Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Mignon    02/09/2018    0 recensioni
«Qualcuno non vede l’ora di sposarti» disse Pansy a mezza voce, «stiamo aspettando te per cominciare».
-
Bisogna tornare indietro nella memoria per capire ciò che si è diventati; e in alcuni casi dimenticare tutto.
Draco ha sempre sottovalutato i ricordi, li ha sempre temuti.
Harry ne conosce la potenza, li rispetta. Li rispettava.
Harry ha sempre sentito di Auror che parlavano del "caso della vita", quel caso seguito che in fondo, la vita, davvero te la cambia; lui pensava di averlo già vissuto combattendo Voldemort, forse si sbagliava.
Come se non bastasse questi due ragazzi dovranno rivedere il significato delle loro azioni: ne discuteranno, ne litigheranno, ne faranno il loro vessillo d'orgoglio. E si ameranno, nella semplicità.
Ma l'amore non è mai a lieto fine per chi smette di crederci.
Alcuni si arrendono e voltano le spalle alla bellezza, e per cosa? Per timore? Per senso di inadeguatezza?
Forse se lo stanno ancora chiedendo.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mi merito i peggiori linciaggi, i know. Chiedo venia. Se ci fosse ancora qualcuno interessato, ecco qui un nuovo capitolo. Ho ripubblicato il terzo perché avevo notato degli errori. Spero che il prossimo sia di vostro gradimento. Bacioni






3

 
Il risveglio fu abbastanza traumatico e confuso. Aveva aperto gli occhi solo perché il brusio di sottofondo cominciava ad essere troppo forte e fastidioso. Sapeva di essere al San Mungo, riconosceva il colore dei muri della stanza.
Il cotone del lenzuolo era troppo ruvido e caldo, ogni parte del suo corpo era dolorante. Capì di aver avuto la febbre alta perché si trovava in una pozza di sudore e qualche infermiere doveva avergli messo del ghiaccio ai lati del collo.
Sentiva le palpebre pesanti, aveva bisogno degli occhiali ma il suo braccio non aveva intenzione di eseguire quell’ordine così semplice, così si arrese e mugolò qualcosa di incomprensibile.
Non riusciva ancora a distinguere a chi appartenessero le voci che sentiva, ma sapeva di avere tanta gente intorno a lui.
Si sforzò di aprire, e tenere aperti, gli occhi. Vedeva le sagome di due donne all’angolo della stanza accanto alle grandi finestre. Ai piedi del letto poteva riconoscere Ron dal colore dei suoi capelli che discuteva con un’altra figura.
«Vado a chiamare qualcuno» la voce di Hermione era impossibile da non riconoscere e capì che doveva avergli parlato ad una distanza molto ravvicinata perché la montagna di capelli della sua amica gli aveva solleticato il naso, lasciandogli una spiacevole sensazione. In suo soccorso arrivò Ginny che gli grattò la punta del naso facendo sospirare di piacere Harry.
«Grazie» disse sinceramente, e si accorse del filo di voce gli era rimasto. Ginny gli baciò la fronte dolcemente e prese posto vicino a lui, intimando a tutti gli altri nella stanza di fare silenzio.
Fortunatamente i suoi occhi non minacciavano più di chiudersi e il suo corpo ricominciava a seguire gli ordini. Si fece aiutare e alla fine riuscì a sedersi sul letto. Dopo aver inforcato gli occhiali si sentiva molto meglio. L’udito stava migliorando perché riuscì a capire che c’era qualcuno che cercava di parlare con lui.
«Ciao amico, ci sei andato vicino anche questa volta» disse Ron con ironia senza mai togliere la mano che aveva appoggiato sulla sua caviglia.
Harry ridacchiò e sorrise al rosso, contento di vederlo come il primo giorno d’estate passato alla tana.
Riuscì a mettere a fuoco anche la figura accanto a Ron, Seamus si stava avvicinando al collega con aria sollevata. «Grazie Harry, i Medimaghi hanno detto che senza quell’incantesimo avrei potuto perdere il braccio. Guarirà in fretta grazie a te». Seamus gli stinse la spalla, e Harry digrignò i denti per il dolore, cercando di nasconderlo dietro un sorriso rivolto al compagno. «Vado ad avvisare Shacklebolt che il suo pezzo forte è ancora vivo e vegeto. Tornerò domani, Harry».
L’Auror si congedò, lasciando Harry con Ginny e Ron; li poteva sentire discutere, riconosceva il tono stizzito di Ginny che rivolgeva solo ai fratelli. Riusciva a sentire solo dei pezzi di conversazione «No Ron, niente cena domani… avvisala tu tua madre e non fare quella faccia!... non può mangiare il polpettone Ronald!»; stava ancora ridacchiando per la faccia impaurita di Ron quando Hermione tornò nella stanza, era così contento di vederla che non fece caso all’aria imbarazzata che cercava di nascondere.
Ne colse il motivo quando riconobbe i capelli biondi del Medimago accanto a lei.
«Ci sono io di guardia oggi» disse una voce strascicata, come se cercasse di scusarsi «Signor Potter, devo controllarla, ora che si è svegliato».
Harry aveva perso il conto del tempo, non vedeva il suo volto da almeno un anno. Utilizzò le sue ultime forze per non farsi tradire dall’emozione, pregando Merlino di non far sentire a tutta la stanza il battito del suo cuore.
Pensava di svenire, sentiva l’ossigeno diminuire, il cuore scoppiare. Aveva sentito notizie di maghi deceduti per forti emozioni, non era quella la fine che voleva fare. Non di fronte a Draco Malfoy.
«Andiamo fuori, dai» Hermione corse subito in suo aiuto. «Ma Hermione, lo lasciamo qui…» disse Ron, roteando gli occhi prima verso Harry e poi verso Draco così velocemente che Harry credeva di vedere l’amico svenire da un momento all’altro. Ginny non batté ciglio, si sistemò la giacca alzandosi dalla sedia e uscì prima di tutti senza degnare di uno sguardo Malfoy.
Una volta soli il cuore di Harry cominciò a rilassarsi.
«Perché mi dai del lei ora? Pensav-» ma l’altro non gli fece terminare la frase.
«La devo controllare. Ho altri pazienti in questo reparto. L’essere Harry Potter non le permette di portare via del tempo ad altri». Il gelo si impadronì della stanza, Harry era incredulo, con la bocca spalancata.
Il suo ultimo ricordo con Malfoy era quasi amichevole. Avevano raggiunto un livello di sopportazione tale da potersi salutare con un mezzo sorriso quando si incontravano nei corridoi del ministero o nelle vie di Diagon Alley.
Quello doveva essere l’ultimo ricordo, l’ultimo di Draco.
Ciò che Harry aveva seppellito nella memoria era qualcosa di molto più grande. Era la felicità.
«Draco…» pronunciò il suo nome come se fosse la normalità, senza paura.
Il Medimago chiuse gli occhi, e quando li riaprì indossava la sua maschera più crudele.
Harry pensava di non doverla rivedere mai più.
«Per te sono Malfoy. Ora e sempre, Potter.» Malfoy appoggiò un dito sul petto di Potter, le sue labbra si muovevano, voleva dire qualcosa ma non riusciva a far uscire nessun suono. Scosse la testa chiudendo gli occhi.
Qualcuno bussò alla porta, riportando alla realtà i due ragazzi.
Draco rimase impassibile quando Ginny rientrò, Harry cercò di nascondere la confusione dietro alla stanchezza. La bacchetta del Medimago passò lungo il suo corpo, accompagnata da un piccolo sbuffo di aria tiepida.
«Alzati, per favore» Malfoy gli sistemò il cuscino dietro alla schiena, poi passò la bacchetta per continuare l’esame. «È tutto ok, deve solo riposare», disse guardando tutti i presenti nella stanza, tranne lui, «Già domani può tornare a casa». Ginny annuì e lo ringraziò, poi si avvicinò alla finestra e rimase lì con gli occhi intenti a scrutare qualche sagoma al di là del vetro.
Harry sapeva che stava fingendo.
Appena Malfoy uscì dalla stanza Hermione prese Ron sottobraccio «Andiamo a casa Ron, lasciamolo riposare», poi si rivolse a Ginny, «Mandami un gufo se hai bisogno di qualcosa». Assunse il suo cipiglio pensieroso quando il suo sguardo cadde su Harry e si allontanò dalla stanza con chissà quali riflessioni nella mente.
«Ginny, ceni qui con me?» chiese sporgendo il braccio verso di lei, ancora accanto alla finestra.
«No Harry, vado a casa. Il dottore ha detto che domani potrai essere dimesso. Devo sistemare delle cose prima che torni a casa». Si avvicinò al letto, gli passo la mano tra i capelli e dopo avergli lasciato un piccolo bacio sulle labbra, prese le sue cose per andarsene.
 
Rimasto solo non poté far altro che pensare, nonostante avesse imparato negli anni a chiudere la mente e smettere di rimuginare sulle cose l’incontro con Malfoy lo aveva scosso.
Mancava almeno un’ora alla consegna dei vassoi con la cena, forse dormire avrebbe allentato la tensione.
I tubi attaccati alle sue braccia resero difficili le manovre per trovare una posizione decente, nonostante le numerose visite al San Mungo, ancora non sapeva come destreggiarsi tra i cavi e finiva sempre per farsi in qualche modo del male. Alla fine, decise che la miglior cosa era girarsi sul fianco. Era impegnato nel sistemare il cuscino quando vide sbucare un pezzetto di qualcosa da lì sotto. Raccolse la bacchetta dal comodino e da sotto la federa ne uscì una specie di cartoncino banco.
Restò anonimo per un secondo, poi cominciò a disegnarsi un’immagine. Quando la foto fu completa, Harry pensò di morire di nuovo. Il cuore aveva cominciato a correre all’impazzata per la seconda volta, il respiro si fece più veloce e nella confusione pensò di essersi dimenticato come respirare, perché la morsa che sentiva al petto era talmente forte da non permettere ai suoi polmoni di espandersi normalmente. Tossiva così forte che i muscoli intercostali bruciavano dal dolore. Alcuni incantesimi d’allarme cominciarono a suonare, poco dopo entrò di corsa nella stanza un’infermiera: «Signor Potter la prego, cerchi di calmarsi. Sta arrivando il dottor Fude, sarà qui a momenti», la donna muoveva la bacchetta con grazia e ad ogni frustata nell’aria Harry cominciava a respirare meglio.
«Chiamate Malfoy, vi prego» chiese con un filo di voce, una volta ripreso il controllo delle vie respiratorie.
«È andato a casa signor Potter. Il dottor Fude è bravo, non si preoccupi. Ora starà meglio», gli disse dolcemente. Ma Potter sapeva che non era così.
Il Medimago arrivò quando Harry era ormai calmo, Harry lo vide discutere con l’infermiera e uscire dalla stanza. La strega fece comparire un paio di boccette nella sua mano, «Signor Potter, ora ho bisogno che lei prenda queste due pozioni. La aiuteranno a controllare l’ansia e a dormire. Verrò a controllarla più tardi». Non lo lasciò fino a quando l’ultima goccia di pozione finì nella sua bocca, poi lo aiutò a sistemarsi nel letto e si congedò.
Harry chiuse gli occhi, subito scivolò nei ricordi più belli. Camminava su di un piccolo prato, l’erba era fresca e umida sotto i suoi piedi. Il villaggio in cui alloggiava per il fine settimana si vedeva in lontananza, tra le montagne. L’aria tiepida era un toccasana per la sua pelle martoriata dal freddo e dalla pioggia di Londra.
Quel venerdì era cominciato come da manuale, avevano deciso di passeggiare seguendo uno dei sentieri segnati dalla mappa data dall’hotel, dell’acqua e dei panini al seguito ed erano pronti per rilassarsi. Avevano trovato quella specie di radura per caso e non era stato necessario discutere se fermarsi lì a mangiare o proseguire. Era proprio una bella giornata.
Passeggiava avanti e indietro, lanciando delle briciole ad un uccellino a pochi passi da lui. Quando il pezzo di pane finì tornò a sedersi sul telo, accanto alla sagoma imbronciata.
Harry sapeva bene che a Draco non piaceva essere messo in disparte.
Il resto del pomeriggio lo passò lì, con Draco appoggiato sulle sue gambe, accarezzandogli i capelli biondi fino a quando sentiva il respiro del compagno farsi più pesante, solo allora poteva smettere.
Mentre l’Harry del presente scivolava nella memoria - di nuovo tra i capelli biondi - nella foto appoggiata sul comodino lo stesso uccellino volava via da quel pezzo di prato che aveva reso felice i due amanti.
 
 
 
Il giorno dopo era finalmente tornato a casa sua, nel suo letto e alle cure di Ginny che, di solito, rendeva le sue giornate meno pesanti e noiose. Era la parte peggiore della convalescenza, lo sapeva bene. Si era trovato troppe volte rinchiuso in casa per vari acciacchi o ferite durante i turni di lavoro.  A volte invidiava il lavoro d’ufficio.
In quella particolare occasione, però, sperava che Ginny ricevesse qualche chiamata urgente alla squadra, un qualche allenamento impossibile da perdere, sarebbe bastato qualcosa che gli permettesse di restare solo anche per un’ora.
Forse Merlino lo ascoltò. Il giorno seguente Ginny dovette lasciarlo solo - «Harry, hanno minacciato di lasciarmi in panchina per tutto il campionato se perdo un altro allenamento» - e lui non perse tempo: mandò un gufo ad Hermione pregandola di passare a Grimmauld Place.
Poche ore dopo il sonno indotto dalle pozioni in cui era caduto, venne interrotto bruscamente dagli incantesimi di protezione piazzati da Ginny prima di andarsene.
«Harry, ti saresti già fatto uccidere» disse sorridendo la ragazza, mentre guardava l’amico scendere le scale in modo traballante, con gli occhiali in una mano e la bacchetta nell’altra.
«Abbiamo un problema Hermione». La voce di Harry era rotta dal sonno spezzato e dai pensieri che pesavano nella sua testa.
Si accomodarono nel grande divano del salotto, tra le mani un tè fumante, mentre Harry raccontava per filo e per segno ciò che era successo il giorno prima al San Mungo.
«Lui ricorda».
E come un ragazzo stanco della vita che altri hanno voluto per lui, pianse. Pianse tutte le lacrime che si era trovato a dover trattenere per un lungo anno, pianse per l’amore che aveva incontrato, vissuto e dovuto letteralmente dimenticare.
Hermione restò in disparte, seduta al fianco del suo amico. Muta e attenta a non entrare nel suo dolore, per permettergli di restare solo e viverlo, sentirlo.
Lo riaccompagnò a letto, pensando a quanto fosse piccolo quell’uomo che teneva la testa sulla sua spalla, quanto stanco e ferito fosse.
Lei c’era, era sempre stata lì, dall’inizio.
Era lì quando la guerra stava per finire e gli animi stavano cambiando; lo stesso animo nero di Malfoy stava assumendo nuove sfumature, e lei lo vide, Harry, mentre ne scopriva alcune sorprendendosi e modificando l’idea che aveva di quel ragazzo. C’era, quel giorno in cui lui e Malfoy si scambiarono le prime parole senza offendersi apertamente, ma scoprendo quanto fosse facile fare dell’ironia.
Lo vide confuso e ferito di quella diffidenza che Malfoy riservava solo a lui, e lo vide alla fine cedere, deluso, all’amore insistente e genuino di Ginny.
Era lì mentre si spegneva piano e dava se stesso pur di non far pesare a lei l’amore che non poteva darle.
Hermione non era mai andata via, non aveva mai perso di vista l’amico. Nemmeno quando si stava innamorando. Probabilmente – come sempre – era stata la prima ad accorgersi del sentimento tra quei due ragazzi, ancora prima dei diretti interessati.
Così non poté far altro che annuire – “Oh Harry, quanto sei ingenuo amico mio.” – quando lui si presentò nel suo ufficio a confessarle di aver tradito Ginny e di essersi innamorato di Malfoy.
Non poté far nient’altro che annuire e decidere di aiutare il suo amico – “Oh Harry, quanto te ne pentirai amico mio.” – quando due anni dopo si presentò da lei a chiederle di cancellare la memoria a Draco.
Harry si addormentò sotto ai suoi occhi, il viso ancora umido. Se ne andò desiderosa solo di abbracciare Ron e addormentarsi tra le sue braccia – “Oh Harry, sarò qui anche questa volta” – .
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Mignon