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Autore: Effy17    22/08/2018    0 recensioni
“C-cosa intende quando ci ha chiesto quanti anni pensiamo lei abbia?” chiese con voce tremante Hanna.
“Intendo quello che ho detto Signora McLeod: quanti anni pensiate che abbia? Quanti me ne date?”
George ed Hanna si guardarono di nuovo in modo interrogativo e allo stesso tempo preoccupato. “Io penso che lei abbia una ventina d’anni.” Prese coraggio George nel rispondere.
Elizabeth sorrise compiaciuta: “Esatto ma allo stesso tempo errato Signor McLeod. Io ho sessantatré anni ma ne dimostro ventuno.”
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’auto dei signori McLeod sfrecciava a tutta velocità per la tangenziale. Lei una signora di una quarantina d’anni  vestita elegante e ben truccata sedeva sul posto del passeggero mentre suo marito, un uomo di mezz’età era accanto che guidava. Dietro di loro, seduta in un seggiolino, una graziosa bambina di un anno dai capelli dorati guardava incuriosita e divertita fuori dal finestrino dell’auto in corsa. Non era affatto spaventata dalla velocità dell’auto, anzi, sembrava quasi la divertisse.
"Siamo sicuri che stiamo facendo la cosa giusta George?” chiese Hanna.
“Cos’altro possiamo fare Hanna, sono preoccupato quanto te ma abbiamo già sentito il parere di tre medici e probabilmente l’opinione di un quarto non sarà diversa. Non è una cosa normale quello che sta succedendo, non lo è affatto.” Rispose George turbato.
“Lo  so che non è normale ma non mi piace questa cosa, chi sono queste persone, perché dovremmo farlo?”
“Lo facciamo perché non abbiamo alternative.” George con questa risposta zittì Hanna “Siamo arrivati comunque.”
L’auto accostò davanti un cancello di un enorme villa. Hanna  si girò e rimase sbalordita da quello che riusciva a vedere attraverso il finestrino: un enorme cancello di ferro fatto di decorazioni roccocò bloccava la strada ad una strada asfaltata circondata da un prato fiorito di mille fiori di tutti i colori. Ai lati del cancello enormi mura bianche circondavano il perimetro dell’intera struttura. George abbassò il suo finestrino e suonò il campanello della residenza. “Prego?” una voce maschile rispose dall’altra parte. “Ehm.. Buongiorno, siamo la famiglia McLeod abbiamo un appuntamento con la signora Twice.” George attese pochi secondi e la voce maschile dall’altra parte rispose “Benvenuti Signori McLeod” e il grande cancello si spalancò. George si voltò verso la moglie, la quale era sbalordita e ammaliata allo stesso tempo.
L’auto attraversò il cancello e percorse la strada della residenza: metri e metri di prato fiorito circondavano la strada con alberi di ogni tipo e anche qualche animaletto come conigli, gatti e scoiattoli. Hanna ne era affascinata quanto George. Il signor McLeod fermò l’auto davanti alle grandi scalinate bianche della villa, ad aprirgli la portiera un signore con capelli e baffi bianchi vestito in taie. “Buongiorno signori McLeod, vi do il benvenuto in Villa Garden, io sono Alfred, il maggiordomo.” Hanna prese dal seggiolino la bambina e raggiunse il marito. “Vi prego di seguirmi, la Signora Twice vi attende.” Continuò il maggiordomo con fare gentile, quasi rassicurante, Alfred guidò la famiglia McLeod all’interno della residenza: un tappeto lungo rosso camminava dalla porta d’entrata fino a delle altre scale, le quali si dividevano in due per accedere al piano superiore. Tutto l’interno della casa era bianco: pareti, pavimento, scale, soffitto, mobili quasi a sottolineare la purezza del luogo. I coniugi McLeod erano ammaliati da tanta eleganza e da tanta ricchezza, Alfred però non seguì il tappeto rosso e voltò verso l’arcata di sinistra dove si trovava il salotto.
“Cosa c’è al piano superiore?” chiese Hanna. George la fulminò all’istante e solo guardando i suoi occhi, Hanna capì quanto era stata inopportuna. Ma la gentilezza di Alfred spiazzò tutti e due: “le camere signora, la villa ne possiede 10 ma solo 5 in questo momento sono occupate.” Alfred si fermò davanti ad una porta a doppia anta e si voltò verso la famiglia McLeod: ”Accomodatevi, la signora Twice è pronta a ricevervi.”
George, Hanna e la bambina attraversarono la porta ed entrarono in una stanza usata come ufficio: davanti a loro una grande scrivania dava le spalle ad una enorme vetrata dalla quale si vedeva l’intero giardino; un tavolo bianco con delle sedie era riposto sulla loro destra mentre a sinistra nell’intera parete erano appese 6 televisioni a schermo piatto, le quali trasmettevano notiziari, ma non tutti parlavano la stessa lingua. Ogni televisione trasmetteva un telegiornale diverso: inglese, americano, giapponese, spagnolo, francese ed italiano, a guardarli in piedi una ragazza con dei capelli lunghissimi neri. Al rumore della porta che si chiudeva la ragazza si girò verso la famiglia McLeod sorridendo: “benvenuti a Villa Garden, io sono la Signora Elizabeth Twice, è un vero piacere fare la vostra conoscenza.” George ed Hanna si guardarono in modo interrogativo ma il primo a parlare fu lui: ‘‘ehm, buongiorno, io sono George, questa è mia moglie Hanna e lei è nostra figlia Hope.’’ Elizabeth accarezzò subito la bambina per qualche secondo dopo di che si girò e si sedette alla sua scrivania. “Prego accomodatevi” Elizabeth indicò due sedie davanti alla sua scrivania. “Gradite qualcosa da bere o mangiare? Sono le 17:00 vi suggerirei il the caldo con biscotti di Alfred, è un capolavoro.” Propose in modo gentile Elizabeth.
“Si, va bene, grazie” rispose quasi in imbarazzo Hanna. “E’ un vero piacere!” Elizabeth schiacciò un bottone accanto a lei e parlò ad un altoparlante: “Alfred scusami, potresti prepararci tre the caldi con i biscotti come solo tu puoi fare?” “E’ un piacere Signora, pochi minuti e ve lo porto” rispose la voce di Alfred dall’apparecchio.
“Allora…” cominciò Elizabeth, “il Dottor Wilson mi ha chiamato dicendomi che la piccola Hope ha una strana anomalia e forse noi potremmo aiutarla, di che si tratta?” I coniugi McLeod si guardarono per qualche minuto, Hanna strinse per qualche secondo la mano di George e fece cenno di si col capo. George si voltò a guardare il viso sorridente e rassicurante di Elizabeth: “vede nostra figlia Hope dimostra un anno a vederla, il fatto è che è nata esattamente quattro anni e dieci mesi fa.” Il sorriso nel volto di Elizabeth sparì e face spazio ad un’espressione di completo di stupore, la quale durò per pochi secondi perché si ricompose subito: “potreste darmi la documentazione dei vari dottori che avete interpellato e il certificato di nascita?” “Ma certo.” Hanna aprì immediatamente la borsa e tirò fuori una cartellina nera che consegnò immediatamente ad Elizabeth, la quale l’aprì e cominciò a sfogliarla avidamente.
“All’inizio pensavamo fosse affetta da qualche forma di nanismo o qualche malattia rara ma tutti i medici e gli ospedali ci hanno detto che gode di ottima salute.” Disse George.
“Certo che gode di ottima salute, straordinaria oserei dire a leggere questi referti: mai un raffreddore, colite o febbre” Puntualizzò Elizabeth.
“Esatto, proprio così! Ma perché è rimasta così piccola? Dovrebbe già andare alla scuola materna!” disse preoccupata Hanna. Elizabeth alzò gli occhi dai referti e guardò prima Hanna, poi George e infine Hope, nella quale si soffermò più che sugli altri. “Signori McLeod, quanti anni mi date?” chiese Elizabeth chiudendo la cartellina e restituendola ad Hanna.
George ed Hanna si guardarono in modo interrogativo ma prima che potessero rispondere bussarono alla porta. “Avanti! incoraggiò Elizabeth.
La porta si aprì ed entrò Alfred con il the e i biscotti: “ecco a voi signori, spero sia di vostro gradimento.” Disse Alfred appoggiando il vassoio sulla scrivania.
“Grazie infinite Alfred, gentile come sempre.” Rispose Elizabeth in modo elegante ed aggraziato. Non sentendo proferire nessuna parola dai coniugi McLeod, Elizabeth li guardò in modo rimproveratorio: “Grazie” “si grazie, infinite” dissero quasi in coro Hanna e George. Alfred sorrise compiaciuto ed uscì dalla stanza. Un piccolo silenzio piombò mentre Elizabeth cominciò a riempire le tre tazze di the.
“C-cosa intende quando ci ha chiesto quanti anni pensiamo lei abbia?” chiese con voce tremante Hanna.
“Intendo quello che ho detto Signora McLeod: quanti anni pensiate che abbia? Quanti me ne date?” George ed Hanna si guardarono di nuovo in modo interrogativo e allo stesso tempo preoccupato. “Io penso che lei abbia una ventina d’anni.” Prese coraggio George nel rispondere.
Elizabeth sorrise compiaciuta: “Esatto ma allo stesso tempo errato Signor McLeod. Io ho sessantatré anni ma ne dimostro ventuno.”
   
 
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