiderarlo morto. Se avesse odiato qualcuno avrebbe voluto anche vederlo morto, no?
Perché aveva bisogno di sentirlo al sicuro?
No, era certo che quello non si trattava di odio. Ma allora cosa provava per Tyki? E per tutti gli altri Noah? Era arrabbiato con loro, per il loro comportamento, ma essere arrabbiati non ha mai significato odiare.
Il primo paragone che gli venne pensando ad una persona arrabbiata fu Linalee quando, all’inizio, tentava di fare l’eroe. Linalee non l’odiava. Linalee lo amava come un compagno e, forse, come una persona – anche se questo lo spiazzava realizzarlo.
«Piccolo baro, non pensarci troppo adesso, okay?» Allen alzò di scatto il volto verso il Noah, in piedi vicino ad un cespuglio pieno di rose.
L’esorcista si guardò vergognosamente attorno e notò in quel momento quante piante fiorite vi fossero. Era un maggio abbastanza fresco e i fiori – le rose in particolare – ne approfittavano, sbocciando anche a quell’ora di sera.
Tyki restò a guardare con un sorriso dolce quel ragazzo così fragile in quel momento che gli sarebbe bastato un soffio per distruggerlo. Lo fissò e sentì sfociargli nel petto, all’altezza del cuore, un desiderio intenso e al contempo gentile di proteggerlo per sempre dalla brutalità della guerra e da quella amica morte che lui stesso gli aveva presentato mesi prima.
E per questo il suo odio crebbe ancora, sui confini della sua mente. Con garbo ed eleganza si incamminò verso un enorme cespuglio di rose carminio e ne tagliò una con le dita, spezzando il fusto fra una spina ed un’altra, con eleganza e forza.
Osservò il fiore e ne aspirò l’aroma dolce ed intossicante poi sorrise, tornando al fianco dell’esorcista che lo guardava senza comprendere.
«Non so quale fiore si possa regalare ad un Santo, così ho optato per un classico. Ti piacciono le rose, vero ragazzo?» Sussurrò suadente e divertito. Allen a quelle parole si riscosse dallo stato di torpore in cui era caduto e rispose, senza ombra di simpatia, tentando di difendersi dai suoi stessi pensieri, ora davvero troppo reali per essere ignorati.
«Da te, Tyki Mikk, non mi aspetterei altro che una pianta carnivora.» Il Noah lo guardò per un attimo stupito e sconcertato, poi rise mettendogli fra le dita il delicato fiore.
«Ma come siamo scortesi, ‘stanotte, piccolo baro.» Mormorò fissando i suoi occhi in quelli del ragazzo più piccolo. Con gentilezza si avvicinò al suo volto lasciandogli comunque la possibilità di sottrarsi. Era quasi sicuro della reazione quando nello sguardo del ragazzo vide una punta di durezza e decisione. Capì.
Non ci voleva certo un indovino per capire cosa intendeva fare quel dannato esorcista.
Avrebbe certamente sacrificato se stesso per portarlo dalla parte del bianco. D’altronde era il loro modo di vedere la vita, i santi martiri della nuova epoca.
«Non ho intenzione di tradire Noah come ha fatto il 14th.» Gli sussurrò nell’orecchio, cambiando all’ultimo traiettoria.
«Perché?» Chiese tristemente, deluso. Ci aveva creduto. Gli avrebbe volentieri concesso il suo stesso corpo, avrebbe messo ancora più a rischio la sua vita tradendo i principi della Chiesa – e forse anche di Dio – ma avrebbe voluto averlo al suo fianco.
«Perché ti odio, odio l’Innocence e... e ti farei solo più male.» sussurrò l’ultima parte quasi sovrappensiero, con un filo di voce che quasi non si sentì nulla.
Allen fece una cosa di cui lui stesso si stupì: poggiò il capo sulla spalla di Tyki Mikk, pensando di voler piangere.
«Per qualche secondo dimentica chi sei, Allen Walker, lasciati odiare per la persona che sei, e non per l’esorcista che devi essere.» Gli sussurrò dolcemente Tyki, abbracciandolo. Allen alzò il volto verso l’altro incontrando gli occhi scuri del Noah e sorrise, come da tempo non gli capitava. Non un sorriso forzato che mascherava una tristezza incontenibile. Semplicemente un sorriso triste.
«Solo per un po’, Tyki Mikk, lasciati amare per ciò che sei, anche se siamo un Noah ed un esorcista.» Sussurrò strusciando il naso contro la guancia morbida dell’altro.
Il cuore di Tyki saltò un battito e rafforzò la presa su Allen, abbracciandolo sempre più forte e al contempo desiderò allontanarlo.
Gli pose un bacio sulle labbra, il contatto così leggero che gli parve di aver sentito Tease accarezzargli le labbra. Poi, contro la sua intera sicurezza, fu Allen ad andargli dietro, per sentire quelle labbra più reali.
Del tutto rimase solo una danza di lingue e pensieri contrastanti, di paura e odio per uno, amore e tristezza per l’altro.
Fu lento e dolce, non erano passione o desiderio ad essere scambiati ma una promessa, e entrambi se ne accorsero quando, bisognosi d’aria, erano tornati a osservarsi alla distanza di sicurezza di due innamorati.
Si stavano tacitamente promettendo di ritrovarsi, dopo la fine del mondo o prima, di passare assieme quello per cui si stavano condannando.
Un odio così grande da sfociare nell’amore.
Un amore così vasto da oltrepassare il limite dell’umano.
«Devo tornare, Road si starà annoiando.» Mormorò Tyki ancora sulle labbra dell’altro, dopo il secondo bacio di quella notte.
Allen sorrise ed annuì, allontanandosi abbastanza per evitare a Tyki di tornare a violare la sua bocca. E Tyki Mikk aggiunse anche questo alla lista delle cose che odiava di Allen Walker.
«Buon lavoro, ragazzo.» Sussurrò salutandolo e tornando da dove erano venuti. Allen lo fissò allontanarsi lungo il sentiero pieno di rose colorate e finalmente sentì il dolore alla mano destra. La rosa che stringeva fra le dita si era difesa infilzandogli le spine nel guanto fino a raggiungere la pelle.
Allen osservò attentamente la rosa e gli pose un bacio nel centro. Quando la guardò ancora, un po’ imbarazzato, gli parve vedere la forma di un sorriso creata da qualche petalo scombinato dalle sue labbra.
Stupidamente pensò che non era poi un così brutto segno e sperò che Dio non se la fosse presa troppo per quello che aveva promesso.
“Certo che sono proprio sfortunato! Innamorarmi di uno dei miei migliori incubi!”



Flowers are God's way of smiling.
-proverbio-




Note: Questa fic mi piace molto. Nonostante il possibile (quasi certo) OOC, mi piace davvero. Il che è strano, dato che è piena zeppa di difetti.
Un po' mi spiace dirlo, ma credo di essere davanti ad uno dei miei migliori lavori. O forse ne sono solo innamorata xD
   
 
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