Anime & Manga > Free! - Iwatobi Swim Club
Ricorda la storia  |       
Autore: Claire DeLune    31/08/2018    1 recensioni
[Kirishima Ikuya]
I dissapori tra Ikuya e la sua vecchia squadra dell'Iwatobi SC si sono sciolti, ed ora che anche Hiyori ha provato l'emozione di nuotare al fianco di Haruka, si può guardare al futuro e a questi quattro anni di università con più serenità.
Tuttavia, Asahi nota che Ikuya ha ricominciato a comportarsi in modo strano, sembra li stia evitando, eppure non hanno più avuto discussioni da quando si sono chiariti.
Che cosa nasconde Kirishima Ikuya?
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana, Nuovo personaggio, Shiina Asahi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Legame a Idrogeno'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buonsalve a tutte/i!
E' passato davvero tanto tempo dall'ultima volta in cui ho pubblicato qualcosa su questo fandom. Chiedo venia per tutti coloro che ancora aspettano l'aggiornamento di "The Reader", prometto che lo finirò al più presto, non mancano molti capitoli prima che quella long veda finalmente la luce fuori dal tunnel.
Non voglio annoiarvi con qualche banale scusa, ma dire che l'università mi prosciuga è la triste verità. In più, come dissi già a chi mi ha contattata in privato, il mio stile di scrittura è cambiato in questi anni e temo si veda troppo nei capitoli nuovi, perciò farò del mio meglio per non rendere il distacco dai primi agli ultimi così netto, ma ci vorrà il suo tempo.
Grazie davvero per la vostra comprensione e grazie per essere sempre così numerose a seguirla ancora. Mi farò perdonare, anzi spero proprio che questa nuova FF possa assolvere almeno un po' ai miei peccati!
Vi anticipo già che questa sarà un long-fic breve di quattro capitoli, perché, come andrete a vedere, è una Slice of Life che s'incentra su un momento imprecisato della vita di Ikuya, dopo aver fatto pace coi suoi vecchi amici.
Spero vi piaccia e che vi possa anche divertire (quando c'è Asahi in mezzo, la comicità è assicurata!).
Vi auguro una buona lettura!
Claire DeLune

IKUYA HA… LA RAGAZZA?!

1.
Uno scherzo del destino
 
   È una giornata come un’altra, Ikuya si sta tamponando i capelli con un asciugamano – prestatogli gentilmente da Hiyori, perché in questi giorni il corvino è talmente distratto da dimenticarsi ogni cosa.
   Un giorno la cuffia.
   Quello dopo gli occhialini.
   Quello dopo ancora il costume! – per fortuna la squadra di nuoto ne ha sempre qualcuno di scorta.
   Oggi è toccato all’asciugamano.
   Domani a cosa? Alle ciabatte? No, quelle le tiene nell’armadietto non può scordarle a casa.
   Mentre strizza per bene le punte dei capelli nel telo, ripone qualche oggetto nell’armadietto: occhialini e cuffia, sia mai che li dimentichi un’altra volta.
   «Allora?», chiede l’amico d’infanzia, «Vuoi dirmi come mai sei così distratto ultimamente?».
   Ikuya lo fulmina con la coda dell’occhio, «Non so di che parli», replica monocorde, ma ciò che ottiene come risposta è una risatina divertita. Allora il ragazzo fa sbattere l’antina metallica dell’armadietto e si volta, asciugamano calato a circondare il collo e braccia incrociate al petto allenato.
   «Pensi di farmela?», incalza Hiyori lanciandogli un sorrisetto astuto, «La mia era una domanda retorica».
   «Uh?».
   Il dorsista ignora il verso confuso dell’altro, fingendo di controllare che non manchi nulla nella sua sacca, poi recupera la custodia degli occhiali da vista e posiziona quest'ultimi sul naso dritto, «È per quella ragazza».
   «Ma di che diavolo---».
   «Ti sei innamorato, Ikuya?».
   L’interpellato sussulta, ripetendo il grugnito di prima, solo più acuto.
   Ikuya china il capo e i suoi occhi di tramonto vengono ombrati dalla frangia troppo lunga, celando anche le immagini che vagano veloci su di loro come la pellicola di un film.
   È stato dopo un intenso pomeriggio di allenamento che la conobbe. Chiara, la ragazza del secondo anno trasferitasi a Tokyo per proseguire gli studi.
   Fu un incontro casuale, un vero tranello del destino quello che incrociò i loro cammini.
   Come suo solito, Ikuya si stava rivestendo, dopo essersi crogiolato sotto la doccia bollente ed essersi fonato con cura i morbidi capelli. Il capitano della squadra aveva approfittato di quel momento di relax per avanzare un’altra volta la proposta di partecipare ad una staffetta mista, e la matricola non poté evitare di alzare gli occhi al cielo pensando, Ho già detto di sì alla staffetta a stile libero, cos’altro vuoi da me?.
   Stava per mandarlo educatamente a quel paese, quando un gridolino esterrefatto lo interruppe. Gli occhi dell’intera squadra di nuoto calamitarono sulla figura snella e minuta di una ragazza, che mal celava l’imbarazzo, costituito da gote arrossate, palpebre divaricate e balbettii, dietro ad una cartelletta.
   «Oh mio Dio, scusatemi tanto!», affermò, accorrendo alla porta degli spogliatoi, ma la voce del capitano la fermò.
   «Posso aiutarti?».
   La giovane si voltò vergognosa, «Credo di essermi persa», confessò con una cadenza insolita e ora che la guardava bene, nonostante fosse coperta dalla matronale effige del capitano, notò che anche il suo viso era particolare. Era ovale e con due bei occhi a mandorla, ma la doppia palpebra, a differenza delle altre ragazze che bazzicano per il campus, sembrava naturale, la bocca non era carnosa come quella tipica di una giapponese e anche il naso era fin troppo sottile e alto per essere nipponico.
   Era chiaro che fosse straniera.
   «Stavo cercando la palestra del campus. Secondo la cartina è in questo edificio, ma credo di aver sbagliato qualcosa». Ikuya si concentrò sulla sua inflessione sciolta, beandosi di quel accento così singolare che alle sue orecchie risultava adorabile; stupito da quanto fosse sicura la sua voce mentre parlava la sua lingua e domandandosi da dove provenisse.
   «Mi vergogno ad ammetterlo, ma non conosco questo kanji. Forse è per quello che mi sono persa», ridacchiò a disagio, e quel trillo cristallino scavò attraverso i timpani di Ikuya fino a raggiungere il cervello già pieno di lei.
   «Sì, l’edificio è questo, ma hai sbagliato scala», la informò il capitano, «Dovevi salire non scendere».
   La ragazza si scostò una ciocca di capelli bruni dietro l’orecchio, osservando il dito del giovane che scorreva sulla mappa interna del palazzo, «Ma come ho fatto a fare un errore così sciocco? Sono mortificata».
   Il capitano soffocò una risata, che ad Ikuya parve diversa dal solito, dolce – cosa che non gli piacque affatto – e concluse la conversazione, dicendo: «Ti mostrerei la strada volentieri, però sono molto impegnato al momento…».
   «Oh, no», si affrettò ad aggiungere lei, «Sei già stato fin troppo gentile, penso di potermela cavare da sola adesso».
   «Ci mancherebbe, insisto, ti farò accompagnare da uno dei membri della squadra», il giovane uomo si girò in direzione dei suoi adepti, tutti catturati da quella inaspettata comparsa; la matricola percepì un tuffo al cuore quando le iridi piccole e grigie di Tsubasa si posarono su di lui, accompagnate dalla sua voce profonda che scandivano le sillabe del suo cognome.
   Ikuya accettò il compito senza pensarci su due volte. Un po’ perché era un “ordine” del capitano, un po’ perché la curiosità di saperne di più su quella forestiera lo stava logorando.
   Stavano salendo la prima rampa di scale quando lei si scusò di nuovo per l'incomodo arrecatogli.
   «Non c’è problema», replicò lui, fissandosi le punte delle scarpe con le mani nelle tasche dei pantaloni.
   Guardala, dannazione!, si sgridò tra sé medesimo, Dille qualcosa!.
   Niente.
   Non gli veniva in mente assolutamente niente di sensato da dirle. Niente che non lo facesse sembrare un provolone. E così rimasero in silenzio, tutto il tempo, con lei che si sforzava di guardarsi intorno per il disagio, e con lui che si malediceva da solo ad ogni passo per la sua timidezza.
   Fu quando si fermarono davanti all’ingresso della palestra, che la ragazza parlò, stringendo la presa sul manico della sacca che portava, all'apparenza molto pesante.
   Idiota! Non mi è neanche venuto in mente di portargliela io al posto suo.
   «Grazie ancora per avermi accompagnata…», fece una sospensione e lì il ragazzo capì che gli stava chiedendo muta il proprio nome.
   «Kirishima», si presentò, «Kirishima Ikuya».
   «Piacere di conoscerti, Ikuya-kun. Io sono Chiara».
   Ikuya aggrottò la fronte per l’inaspettata confidenza. Chiara. Solo Chiara, senza cognome. Non che la cosa lo sorprese, era abituato in America a questo, ma per qualche incredibile ragione da lei non se lo aspettava.
   Forse perché si trovano in Giappone e in Giappone ci si rivolge agli altri per cognome, se non si è particolarmente intimi. Forse perché egli stesso si era presentato per cognome e quindi dava per scontato che lei avrebbe fatto altrettanto, magari ingannato dalla fluenza linguistica della ragazza. Fatto sta che lo lasciò amabilmente di stucco, più per il lene piacere che gli aveva donato quella mancanza di rispetto, che per l’atto in sé.
   Alla sua espressione sorpresa lei rise, riempiendogli di nuovo le orecchie di quell’inconfondibile risata, «Non me la cavo molto bene con il keigo1 quando sono con i miei coetanei, non mi viene naturale. Non volevo metterti in imbarazzo».
   «Non fa niente», sorrise lui timido.
   «Forse finirò per metterti ancora più in difficoltà...», esordì lei, frase che attirò così tanto l’attenzione del ragazzo da costringerlo a guardarla, estasiato dalla delicatezza del suo bianco sorriso, «... Ma ti andrebbe un giorno di questi di uscire a bere un caffè o... altro? Sai, per sdebitarmi».
   Non esiste che mi faccia offrire un caffè da una ragazza.
   Il primino annuì, raccogliendo tutto il coraggio che possedeva, «Conosco una caffetteria davvero carina», le mostrò le foto – speditegli da Hiyori settimane prima – di un locale e della presentazione del loro menù.
   «Che bello!», replicò Chiara, indicando i cubetti di ghiaccio colorati nel bicchiere.
   «Però offro io».
   «Ma sono stata io ad invitarti», controbatté lei.
   «Ma il ragazzo sono io», continuò il nuotatore con una sicurezza che non gli apparteneva – è Natsuya quello che ci sa fare col gentil sesso, non lui –, facendola arrossire vistosamente, «Posso avere la tua e-mail2, Chiara-san?». Ikuya ringraziò il cielo che il nome della ragazza fosse semplice da pronunciare.
   «O-okay».
   Si scambiarono i reciproci contatti, poi si salutarono e lei varcò la soglia della palestra, facendogli un ultimo cenno pavido con il palmo della mano.
   Non passò molto tempo prima del loro secondo incontro. Si videro proprio il pomeriggio seguente e quello fu solo il primo di una lunga serie di appuntamenti con quell’eccentrica senpai italiana – che poi non è che sia tanto più grande di lui, Chiara lo distanzia di pochi mesi: lei è di dicembre e lui di marzo dell’anno seguente.
   «Stai cercando di farmi credere che stai uscendo dallo spogliatoio con i capelli ancora bagnati, proprio tu che dici sempre che ti viene la cervicale se non li asciughi per bene, così, a caso?», rimbecca Hiyori, riportandolo al presente.
   «Sono solo di fretta», risponde schivo il migliore amico.
   «Per cosa? Un appuntamento?», prosegue l'altro imperterrito, al limite dell’ilarità.
   «E anche se fosse?». Stavolta è il dorsista a rimanere spiazzato.
   «Se tutto quello che hai detto fosse vero, cosa faresti?», le iridi vermiglione del corvino lampeggiano in quelle verdastre del castano, lasciandolo momentaneamente senza parole. Finora Ikuya non era mai stato così sincero riguardo ai propri sentimenti, seppure esternati in modo vago e refrattario.
   Dopo un attimo di assestamento, perché Hiyori credette che la terra gli sarebbe crollata sotto i piedi, dice: «Ti direi solo che sono contento per te, ma che non devi perdere di vista i tuoi obiettivi».
   «Quello non succederà mai».
   «Allora cosa aspetti?», Ikuya lo scruta confuso, «Muoviti a raggiungerla. Non vorrai mica darle buca?».
   «M-ma…».
   «Su, su, vai!», lo spinge fuori dallo spogliatoio.
   «Ah, Kirishima!», lo chiama Terashima, sbracciandosi per attirare l’attenzione di Ikuya, troppo intento a correre al suo appuntamento per dargli retta, «Oi, non m’ignorare, Kirishima!», sbraita, scuotendo i folti capelli biondicci contrariato.
   «Devi scusarlo, Terashima, oggi Ikuya ha un impegno importante».
   Il pesce arciere vorticante sbuffa sonoramente, grattandosi la nuca, «Peccato, volevo invitarlo al karaoke».
   «Tu vieni, Toono?», s’intromette Sagae, un ragazzo piuttosto alto, con iridi purpuree e un taglio scalato scuro,
– il ciuffo è talmente lungo da costringere il giovane a farsi la riga in mezzo pur di riuscire a vedere –, circondando le spalle larghe dell’amico con un braccio, «Non lo hai mai sentito cantare, vero?», lo indica, «Canta gli jodel mentre balla», sghignazza.
   Atteggiandosi a gran figo, Terishima aggiunge: «Canto anche mentre nuoto».
   «Non ci credo!», bisbiglia l’altro impressionato.
   Hiyori sorride affabile, «D’accordo, sono curioso».

[1] Linguaggio onorifico giapponese: 敬語 “lingua di rispetto” è un insieme di modalità linguistiche utilizzate in giapponese per enfatizzare il rapporto interpersonale fra gli interlocutori, in relazione all'età, alla posizione sociale e al grado di intimità esistente. Può essere usato per esprimere alternativamente un atteggiamento di rispetto, umiltà, intimità o distacco.
[2] In Giappone, tralasciando per le relazioni davvero intime, non si è soliti scambiarsi il numero di telefono e chattare tramite app di messaggistica, o tramite sms, si comunica per e-mail, che, ovviamente, fungono da messaggio, non c'entrano niente con le mail formali a cui noi siamo abituati a ricorrere per avere informazioni o risolvere problemi. E' proprio un modo completamente diverso di concepire il concetto di mail e l'importanza del numero di telefono a discapito dell'indirizzo e-mail.  

Note D'Autore
Grazie mille per aver letto fino a qui, spero l'idea vi sia piaciuta :)
Piccolo chiarimento sul nome della ragazza, che so essere fin troppo simile al mio nickname. L'unico motivo per cui l'ho scelto è stato quello fonologico.
Studiando giapponese mi sono resa conto di quanta difficoltà facciano nel pronunciare i nostri nomi, i quali finiscono quasi sempre per essere storpiati. So che a noi lettori italiani non cambia niente, ma per evitare nella mia testa voci giapponesi che arrancano nel chiamare la coprotagonista femminile, ho deciso di darle un nome corto, facile da pronunciare in giapponese e che, in definitiva, per i nipponici non risultasse troppo elaborato e, passatemi il termine, straniero.
Non so se conoscete giapponesi di persona, ma vi assicuro che su questo punto sono parecchio strani ;)


See you next water time,
Claire DeLune

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Free! - Iwatobi Swim Club / Vai alla pagina dell'autore: Claire DeLune