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Autore: Ghostclimber    27/09/2018    1 recensioni
Con una tazza di tè in mano, Bulma guardava Vegeta allenarsi nella navicella. Sussultò al tocco della bevanda bollente su un'escoriazione che le decorava il labbro superiore, prova tangibile che qualcosa era successo davvero e non era tutto un sogno delirante.
I suoi occhi blu registrarono marginalmente il suo corpo scultoreo che si muoveva fiero e sicuro, mentre la sua mente tornava alla sera precedente.
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta, Yamcha | Coppie: Bulma/Vegeta, Bulma/Yamcha
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Con una tazza di tè in mano, Bulma guardava Vegeta allenarsi nella navicella. Sussultò al tocco della bevanda bollente su un'escoriazione che le decorava il labbro superiore, prova tangibile che qualcosa era successo davvero e non era tutto un sogno delirante.

I suoi occhi blu registrarono marginalmente il suo corpo scultoreo che si muoveva fiero e sicuro, mentre la sua mente tornava alla sera precedente.

 

-Posso sapere che diavolo hai? Stai rovinando la serata.- chiese Yamcha, scocciato, sopra al boccale di birra con cui stava cincischiando.

-Che cos'ho?- ribatté Bulma, pentita di essersi fatta trascinare fuori pur non avendone la minima voglia. La verità era che stava con Yamcha ormai per pura abitudine, per paura di invecchiare da sola; la fiamma dell'amore non ardeva più da parecchio tempo, spenta dai continui tradimenti di lui.

-Che cos'ho?- ripeté, -Ho che sono stufa di essere lo zimbello della città.

-Non capisco cosa intendi dire.- rispose Yamcha, prendendo un sorso di birra e ostentando nonchalance.

-Con quante ragazze sei stato, solo nell'ultimo mese?

-Che ti frega. Tanto poi la sera torno a casa da te.- Bulma non ci vide più. Come se quella fosse una giustificazione! Si alzò di scatto, prese il proprio bicchiere di Manhattan e gli versò il contenuto in faccia; approfittò della sua distrazione per correre fuori dal bar, sfoderare una capsula e volare via a bordo dell'aviomezzo più veloce che aveva a disposizione.

E nonostante questo, lui l'aveva preceduta, ed era rimasto ad aspettarla nel giardino davanti alla Capsule Corp. La fermò, strattonandole bruscamente un braccio, e le soffiò in faccia: -Non lo farei, se tu non ti fossi portata a casa quel bellimbusto di Vegeta.

-Lo facevi già da molto prima.- sibilò Bulma, repellendo la sola vicinanza dell'uomo che aveva amato, odiando l'odore di birra nel suo fiato. Yamcha si sporse in avanti, ma lei indietreggiò: aveva già ceduto troppe volte alla tentazione di fare pace tra le lenzuola, ma quella sera l'ammissione spassionata dei numerosi tradimenti aveva definitivamente spezzato qualcosa in lei. Yamcha le trattenne il capo con la mano e le infilò la lingua in bocca; Bulma si divincolò, invano, e cercò di spingerlo via a suon di pugni sulle spalle, ma questo non fece altro che renderlo più aggressivo. La buttò a terra e disse: -Lo vuoi violento, eh?

-Yamcha... no... non voglio e basta, ti prego.

-Sta' zitta, puttana.- un pugno si abbatté sul viso di Bulma, facendole sbattere la testa contro il selciato. Per qualche istante perse i sensi; si riebbe quando percepì il peso che la ancorava a terra dissolversi, e aprendo gli occhi vide che Yamcha era sospeso per aria, trattenuto per una spalla da Vegeta. Un Vegeta insolitamente biondo e circondato da un alone di luce. Bulma cercò di ricomporsi, abbassandosi la gonna e indietreggiando, ma nessuno dei due la stava degnando di uno sguardo: -Sparisci, microbo.- disse Vegeta, e senza il minimo sforzo scagliò lontano Yamcha. Finalmente, i suoi occhi verdi si posarono su Bulma. Tese una mano, col palmo girato all'insù, e lei la prese, timidamente. Senza una parola, Vegeta la trasse in piedi, la strinse a sé e spiccò il volo.

 

Bulma sbadigliò.

Erano rimasti in volo per ore, a tratti era riuscita a sonnecchiare, ma era troppo intimorita e confusa per rilassarsi completamente tra le braccia di Vegeta.

E quel mattino, dopo una notte quasi insonne e una dormita poco agevole in un campo di papaveri, coperta solo dall'abito che aveva indossato la sera prima e un po' confortata dalla vicinanza del corpo caldo di Vegeta, aveva trovato il coraggio di vuotare la stanza di Yamcha e sbattergli le valigie fuori dalla porta. Dopo aver lanciato l'ultima sul vialetto, insieme ad un efficace sebbene poco creativo “E non farti più rivedere!”, si era girata per rientrare e aveva colto lo sguardo di Vegeta, ora nuovamente moro; forse era un effetto della nottataccia, ma le era parso di vedere un impercettibile sorriso di orgoglio tendere per un istante le labbra del Sayan.

 

Vegeta pareva deconcentrato, nella navicella. Bulma lo guardò spegnere i vari macchinari e dirigersi al portellone per uscire e spense a sua volta la telecamera; tornò a rileggere una relazione su una nuova lega metallica che stava cercando di sviluppare, cullata dal lontano scroscio dell'acqua della doccia, tranquillizzata dalla vicinanza di quel Sayan che l'aveva fatta sentire di nuovo degna di affetto, felice di essere in vita.

Che l'aveva fatta sentire reale.

-Bulma.- chiamò, piano, una voce severa alle sue spalle; il cuore le sussultò nel petto, ma riuscì ad ostentare una qualche parvenza di indifferenza. Si voltò, facendo leva sulla sedia girevole da ufficio, e tolse gli occhiali che usava per riposare gli occhi: -Vegeta. Hai bisogno di qualcosa?- chiese, lentamente mentre ogni simulazione cadeva a terra di fronte a quel corpo seminudo. Vegeta aprì la mano che tratteneva l'asciugamano, mettendo in mostra la propria erezione, e rispose: -Sì. Di te.- Bulma si alzò e gli si avvicinò, cercando di tacitare la voce che nella sua testa parlava proprio come Yamcha, e ripeteva “Puttana... puttana... puttana...”. Le braccia di Vegeta la cinsero, il suo corpo la sospinse contro la scrivania e le sue labbra sondarono il suo viso; trovarono finalmente la bocca di Bulma, e la dischiusero, piano, come se il desiderio che pulsava nei corpi di entrambi non fosse altro che una faccenda secondaria, trascurabile. Solo le loro mani tradivano quel fuoco ardente, quelle di Bulma che sondavano, esploravano, accarezzavano, e quelle di Vegeta che spogliavano e percorrevano curve e avvallamenti di calda pelle viva e pulsante.

Il Sayan la prese per le cosce e la sollevò; le natiche di Bulma si posarono sulla relazione, stropicciandola, e lo scossone rovesciò un portapenne. La tazza di tè lo raggiunse, quando con un unico movimento dei fianchi Vegeta prese possesso del corpo di Bulma. -Vegeta, piano, mi fai male!- protestò flebilmente lei, colta di sprovvista e col fiato mozzo. Lui si fermò, le mani ancora strette sulle sue cosce e il busto leggermente proteso in avanti: -Meglio?- chiese dopo un po'. Bulma annuì, e Vegeta riprese a spingere, a un ritmo sempre più frenetico, che veniva accolto con dei gemiti indistinti, mugugnati e soffocati contro la sua spalla muscolosa. I dentini candidi della donna si chiusero sul suo deltoide, e Vegeta si riversò in lei con un grugnito di piacere.

 

Le mani di Vegeta scivolarono piano sulla schiena sudata di Bulma, mentre l'accompagnava a distendersi, esausta, sulla scrivania; per la prima volta, dopo un rapporto sessuale, non percepiva quella traccia di disagio che l'aveva accompagnata per anni, non aveva la sensazione di essere stata usata o, peggio, di essere una faccenda che finalmente era stata sbrigata.

Con lo sperma di Vegeta che colava tra le sue cosce, si sentiva invece finalmente completa, come se avesse trovato ciò che le mancava; il che era strano, perché prima di quell'esperienza non sapeva nemmeno di essere incompleta.

-Sono diventato Super Sayan.- dichiarò Vegeta, raccogliendo l'asciugamano. Con fatica, Bulma si riportò seduta, lo guardò e gli sorrise.

-Sì. Sapevo che ci saresti riuscito.- disse sinceramente.

-Io no. Più cresceva la mia frustrazione e più mi allontanavo dall'obiettivo. Solo ieri ho capito cosa mi mancava.- Bulma saltò giù a fatica dalla scrivania e si mise a cercare le proprie mutandine per nascondere l'imbarazzo: per un fugace istante aveva osato credere che Vegeta si riferisse alle stesse cose a cui lei stava pensando.

-Non mi chiedi cos'è?- la incalzò Vegeta, apparendo ai margini del suo campo visivo, con un paio di mutandine rosa appese all'indice.

-Da' qua!- disse Bulma, agguantandole al volo e indossandole con gesti tremanti. Si sentiva le gambe di gelatina, e chinarsi di fronte a quel corpo così perfetto non era assolutamente d'aiuto: -Beh, allora, che cos'è?- chiese, tanto per chiedere, e alzando lo sguardo si trovò di fronte l'asciugamano candido, quello che conteneva a stento la virilità di Vegeta. Bulma gemette, barcollò e Vegeta dovette prenderla per le spalle per evitarle di cadere.

-La collera. Ma non parlo di rabbia pura e semplice. Dev'essere una giusta collera, un'emozione suscitata dall'aver assistito ad una tremenda ingiustizia.

-Cosa...- sussurrò Bulma, ancora con le mani di Vegeta strette sulle spalle. I suoi occhi neri la trattenevano, quasi fossero magnetici, ancorando il suo sguardo. L'espressione del Sayan era dura, tuttavia Bulma non lo temeva. -Ad esempio, qualcuno può provare quel tipo di collera quando un amico viene ucciso senza una ragione.- proseguì Vegeta. Bulma annuì, comprendendo che si stava riferendo a Goku, -Oppure... qualcuno può provare quel tipo di collera assistendo al pietoso spettacolo di un omuncolo che giorno per giorno umilia una persona che andrebbe invece onorata, per il suo coraggio, la sua dedizione, il suo sorriso incoraggiante...

-Vegeta... io...

-Sì, donna, parlo di te.- Bulma si divincolò. Incapace di ricordare dove fossero finiti i propri jeans, prese un camice da un appendiabiti e lo abbottonò con dita tremanti: -E quindi... quindi questa... cosa che abbiamo fatto... cos'è, un ringraziamento?

-Ti facevo più intelligente.

-Perché non tollero di essere ringraziata per averti impietosito, sappilo!

-E piantala...

-Io sono una donna forte, e me la cavo benissimo anche senza di te, quindi puoi anche fare a meno di darmi il contentino!

-Non è...

-Se questo è il modo di dimostrare gratitudine per averti accolto, nutrito, curato, supportato, beh, ti conviene leggerti un libro di buone maniere!

-Non è...

-Non so come funziona sugli altri pianeti, ma qui di solito si dice “grazie”, si manda un mazzo di fiori o un regalino, oppure...

-Ma vuoi stare zitta un attimo oppure no?- tuonò Vegeta, e stavolta Bulma si ritrasse suo malgrado.

-S... sto zitta.- pigolò. Vegeta le si avvicinò ulteriormente, e Bulma si ritrovò schiacciata contro la parete; messa all'angolo e terrorizzata, cercò di non venir meno alla propria millantata spavalderia: alzò gli occhi in quelli del Sayan,sperando di riuscire a riprodurre una plausibile espressione impavida. Vegeta chinò il capo e la baciò a lungo.

Quando finalmente si scostò per lasciarla respirare, rimase per un istante a guardarla: rossa in viso e con gli occhi blu sgranati era persino carina. -Non è un ringraziamento. Io non sono il tipo che ringrazia.

-Me n'ero accorta...- soffiò Bulma, nel tentativo di suonare sprezzante e dispotica come al solito, ma le mani sfuggirono al suo controllo e si appoggiarono a quelle di Vegeta, palmo contro palmo. Le loro dita si intrecciarono, in un movimento naturale seppure goffo e impacciato.

-Non sei abituato a queste cose, vero?- chiese Bulma.

-Nh...- rispose Vegeta, distogliendo lo sguardo con aria strafottente.

-Allora...- lo incalzò Bulma, poi deglutì, il cuore che batteva impazzito nel suo petto generoso, schiacciato da quello solido e confortante di Vegeta, -Se non era un ringraziamento, cos'era?- il Sayan continuò a guardarsi intorno, poi si sottrasse alla presa delle mani di Bulma e si diresse verso la porta.

Sulla soglia si voltò e disse: -Un inizio.

 
   
 
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