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Autore: Danya    06/09/2018    4 recensioni
La suddetta One-shot è figlia del contetest http://www.freeforumzone.com/d/11520031/Tokyo-Mew-Mew-Summer-Festival/discussione.aspx
Situazione: Obon, festa degli antenati
Elemento: anguria
"Guardò la coppetta intatta. Era stata tanta l’agitazione che non l’aveva finita: mentre pensava di darla a Purin, notò un’ombra con la coda dell’occhio."
[...]
-Se devo essere onesto, detesto mangiare oltre la polpa il seme. È fastidioso. – confessò, distogliendo lo sguardo.
[...]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pai Ikisatashi, Retasu Midorikawa/Lory
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La suddetta One-shot è figlia del contest http://www.freeforumzone.com/d/11520031/Tokyo-Mew-Mew-Summer-Festival/discussione.aspx indetto da Ria.
Penso di aver scritto abbastanza fluidamente la shot, dopo essermi arrovellata dieci minuti su quale paring buttarmi e su quali parole ed eventi XD
Infine, tanto per cambiare, Paitasu!
Situazione: Obon, festa degli antenati!
Elemento: anguria (non ne voglio più mangiareeee).
Ho fatto la mia piccola cultura sulla festa giapponese, devo dire che, se mai un giorno andrò il Giappone, sarei curiosa di vederla!
Detto ciò, vi lascio...e buona lettura!

 
 
Promise
 
Si possono promettere azioni, ma non sentimenti, perché questi sono involontari. Chi promette a qualcuno di amarlo sempre o di odiarlo sempre o di essergli sempre fedele, promette qualcosa che non è in suo potere; invece può ben promettere quelle azioni, che sono sì, di solito, effetto dell’amore, dell’odio e della fedeltà, ma che possono anche scaturire da altri motivi: giacché a un’azione conducono più vie e motivi.
(Friedrich Nietzsche)
 
Tokyo, 15 Luglio 2003
 
Cinque teste allegre dondolavano sulle strade illuminate della città. Nei loro yukata colorati e allegri, le cinque adolescenti Tokyo Mew Mew saltellavano allegre, dirette ad uno dei templi più importanti della città.
-Oggi lanciano le lanterne! - Purin si attaccò al braccio di Zakuro, dondolando, ignorando il fatto che stropicciava sia il suo yukata giallo-arancione sia quello della modella.
-Contegno, Purin! - strillò stizzita Minto, fasciata nel suo yukata di alta fattura azzurro e blu –E poi stai rovinando l’abito della nee-sama! - disse, ammirando la stoffa lilla con invidia.
Ichigo le ignorò, guardando a destra e sinistra: - Ma dove sarà Aoyama-kun! - brontolò –Aveva detto che ci saremmo visti per strada! Lo voglio vedere con l’abito tradizionale! Sarà sicuramente bellissimo!
Minto premette due dita sul naso, spazientita da tanto starnazzare: - Magari ha trovato un’altra ragazza.
-MINTO!
-Calmatevi…! -  Retasu si mise in mezzo, ridendo forzatamente: - Sono sicura che Aoyama-san è qui in zona. Shirogane-san e Akasaka-san, diteglielo anche voi. – supplicò la verdina ai due dietro di loro.
Shirogane era stato convinto, dopo asfissianti giorni, da Keiichiro per indossare uno yukata scuro ma che slanciava la sua figura in modo talmente naturale che né Retasu né aveva Ichigo erano riuscite a nascondere il rossore delle loro guance. Keiichiro anche lui era elegante nel suo abito tradizionale grigio blu e emanava al solito un’aurea rassicurante.
Non fatto che elargire complimenti alle ragazze, quanto fossero carine e deliziose mentre Shirogane aveva preso a insultare Ichigo, che aveva l’aspetto, a detta sua di un buffo animale, tutta in rosa.
-Ichigo cara, sicuramente ci vedrà lui e ci raggiungerà. – la rassicurò il moro.
-Siamo troppo chiassosi, tra colori e voci, per non vederci. – borbottò Ryou.
-Proprio non riesci a rilassarti! - roteò gli occhi Ichigo –Guarda invece quante cose belle! - la rossa indicò le bancarelle intorno a loro.
-Oh guardate! Anguria! - Purin si fiondò su una bancarella che vendeva anguria a fette oppure a dadini dentro coppette colorate.
Keiichiro diede una gomitata a Ryou che, fingendo di essere scocciato, si avvicinò al banchetto. Comprò una coppetta a testa e le ragazze lo ringraziarono. Retasu arrossì quando sfiorò le dita di Shirogane e abbassò gli occhi sulle sue scarpe, deglutendo a fatica.
“Calmati, Retasu!”
D’un tratto ebbe una sensazione sgradevolissima.
Avvertì come una scossa a sotto la pelle e immediatamente il suo Red Data Animal scattare dentro di lei e i suoi sensi si allertarono.
Però Mash era tranquillo, così come le altre.
“Sarò solo agitata.”
Incontrarono Masaya, per la gioia di Ichigo, camminarono tra bancarelle, pregarono, osservarono e applaudirono artisti di strada… ma la sensazione rimase.
Era come avesse puntaspilli dietro la nuca e ogni volta che si voltava, non vedeva nessuno.
Guardò la coppetta intatta. Era stata tanta l’agitazione che non l’aveva finita: mentre pensava di darla a Purin, notò un’ombra con la coda dell’occhio.
Dietro uno degli edifici del templio.
Senza dire nulla, distratti tutti dalla festa e armandosi di coraggio, si diresse in quella zona.
 
Tokyo, 14 Luglio 2009
Il caldo proprio non lo tollerava.
La primavera terrestre era stata piacevole ma proprio quel caldo non lo tollerava.
Nessun manicaretto di Akasaka o Midorikawa poteva dar tregua al caldo torrido e soffocante e i condizionatori non ne voleva usare, temendo poi l’effetto postumo di una percezione del caldo superiore.
-Io non ce la faccio più. – bofonchiò, attirando l’attenzione di Ryou, seduto poco distante da lui con in mano una granita scura.
-Avresti dovuto accettare la granita. È un ottimo refrigerante. – rispose asciutto l’americano –Neanche per me è facile lavorare con questo caldo, ma pare che voi abbiate fretta.
Pai sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia. Da quando erano tornati ne erano successe di tutti i colori: nuovi nemici, vite appese ad un filo, rischio di morte quasi ogni giorno… tutto contornato da strani fenomeni ormonali che avevano investito i due fratelli e qualcuna delle ragazze. (*)
Evitò di soffermarsi sul pensiero di una chioma verde e due occhi blu, affondando la testa tra le dita sudate della mano.
-Caldo, eh?
-Dannato riscaldamento terrestre. Non possiamo fare miracoli, noi. – disse acidamente –Il progetto di riportare la Terra a bassi livelli di inquinamento sembra ancora più utopia, con questo caldo anormale.
Ryou poggiò il bicchiere quasi del tutto svuotato: - Non mi porrei dei limiti. Dobbiamo intaccare la politica e i sistemi dei paesi. E i vostri infiltrati hanno cominciato a lavorare per noi.
Pai storse la bocca: - La fai facile, Shirogane.
-Assolutamente no. Ma se c’è una cosa che ho imparato in questi anni… è che la speranza è l’ultima a morire.
-Momomiya ha proprio una ottima influenza su te.
-Dovresti farti influenzare un po’ anche tu, sai?
Le loro orecchie furono allertate da rumori di sedie e fracasso vario sopra le loro teste.
Senza attendere un comando preciso, Pai teletrasportò sé e l’americano al piano di sopra.
Furono accolti da Purin e Keiichiro che tagliavano una enorme anguria rosso sangue che odorava di frutta dolce.
Pai osservò Taruto ingozzarsi del frutto e Kisshu addentò una grossa fetta.
-Ammettilo, Akasaka. Vuoi portarli all’ingrasso, vero? - commentò asciutto.
Insieme a loro c’erano le chiassose Mew Mew, nelle loro stupide uniformi colorate da cameriere.
-Assaggia, Pai-niichan! Ormai è periodo dell’Obon! Bisogna fare scorpacciata! (**) – Purin porse una fetta d’anguria al viola, che fece una faccia strana, accettando più per educazione che per altro.
Un certo ricordo si insinuò nella mente di Pai, quando anni prima qualcuno gli aveva offerto un po’ di anguria.
-… forse non ti piace, Pai-san?
La domanda educata era stata posta da Retasu, ovviamente attenta alle reazioni delle persone, specialmente alle sue.
Il viola la guardò con la coda dell’occhio e sentì quella strana sensazione alla bocca dello stomaco: - No, non è questo.
Si chiese se Retasu ricordasse. Se anche per lei quel ricordo era indelebile come per lui. Quando…
-Ma tu ti nutri o campi a lavoro? - lo punzecchiò Ichigo, interrompendo il filo del suoi pensieri e mettendosi fra i due con fare prepotente.
Pai tentò di ignorare le mani che morivano dalla voglia di prenderla a ceffoni.
-Si vede che tu invece campi a dolciumi.
Ichigo gonfiò le guance, offesa e Retasu si portò due dita alla bocca per soffocare una risatina.
Ichigo andò a lamentarsi con Shirogane, di quanto Pai fosse insensibile e cattivo, che dovevano trovare un altro alieno scienziato per farsi aiutare.
Ignorando la scena, Pai mise giù la fetta d’anguria su un tavolino lì vicino.
-Non la vuoi proprio assaggiare?
Retasu gli stava ancora rivolgendo parola e lo fissava curiosa, lo sguardo intenerito e profondo.
Pai schioccò la lingua, sentendosi a disagio.
-Se devo essere onesto, detesto mangiare oltre la polpa il seme. È fastidioso. – confessò, distogliendo lo sguardo.
“Quegli occhi sono pericolosi.”
-…Oh. Potresti provare il cuore, la parte senza semi. È addirittura più dolce.
Mentre diceva queste parole, si era premurata di tagliare la parte superiore della sua fetta e Pai si sentì in imbarazzo.
-Non c’è bisogno.
Retasu, invece, desiderosa di far per lui qualcosa di piacevole, in tutta la sua ingenuità, tagliò la fettina rossa e la prese con la forchetta. L’avvicinò a Pai, tenendola lei stessa e con una mano a coppa per evitare lo sgocciolamento.
Praticamente lo stava imboccando.
Sotto gli occhi di tutti.
Sotto gli occhi di Kisshu.
Shirogane.
Quelle streghe delle sue amiche.
Si scostò con imbarazzo, mascherandolo però da un tono di voce burbero e freddo.
-No, grazie.
Retasu abbassò gli occhi, mortificata e rimase appesa lì, come una sciocca.
-La prendo io, Retasu-chan!
Purin le tolse l’impiccio, afferrando il pezzo d’anguria e saltellando sul piede, contenta.
-E’ dannatamente buona! Buonissima!
La verde le sorrise forzatamente e ignorò la fitta al petto.
Peggio di come era andata anni prima.
 
Tokyo, 15 Luglio 2003
Nonostante il baccano e le luci della strada, quella zona era abbastanza isolata.
“Perfetta per farsi ammazzare.” pensò disperata “Cosa mi è venuto in mente?!”
Decise di fare marcia indietro e poi lo vide.
Era appoggiato ad una colonna e dava le spalle ma il profilo alieno lo avrebbe riconosciuto ovunque, non solo per le orecchie pronunciate.
Il fatto che si trattasse di Pai avrebbe dovuto mandarla in panico e farla scappare, o trasformare, invece rimase lì, come una sciocca a fissarlo per qualche minuto.
-Esattamente cosa ci fa una Mew Mew in questo posto?
La voce profonda ruppe il silenzio e Retasu sobbalzò.
-Non avete in mente di attaccarci, vero? - parlò con voce tremante –Ti…ti chiedo per favore di non farlo. È… è una festa.
Pai voltò la testa sopra la propria spalla, inchiodandola con occhi scuri che la scrutarono.
-L’ideale, allora.
Retasu cercò di ragionare velocemente. Contro Pai aveva poche speranze, ma poteva trasformarsi e trattenerlo… poi un pensiero la fulminò.
Se Pai avesse voluto attaccare, non si sarebbe fatto trovare di spalle. Anzi, non si sarebbe fatto proprio vedere. E Mash avrebbe avvertito il pericolo.
Invece era lì, e nonostante il tono gelido, non era in posizione di attacco o difesa, anzi sembrava piuttosto rilassato, appoggiato alla colonna e con le braccia conserte.
Sentì la gola arsa e deglutì a fatica: - E’… è la festa dell’Obon. In… in onore dei cari che non ci sono più. – balbettò.
Pai non rispose, arcuando solo un sopracciglio.
-…è… è carina come festa. Si… si prega per i defunti. E… e tra un po’ lanceremo le lanterne. – il silenzio era opprimente e anche Pai sembrava che si stesse innervosendo, visto la mascella contratta ma lei continuò –I defunti vengono a trovarci, ci gli lasciamo offerte… si balla anche con i tamburi. Voi… voi anche avete una festa simile?
-Umana. – Pai si voltò verso di lei –Ti conviene tornare dalle tue amiche. Prima che cambi idea e decida di essere poco magnanimo.
Retasu si armò di coraggio, quel poco che aveva ancora e fece un passo verso Pai: -… anche i vostri antenati sono nati su questo pianeta. È anche una festa…vostra.
-Il pianeta è nostro e lo riprenderemo. Adesso va via, e non scocciarmi più.
-Perché non ci avete attaccato? Non ne avete avuto intenzione, vero? - sorrise, quasi come se Pai le avesse confermato la cosa –Sono proprio felice.
-Umana io…
Retasu allungò la coppetta verso di lui. Si era coraggiosamente avvicinata, a meno di tre passi da lui.
Era una di quelle rare occasioni in cui si trovò a studiare il volto di Pai, con gli occhi scuri che aveva sempre creduto neri e che invece avevano uno strano colore violaceo. Erano magnetici e non si era mai resa conto di quanto fosse alto e possente.
Pai le scrutò il volto, cercando di metter su la miglior maschera truce ma la verità era che rimase affascinato dalla presenza della Mew focena. Aveva gli occhi blu e le curiose lenti la rendevano ancora più bambina di quanto non fosse. Aveva uno yukata verde foglia, il viso congestionato e gli occhiali e le trecce le davano un’aria infantile e, a malincuore lo dovette ammettere in una parte remota del suo cervello, adorabile.
“Quanti anni avrà? Non sarà tanto più giovane di me o Kisshu…” si ritrovò a pensare. - E’ un’anguria. - Retasu ruppe il filo del suoi pensieri -È buona, sai? Non ne ho toccato nessun pezzo. Assaggiala.
Pai si chiese se Retasu fosse pazza.
Avrebbe dovuto attaccarli ma non era dell’umore: Kisshu aveva abbandonato la missione da poco e ancora lui non si capacitava dei piani di Deep Blu. Era sceso sulla Terra per riflettere e pensare a qualche strategia, qualche forza vitale per un Chimero e aveva visto il gruppo muoversi allegro tra la folla. Aveva visto quella capigliatura colorata e l’aveva seguita con lo sguardo. Era più abile del previsto, se si era accorta di lui.
Loro giocavano e ridevano e la sua gente moriva…
-Mi spiace per la tua gente. – Retasu mormorò quelle parole, forse intuendo il suo malessere –Se ci fosse un modo… un modo per non… per aiutarvi senza però… sterminarci. Siamo esseri complessi noi terrestri, abbiamo le nostre guerre, la fame che uccide, l’assenza di pace. Però potremmo unirci, lavorare insieme, anziché batterci. Io vi aiuterei, e anche le ragazze… Shirogane, Akasaka…! Siamo… siamo più simili di quel che pensi. Anche voi pregherete per le persone amate, no?
Pai non seppe cosa risponderle: aveva parlato come un fiume in piena, piuttosto tenera nel suo fraseggiare romantico e ingenuo.
Era cresciuto con l’idea che gli umani fossero vermi da schiacciare, insetti fastidiosi… ma la ragazza davanti a lui era…
“Non fare l’errore di Kisshu.”
-Questa notte vi lascerò pregare i vostri morti. – disse lentamente –Ma aspettati di pregare per altri. È una guerra, umana. La mia gente soffre e muore ogni giorno. E non penso che stupide preghiere possano alleviare le sofferenze di chi non c’è più. Quando muori torni polvere e basta. La vostra è una bella favoletta, ma tale rimane.
-No. – fece cupa lei –Io… io ci credo. Come credo che possiamo risolvere tutto, diventare amic…- la parola le morì sulle labbra, vedendo l’espressione furente di Pai.
Era ancora rimasta con la mano tesa verso di lui e l’alieno le schiaffeggiò la coppetta, che rotolò poco più in là.
-Più stupida di quel che sembri.
Retasu guardò l’anguria a terra, mortificata.
Pai rimase colpito dallo sguardo blu, ferito e amareggiato. Si convinse che quella non era una lacrima, che lo sguardo di Retasu non lo colpisse.
-Mi spiace che tu ti senta così. Mi dispiace…- alzò uno sguardo triste verso di lui –Grazie per non aver attaccato questa sera…- e gli diede le spalle, andandosene.
Pai rimase solo nel buio, con la mano ancora tesa a colpire.
Si massaggiò la fronte, esausto.
“L’aria terrestre mia fa male…”
 
Tokyo, 14 Luglio 2009
La sera era un po’ più fresca ma la calca di persone era fastidiosa.
Fra tutti e tre, solo Taruto aveva indossato uno yukata, con strilli di assenso delle chiassose ragazze e lui e Kisshu si erano semplicemente camuffati da umani.
Pai si sentiva agitato.
Le ragazze, e non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, erano graziose vestite in quel modo, una più di tutte.
Ormai sentiva una strana molla che lo spingeva sempre verso la verde anche solo con lo sguardo e lei sembrava ricambiare… fino a quella mattina.
Dannato frutto umano.
“No, stupido tu.”
Dopo sei anni si era ripresentata una situazione più buffa e meno tesa eppure era stato capace di urtarla ed essere scortese come non mai.
Si massaggiò la nuca, stanco: stare davanti al computer lo stava rendendo lento e indolenzito e troppo irritabile sia per agenti fisici che psicologici.
“Potevi solo accettare, assaggiare, ignorare tutto e via.”
Alzò le spalle, sgranchendosi e odiando il passo lento di tutti. Erano lenti, noiosi, rumorosi. Stava trattenendo la sua falcata, altrimenti sarebbe già arrivato al templio.
“Insomma, non è difficile. Basta essere gentile. Ci riesce Shirogane, potresti impegnarti anche tu.”
-Pai-san, tutto bene?
La vocina lo fece trasalire e abbassò di poco lo sguardo: - Uh? Ah sì. Solo un po’ di stanchezza.
-Dovresti mangiare qualcosa, allora. – propose lei gentilmente –Forse un calo di zuccheri.
-Come mai molti di voi pensano che lo stare male sia associato a fame? (***) - il commento di Pai fu appena appena acido ma Retasu non diede a vedere di essere infastidita.
-Tanto adesso Shirogane ci offrirà la solita anguria. – si portò le dita alla bocca, come colta da un pensiero –Ma a te non piace, potremmo trovare un’alternativa…
-Non ho detto che non mi piace. – sentì il bisogno di… far qualcosa. La tirò appena dal gomito, giusto per farle capire di rallentare ma senza darlo troppo a vedere.
Retasu lasciò che le altre li sorpassassero e rimase goffamente accanto all’alieno.
-Non l’ho mai assaggiata. – disse Pai, più per rompere quello strano silenzio.
Retasu annuì, confusa.
-…e la storia dei semi?
-Penso siano comunque fastidiosi. – borbottò.
Retasu adocchiò una bancarella e si affrettò a prendere una coppetta, sotto lo sguardo avvilito e frustrato d Pai.
Si sentiva sciocco, con tutte le premure di Retasu che comunque gli facevano piacere.
La verde tornò con una coppetta: - Così se non ti piace la mangio io. – asserì soddisfatta, porgendogli il frutto tagliato a pezzetti.
Pai si guardò attorno, sperando che Kisshu non avesse visto niente e assaggiò il frutto rosso e succoso.
Era incredibilmente dolce e quasi si scioglieva in bocca ma la sensazione sgradevole dei semi era come l’aveva immaginata.
Retasu gli porse un fazzolettino di carta: - Sputa i semi in un fazzoletto, poi li buttiamo. Ma puoi ingoiarli senza problemi, eh.
Pai ci pensò e accettò volentieri, sputacchiando il più discretamente possibile i semi.
-E’ buona?
Pai annuì seccamente ma era buona veramente.
-Sono contenta.
- Ehy ma voi avete preso già l’anguria!
Purin era corsa indietro a chiamarli, con due coppette in mano e fissò ferita Pai che portava il secondo pezzo alla bocca.
-Ma non è giusto!
Retasu ridacchiò: - Una dalla a me, l’altra è tutta tua. Pai non voleva essere scortese, gliel’ho presa io perché non l’ha mai assaggiata.
La biondina guardò male il viola: - Poteva farlo oggi al Caffè senza fare tante storie. – comunque fece come la giovane le aveva detto e trotterellò via.
-Ha ragione. – il commento di Retasu gli fece andare di traverso il pezzetto che stava masticando. Non si aspettava che Retasu…!
La giovane donna rise della sua reazione: - Sto scherzando, Pai-san. – le guance si imporporarono appena, dato il suo piccolo atto di coraggio e si concentrò sulla sua coppetta ancora piena.
Continuarono a camminare in silenzio, fino a che Retasu, che sembrava agitarsi sempre più, domandò: - Ti ricordi qui… sei anni fa? - vide Pai annuire –Cosa… cosa stavi facendo?
Pai ci rifletté un attimo: - Niente di che. Cercavo di stare lontano dalla dimensione nostra… cercavo di pensare ad un piano. Ma ero solo e… poi vi ho visto. E poi…- fissò una delle tante bancarelle che vendevano le lanterne -…non sono senza cuore. Nonostante l’apparenza, rispetto la vostra voglia di ricordare i defunti.
-Ci credi, quindi? All’Aldilà?
Pai scosse il capo, serio ma non ostile: - No. Ma non posso imporre un mio pensiero. Questo per me è solo rumore.
Retasu ci pensò un attimo: - Quindi tu… non preghi mai?
-No. Avevo un mezzo dio da venerare tempo fa. Non è andata un granché, se ricordo bene. – ricordò ironicamente e Retasu avvampò nel vedere quel pallido sorriso e contemporaneamente si sentì sconfortata.
-Ti sembrerà strano tutto questo, allora.
Pai osservò la gente attorno a loro: - Sembrano presi dai ninnoli e dal cibo, non dalla preghiera. -  disse -Non mi sembra una festa particolarmente sentita.
Retasu seguì lo sguardo dell’alieno, accarezzando ogni passante e studiandone l’atteggiamento.
Fidanzati che si tenevano per mano, amici che facevano foto con le loro macchine fotografiche o con i telefonini di ultima generazione, bimbi che scorrazzavano intorno.
-Quando ero una bambina…- Retasu fece roteare la coppetta nelle sue mani, continuando ad osservare la folla -…andavo sempre in campagna, per la festa. I genitori di mia madre vivevano lì ed erano molto anziani. Mi piaceva la campagna in questo periodo. Penso piacerebbe pure a voi, che non avete visto che la città. Mia nonna mi portava sempre a pregare con lei gli antenati. Era importante, per lei, come lo è adesso per mia madre. Preghiamo per chi amiamo nonostante non sia più fisicamente con noi, diceva sempre mia nonna. Non ci dovrebbe essere forma di rispetto più grande. – sorrise ripensando a qualcosa di piacevole che non condivise con l’alieno -Più si va avanti, peggio sarà, ne sono convinta. Ormai si lanciano poche lanterne e quelle che sono libere in cielo sono tutto fuorché per salutare i nostri cari… però…- portò un pezzetto di anguria alle labbra -…però non credo sia tutto inutile. Magari veramente quando moriamo non resta che polvere, di noi. Ma queste sono magre consolazioni per i vivi. Andrei oltre il semplice aspetto commerciale…- e indicò con un cenno del capo una coppia giovane con una bimba in braccio che aveva in mano una lanterna dentro la sua confezione, pronta al suo uso - Non ci resta che la preghiera e sperare che comunque sia, la vita dall’altra parte non sia tanto male.
Pai gettò la coppetta ormai vuota in un cestino lì vicino e mise le mani in tasca, osservando la coppia indicata da Retasu.
-Io sono morto. – disse d’un tratto -E non ricordo nulla. Non c’era niente, sono buio. Ho chiuso gli occhi con la sensazione di bruciare vivo e un attimo dopo Taruto era sopra me, che mi chiamava mentre voi salivate al Palazzo di Deep Blu. Non c’è niente dall’altra parte o se c’è, noi siamo troppo lontani per raggiungere il nostro mondo dell’Aldilà e i nostri antenati non sentiranno mai le nostre preghiere. Mi godo l’anguria e i colori della festa, il resto è superfluo. – non aveva usato un tono cattivo o antipatico, semplicemente aveva parlato con talmente tanta franchezza e onestà che Retasu non se la prese neppure.
-Ogni tanto mi dimentico cosa è successo… sai che questo è lo stesso templio?
Pai sobbalzò, strabuzzando gli occhi.
Le bancarelle, le luci, le persone erano diventate un ottimo travestimento per il luogo, e lui non ci aveva fatto caso.
-Siamo venute ogni anno, qui. Forse non ricordi niente perché… perché la nostra mente non è fatta per certe cose. Un mondo oltre il nostro…- sorrise timida -Io spero che i miei cari stiano bene e pregherò per loro.
Pai non rispose, né disse altro. Continuava a guardarsi attorno, appena un po’ smarrito. Retasu allungò un dito, indicando una piazzola sotto di loro, fraintendendo: -Lì ha avuto inizio la battaglia. Il Palazzo invece era dall’altra parte, verso la cima. Pai-san, va tutto bene?
L’alieno sembrava sbiancato e la sua bocca era piegata in una smorfia.
-Poco più sopra di qua ho ucciso Taruto ed è caduto… forse davanti a noi?
Retasu si diede della stupida, sciocca e insensibile. Aveva detto una cosa orribile, ricordando il luogo della battaglia. Stupidamente pensava che lo sapessero, ma loro non erano terrestri, cittadini di Tokyo. Un templio valeva l’altro!
-Kami-sama… scusami! - gli toccò un braccio, riportandolo al mondo presente -Pai, ti chiedo scusa. Non volevo…
Pai poggiò la sua mano su quella di Retasu, sospirando: - Non è niente. Solo non me l’aspettavo, tutto qui.
Sospirò, toccandosi la base del naso e massaggiandosi la parte inferiore del volto.
Retasu non avrebbe mai pensato che Pai potesse mostrarsi così… umano e ne rimase colpita, sentendosi in colpa come fosse stata una ladra.
L’alieno cercò con lo sguardo il gruppo che si era allontanato da loro e prima che potesse proporre di spostarsi a cercarli, Retasu, con ancora la mano sotto quella di Pai, prese un po’ di coraggio e propose: - Perché non andiamo nella parte alta del templio? Tagliamo da quelle scale… – e indicò con la testa una scalinata che tagliava tutta la strada, vuota di bancarelle e persone -Facciamo un salto al templio e … insomma, non sei costretto a stare in mezzo a tanta gente.
Il viola guardò le scale e poi la giovane che aveva occhi intristiti e colpevoli. Immagini confuse si sovrapposero nella sua testa, togliendogli il fiato.
Un forte dolore al petto, la sensazione di bruciare vivi, un’immensa tristezza, occhi dorati che lo supplicavano, occhi verdi pieni di dolore, una risata che risuonò gelida e malvagia, macerie, Taruto, Deep Blu, l’onda di luce che…
-Sì, andiamo.
Precorsero quelle scale, allontanandosi da tutti. Retasu lanciò un’occhiata al gruppetto e incrociò solo Zakuro, che annuì appena, dandole il permesso di staccarsi da loro con un sorriso materno (****).
Effettivamente arrivarono in cima in poco tempo: Retasu aveva cercato di seguire il passo lungo e marziale di Pai, con scarsi successi tanto che quando arrivò si dovette piegare sulle ginocchia a riprendere fiato, maledicendo i geta(*****) che aveva ai piedi.
-Scusami, ti ho fatto fare una sudata. – le disse, osservandola respirare a fatica.
-N….no… ora… ora mi riprendo!- rispose lei.
A quella vista, la tensione di Pai sparì quasi del tutto: Retasu aveva il viso rosso e affaticato, con la fronte lucida di sudore, gli occhiali le cadevano dispettosi sul naso e respirava a bocca aperta. Dietro di lei c’era uno spettacolo che lo affascinò: erano in una zona relativamente in penombra, essendo il punto principale di preghiera, contrastando con la luce e il chiasso che veniva da sotto ma le lanterne adornavano il luogo, rendendolo magico.
Retasu era un elemento di spicco, in quel momento, con quello yukata così carino e l’espressione affaticava. Sentì lo stomaco contorcersi.
Avevano discusso con Kisshu e Taruto e la decisione era stata presa, da tempo oramai.
Avrebbero lasciato la Terra, almeno per un po’. Taruto aveva annuito con sofferenza e Kisshu non aveva detto granché, ma erano lontani da casa da troppo tempo. Avrebbero dovuto…
Fissò ancora Retasu, intenta a guardarsi intorno, meravigliata dalle lanterne appese intorno a loro. Il fatto poi che l’anguria fosse ancora intatta lo divertì. Troppo che rise, o almeno sbuffò divertito, soffiando tra le labbra semichiuse e Retasu si voltò a guardarlo, sorpresa.
Il povero cuore di lei perse un paio di battiti, nel vedere quell’espressione di Pai. Già faticava a parlare con lui normalmente, poi se aveva quel sorriso…
Avvampò: - Che… che c’è?
-Sei buffa. Molto.
L’altra abbassò lo sguardo, mortificata ma sentì un colpetto in testa: - Era un complimento.  Scusami. – si appoggiò ad un muretto, guardando giù e poi gettò un’occhiata al templio -Si prega lì?
Lei annuì, guardando l’edificio: - Entriamo?
Pai non fece alcuna espressione, rimase inespressivo ma Retasu colse il suo disappunto: - Solo un attimo. Potresti provarci, sai?
Pai non rispose, scrutandola.
Reatsu strinse le mani davanti al ventre, prendendo un grosso respiro prima di dire quello che pensava. Temeva che Pai potesse rimproverarla o mandarla a quel paese.
-Quindi tu non vuoi pregare per il tuoi antenati?
-E’ una domanda un po’ banale adesso, non trovi?
Respirò e cercò di non arrossire: -Non saprei, le domande possono essere banali?
L’alieno capì che Retasu non aveva intenzione di mollare e cercò di rispondere il più sinceramente possibile senza essere scortese: - Sai, anche volendo non credo che le mie preghiere possano mai raggiungerli.
-Forse… ma provare non costa nulla. – sorrise con più grinta, credendo di aver fatto una piccola breccia nel muro di Pai.
 -Io comunque credo che gli antenati ci sentano. Non esiste un Paradiso umano o alieno. Gli Avi tuoi, della tua gente sono nati su questo pianeta. Io stessa ne sono sicuramente una discendente. Come te. Il suo popolo scelse di abbandonare questo pianeta, a malincuore… ma non vuol dire che siamo veramente distanti. Forse qualcuno è rimasto ed allora si è adattato alla nuova Terra, diventando un mio antenato. Ci manca ancora un tassello per capire l’evoluzione su questo pianata. Tutte le specie si sono adattate all’ambiente e ancora oggi continuano ad evolversi. Forse noi siamo un adattamento vostro. Quindi può essere che ci sentano, che chi ci ha preceduto entrambi non sia delineato ad uno spazio sopra le nostre teste.
Pai rimase a bocca aperta, almeno figurativamente. Era il discorso più lungo che Retasu aveva fatto in sua presenza. La ragazza aveva avuto l’ardire di mescolare scienza e religione in un precario equilibrio e stranamente non si sentì così offeso per essere stato paragonato ad un terrestre.
Inaspettatamente sorrise.
Questa volta il sorriso coinvolse gli occhi, facendoli socchiudere con un po’ di dolcezza in più e Retasu fu certa che il suo cuore stesse per esploderle nel petto.
Pai allungò una mano verso di lei e la tirò verso di sé.
-Mi hai convinto. – asserì.
Retasu sentì l’alito di Pai sul suo volto e l’alieno l’avvicinò ancora di più a sé passandole una mano sulla nuca, stuzzicando i ciuffetti verdi sfuggiti alle trecce.
Retasu trattenne il fiato quando sentì il bacio posato sulle sue labbra, incredula.
La sentì appena tremare a quel contatto, un brivido l’attraversò e quando sentì le manine di lei posarsi sul petto, riprese a respirare.
Era una situazione perfetta, la ragazza che pian piano aveva intaccato il suo mondo con dolcezza, trasformandolo in qualcosa di luminoso.
Retasu si sentiva invece leggera come una piuma. Pai la stava baciando, aveva preso lui l’iniziativa, prendendola alla sprovvista… Pai la stava baciando!
-Kami-sama, i giovani di oggi non hanno più ritegno!
Sobbalzarono, sentendo quella critica e si allontanarono immediatamente. Una vecchia coppia stava passando davanti a loro e li fissava con stizza e disapprovazione.
Retasu si coprì il volto con entrambe le mani, emettendo uno strano verso mentre avvampava come un semaforo.
La coppia si allontanò, continuando a inveire contro i giovani che non rispettavano i luoghi di culto e anche Pai, rotta l’atmosfera, sembrava imbarazzato ma non volle allontanarla da sé, cingendole invece la vita con un braccio.
-Ti è caduta l’anguria. – constatò solo, rompendo quel silenzio pesante, notando la coppetta rovesciata a terra.
-Oh.
Pai le accarezzò le nocche di una mano, sovrappensiero.
-Devi dire qualcosa, vero? - mormorò Retasu, sentendo improvvisamente un’atmosfera strana.
-… partiremo a giorni.
Retasu incassò bene il colpo, deglutendo solo.
-Sì? Quanto…
-Non lo so. - l’anticipò –Mesi. Forse di più. Kisshu ha già negoziato per permessi speciali.
-…capito.
Pai si mise diritto, stringendole la mano e camminando verso l’interno del tempio, con passo misurato: - Torneremo. Magari festeggeremo ancora l’Obon con voi e mangerò ancora anguria. – guardò la porzione di Retasu che tristemente giaceva sul selciate –Te ne devo una, oltretutto.
Retasu arrossì fino alla punta dei capelli e trovò interessante osservare le pieghe dell’abito, specie quando Pai ridacchiò ancora, tenendola vicino a sé e stringendole una mano.
Sentì la mano di Retasu stringere la sua: - E’ una promessa?
-Lo è.
 
13 Luglio 2010… quasi un anno dopo.
 
Retasu guardò nervosamente l’orologio. Pai e i suoi fratelli sarebbero dovuti arrivare ore fa, ma ancora nulla da fare.
Purin era la più agitata di tutte e poteva vedere anche Minto nervosa, tanto che non aveva smesso un attimo di rimproverare Ichigo per come respirava o per come mangiava.
Sorrise.
Era passato quasi un anno da quando li avevano visti partire. Si era sentita morire, il cuore le aveva fatto male, ma Pai aveva promesso.
Aveva promesso al tempio, aveva promesso prima di andare via quando l’aveva chiamata in disparte e l’aveva baciata, un bacio da romanzo d’amore, tenendola stretta tra le braccia forti.
Era cambiato? E come l’avrebbe trovata?
D’un tratto sentirono lo schiocco familiare e nostalgico dietro di loro.
-Taru-Taru!
Purin corse ad abbracciare Taruto (quanto era diventato alto!) e Kisshu planò su Ichigo e Minto, irriverente.
…e Pai?
Erano solo in due.
Kisshu si voltò verso di lei, sorridendole mesto: -… non gli hanno dato il permesso, questa volta.
Sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime ma resistette, come non lo seppe neppure lei.
-V....va bene.
Non voleva rovinare l’atmosfera gioiosa. Non era giusto.
Erano tutti distratti ed uscì dalla sala, andando verso il giardino del Caffè. Si appoggiò ad un albero e la vista le si appannò.
-Torneremo. Magari festeggeremo ancora l’Obon con voi e mangerò ancora anguria.
- E’ una promessa?
-Lo è.
“Maledizione…”
Rimase lì un paio di minuti, tirando su col naso e asciugandosi le guance fradice.
“Meglio che torni dentro, non li ho neanche salutati…”
-Ecco dove eri.
La voce profonda e roca che aveva popolato i suoi sogni per mesi la fece trasalire, tanto che emise un urletto prima di coprirsi la bocca con entrambe le mani.
Pai era di fronte a lei, esattamente come un anno prima, se non fosse stato per la barba un po’ più lunga su tutta la mascella, che gli dava un’aria più adulta.
-…Pai?
L’alieno aggrottò la fronte, confuso: -… chi ti aspetta…Retasu?
La verde bloccò ogni sua parola, fiondandosi su di lui e stringendosi al suo petto, singhiozzando.
-Credevo non venissi!
-Ehy…? - Pai si sentì un attimo a disagio, non capendo o sapendo cosa fare, di certo non era il tipo che consolava le povere fanciulle –Ho semplicemente dovuto schermare l’astronave. I vostri radar… aspetta, perché non pensavi venissi?
Retasu alzò lo sguardo su lui, sentendosi un po’ sciocca: -… Kisshu-san… mi aveva detto che non ti avevano dato il permesso. – mormorò incerta.
Una grossa vena comparve sulla fronte di Pai, pulsando pericolosamente: - Ah sì? - strinse la mascella, maledicendo il fratellastro in ogni modo e rimandando la vendetta a quella sera.
-Sciocca, avevo detto che sarei tornato. – le diede un buffetto sulla fronte –E non dovresti ascoltare Kisshu, dice un sacco di cretinate.
Retasu si sfiorò il punto toccato, sentendosi una sciocca, una felicissima sciocca.
Pai si schiarì la gola e nella sua mano apparve un piccolo scatolino bianco.
Retasu capì di doverlo prendere e appena lo sfiorò con la punta delle dita, questo tremolò, diventando una coppetta di anguria.
-Eh?
-Le abbiamo piantate. – Pai cercò di usare il tono più distaccato che poteva –Siamo riusciti a farne crescere degli esemplari. Sei la prima ad assaggiarla.
Retasu titubò un attimo e poi prese un pezzetto di frutta, portandolo alle labbra.
-Sa di anguria. – rispose dopo un po’ di incertezza.
Va bene, di certo non si aspettava quella reazione.
Retasu sembrò divertita nel vedere l’espressione dipinta sul suo volto, un attimo in ansia, poi sorpresa e infine deluso.
-E’ ottima. Grazie. - sorrise, contenta e assecondò l’istinto di abbracciarlo –Grazie di essere tornato.
Pai dimenticò subito l’anguria, infondo aveva aspettato una reazione più calorosa ma poco importava.
-Pai?
-Uh?
-Non sei offeso, vero?
-Per cosa?
-Ecco… l’anguria.
Pai la strinse con più forza: - No. La prossima volta proverò con le prugne.
La battuta la fece ridacchiare come una sciocca e alzò lo sguardo verso di lui.
Pai chiuse gli occhi e così fece lei, alzandosi sulle punte, quando…
- Ma che è ‘sta storia? Cosa hai fatto, piccola pesciolina? La bella ha veramente piegato la bestia? 
-Kisshu-san! - protestò Retasu, quando Kisshu l’afferrò per la vita e facendole fare una giravolta goffa.
-Kisshu, brutto…
Ignorando Pai, Kisshu strattonò Retasu verso sé, facendole fare due giri sul posto: - Oh, il mio povero cuore innamorato! Oh, dolce pesciolina, così mi ferisci! Io che sono tanto innamorato di te e tu che fai? Tubi senza ritegno con lo spilungone! - si fermò, bloccandola per le spalle –Piaciuto lo scherzo, cherè?
-Io non non non… io…!
-La lasci in pace? – Minto apparve in quel momento, tirando Kisshu dal giacchetto, non prima di averlo insultato in ogni modo.
Retasu rimase a fatica in piedi, visto le giravolte e fissò Pai con fare sconfortato la divertito. Quello alzò gli occhi al cielo, scocciato.
Uno sbuffo divertito uscì dalle sue labbra. Se aveva anche solo imparato a conoscere Pai in parte, capiva quando era imbarazzato, e quello era uno dei momenti.
Si osservarono per qualche minuto e sorrisero.
Si accostò a lui di nuovo, non nascondendo però la contentezza.
-Levati quel sorrisetto soddisfatto dalla faccia, Retasu. - il tono doveva sembrare minaccioso ma non lo era e lei lo capì.
-Non farai troppo male a Kisshu-san, vero?
Pai decise che quello non era certo il momento di parlare di Kisshu e le cinse le spalle con un braccio, chinandosi a baciarla prima di essere nuovamente interrotto.
Quando si allontanò da lei, vedendola ancora con gli occhi chiusi e le labbra schiuse, sorrise soddisfatto: - Vedremo.
 
Tokyo, 14 Luglio 2018
 
Le dita grassottelle della bimba legarono goffamente il foglietto di carta con la preghiera malamente scritta sul campanellino sopra le foto dei parenti defunti.
La lingua in mezzo ai denti e l’espressione corrucciata lo fecero ridere in silenzio: stirò le labbra e sbuffò divertito, ammirando la bambina con lo yukata lilla e verde.
-Pa’?
-Sì, Ariel?
-Ma tu le tue preghiere le fai?
Pai tamburellò le lunghe dita sul ginocchio, incerto su cosa rispondere alla bimba dagli occhi ametista.
La voce di Retasu distrasse la figlia, che lo supererò trotterellando per andare ad attaccarsi allo yukata della mamma.
Piegò la testa di lato, osservando la donna abbassarsi per sistemare l’abito tradizionale della figlia e guardò la foto del padre di Retasu sull’altarino di casa.
 
“E tu preghi per i tuoi antenati?”
“E’ una domanda un po’ banale, non trovi?”
 
-Pai? Andiamo?
-Uh? Sì, andiamo…
Si accostò alla donna, camminando verso l’uscio di casa e indossando le scarpe.
-Sembri pensieroso. -  disse la donna, sistemando le pantofole della figlia, che era già scappata fuori.
Pai si concesse un sorriso: - Ogni tanto penso di essere circondato.
-Eh?
Visto l’espressione instupidita della moglie, Pai ridacchiò roco e la baciò sulla guancia: - Andiamo, prima che la peste scappi.
 
Il templio era sempre gremito di persone ma sempre meno indossavano abiti tradizionale, gli smartphone era aumentati, così come i selfie che lui riteneva stupidissimi.
Ariel, davanti a loro insieme ai piccoli della comitiva, trotterellava allegra, guardando tutto con meraviglia.
-L’anguria! - trillò il piccolo dai capelli ramati, compagno di avventure di sua figlia.
-Pa’? La prendiamo? - domandò il rossiccio a Shirogane.
Ariel li fissò imbronciata, la stessa aria nervosa che usava suo padre quando qualcosa non andava. Retasu intuì qualcosa.
-Che cosa c’è?
-L’anguria...i semini mi danno fastidio se non me li togli.... - le guanciotte divennero rosse –Mi vergogno a sputare!
Prima che Retasu potesse fare o dire qualcosa, Pai porse una coppetta alla bimba e tenendola per mano si sedettero su un muretto, con l’alieno che la prendeva tra le braccia e le sistemava lo yukata per non stropicciarlo troppo.
Retasu vide come prese il pezzetto di frutta con le mani e con l’aiuto di uno stecchino colorato togliesse dalla polpa i semi neri o gialli, porgendolo alla figlia. La bimba accettava, golosa e ogni tanto faceva la stessa cosa, sporcando lo yukata di succo e imboccando il papà, che accettava aprendo un po’ la bocca.
Retasu si portò una mano al petto, sentendo il cuore battere velocemente.
-Mamma! Pure tu! - Ariel la richiamò e la verde si avvicinò e accettò il pezzo di anguria datole dalla bimba, sorridendo.
-Com’è?!
La donna sorrise e cercò lo sguardo del marito.
Era quello il sapore della felicità.
 
 
Note:
(*) Nel mio immaginario, prima di questa shot c’è stato almeno un nemico comune da combattere X°D idee che frullano nel cervello (e lì rimangono, sigh)
(**) Allora, per puro caso ho scelto anguria come elemento (frutto del quale vado pazza!) ma informandomi su questa festività Giapponese ho letto che in questo periodo festivo ne fanno scorpacciata (15 Agosto oppure come a Tokyo a metà Luglio). Quindi mi sembra un po’ un collegamento cognitivo naturale per chi vive in quel paese. Non so, pippe mentali mie X°D 
(***) Se siete depressi, mangiate. Se siete felice, mangiate. Se state male, bene, avete esami, siete stanchi, rilassati… mangiate. X°D cit. da Terronia.
(****) Zakuro mammina. Difendi l’onore delle fanciulle sconsiderate xD
(*****) sono i sandali che indossano con l’abito tradizionale (grazie Wikipedia.)
 
Ottimo, finito.
Ho speso quasi tutte le mie pause pranzo per queste pagine, ma mi sento abbastanza soddisfatta.
Mi piace sempre calare Pai in contesti più rilassati e normali e Retasu è così…così… adorabile *^*
Spero che vi sia piaciuta! Adieu…˜
 
Danya
 
 
 
 
 
 
 
 

 
   
 
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