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Autore: isabel di thule    24/09/2018    0 recensioni
Traduzione dallo spagnolo di “Noche en Rodorio”, di September’s Child, autrice su ff.net e, più recentemente, su AO3. Pubblico con il suo consenso scritto.
Saga ha appena ottenuto l’armatura dei Gemelli, e tutto il Santuario lo sta festeggiando. Ma l’unico con cui lui vorrebbe festeggiare non si trova. E, leggendo, si capisce perché.
Toccante momento fra i due fratelli adolescenti, dotati di un cosmo della stessa potenza, ma…
Nel testo ci sono alcuni termini non proprio da Bocconi, ma capitelo, povero Kanon…
Regalino di compleanno, anche se in ritardo, per September’s Child, l’autrice del brano originale, che ringrazio dal profondo del cuore. Le sue storie sono dei gioielli di umanità.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Traduzione dallo spagnolo di “Noche en Rodorio”, che September’s Child ha scritto in occasione del compleanno dei gemellini di Saint Seiya e pubblicato su ff.net. Ho dovuto tradurlo, è stato più forte di me. Pubblico con il suo consenso scritto.

Saga ha appena ottenuto l’armatura dei Gemelli, e tutto il Santuario lo sta festeggiando. Ma l’unico con cui lui vorrebbe festeggiare non si trova. E, leggendo, si capisce perché.

Toccante momento fra i due fratelli adolescenti, dotati di un cosmo della stessa potenza, ma…

Nel testo ci sono alcuni termini non proprio da Bocconi, ma capitelo, povero Kanon…

Regalino di compleanno, anche se in ritardo, per September’s Child, l’autrice del brano originale, che ringrazio dal profondo del cuore. Le sue storie sono dei gioielli di umanità.

Da qui comincia il testo di September’s Child:




Ciao a tutti!

Per festeggiare il compleanno dei gemelli di Kurumada, sono lieta di poter condividere questo semplice one-shot con tutti gli amanti di Kanon e Saga in particolare, e di Saint Seiya in generale. Tecnicamente, potrebbe essere il sequel della fic pubblicata proprio un anno fa da oggi, intitolata “Pomeriggio a Rodorio” e, sebbene potrebbe arricchire il contesto aver letto la precedente, non è necessario per seguire il filo di questa.

Lo dedico specialmente a Victoria-Nike e Zryvan, in ringraziamento per la loro sincera amicizia e per avermi incoraggiata a non arrendermi con le mie follie.

Devo anche una menzione a Lady Saori (ebbene sì, è il mio nick su ff.net ndt ^_^), che divide il giorno del compleanno con i gemelli. Auguri!

Grazie in anticipo per le letture che possa ricevere.




Notte a Rodorio




Oggi c’è festa al Santuario.

L’armatura di Gemini ha appena conosciuto chi, da questo momento, sarà il suo degno possessore. Il giovane Saga non ha deluso in nessuna delle prove che il Grande Sacerdote Shion aveva predisposto per lui, anche il destino ha giocato a suo favore.

Il giovane adolescente, nato sotto il segno dei Gemelli, è stato il primo a conseguire l’oro per il quale tanto si sforzano gli altri ragazzi che in breve si andranno unendo all’ordine di Athena. È stato lui ad aver dotato di luce ed entusiasmo altre speranze che finora erano solo promesse nei loro teneri cuori. Le costellazioni aspettano l’arrivo del loro fiammante difensore, e Saga ha appena dimostrato che sì, le parole del Grande Sacerdote sono sincere e che il rango e il potere sono raggiungibili da chiunque lotti per essi.

O meglio, nel suo ancora innocente cuore, questo è ciò che desidera credere.

Cosicché, ‘stasera c’è festa al Santuario, il gran salone del Grande Sacerdote si veste di gala e la grandiosa armatura dei Gemelli presiede la cena che tutti condividono. Nel menu non mancano una ricca varietà di cibi arrostiti e frutta di stagione, e le sincere felicitazioni vivacizzano con calore la frenesia con cui si alimentano tutte le loro speranze.

E Saga è felice, esuberante nella sua allegria. Sente che il cosmo ha appena ricompensato ampiamente tutti i suoi sforzi, tutte le notti insonni e tutto il sangue che ha cacciato fuori dalle mani e dalle ginocchia, che è andato lasciando la sua firma nell’arena. Non lo può negare, è orgoglioso di se stesso, e così dimostra l’inebetito sorriso che da ore orna il suo ancora adolescente viso.

Indubbiamente, il suo sorriso appare felice ma, se qualcuno si azzardasse a sbirciare nel suo verde e puro sguardo, forse non troverebbe la replica dell’allegria che disegnano le sue labbra.

Il nobile verde del suo sguardo non è illuminato come sembrerebbe, ma nessuno lo nota.

Il suo sguardo opaco finge orgoglio, mentre, en passant, cerca un unico sorriso fra tutti i sorrisi che lo circondano, senza essere in grado di trovarlo.

Qualcosa si rompe dentro di lui quando, lentamente, va assumendo che non l’incontrerà più, né lì, né, forse, in altro luogo. Non perché le labbra che possono abbozzarlo siano lontane, bensì perché, forse, questa stessa sera, abbiano dimenticato di disegnarlo.

La festa continua, la musica conquista tutti i templi che, poco a poco, andranno accogliendo i loro padroni e Saga non può più resistere. Deve incontrarlo, parlare con lui, forse scusarsi, sebbene non sappia ancora esattamente per cosa, ma non può addentrarsi nei suoi nuovi alloggi senza neanche sapere dove dormirà lui…

Suo fratello. La sua metà… Il frammento di anima che proprio ora sente mancare dentro di sé.

Sparire non gli risulta facile: è lui il centro di tutta l’attenzione, ma neanche le sue doti di eloquenza e fascino conoscono rivali. Gli basta una scusa così semplice e banale quale citare quanto sottosopra si senta il suo spirito e la necessità di riposo che reclama il suo corpo dopo tanto sfinimento fisico e dispendio di emozioni, accompagnato da un’infinita serie di ringraziamenti e scuse che, infine, gli aprono il passo verso la scalinata che scende al Terzo Tempio.

Una tenue speranza lo incoraggia a credere che lo troverà lì, ad aspettarlo. Non per riceverlo a braccia aperte, correndo verso di lui per unirsi alle felicitazioni, no… Saga si accontenterebbe semplicemente col trovarlo lì, ma la penombra in cui sono immersi i suoi nuovi alloggi gli racconta che i suoi selci non sono stati calpestati da nessuno. Non c’è nessun profumo familiare che avviluppi la nuova atmosfera che poco a poco andrà diventando il suo focolare. Non c’è neanche la presenza di oggetti altrui, sebbene conosciuti, né di vestiti usati da colui che desidera vedere e che non c’è.

Saga inspira profondamente, esala attraverso le labbra socchiuse tutta l’aria immagazzinata e pensa, pensa mentre percorre ogni stanza, ogni angolo, ogni penombra, ogni parola fra le poche che hanno condiviso durante le ultime settimane e, infine, il suo cuore lo va accettando come verità…

Kanon non sarà mai più lì, semplicemente perché lì non c’è un posto per lui.

I suoi piedi intraprendono la corsa, cercano scorciatoie che lo allontanino dalla strada principale e vanno divorando polverosi palmi di terreno finché i suoi occhi non scorgono delle luci e il suo olfatto non comincia a percepire il salato profumo che sprigiona il mare. Le strade di Rodorio ancora non dormono, e attraversarle correndo senza destare l’attenzione richiede una tranquillità che Saga, al momento, non conosce. Cerca di fermarsi, recuperare aria e pazienza, ed espirare la miscela aspettando il risultato che gli occorre.

Poco a poco, va acquisendo un passo più sobrio e un respiro più regolare, ma i suoi occhi non riposano. Girano a destra e a sinistra, cercando di individuarlo in qualche taverna, vicolo, o porta di un bordello.

Quasi qualsiasi luogo sarebbe una buona scelta, nonostante il suo cuore già da un po’ sappia dove trovarlo, essendo proprio quello il luogo in cui non vuole andare.

Perché lì, dove è possibile che si trovi, anni addietro, lui stesso ha definito una promessa infantile cui Kanon già allora non credette. Una promessa in cui risiedeva un futuro traboccante di speranze per entrambi, anche fosse esistita solo nel suo caldo cuore.

Occorre un’altra inspirazione per armarsi di determinazione, e non si concede di vacillare di nuovo. I suoi passi decisi trovano la piccola piazza presidiata da un ulivo vecchio quanto il villaggio se non più, testimone di sinceri sogni, ma Kanon non è neanche là.

Saga respira con un certo sollievo, ma il fatto che la piazza non accolga l’ombra di suo fratello non significa che i suoi piedi non l’abbiano attraversata. Sicuramente, la sua sconfitta l’avrà condotto più in basso, verso un terreno buio, solitario e sicuro, dove lui è solito dire che il sale opera miracoli… che il sale guarisce tutto.

Le veloci supposizioni di Saga ‘stavolta non sbagliano e, fra nebbie salmastre e penombre lunari, seduto sull’umida sabbia, avvista la sagoma frastagliata del corpo abbattuto di suo fratello. I suoi passi si fermano abbastanza vicino da poter vedere che tiene qualcosa fra le mani, che sta essendo accartocciato con tristezza ed evidente disprezzo, cadendo buttato ai suoi piedi una volta che la sua presenza si è fatta evidente dietro di lui.

– È un pezzo che ti sto cercando, Kanon… – Saga cerca di parlare con voce chiara, ma l’emozione minaccia di tradirlo subito se non si controlla.

Kanon non risponde immediatamente, si prende il suo tempo, non per costruirsi un’importanza che non gli è mai stata accordata, bensì per darsi un spazio dove poter edificare una solida muraglia di indifferenza intorno alla sua anima.

– Peggio per te. Ti stai perdendo la tua festa, il tuo tributo. – Risponde, infine, con voce pesante.

Kanon desidera… ha bisogno di suonare duro e altero, ma lo strofinio che il suo braccio compie contro i suoi occhi umidi e l’acquosità che scende dal suo naso lo tradiscono nella sua disastrosa commedia.

– La festa mi annoiava già.

Il maggiore vuole sedersi a fianco di suo fratello, sentire la loro antica complicità, spalla contro spalla, vederlo sorridere in qualche modo, ma tutto ciò che può fare è addolorarsi, vedendo l’alzata di spalle che riceve come risposta, e recuperare da sulla sabbia il ricordo sottoforma di vecchia fotografia che Kanon ha appena dimenticato. Una fotografia che è stata scattata anni addietro in questo stesso villaggio, durante un caldo pomeriggio estivo, in cui i loro cuori cominciavano a scoprire una realtà che si celava loro e che, con paziente costanza e lentezza, si apprestava a divorare la loro anima.

Ora, il riflesso dei loro infantili visi trema fra le dita di Saga, presentandosi accartocciato dal tempo e dall’impotenza che in esso hanno impresso delle mani tanto potenti quanto sottovalutate.

Saga osserva la fotografia con un tocco di nostalgia e misurata tenerezza, accarezzando i loro corpi e i loro visi con inconsapevoli gesti dei suoi due pollici. Non è da tanti anni che un pezzetto delle loro anime è stato plasmato in quell’immagine istantanea, ma lì le loro espressioni già tracciano una distanza che il maggiore dei gemelli non aveva mai voluto credere reale.

Almeno, fino a oggi.

Con forzata rassegnazione, sospira profondamente, custodendo l’immagine sotto la protezione della cintura che gli cinge le vesti, cercando di trovare in qualche meandro dentro di sé le parole con cui potersi avvicinare a suo fratello.

– Kanon… – Dice, cercando di richiamare l’attenzione di colui che, accuratamente, si rifiuta di guardarlo. – Mi… dispiace… – Aggiunge, provando a sedersi al suo fianco, vedendosi malgrado ciò frenato davanti al severo sguardo che infine gli rimanda suo fratello.

Il minore lascia scappare un veloce e amaro risolino, rifiutandosi di offrire il suo sguardo. – No… non ti dispiace, Saga. Assolutamente no, quindi non mentire. – Gli scarica in risposta, con una asprezza in cui la tristezza grava troppo. – Sei orgoglioso e soddisfatto del tuo successo, e non aspettarti che mi feliciti anch’io, ché non lo farò… Non posso farlo…

– Non le stabilisco io le norme, Kanon. E io ti voglio al mio fianco, lo sai fin troppo bene… Ho bisogno di te, qui, con me!

– E allora diglielo al fottuto vecchio che ha regalato a te l’armatura e a me l’esilio!

Adesso sì. Adesso Kanon lo pugnala con gli occhi della sua anima ferita, si alza d’impeto e, senza preoccuparsi di scrollare l’umida sabbia che gli è rimasta attaccata alle sporche vesti, si allontana da Saga tanto quanto la frontiera del mare gli permetta. Il timido infrangersi delle onde gli lambisce le gambe nude a metà e la luce della luna si riflette splendida in delle acque che ‘stanotte, forse, guariranno le ferite della pelle, ma non quelle dell’anima.

– Capisco che tu sia arrabbiato, che tu non lo trovi giusto… – Cerca di giustificarsi Saga, avvicinandosi al suo gemello, ma senza invadere eccessivamente il suo bisogno di spazio… – io ti prometto che…

Una smorfia di nervoso riso attraversa il viso di Kanon, che si morde le labbra per evitare di vomitare tutto ciò che gli passa per la testa. Senza alcun successo.

– Sta’ zitto, dannazione! Non continuare a sembrare così patetico, Saga! – Il minore finisce per sputare le parole come se queste fossero veleno che gli brucia la lingua, con tutta l’intenzione di ferire colui che, presto o tardi, finirà anche lui per dimenticarlo. – Le tue promesse se le porta via il vento. Non servono a nulla…

– Cercherò di parlare con il Grande Sacerdote Shion, dirgli che ammetta anche te, che il tuo potere non ha motivo di conoscere nessun esilio… – Una preghiera giace dietro le probabilità che avanzano le parole di Saga. Una preghiera che il maggiore non si azzarda a pronunciare a voce alta, e che il minore non è più disposto ad ascoltare. – Dammi tempo, Kanon…

Lo sguardo di Saga brilla nell’oscurità che copre la solitudine di entrambi, e a Kanon la delusione brucia per tutte le vene che irrigano il suo sconfitto corpo. Non vuole girarsi verso suo fratello. Non desidera incrociarsi con quello sguardo che gli richiede ciò che lui non vuole né può più offrirgli… Si sente unicamente in grado di abbassare il suo, di sguardo e lasciarlo navigare fra il timido andirivieni delle onde che gli vanno lambendo le gambe.

– Quale tempo, Saga? – Domanda, infine, già senza rabbia nella sua voce spenta. – Di tempo ne avevamo quel dannato pomeriggio in questo stesso villaggio, quando tu ti sei incaponito a farti scattare una foto con me e a riempirmi la testa di favole che erano scritte solo perché le vivessi tu.

– Kanon…

– Avremmo potuto fare molte cose, allora… – Prosegue Kanon, facendo emergere il suo miglior orgoglio mentre si arma di coraggio per affrontare lo sguardo del suo gemello maggiore. – …Saremmo potuti fuggire lontano. O avremmo potuto continuare le nostre strade insieme, opponendoci al destino che io già vedevo scritto davanti a noi e al quale tu ti intestardivi a voltare le spalle.

– Eravamo bambini, allora… non capivamo ancora a pieno ciò che succedeva…

– Ah, no? Non capivamo a pieno?! – Esclama Kanon, abbozzando una smorfia di incomprensione che obbliga Saga ad abbassare lo sguardo – Dannazione, fratello… parla per te, perché io sì che capivo… Ricordo come fosse ieri ciò che t’ho detto… “Secondo il vecchio, ci sono dodici costellazioni che saranno difese da dodici presunti guerrieri, nati tutti sotto il segno zodiacale corrispondente… Noi siamo due, uno di noi è di troppo…”. Questo t’ho detto, e tu ti sei rifiutato di accettare l’evidenza, e perché? Forse perché a te già andava bene, anche se non lo sapevi ancora!

– Poteva andare peggio, Kanon… – Si azzarda a buttar fuori Saga, in un nefasto tentativo di giustificare la benedizione che le stelle hanno sempre serbato per lui, per il primogenito dei gemelli eredi della disgrazia di Castore e Polluce, per sempre immortali nella loro costellazione reggente.

– Che cazzo hai, Saga! – Kanon scuote la testa, restituisce lo sguardo al mare e serra i pugni a entrambi i lati del suo corpo, trattenendo l’ira che lo incita a colpire la sufficienza che comincia a dimostrargli il suo gemello.

– Non parlarmi così! Ti credi molto adulto e maturo, ma ti ricordo che abbiamo solo quattordici anni!

– E quindi? Solo per questo mi devo conformare? Ringraziare che il mio ripudio non sia stato peggio ancora?

– Ma certo, Kanon. Anche se non ci credi, ho investigato. Ho studiato e letto su tutte e ciascuna delle generazioni in cui il Santuario ha conosciuto il suo ordine completo, e credimi se ti dico che la tua situazione sarebbe potuta essere peggiore. In un certo modo, in questa era tu sei …“libero”…

L’acidità corrode l’istantanea risata che assale Kanon, allibito alle parole che Saga ha osato sbattergli in faccia.

– “Libero”, dici… E che razza di libertà è questa? Io non vedo nulla di peggio che ti lascino senza focolare quando non ti hanno mai fatto sentire come se veramente avessi alcun focolare. Io qui adesso non esisto. In realtà… non l’ho mai fatto. L’unica differenza è che a partire da oggi lo farò. Esisterò. Ed esisterò senza dover ascoltare la tua voce colma di bugie, vivendo solamente per me stesso. “Libero”… ebbene, forse hai ragione… – Riflette con una vera volontà di ferire. – Adesso, “libero” lo sono di allontanarmi da te.

– Kanon… come dirti che non l’ho scelto io? Che non era questo ciò che avevo sognato per te e per me? – Saga si innervosisce davanti allo svantaggio che sta acquisendo in questa battaglia dialettica e, senza pensarci, si ritrova a estinguere la distanza che li separa, fino a poter posare una mano su una tesa spalla che immediatamente lo respinge. – Kanon… ascoltami…

– Non dire niente, maledizione! – Kanon si gira del tutto e si ritrova a scarsa distanza di fronte a Saga e alla sincera espressione di tristezza che mostrano le sue fattezze. – Vattene e basta! Via da qui! – Le sue mani collidono contro il petto di Saga e il misurato spintone lo costringe a retrocedere. – Allontànati dalla mia vista e dalla mia condanna!

– Se lo desideri, posso trovarti un angolo al Terzo Tempio. Nessuno dovrebbe sapere che ci sei anche tu, con me… – propone Saga con la voce rotta dall’impotenza.

– Io posso farcela dovunque sia. Tu stesso me l’hai appena ricordato… Devo ringraziare la “libertà” che questo luogo ha serbato per me. – Gli risponde Kanon con scherno, sentendosi quasi tanto debole di voce come ha appena percepito essere suo fratello. Inspirando il moccio che gli scende dal naso, fedele accompagnatore di lacrime che detesta – E lo farò, Saga... Non ho più bisogno di continuare a vivere della tua carità.

– Non è carità…

– Beh, non voglio essere l’ombra della tua gloria e della tua vanità.

– Ci possiamo unire e lottare insieme per cambiare il destino…

Saga crede ancora alle sue nobili e infantili parole, ma per Kanon è da tempo che queste hanno perduto ogni significato e valore.

– Il tuo destino ti sta aspettando lassù, dove la luce acceca… – Dice, tendendo il braccio con l’indice puntato verso le desolate terre che a lui non l’hanno mai voluto. – E il mio non me lo chiedere, fratello… ché neanche io stesso lo so…

– Quello che non voglio è perderti, idiota! – Ora è Saga quello che si prende il turno di piantare le mani sul petto di suo fratello, esercitando una pressione che quasi lo esorta a tuffarsi nell’acqua che, veramente, ‘stasera nulla guarisce.

– M’hai già perduto, Saga! Da quando ci hanno fatto credere in un futuro che non era pensato per due! Accettalo una cazzo di volta!

La replica di Kanon emerge dalle acque carica di ira, e i suoi pugni cercano vendetta sul corpo di suo fratello, ma Saga non è debole… È solo troppo giovane e si sente eccessivamente sopraffatto.

Entrambi lottano, mostrano le loro forze cercando di controllare un cosmo che è nato ugualmente potente in entrambi. Si spingono, si insultano e si disprezzano, fino al punto in cui hanno bisogno di fermarsi e fondere le loro anime in una pura fucina che forse non torneranno a sentire mai più.

Passano lunghi secondi sapendosi abbracciati, inghiottendosi le lacrime e la paura che s’impadronisce di ogni cellula dei loro adolescenti corpi e anime.

– Dimmi cosa posso fare perché non ti allontani da me e lo farò, Kanon… qualunque cosa sia… – Saga stringe ancora di più il suo abbraccio quando sente che Kanon cerca di liberarsi da esso, ma ora la sua forza e la sua determinazione possono più dell’impotenza e la frustrazione che alimentano suo fratello.

– Non puoi fare niente, Saga… niente. – Mormora Kanon, respirando faticosamente contro la spalla del suo gemello, mentre i suoi pugni si chiudono sopra il tessuto che veste il petto di Saga e i suoi occhi si asciugano su una spalla che non tornerà ad accogliere la sua dolorosa solitudine. – Tu non lo vuoi vedere, ma questo luogo ci ha rovinati… Qui finisce ciò che abbiamo condiviso, fratello…

– Kanon…

Il minore si rifiuta di continuare a sentirsi abbracciato, e lotta per allontanarsi da quel caldo contatto che sa che un giorno, prima o poi, mancherà anche a lui con tutta la sua anima.

Saga insiste a tenerlo vicino, ma non lo forza tanto quanto avrebbe potuto. Lentamente, le sue braccia cessano la pressione e il suo cuore si addolora quando Kanon riesce ad allontanarsi i passi sufficienti per cominciare a definire la loro incolmabile crepa

– Vattene, Saga… – Lo invita Kanon, già senza forza nella voce e nei suoi apatici gesti che a malapena accompagnano le sue parole. – La tua armatura t’aspetta. I tuoi futuri compagni devono star chiedendosi dove sei finito, tu… il primo insignito e degnamente nominato Cavaliere d’Oro di un ordine di bastardi.

Saga abbassa la testa, indietreggia a malapena di due palmi e lotta per trattenere dentro di sé delle lacrime che non desidera dover asciugare un’altra volta. Non in sua presenza.

– Verrai a trovarmi qualche volta? – Chiede prima di andarsene, alzando degli occhi che si scontrano con la schiena di chi non gli mostrerà più il viso. Un viso che, sotto la luce della luna, appare coperto di silenziose lacrime.

– Forse… non lo so. – Stocca la sua voce con sdegno.

– In qualche modo… avrò tue notizie? – Insiste Saga, quasi senza speranza.

Non c’è altra risposta se non un’alzata di spalle. Kanon continua a rifiutarsi di restituirgli alcuno sguardo. Non gli offre neanche delle semplici parole che confermino il suo prematuro addio. Il minore aspetta soltanto… e Saga, infine, lo capisce, e lo accetta.

Torna ad chinare la testa e, lentamente, fa dietro front, assimilando quella che minaccia di diventare la sua prima sconfitta come legittimo Cavaliere di Gemini del nuovo ordine di Athena.

Lì, in quella solitaria spiaggia, è appena morto ciò che hanno condiviso come veri fratelli.

Ciò che nessuno dei gemelli ancora sa è che di lì a pochi mesi, a scarsi chilometri da lì, torneranno a vedersi.

Con nocive parole e perfide ambizioni, torneranno ad avvelenarsi. Con errate decisioni, si lanceranno alla reciproca distruzione.

E, sicuramente, lacerando gli ultimi fili del loro fraterno legame, finiranno di perdersi.

FINE
  
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