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Autore: seamari    03/09/2018    1 recensioni
Seguito di “PARLAMI”
Arthur ha confessato a Merlin di essere innamorato di lui ma il ragazzo non l’ha presa molto bene.
La ricerca per le vie di Manhattan, la perseveranza degli amici e un sentimento mai espresso riusciranno a far si che i due ragazzi si ritrovino e si confrontino?
DAL TESTO:
“Merlin, Arthur si riduce in questo modo solo per due persone: suo padre... e te. […]
Vuoi dirmi cosa sta succedendo o devo prendere a calci tutti e due?”
MERTHUR of course!
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Galvano, Gwen, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Raccontami'
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Spiegami

Seguito di “Parlami”. Consiglio di leggere prima la one-shot precedente per capire la storia.

 

“Ogni parola ha conseguenze.
                                        Il silenzio anche.”
                             -J.P. Sartre





La prima cosa che ti insegnano nel primo anno di specializzazione è che non esiste un modo giusto per dire ad una persona che un suo caro, una persona che ha amato più della sua stessa vita, non c’è più.
Non esistono procedure, non ci sono insegnamenti, non c’è nessuno che ti può preparare.
Solitamente, è lo strutturato a parlare con la famiglia mentre tu, specializzando, rimani fermo e immobile come una statua, qualche passo dietro il primario, mentre ascolti le parole che in un attimo distruggeranno la vita delle persone che hai di fronte.
Non parli. 
Quasi non respiri mentre vedi come i visi pieni di speranza e preoccupazione perdono qualsiasi emozione, qualsiasi tratto umano.
Ecco, quell’incredulo dolore che si dipinge sui loro volti è quanto di più inumano ci sia al mondo.
Li osservi mentre la loro vista si annebbia, mentre i loro occhi perdono luce e colore, mentre ondeggiano pericolosamente perchè le loro gambe non sostengono più il loro peso.
E tu sei li.
Vorresti dire qualcosa. 
Dire che ti dispiace, che avete fatto tutto il possibile, che il loro caro ha lottato fino all’ultimo per tornare da loro.
Vorresti chiedere scusa perchè non siete riusciti a salvarlo, vorresti implorarli di perdonarvi perchè avete portato via da loro quella persona, supplicarli perchè non siete lì per dire che il loro caro è vivo e fuori pericolo ma solo per ripetere quell’orribile e ormai clichè “abbiamo fatto il possibile ma non è stato abbastanza.”
Vorresti dire tutto questo e anche di più ma il chirurgo ti trascina via, lontano da loro.
Perchè il vostro lavoro non è consolare quelle vite ma dare loro la notizia senza lasciarsi coinvolgere. 
Questa è la seconda lezione.
E tu non puoi fare altro che dare le spalle a quella famiglia e andare via, mentre le loro urla di dolore e i singhiozzi insopportabili ti entrano nelle orecchie per non andarsene mai più.



***


Merlin era seduto sulla scala antincendio fuori la finestra della sua camera.
Osservava le macchine e i taxi gialli sfrecciare per le strade di New York nonostante l´ora tarda mentre tra le dita si rigirava un drum ormai spento.
E pensava.
Pensava alla prima volta che si era trovato davanti una famiglia distrutta dal dolore dopo un intervento andato male.
Era una notte di Dicembre, fredda come non era da anni. Le strade erano quasi tutte ghiacciate e non aveva mai smesso di nevicare per due giorni interi.
Lui era al suo primo anno di specializzazione, il secondo mese per la precisione, e aveva il turno di notte insieme a Lance, uno specializzando del suo stesso anno. Era una notte piuttosto tranquilla fino a quando il suo cercapersone non aveva suonato: codice rosso in arrivo al pronto soccorso.
Aveva corso con Lance fuori dall´ospedale dove c´era già Alator, il capo di chirurgia, ad aspettare l´ambulanza che arrivò due minuti dopo a sirene spiegate.
Mentre si affrettavano a portare dentro il ferito, il paramedico aveva recitato velocemente i parametri e aveva spiegato l´accaduto: un uomo di trentotto anni aveva avuto un incidente con l´auto a causa delle strade ghiacciate ed era andato a sbattere contro un albero distruggendo il veicolo. Aveva diversi traumi e doveva essere immediatamente operato.
Era la vera, prima urgenza a cui Merlin aveva assistito ma aveva controllato la sua paura e con un eccezionale sangue freddo aveva seguito Alator in sala operatoria senza fare una piega.
Un intervento di otto ore e quando pensavano che il pericolo era scampato l´uomo aveva avuto un attacco di cuore e non c´era stato più niente da fare.
Alator era andato personalmente dalla famiglia, portandosi dietro un giovane e sconvolto Merlin, e mentre quest´ultimo era rimasto in silenzio a osservare un punto imprecisato davanti a se’, il Capo aveva dato la notizia spiegando le complicazioni che erano sorte.
In seguito Merlin non aveva mai più dimenticato le espressioni sui volti di quelle persone. Lo avevano tormentato per anni, anche dopo che era diventato uno strutturato e aveva iniziato a dare lui stesso quelle cattive notizie. 
Perché lui, quella volta, era scappato. 
Si era tolto il camice ed era corso via dall´ospedale mentre il Capo urlava il suo nome tentando di fermarlo.
Aveva corso per minuti interi fino a ritrovarsi sotto casa sua senza neanche essersene reso conto.
Poi era crollato.
Seduto sui gradini della palazzina era rimasto immobile fino al mattino, quando Arthur, uscito di casa per andare a lavoro, lo aveva trovato quasi congelato vista la folle temperatura invernale. 
Senza una parola lo aveva portato dentro, al caldo, lo aveva fatto sedere al tavolo della cucina avvolgendolo con una coperta blu di pile e gli aveva preparato una tazza di the bollente allo zenzero per scaldarlo il più possibile.
Poi si era seduto difronte a lui, scrutandolo a lungo e aspettando che parlasse.
E Merlin aveva parlato, aveva parlato a lungo. 
Perchè con Arthur era così: non faceva pressioni, non costringeva nessuno a sfogarsi ma, semplicemente, restava zitto e aspettava che l’altro raccogliesse il coraggio.

Arthur...
Sempre e solo Arthur.

Si riaccese il drum con le dita gelate e spostò lo sguardo verso il cielo.
Le migliaia e abbaglianti luci di New York gli impedivano di vedere le stelle ma Merlin sapeva che erano lì, luminose, a vegliare su di lui nonostante tutto. 
Mentre fissava il cielo senza davvero vederlo ripensò alla conversazione avvenuta poco prima, talmente surreale che la sua mente si era rifiutata di formulare un pensiero razionale.
Era scappato, esattamente come quella volta in ospedale, solo che questa volta era scappato da Arthur.

Era innamorato di lui.
Glielo aveva detto, non l’aveva immaginato.
Aveva sentito quelle parole uscire dalla sua bocca, aveva visto le sue labbra muoversi, percepito il suo cuore battere talmente forte da sembrare che potesse uscire dal petto da un momento all’altro.
Arthur era innamorato di lui.
Un tiepido sorriso involontario gli salì sul volto mentre sentiva il suo cuore scaldarsi al solo pensiero.
Tutte le volte che era stato geloso di Arthur, tutte le volte che lo vedeva sorridere a qualcuno che non fosse lui, tutte le volte che lo sentiva parlare di qualcuno... per tutto quel tempo era stato geloso di se stesso.
Nessuna Gwen, nessuna sconosciuta senza volto ma lui.

Guardò l’orologio e vide che erano quasi le cinque del mattino: era rimasto su quella scala per due ore.
Si alzò, lasciando cadere il drum consumato sopra le scale antincendio e si rinfilò nella stanza attraverso la finestra.
Afferrò la giacca di pelle, il telefono e il cercapersone e riuscì dalla finestra. Sapeva che Arthur non era in casa, l’aveva visto uscire un paio d’ore prima, ma non era pronto a tornare fisicamente in quel salotto dove avevano discusso.
Scese velocemente le due rampe di scale fino a trovarsi davanti al portone. Aveva un paio d’ore per trovare Arthur prima che iniziasse il suo turno in ospedale, doveva darsi una mossa.
Con un sospiro tirò su la cerniera della giacca e sistemò il cercapersone nella tasca anteriore dei jeans mentre alzava una mano per bloccare uno dei taxi gialli che sfrecciavano per la strada.
-Dove la porto?- fece il taxista appena chiuse la portiera dopo essersi sistemato sui sedili posteriori.
Dove avrebbe potuto essere Arthur?
-Al centododici della Sixth Avenue-


-Merlin! Grazie a Dio sei qui!- la voce di Gwaine sovrastò il vociare e la musica di sottofondo del bar più frequentato di Manhattan mentre Merlin si faceva spazio tra le persone ammassate con i loro drink in mano per raggiungere il bancone.
Il Bar di Gwain era sempre gremito di gente, Merlin non sapeva esattamente perchè.
Forse perchè c’erano tutte quelle lampadine appese a fili sul soffitto che davano la sensazione di essere sotto un cielo stellato, o forse perchè tra i drink disponibili c’era il famosissimo “TR”, creato da Gwaine stesso in onore dei suoi amici, e che aveva riscosso un notevole successo (Gwaine ancora si rifiutava di rivelare la ricetta), o forse per il fatto che il padrone della baracca fosse un tipo particolarmente apprezzato dal gentil sesso.
Merlin non ne aveva idea.
Lui semplicemente si era ritrovato a bere una birra con i colleghi specializzando del primo anno in quel bar dietro l’angolo dell’ospedale quasi sei anni prima e da quel momento quello era diventato il luogo di ritrovo dei medici dell’Albion Hospital.
Merlin aveva stretto amicizia con Gwaine, barista e proprietario e soprattutto, vecchio amico di Arthur e piano piano erano arrivati ad essere praticamente fratelli insieme al resto dei cavalieri, come si chiamano fra di loro Lancelot, Percival, Leon e Elyan.
Perciò nutriva forti speranze di trovare li Arthur.
-Ti avrei chiamato non appena avessi avuto un secondo libero ma qui è un inferno come puoi vedere e Perc è anche andato via prima stasera!- fece il ragazzo frettolosamente mentre preparava due Sex On the Beach alla velocità della luce e li porgeva a due ragazze sedute al bancone lì accanto. Afferrò poi lo straccio che aveva poggiato sulla spalla e iniziò ad asciugare il tavolo con energia passando più volte su un alone particolarmente insistente.
Quando si accorse che Merlin non ancora aveva aperto bocca ma lo guardava con un’espressione indecifrabile sospirò, appoggiando entrambi le mani sul legno e fermando la sua opera di pulizia.
-Ehi Mordred!- chiamò ad alta voce per farsi sentire tra la folla dove il più giovane tra i camerieri del bar stava prendendo le ordinazioni. –Appena finisci li vieni dietro al bancone per due minuti mentre io parlo con Merlin!- Dopo il sorriso e il cenno affermativo del ragazzo Gwaine tornò con l’attenzione all’amico. 
-Arthur è stato qua fino a poco meno di un’ora fa- disse. - Aveva un’aria da schifo e si è scolato almeno tre shots e due bicchieri di gin nel giro di mezz’ora- Fece una pausa quando vide Merlin portarsi una mano sul viso per strofinarsi gli occhi stanchi. –E a quanto vedo tu non stai messo molto meglio di lui.-
Si girò un attimo per prendere un bicchiere e poi lo sbattè con decisione sul bancone. Prese una bottiglia piena di liquido trasparente e ne versò una generosa dose nel bicchiere.
-Ecco- 
Merlin lanciò appena un’occhiata all’amico, poi afferrò il bicchiere e dopo una leggera esitazione finì in due sorsate il contenuto.
Con un’ombra di cupa soddisfazione Gwaine riempì il bicchiere una seconda volta per poi appoggiare i gomiti sul balcone per sporsi verso il ragazzo.
-Arthur si riduce in questo modo solo per due persone: suo padre e... te.- Al leggero sussulto dell’altro il moro scosse la testa. –Vuoi dirmi cosa sta succedendo o devo prendere a calci tutti e due?-
Merlin sospirò, passandosi la lingua sulle labbra con lentezza prima di alzare gli occhi al cielo e scuotere il capo. –Succede che sono un cretino Gway, un grandissima cretino- sbottò il ragazzo con rabbia. –Arthur mi ha detto una cosa e io ho... reagito male. E non so neanche perché ho reagito male! Insomma io non... non... - si passò una mano tra i capelli cercando le parole adatte per spiegarsi meglio, per non sembrare fino in fondo un completo idiota.
-Io...- Merlin non riuscì a continuare la frase che fu interrotto dal suono improvviso della suoneria del telefono di Gwaine il quale si cacciò l’iphone dalla tasca facendo un cenno a Merlin di aspettare.
-Si?... Oh, bene... cosa? ah si è qui con me... si sì tranquillo ci penso io... va bene Perc, grazie. Ti richiamo io... si, ciao...-
Gwaine richiuse la chiamata rimanendo a guardare il telefono per qualche secondo mordendosi un labbro.
-... Gwaine cos..?-
Un sospiro.
-Merlin- mormorò il ragazzo ancora senza guardarlo. –Arthur... te l’ha confessato vero? Ti ha detto che è innamorato di te.-


Smise di respirare per un attimo.
Era un bene che Gwaine non lo stesse guardando dato che in tutta probabilità la sua faccia aveva assunto un’espressione talmente sconvolta che sarebbe stata più adeguata alla notizia di una diagnosi di cancro al terzo stadio.
-Tu co… come...? Come fai a… chi…?-
-Oh Gesù- sospirò Gwaine con gli occhi al cielo come in un disperato appello verso un’entità superiore.
Afferrò al volo il bicchierino sul tavolo che aveva riempito per Merlin e lo beve tutto d’un sorso, buttando la testa all’indietro. Lo sbattè sul tavolo e dopo un attimo in cui rimase a fissare il bicchiere vuoto fece spallucce come a dire “non dovrei ma chissenefrega ne ho bisogno perché sono due cretini” e lo riempì di nuovo.
Lo buttò giù sotto lo sguardo ancora sconvolto di Merlin e poi sospirò pesantemente. – Ora posso affrontare questa conversazione- 





-Ecco qui, è bello caldo come piace a te. Mi spiace che non sia allo zenzero però… -
-Va benissimo così Gwen, grazie mille-
Arthur prese la tazza rossa piena di the che l’amica le stava porgendo e l’alzò appena verso di lei, come per dire “alla tua salute” e se la portò alle labbra per fare un sorso piccolissimo.
Quando la riabbassò, gettò appena un’occhiata a Gwen che lo stava guardando fisso con un’aria leggermente preoccupata e accennò un sorriso. –Gwen non fare quella faccia, mi fai sentire ancora più ridicolo di quanto io non sia… -
-Arthur Pendragon!- lo rimproverò lei in tono dolce ma deciso. –Usa un’altra volta la parola ridicolo e ti ci faccio strozzare con quel the!- si avvicinò di scatto e gli prese la tazza dalle mani e con un gesto secco la sbattè sul tavolo.
Poi, dopo un respiro profondo, afferrò la sedia accanto a sé e la rigirò in modo da potersi sedere proprio di fronte al biondo e guardarlo in faccia.

Quando era arrivato, un’oretta prima e mezzo ubriaco, Gwen aveva creduto che avesse avuto l’ennesima sfuriata con il padre e che volesse semplicemente sfogarsi con lei come faceva da dieci anni a quella parte. 
Ma quando l’aveva visto con gli occhi rossi e si era resa conto dell’ora folle aveva fatto due più due.
Merlin, ovvio.
Grazie al cielo era una notte abbastanza tranquilla in ospedale e al pronto soccorso non c’era praticamente nessuno, così Gwen aveva portato Arthur alla stanzetta dei medici e l’aveva fatto calmare. E parlare.
Dopo circa un’ora di un monologo lungo e sofferto Arthur aveva ripreso contatto con la realtà e Gwen aveva approfittato per chiamare Lance per spiegarli velocemente la situazione e pregarlo di trovare Merlin e portarlo in ospedale.
Il tutto, ovviamente, all’insaputa del biondo che se ne stava seduto immobile guardando fisso un punto con l’espressione più triste che gli avesse mai visto.

-Cosa hai intenzione di fare adesso?-
Un sospiro.
-Non lo so Gwen… speravo me lo potessi dire tu-
La ragazza sorrise appena. –Sai benissimo che sono la persona meno indicata per farlo- mormorò con la voce leggermente incrinata.
Arthur sollevò lo sguardo su di lei per incontrare i suoi occhi scuri, colmi di qualcosa che il ragazzo sapeva essere un misto di senso di colpa e rassegnazione. 
Allungò una mano per stringere quella dell’amica e rimasero così per un po', in silenzio, a riflettere su loro stessi. 
Fu Arthur, qualche minuto dopo, a spezzare il silenzio. –Tu lo sapevi vero? Ho visto la tua faccia quando ti ho detto che sono…- deglutì incerto. - Che io e Merlin… -
-Che sei innamorato di lui?- concluse Gwen con un sorriso. – Certo che lo sapevo Arthur! Solo un cieco poteva non accorgersi di come lo guardi!-
Il biondo boccheggiò alla frase dell’amica: non si era aspettato una risposta del genere.
-Come lo guardo? Io… io non lo guardo in nessuno modo… io non… -
 Gwen rise leggermente, scuotendo appena la testa riccia. -Oh si invece! È una cosa impossibile da non notare e tu non te ne accorgi nemmeno. Beh, neanche lui a quanto pare…-
-Cosa? Ma di cosa parli… io…-
-Parlo di te Arthur- lo interruppe lei con gentilezza. -Di te che non stacchi mai gli occhi da lui, che lo cerchi di continuo con lo sguardo quando siamo tutti insieme. Che sorridi quando lui sorride, che lo guardi con orgoglio e con fierezza anche se sta solo giocando una partita a Ping Pong con Gwaine. – una breve risata. - Di te che cambi umore in base al suo umore, che metti il broncio quando invita a casa Freya o Will, o quando racconta del tempo passato con loro. Di te che ti agiti quando non torna a casa o quando lo vedi tornare distrutto da un intervento andato male. Parlo di te che lo segui con gli occhi quando sai di non essere visto.
Parlo di te Arthur, di te assolutamente innamorato di Merlin Emrys.-






-Tu mi stai dicendo che tutti voi sapevate di Arthur… e non me l’avete mai detto?-
-Ma certo che lo sapevamo!- strillò Gwaine allargando le braccia con fare offeso. –Con chi credi di parlare? E poi cosa avremmo dovuto dire? “Ciao Merlin, sappiamo che tu e Arthur vi fate gli occhi dolci da mesi, auguri e figli maschi”- lo scimmiottò il ragazzo sbattendo gli occhi con fare civettuolo. –Saresti scappato prima ancora di finire la frase… si, beh… cosa che hai fatto anche adesso ora che ci penso…-
-Vaffanculo Gwaine- fu la placida risposta di Merlin.



-Dimmi un po' Gwen, oltre al fatto che tu e quegli altri che una volta chiamavo amici siete un branco di comare pettegole c’è altro che devo sapere?-
Gwen restò un secondo a guardare il biondo in faccia, cercando di non mostrare alcuna espressione di sorta mentre decideva sul da farsi.
Altro? Qualcosa tipo “anche Merlin è innamorato di te?” 
Glielo devo dire, vero? Ci sta soffrendo troppo quando è tutto così semplice! 
Si, glielo devo dire… un bel respiro e vai…!
-No, assolutamente. Questo è tutto quello che so!-
Gwaine l’avrebbe ammazzata…
-E da quant’è precisamente che ne siete al corrente?-




-… sette mesi, tre settimane e cinque giorni!- rispose Gwaine gonfiando il petto in modo orgoglioso sotto lo sguardo pietrificato di Merlin.
-Co… voi… non ci credo!- s’impappinò il ragazzo indignatissimo. – Lo sapevate da otto mesi e non avete detto niente?-
-Ma certo che abbiamo detto qualcosa!- esclamò Gway interrompendo per un secondo il contatto visivo con l’amico per digitare qualcosa sul suo cellulare. –Solo non con voi… Ecco – e girò lo schermo verso Merlin. –Abbiamo anche un gruppo What’s app!-




-Un gruppo What’s App…-
-Un gruppo What’s App, si- fece Gwen alzando le mani a mo di scusa. –Un’idea di Gwaine, ovviamente. Ma non abbiamo mai scritto più di tanto, te lo giuro. Dopo la prima settimana Lance lo ha convinto a darci un taglio-
Arthur sospirò, passandosi una mano sugli occhi per strofinarseli. –Grazie a Dio che Lance ha ancora un ascendente su Gwaine…-
Quando la ragazza non rispose Arthur rialzò lo sguardo su di lei e la vide abbassare gli occhi con un fremito quasi impercettibile e si diede dell’idiota.
-Scusa Gwen sono un cretino… non so mai quando devo stare zitto… io… scusami…-
-Non ti scusare, è la verità- mormorò Gwen accennando un sorriso triste. –In questa storia la cattiva della storia sono io…-
-Questo non è vero Gwen! Lance aveva preso una decisione molto prima di uscire con te e Gwaine lo sapeva… non è colpa tua!- Scandì con decisione. –Lance ci tiene a te!-
-Si…- Gwen alzò finalmente la testa e incontrò gli occhi azzurri del suo migliore amico; vide quell’intenso miscuglio di amore e dolore che leggeva ogni giorno negli occhi di Lancelot e capì quanto era stata ingenua e cieca.
-Lo so che ci tiene… -sussurrò in fine. –Ma non è me che ama-






-Si sta facendo tardi… tra meno di un’ora e mezza comincia il mio turno in ospedale e non ancora trovo Arthur!- sospirò Merlin scuotendo la testa. 
-Non devi cercare ancora a lungo- annunciò Gwaine tamburellando le mani sul balcone come se stesse suonando la batteria. – Era Perc al telefono prima. A quanto pare Arthur uscito da qui è andato da Gwen, in ospedale. È là ora-
Merlin si irrigidì per un secondo sentendo il nome della ragazza, ma un attimo dopo si diede dell’idiota: dopo tutto il casino di quella serata avrebbe dovuto baciare Gwen in fronte.
-C’è anche Perc con loro?- chiese senza reale interesse. 
-No- Ci fu un breve silenzio. -Gwen ha avvertito Lance che ha avvertito Perc che fa avvertito me. Che sto avvertendo te-
-Che giro lungo…- 
-Già- 
Fu qualcosa nel tono della sua voce che costrinse Merlin a cercare lo sguardo di Gwaine che, notò il ragazzo, tentava in tutti i modi di sfuggirgli.
-Gway?- lo chiamò. –Tutto okay?-
-Mh? Oh si, certo Merlin…- rispose quello continuando a evitare il suo sguardo.
-Gwaine…-
-Emrys- lo interruppe allora Gwaine in tono secco. -Non è questo il momento di cercare di psicanalizzarmi. Vai da Arthur e chiarisci una volta per tutte questa storia-
-Ma…-
-Vai da Arthur- ripetè incrociando finalmente gli occhi azzurri dell’amico.
Merlin rimase a fissarlo per qualche secondo, come per cercare di decidere se dargliela vinta in quel modo o meno. Alla fine fece appena un cenno col capo.
-Gwaine?-
Lo guardò serio per qualche secondo come a dire “non finisce qui”, poi il suo volto si aprì in un sorriso.
-Grazie-






Da: Merlin Emrys
05:48
“Sono qui. Puoi portarlo su?.”


Da: Merlin Emrys
05:49
“E grazie di tutto…”


Gwen sorrise osservando i messaggi sul telefono.
Era arrivato il momento: Merlin e Arthur avrebbero finalmente parlato e capito quanto erano stati idioti.
C’era solo un’ultima cosa da fare.
-Senti Arthur- cominciò cercando di apparire disinvolta. -Devo fare un giro di controllo tra i miei pazienti prima di finire il turno. Mi aspetti sul tetto? A quest’ora c’è una vista stupenda lassù…-
-Oh- fece Arthur sorpreso. -Ma sei sicura che possa salirci? Non sono un dipendente o un paziente dell’ospedale…-
-Non ti faranno storie, tranquillo- rise la ragazza sistemandosi il colletto del camice. Si avvicinò per lasciargli un bacio leggero sulla guancia e poi lo avvolse in un abbraccio. 
-Torno presto- sussurrò.
Poi si allontanò con un sorriso e uscì dalla stanza lasciandolo solo.




Adesso era in ansia.
Altro che le chiacchierate con Gwaine e i messaggini con Gwen… 
Cosa cavolo avrebbe detto ad Arthur?
Merlin cominciò a camminare su e giù per il tetto dell’ospedale cercando di calmare il suo battito cardiaco che in quel momento aveva deciso di superare il record di pulsazioni al secondo.
Stai iperventilando e Arthur non è neanche qui con te, perfetto!, pensò in un breve momento di razionalità. 
Si avvicinò alla balconata e appoggiò le mani sul parapetto, stringendole con forza e guardò il panorama intorno a lui.
Il cielo non era più scuro come qualche ora prima, era di una colore che Merlin non avrebbe potuto descrivere. Quel nero profondo e cupo stava andando via lasciando il posto ad un blu leggermente opaco che permetteva agli ancora deboli raggi del sole di affacciarsi timidamente.
Sembrava una lotta tra notte e giorno, tra buio e luce.
Era la stessa identica lotta che il cuore di Merlin stava combattendo in quel momento.
Prese due profondi respiri e chiuse gli occhi, assaporando l’aria fresca sul viso.
Coraggio Merlin, coraggio…

-Che ci fai tu qui?-

Merlin aprì gli occhi di scattò al suono di quella voce.
Il suo cuore inciampò e singhiozzò per una frazione di secondo per poi ripartire a correre come un pazzo.
Non aveva il coraggio di girarsi, ma allo stesso tempo sentiva l’impulso fortissimo di voltarsi e guardarlo in faccia.
L’ennesima lotta interiore.
Alla fine, dopo quella che parve un’eternità, Merlin si girò verso la porta dove c’era Arthur immobile, con la mano ancora stretta alla maniglia della porta.
Dalla espressione dell’altro il moro capì che quello doveva essere dieci volte più senza parole e impaurito di lui.
In un misto tra stupore e rassegnazione dettata da un’improvvisa consapevolezza, si accorse che in realtà, nell’esatto istante in cui i suoi occhi si erano piantanti in quelli quelli di Arthur lui aveva smesso di aver paura.
Il suo battito era notevolmente rallentato, il respiro era tornato normale e la fastidiosa sensazione di un nodo alla gola era scomparsa.
Nella sua testa tutte le paranoie e le insicurezze che fino al quel momento lo avevano paralizzato erano state come risucchiate da qualcosa di immensamente più importante.
Niente aveva più importanza se non la persona davanti a lui in quel momento.
E quando quel pensiero raggiunse la sua coscienza e il suo cuore Merlin quasi rise, stentando a credere a quanto fosse stato stupido e cieco.
Era arrivato il momento di fare i conti con se stesso.
Trattenne il sorriso e si concentrò con tutte le sue forze affinché il suo corpo combattesse l’impulso di correre a baciare Arthur in quel preciso istante. 
Si avvicinò lentamente, a piccoli passi, non senza un minimo di esitazione per l’ insensata paura che l’altro decidesse di voltargli le spalle e correre via.
Non l’avrebbe biasimato, era stato lui il primo a farlo.
Quando vide che Arthur non si era mosso di un millimetro si fermò e si morse le labbra, un po' incerto di come iniziare la conversazione.
Da quella distanza notò vagamente gli occhi leggermente umidi e rossi e lo sguardo appena annebbiato del biondo, segno che non solo non si era ancora del tutto ripreso dalla sbronza ma che aveva anche passato l’ultima ora a strofinarsi gli occhi per cancellare qualsiasi possibile traccia di lacrime.
Il senso di colpa lo colpì come un colpo di pistola e per un attimo il nodo alla gola si riformò ancora più stretto di prima, impedendogli di deglutire.
Abbassò lo sguardo per una frazione di secondo, cercando di riconquistare quella sicurezza che aveva trovato poco prima e dopo l’ennesimo respiro profondo tornò in sé.
-Ciao Arthur-
Dio, quanto era strano parlargli, stargli davanti ora che sapeva che era innamorato di lui.
Era come se lo stesse vedendo per la prima volta, come se qualcuno gli avesse improvvisamente tolto un velo dagli occhi che gli impediva di osservare la realtà.
La conversazione nel salotto della loro casa sembrava essere avvenuta secoli prima, non ore e ancora una volta si diede del cretino per il suo comportamento.
-Che ci fai tu qui?- gli ripetè il biondo con la voce leggermente incrinata.
-Abbiamo una conversazione in sospeso io e te, o sbaglio?-
Ci fu un attimo di silenzio in cui Arthur non staccò gli occhi da Merlin.
-E se io adesso non volessi parlare?-
Merlin sospirò piano. Sapeva quanto era costato ad Arthur dirgli quelle cose e avrebbe dovuto mettere in conto che, dopo la sua reazione, quello avrebbe elevato l’orgoglio come scudo per non far vedere quanto era stato ferito nel profondo.
-Se vuoi andare via non ti fermerò, non ne ho alcun diritto. Ma se c’è una cosa che ho capito questa sera è che tu sei una persona molto più coraggiosa di me, molto più forte e… decisamente migliore di me- vide Arthur sgranare impercettibilmente gli occhi dopo quelle parole e capì che non si aspettava minimamente un discorso del genere.
Con un tuffo al cuore realizzò che Arthur doveva aver immaginato che dopo la sua confessione Merlin avesse voluto tagliare i ponti con lui, e la vergogna verso se stesso rinforzò ancora di più la sua sicurezza nell’affrontare quella conversazione.
-Okay- fece Arthur talmente piano che Merlin credette di aver immaginato la sua voce. -Okay parliamo- disse più forte. 
Chiuse la porta dietro di sé, mise le mani nelle tasche dei pantaloni e superò Merlin per avvicinarsi al parapetto. Si mise nell’esatta posizione in cui stava Merlin prima, mani sul muretto e sguardo verso il panorama.
Il moro seguì con lo sguardo tutti i suoi movimenti, ringraziando internamente che Arthur avesse scelto di ascoltarlo e poi si avvicinò a lui.
Si mise alla sua sinistra e con lo sguardo fisso in un punto imprecisato cominciò a parlare.
-Ho pensato e ripensato a cosa dirti almeno un milione di volte e sono arrivato alla conclusione che non importa quanto possa prepararmi: davanti a te arriverò sempre a bloccarmi come un cretino. -sorrise appena tra sé e con una mano si scompigliò leggermente i capelli. -E anche adesso, vorrei fare un discorso articolato, sincero e con un filo logico ma… non sono sicuro di riuscirci-
- Non è quello che ti ho chiesto, infatti.- lo interruppe Arthur senza guardarlo. -Non ti ho ma chiesto grandi discorsi.
-Lo so. Ed è per questo che credo di essere scappato prima.-
Ci fu un breve momento di silenzio in cui Arthur sembrava stesse ragionando sulle sue parole. Poi, con uno sguardo confuso, si girò finalmente verso Merlin.
-Di cosa stai parlando?-


Merlin prese un respiro profondo. Era di nuovo tornata la tachicardia ma stavolta aveva l’impressione che il cuore stesse cercando di uscirgli fuori dal petto.
-E se ti dicessi che non hai mai capito niente neanche tu?-

Il silenzio cadde profondissimo e le parole del ragazzo parvero risuonare nell’aria come un eco tra le montagne.
-Cosa?-
Merlin deglutì. -Sei stato cieco al par mio, Arthur. Perché pensavi che ti stessi evitando?-
Arthur non rispose. Teneva gli occhi fissi sul ragazzo con un’espressione scioccata.
-Sono innamorato di te, Arthur. Da non so quanto tempo ormai.- 

L’ho detto. Oddio, l’ho detto davvero.

-Ti amo Arthur Pendragon-

Non ci pensò due volte.
Arthur si fiondò sulle labbra di Merlin, con il viso stretto nelle sue mani.
Voleva sentirlo, toccarlo, farlo suo.
Merlin ricambiò il bacio immediatamente e sentì un calore fortissimo partire dal bassoventre fino alle labbra e si strinse ancora di più.
Non riusciva a credere che lo stava finalmente baciando. Tutti quei mesi di tormento, di ansie e preoccupazioni del tutto inutili fino ad arrivare a quel momento.
Doveva ricordarsi di fare una statua ai ragazzi.
Pensò a tutto questo e a molto più mentre continua a baciarlo. Solo quando entrambi rimasero senza fiato si staccarono dolcemente, gli occhi puntati sulle loro labbra e le fronti appoggiate.
-Ti amo- ripetè Merlin in un sussurrò.
Arthur sorrise. -Ti amo- disse. -E mi dovrai spiegare un sacco di cose-
Merlin annuì divertito. -Dovremo spiegare molto anche ai ragazzi…-
-Non me ne parlare- il biondo fece una smorfia. -Li dovrei ammazzare tutti-
-Basta che il primo della lista è Gwaine…-
-Hai dubbi? Lui dovrà patire le più atroci sofferenze!-
Merlin scoppiò a ridere e si avvicinò per dare un altro bacio leggero ad Arthur che teneva ancora un leggero broncio anche se aveva il viso disteso e rilassato.
-Che ne dici se pensiamo all’omicidio più tardi e ora ci godiamo un pò di tempo insieme?
Un altro bacio.
-Mi sembra un’ottima idea.-


E insieme, stretti l’uno all’altro, si girarono a guardare l’alba che stava illuminando i primi tetti, salutando le strade e i palazzi nella promessa di un giorno nuovo.
Un giorno che, per Merlin e Arthur, rappresentava anche un nuovo inizio.
 
 

Angolo autrice:
Ce ne ho messo di tempo ragazzi. Mi dispiace, sono una persona terribile.
Spero che questo epilogo però ripaghi l’attesa.
Devo però spiegarvi un background che ho deciso di inserire ma non spiegare nella storia: Gwaine/Lance/Gwen.
Non li ho trattati in particolare perché sentivo che dovevo dar spazio alla Merthur e basta ma questo triangolo c’era ed è giusto che ora ve lo spieghi.
Lance e Gwaine erano migliori amici e, senza che nessuno lo sapesse, avevano cominciato un tira e molla. Dopo poco Lance decide di chiudere e si mette con Gwen, chiudendo in rapporti con Gwaine che non l’ha mai davvero perdonato e si è confidato con Arthur. Gwen, che non è scema, capisce tutto e che soprattutto Lance è innamorato di Gwaine senza che neanche lui se ne renda davvero conto.
Forse questo triangolo avrà una conclusione un giorno.
Forse scriverò uno spin off per loro.
Ma non è ancora il loro momento.

Un grazie a tutti voi, che li amate tanto quanto me, se non di più.
La Merthur non è per tutti ma è TUTTO.
 
Alla prossima,
Maar

 

  
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