And now she's up there, sings like an angel, unforgivable sinner
La
tazzina cade, il caffè si riversa a terra
e, insieme al pavimento, sporca le tue scarpe.
Non
te ne accorgi nemmeno, lo sguardo ancora
puntato sullo schermo del televisore che sta trasmettendo il tg. La
notizia è cambiata,
ma non hai notato neanche questo.
«Signore,
si sente bene? Qualcosa non va?»
Lentamente
torni in te, riprendi coscienza
del bar in cui ti trovi. Vedi un cameriere preoccupato accanto a te, la
tazza
in pezzi sul pavimento, il liquido nero ovunque ai tuoi piedi. Realizzi
quel che
è successo in pochi secondi e mormori una scusa al
cameriere, che si affretta a
rassicurarti.
Paghi
e lasci il locale, imboccando una
strada qualsiasi. L’immagine vista al telegiornale continua a
occupare i tuoi
pensieri, ti ha totalmente invaso la mente.
«Sulla
pistola sono state trovate le sue
impronte.»
L’immagine
di una giovane donna a terra, i
vestiti zuppi di sangue all’altezza del ventre.
Un
unico fatale colpo di pistola.
«Si
è suicidata, oppressa dai sensi di colpa
per il furto e gli omicidi da lei commessi. Il suo nome era Masami
Hirota.»
Ma
non è così, quel che ha detto la
giornalista è tutto sbagliato. L’hai riconosciuta
all’istante, hai sofferto nel
vedere il suo bel volto sfigurato dal dolore. La donna morta non si
chiamava
Masami, ma Akemi. La tua Akemi.
Automaticamente,
estrai il cellulare, senza
smettere di camminare. Hai ricevuto un suo messaggio solo pochi giorni
prima, dopo
più di un anno di silenzio. Lo apri, di nuovo.
Se
riuscirò a uscire dall’organizzazione, uscirai con
me come mio vero
ragazzo?
È
allora che scende la prima lacrima,
traditrice. Non puoi trattenerla, non ti interessa neanche farlo.
Richiudi
il cellulare con uno scatto secco e
sfoghi il tuo dolore colpendo un muro con il pugno destro. Avverti
subito delle
fitte, senti il sangue tra le nocche.
Perché,
Akemi?
Sei
stato tu a metterla in pericolo, lo sai
benissimo. In un certo senso, sei responsabile della sua morte.
È
un peso con cui avevi già fatto i conti. La
tua missione richiedeva di sfruttarla per avvicinarti a loro,
e l’hai
fatto, nonostante te ne fossi innamorato realmente.
Quel
che non avevi previsto era che lei lo
capisse.
Potrebbe
essere divertente se non fosse tanto
tragico. Tu, Akai Shuichi, abile nelle deduzioni come pochi altri, non
sei
riuscito a leggere Akemi Miyano finché non le hai rivelato
apertamente il tuo segreto.
Solo allora hai compreso che lei lo sapeva già,
e le hai rivolto quella
stessa domanda che ti tormenta ora: perché?
Imbocchi
un vicolo, furioso con te stesso. La
prima lacrima è stata seguita da altre, che cancelli
sfregandoti bruscamente
con il dorso della mano.
Cos’è
lo strano suono che d’un tratto avverti?
Ti blocchi all’istante, alzi lentamente lo sguardo.
Resti
paralizzato.
Lei
è di fronte a te… in alto, sospesa. Ti impedisce il passo.
«Akemi» mormori, incredulo.
Accenni
un passo indietro, poi scuoti la
testa.
Che
ti prende? Hai le allucinazioni, adesso?
Ciò
che vedi non può essere altro che questo.
Lei è morta, non può essere
lì.
Lo
sai bene, eppure ti bei della sua immagine
ancora per qualche secondo.
Incroci
lo sguardo di quella falsa Akemi,
lo sostieni. Ti avvicini, ignorando
l’impossibilità di quella situazione,
desiderando solo cogliere l’insperata chance che il destino
sembra averti
concesso.
«Perché?»
ripeti, ancora una volta. Non è da
te ripeterti, ma non è neanche la prima volta che lei ti provoca
azioni non da te.
L’illusione
sorride. «Lo sai, perché» la vedi
mormorare; senti la sua voce, sai che è lei. È Akemi
.
Poi lei si volta, ti dà le spalle. La
raggiungi: ha gli occhi chiusi, muove le labbra
e dondola la testa a un ritmo sconosciuto. È come se stesse
cantando, ma non
riesci a sentire le sue parole.
È
bellissima.
Abbassi
lo sguardo e lo punti a terra,
restando immobile per un tempo che non saresti in grado di definire.
Finché
non la senti.
La
voce di Akemi, nella tua testa.
Non
cogli subito le parole, ma quando lo fai,
avverti una stretta al petto.
Rialzi
lo sguardo verso di lei, ma non la
trovi più.
Se
n’è andata, stavolta per sempre.
Ti
ritrovi a fissare il cielo. Se c’è un
Paradiso, lei ora è sicuramente lì.
Riprendi
a camminare, le mani in tasca. Non
sei certo di poterla raggiungere, ma sai che la sua ombra
ti accompagnerà
sempre.
Con
un ultimo sguardo verso l’alto, te l’immagini
là, fra le nuvole – sorridi.
«Ora
sei lì, canti come un angelo… imperdonabile
peccatrice».
Lo
è, non è vero?
È
riuscita a compiere l’impresa più
imperdonabile di tutte, impadronendosi del tuo cuore.
Ma
forse, è solo giusto.
Tornando
verso il tuo appartamento, pensi –
sai – che non la dimenticherai mai, mentre la sua voce
continua a cantarti
nella testa. Quelle parole ti tormenteranno a lungo, ne sei certo
– ma sono
realmente un tormento?
«I love
you.»