Nonostante la penombra dell’atrio e le angherie del tempo trascorso, la foto risulta incredibilmente vivida agli occhi di Haruka.
La fissa e i bambini che vi sono ritratti si stringono tra loro e attorno al trofeo appena conquistato, il suono del pubblico che li acclama è assordante,  l’acqua della piscina alle loro spalle continua ad incresparsi.
Sono stati attimi di pura gioia e il piccolo nuotatore dagli occhi azzurri che distoglie lo sguardo dall’obiettivo non la manda a bere  a nessuno con quel viso leggermente imbronciato. Attraverso quell’immagine Haruka può sentire di nuovo il fiato corto e quel battito del cuore così forte e così veloce, troppo per essere causato solo dallo sforzo del corpo. Non si era mai sentito così nell’acqua, non aveva idea di quanto potesse essere entusiasmante guardare i suoi compagni dare il massimo per concedere al prossimo più vantaggio possibile sugli avversari, quanto potesse essere bello nuotare sapendo che dall’altra parte della piscina c’era qualcuno che gridava il suo nome e si sbracciava per incoraggiarlo ad annullare quella distanza che li separava.  
Ricorda però il motivo di quel velo di malinconia sul suo volto di bambino : quella era un’esperienza troppo grande perché finisse così in fretta. Tutto quell’allenamento e quell’imparare a conoscersi…a che scopo se poi Rin , che lo aveva sfinito con la sua richiesta di gareggiare insieme, li avrebbe lasciati da soli?  A quale scopo legarsi a qualcuno che avrebbe irrimediabilmente reciso quel legame?
Indugiava su quelle tre figure che lo includevano in qualcosa che allora gli era sembrato incredibile e si sentiva come un estraneo a guardare quella scena adesso.
Era passato così tanto tempo, erano successe così tante cose, così tanti silenzi, errori, sensi di colpa.
Ne era la prova il fatto che si fossero intrufolati in quel luogo senza di  lui.
Ormai però il vecchio club di nuoto sarebbe stato demolito ed era la loro ultima occasione di recuperare ciò che vi avevano nascosto, insieme a tante speranze e a tante promesse. Non era molto convinto che fosse stata una buona idea venire qui e guardando l’espressione di pura felicità che Rin gli rivolge dalla foto capisce che aveva ragione, perché subito emerge in lui il ricordo opprimente di un’altra espressione che ha visto sul viso del ragazzino, un’espressione che è stato lui stesso a causargli mentre erano ancora bagnati dall’acqua e scossi dalla fatica. E il modo in cui ha scacciato con rabbia la mano che gli aveva offerto per aiutarlo ad alzarsi e si è allontanato senza guardarlo nemmeno, trattenendo i singhiozzi più che poteva.
Ad ogni passo che Rin compiva lontano da lui si sentiva scivolare sempre di più nella totale disperazione, solo una domanda gli rimbombava  incessante nelle tempie col ritmo incalzante del suo cuore:
che cosa ho fatto?

-Haru andiamo?-

La voce di Makoto lo coglie di sorpresa e in qualche modo lo tira fuori dalle sabbie mobili in cui la memoria lo stava facendo sprofondare.
La scena nella foto non si muove più e torna ad essere solo una delle tante immagini scolorite affisse a quel muro.
Gli lancia un’ultima occhiata e poi si riunisce agli altri, sentendo in qualche modo che ci sono altri fantasmi ad attenderlo in quei corridoi.