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Autore: Sognatrice_2000    28/08/2018    1 recensioni
Una passione proibita. Un amore non corrisposto.
Una tragedia che si consuma attraverso un bacio.
Dal testo:
"Sono diventato schiavo della tua presenza, consumato dal desiderio di te.
Il tuo volto pervade i miei sogni, una volta piacevoli.
La tua voce ha cacciato via tutta la sanità in me.
Sei diventata la mia ossessione.
Sei un pensiero fisso che non vuole abbandonarmi, sei un desiderio malsano che non potrò mai appagare, una fantasia destinata a rimanere irrealizzabile.
Perché i tuoi occhi, le tue labbra, il tuo corpo, e soprattutto il tuo cuore appartengono ad un altro uomo, lo stesso uomo a cui in questa maledetta sera d’estate hai giurato amore eterno.
Guardandoti sorridere come non ti ho mai vista sorridere prima, le guance arrossate dall’emozione, avvolta nel tuo bellissimo vestito da sposa con i fiori di ciliegio intrecciati tra i tuoi capelli non posso fare a meno di desiderare che quegli occhi colmi di amore, quel sorriso di pura gioia siano destinati a me e a me soltanto."
Fanfic partecipante al contest "Introspezione e canzoni indetto da Ile_W sul forum di EFP.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Shitennou/Generali
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Triangolo | Contesto: Nessuna serie
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Titolo: The last kiss 

Fandom: Sailor Moon

Pairing: NephriteZoisite

Eventuali note: Questa fanfiction è ispirata a un video di cosplay in cui Zoisite e Kunzite si sposano nel Silver Millennium.

In questa storia Zoisite è una donna, e sebbene ci siano accenni frequenti alla coppia ZoisiteKunzite questo non è il pairing principale.

Spero che, per quanto insolita sia la trama, la storia risulti ugualmente piacevole. Buona lettura!

 

 

 

 

 

Sei bellissima stasera.

Con quei fiori tra i capelli e il sorriso raggiante ad illuminarti il volto, avvolta in un abito bianco che ti fa assomigliare ad un angelo, sembri soltanto una ragazzina infinitamente giovane e ingenua.

Sei così diversa dalla donna forte e arrogante che ho conosciuto, la guerriera impavida dall’uniforme viola con i capelli fiammeggianti sparsi nel vento che maneggiava la spada con la destrezza di un soldato esperto e l’eleganza di un’affascinante fanciulla.

È questa la prima immagine che conservo di te.

Quando penso a te, non posso fare a meno di immaginarti come ti ho vista la prima volta, impegnata ad esercitarti con la spada in un giardino solitario, con il sudore che scintillava sul tuo bel viso dai lineamenti delicati, gli occhi stretti per la concentrazione e un grido rabbioso rivolto ad un’invisibile avversario di fronte a te.

Mi ero fermato ad osservarti incuriosito, attento a non fare rumore mentre scendevo dal mio cavallo e seguivo con gli occhi i tuoi movimenti precisi e appassionati.

Non mi aspettavo di trovare una donna nell’esercito del Silver Millennium, eppure nonostante il mio iniziale scetticismo dovetti riconoscere che sembravi piuttosto determinata e anche abbastanza brava, a dispetto del tuo fisico gracile e della bassa statura.

Avrei potuto guardarti per ore mentre infliggevi colpi ad un nemico immaginario, beandomi della vista dei tuoi occhi fieri che scintillavano di soddisfazione ogni volta che scoprivi un miglioramento nei tuoi movimenti.

Ma ad un certo punto ti sei fermata, hai gettato la spada sul prato e hai sciolto la tua coda di cavallo, lasciando i tuoi capelli liberi di essere sospinti dal vento.

Le tue mani erano tese a raccogliere i petali che avevano cominciato a cadere dai ciliegi in fiore, il tuo viso dipinto di una meraviglia quasi infantile.

Hai lanciato i petali in aria e hai fatto una piroetta, ridendo di una risata leggera, spensierata.

Non dimenticherò mai quella risata di bambina, il modo in cui il tuo viso si illuminava quando vedevi qualcosa che ti piaceva.

Dal primo momento che ho posato il mio sguardo su di te non ho più potuto dimenticarti.

Il tuo volto, la tua voce, il tuo corpo sinuoso, i tuoi sorrisi continuano a tormentarmi da allora.

Li rivedo in ogni mio sogno di notte, immagino di sfiorare le tue belle labbra con le mie, di passare le mani tra i tuoi riccioli ribelli, di fare a pezzi la tua camicia da notte, sentire il profumo dei tuoi seni e godere nel sentire ogni singola parte del tuo corpo nudo sul mio.

Sono diventato schiavo della tua presenza, consumato dal desiderio di te. 

Il tuo volto pervade i miei sogni, una volta piacevoli. 

La tua voce ha cacciato via tutta la sanità in me.

Sei diventata la mia ossessione.

Sei un pensiero fisso che non vuole abbandonarmi, sei un desiderio malsano che non potrò mai appagare, una fantasia destinata a rimanere irrealizzabile.

Perché i tuoi occhi, le tue labbra, il tuo corpo, e soprattutto il tuo cuore appartengono ad un altro uomo, lo stesso uomo a cui in questa maledetta sera d’estate hai giurato amore eterno.

Guardandoti sorridere come non ti ho mai vista sorridere prima, le guance arrossate dall’emozione, avvolta nel tuo bellissimo vestito da sposa con i fiori di ciliegio intrecciati tra i tuoi capelli non posso fare a meno di desiderare che quegli occhi colmi di amore, quel sorriso di pura gioia siano destinati a me e a me soltanto.

Non ricordo di aver mai provato un dolore così intenso come quello che sento in questo momento, mentre le tue labbra sfiorano quelle di tuo marito, suggellando con un lungo bacio la vostra promessa d’amore eterno.

Vorrei urlare, invece rimango stupidamente in silenzio, ostinato nel voler mantenere il mio educato contegno per non rovinare la tua felicità.

Resto lì a guardarti mentre accetti con un sorriso raggiante le congratulazioni del principe Endymion, di sua moglie Serenity e poi di tutte le amiche della principessa.

Quando lanci il bouquet non faccio caso alla traiettoria, troppo perso nei miei pensieri, perciò rimango perplesso quando mi ritrovo inaspettatamente un mazzo di rose tra le mani.

“Congratulazioni, Nephrite!” La tua voce carica di entusiasmo mi giunge alle orecchie come un’eco lontano. Sono a malapena consapevole della tua presenza, del tuo sorriso malizioso e della tua mano posata delicatamente sulla mia spalla. “Le prossime nozze che dovremmo organizzare saranno le tue a quanto pare!”

Non rispondo alla tua provocazione, limitandomi ad abbozzare un lieve sorriso che spero basti a farti desistere dal prendermi in giro.

Ma tu hai sempre adorato prendermi in giro.

Mi hai preso in giro avvicinandoti a me, prendendoti gioco dei miei sentimenti, facendomi credere che avremmo potuto essere qualcosa di più di due semplici amici.

Mi hai buttato via come un giocattolo vecchio e ormai inutile quando ti sei innamorata davvero, e adesso mi costringi ad assistere al tuo matrimonio, aspettandoti magari che mi congratuli con un sorriso.

Mi prendi in giro anche ora, non è vero?, mentre alzi il calice di vino e dichiari solennemente: “Un brindisi per il mio amico! A Nephrite e alle sue nozze imminenti con una ragazza che speriamo sia in grado di sopportare i suoi interminabili sermoni sulle costellazioni!” L’intera sala scoppia in una risata divertita, mentre la rabbia cresce dentro di me come un fuoco incandescente.

È questo che sono per te, Zoisite?

Sono un gioco? Sono solo un patetico corteggiatore che ti diverti ad umiliare?

Come puoi dirmi una cosa simile in questo giorno, sapendo quali sentimenti provo per te?

Hai sempre odiato la mia passione per l’astronomia, e quella sera, quella sera lontana di tanti anni fa, prima che conoscessi Kunzite, prima che lui ti portasse via da me, eravamo distesi sul prato, sotto un cielo stellato come quello di stasera.

Io continuavo a parlare, ti spiegavo il significato di ogni costellazione, ti dicevo il nome di ogni stella, ignorando la tua espressione annoiata, finché ad un tratto ti eri sollevata su un gomito e avevi catturato la mie labbra con le tue.

Era stato un bacio delicato, innocente, un mero sfiorarsi di labbra, dal quale ti eri allontanata con un ghigno beffardo. “Almeno adesso stai zitto.”

Oh, sarei stato zitto volentieri pur di baciarti di nuovo, ma quando mi sporsi per sfiorare le tue labbra ti allontanasti con una risatina leggera. “Non significa niente, Nephrite.” Mi guardavi come se fossi un bambino particolarmente stupido, e ridevi. Non mi ero mai sentito tanto ferito.

“Significa molto per me, invece.” Avevo ribattuto, il cuore che mi martellava furioso nel petto, pronto a confessarti il mio amore, pronto a dichiarare finalmente quei sentimenti che si agitavano dentro di me da tanto tempo.

Ma tu avevi scrollato le spalle, liquidando le mie parole come se niente fosse, e te n’eri andata, lasciandomi solo con le mie speranze frantumate.

Speravo che con il tempo i tuoi sentimenti per me sarebbero cambiati, ma adesso ho perso definitivamente anche questa speranza, ed è semplicemente troppo da affrontare.

Guardarti felice mentre balli con l’uomo che ami, in questa cerimonia sontuosa, piena di gente e cibo e musica e profumi meravigliosi, tanto bella da far male. 

Vederti ridere di me e del mio stupido amore per te.

È troppo. 

Troppo dolore, troppa umiliazione.

Abbandono i fiori  su una tavola ricolma di cibo, approfittando del chiasso per sgattaiolare fuori dal palazzo senza essere notato.

Accolgo l’aria fredda della sera che mi sferza la pelle con un sospiro di sollievo.

La musica è ovattata, indistinta, il chiacchiericcio degli invitati appena un rumore sommesso, anche se questo balcone è distante solo pochi metri dal salone principale.

Una volta accertatomi di essere completamente solo infilo la mano nella tasca della mia giacca, estraendone una boccetta che contiene un liquido ambrato.

La stringo con forza tra le dita, guardandola a lungo.

In questa boccetta è contenuta la libertà da tutti i miei tormenti, la mia salvezza per sfuggire a questa vita ormai insopportabile.

L’uomo che me l’ha venduta questa pomeriggio mi ha assicurato che mi garantirà una morte dolce, non istantanea, ma neppure dolorosa.

Sarà come se il sonno piombasse lentamente su di me, e prima che me ne accorga scivolerò in un sonno profondo dal quale non mi risveglierò mai più.

Sono un debole, lo so.

Sono solo un uomo patetico che non può sopportare di vedere la donna che ama felice al fianco di un altro uomo.

Il mio amore per te è pari solo all’odio che nutro nei tuoi confronti.

Ti odio, Zoisite, perché sei la mia rovina, perché tu alimenti questa passione proibita che mi consuma ogni secondo passato senza di te.

Ti odio perché ti desidero troppo; ti odio perché non riesco a smettere di amarti.

C’è un solo modo per me di essere libero. 

Esito ancora un attimo, poi apro lentamente la boccetta e lascio che il veleno mi scorra giù per la gola senza più esitazione.

Getto il contenitore ormai vuoto oltre la balaustra, aggrappandomi al marmo con entrambe le mani per sostenermi, aspettando la morte con un sorriso e lo sguardo rivolto verso il cielo. 

Mi sembra quasi di vedere l’ombra del tuo sorriso impigliato tra le stelle.

Una risata amara sfugge dalle mie labbra, mentre la vista comincia a farsi appannata.

Devo avere le allucinazioni. 

Mi sembra addirittura di sentire la tua voce che chiama il mio nome in lontananza…

“Nephrite!” Non è un’allucinazione, è davvero la tua voce quella che adesso mi  sta chiamando.

Mi volto sorpreso, scontrandomi con due occhi verdi velati da una leggera preoccupazione. “Ti stavo cercando! Perché sei sparito senza dire niente?”

Ti prego, vattene, Zoisite. 

Non voglio che tu veda la mia morte.

“Che ci fai qui? Dovresti tornare dentro. Da tuo marito.” La voce mi esce più fredda e tagliente di quanto avessi voluto.

Non ti guardo in faccia, ma posso percepire ugualmente la tua espressione ferita. “Te la sei presa per quello che ho detto prima? Era solo una battuta, Nephrite, ti stavo solo prendendo un po’ in giro.”

Oh, lo so che hai sempre adorato prendermi in giro.

Perché non la smetti di tormentarmi? Perché non la smetti di guardarmi con quel sorriso innocente e quegli occhi tanto dolci, come se ti importasse davvero di me?

“Torna dentro, tuo marito ti starà aspettando per ballare.” Ripeto ancora, tenendo lo sguardo ostinatamente fisso davanti a me.

“Veramente ero venuta proprio a chiederti se ti andava di ballare.” Il tuo sorriso è quasi timido, mentre arrotoli nervosamente una ciocca di capelli intorno a un dito. Sembri quasi… incerta. Come se temessi un mio rifiuto. 

Come se potessi anche solo pensare di rifiutarti.

Rifiutare te che sei tutto ciò che bramo di più al mondo.

Dovrei farlo, dovrei rifiutare e lasciarti tornare alla tua festa, ma non posso rinunciare ad un ultimo ballo con te.

Che dolce fine sarebbe la mia, se esalassi l’ultimo respiro tra le tue braccia, spegnendomi in questo nostro eterno valzer sotto le stelle.

“Con piacere, madame.” Ti prendo la mano, sfiorandola appena con le labbra.

Ridacchi divertita, lasciando scivolare un braccio sulle mie spalle.

I nostri corpi si muovono perfettamente in sincronia, fluidi e veloci al ritmo dei violini che suonano in lontananza. 

Non riesco a staccare gli occhi dai tuoi. 

Voglio imprimere nella mia memoria ogni dettaglio del tuo viso, ogni sfumatura dei tuoi occhi, la delicatezza del tuo profumo che inebria i miei sensi, la morbidezza della tua pelle.

Mi sento sempre più debole, le gambe iniziano a cedere e le palpebre si abbassano contro la mia volontà, ma mi rifiuto di lasciarti andare.

Non posso lasciarti andare, Zoisite.

Non potrò mai lasciarti andare.

Nella mia febbrile follia, un pensiero straordinariamente crudele e straordinariamente dolce mi attraversa la mente.

Potrebbe essere sempre così.

Noi due, insieme per l’eternità.

Ti guardo.

Sei così giovane, così bella, così gioiosa e piena di vita.

Hai una vita intera davanti a te; io sono un capitolo della tua esistenza, un capitolo breve e forse persino insignificante.

Potresti essere felice senza di me, ma non voglio che tu sia felice senza di me.

Non voglio che mi dimentichi, non voglio che tu viva una vita dove io non ci sono. 

Voglio che restiamo insieme. 

Voglio che ti ricordi di me, che mi senta vicino a te sempre, ogni giorno.

Voglio portarti con me, voglio distruggere la tua gioia e le tue speranze come tu hai fatto con me.

Mi hai distrutto, Zoisite. 

Non posso vivere senza di te, e non permetterò che tu viva senza di me.

“Zoisite…” La mia voce suona debole e affannata alle mie stesse orecchie.

La mia mano si posa sulla tua guancia, mi guardi sorpresa sbattendo le tue lunghe ciglia. “Sì?”

“Posso avere un ultimo bacio?”

Ti allontani di scatto, interrompendo la nostra danza. “Nephrite, non posso…”

“Per favore.” Sussurro implorante, azzerando la distanza tra i nostri corpi, lasciando scivolare le mie mani tra i tuoi capelli. “Per favore. Voglio baciarti sotto le stelle come quella notte.” Sento le lacrime iniziare a premermi contro gli angoli degli occhi. 

Un lieve sorriso ti delinea le labbra, un’ombra di nostalgia brilla nei tuoi occhi. “Qualunque cosa pur di non sentirti parlare ancora di stelle.” La tua voce è scherzosa, morbida, forse quasi affettuosa, e per un attimo, solo per un attimo, è come tornare indietro nel tempo a quando eravamo solo noi due, noi e i nostri scherzosi battibecchi che a volte si trasformavano in violenti litigi, noi che eravamo uniti da questo incomprensibile rapporto che ci vedeva amici inseparabili un attimo prima e nemici agguerriti quello dopo.

Cosa siamo, Zoisite?

Troppo per un’amicizia, troppo poco per un amore.

Siamo solo due corpi che si intrecciano in una sera di Giugno, uniti in un bacio proibito, uniti in questo abbraccio mortale per l’eternità.

Non te ne andrai mai più dalle mie braccia, dolce, ingenuo amore mio.

Perché il veleno che bagna le mie labbra adesso bagna anche le tue, perché presto la morte ci porterà via insieme.

Ti stringo con più forza, intrecciando disperatamente le nostre lingue mentre  il sonno tanto atteso scende sulle mie palpebre.

Sento distintamente il tuo corpo che inizia a cedere contro il mio, e ti trattengo per non farti cadere anche se sto cadendo anch’io.

Sorrido, la mia mano si posa sui tuoi capelli in una dolce carezza.

Non aver paura, Zoisite, ci sono io con te. 

Finché morte non ci separi.

 

 **

Una sposa dai capelli rossi è seduta su un balcone.

Un uomo dai capelli castani è in piedi dietro di lei, in silenzio.

Improvvisamente lei si volta;

il suo sorriso triste sembra così stonato su quel candido volto di bambina.

Quel volto che era sempre stato così vivo, così pieno di luce, ora ridente, ora imbronciato, ora con le guance arrossate dall’imbarazzo, adesso è solo infinitamente triste. 

“Mi manca il calore del sole sul viso; il profumo del caffè appena sveglia; i ciliegi in fiore sotto i quali amavo ballare. Perché me li hai portati via?”

Lui non sa come risponderle.

Crolla in ginocchio sotto il peso dei suoi rimpianti, e piange, piange per tutti i giorni che lei non potrà più vivere, per tutte le albe che non potrà più ammirare, per tutti i sogni che lui ha spezzato nel suo cieco egoismo, nel suo folle amore non corrisposto, soltanto per averla accanto.

“Perdonami.”

  
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