Genere:
Introspettivo, Dark, Horror.
Rating: Rosso.
Avvertimenti: Tematiche delicate!,
Flashfic, Songfic, Yaoi, AU (Another Universe).
NdA: Avvertimento
importantissimo!
In questa fanfic si tratta un argomento molto delicato, quello della
necrofilia. Un accenno più che implicito, mi raccomando.
Maybe.
[ Devo aprire i miei occhi di fronte a
tutto. ]
All’inizio ne ero entusiasta.
Avere in mano non solo i pensieri di un individuo, ma anche
la sua anima.
Scrutare il fondo del pozzo dove era precipitato
così, da lontano.
Conoscere tutto di questo senza una parola pronunciata.
Progetto interessante, alquanto ambizioso.
Forse troppo, ma non importava.
Ancora ora, per rendermi conto, devo pensare a lungo,
rimuginare su quel
che è successo.
Su quel che mi è successo.
Chi va con il claudicante impara a zoppicare si dice, no?
– E chi va con
l’assassino? –
[
Senza un pensiero, ]
Adesso
me ne accorgo.
Tanto tempo a perdersi in vacui sguardi, tanto tempo ad
immaginare la colpa
che ancora macchia quelle mani pallide ed a
sorseggiare acqua o una
bibita insipida.
Ricordare quei racconti, così vividi, di fronte ad
un buon bicchiere di
vino o un elegante alcolico, fino a sentire il battito cardiaco
accelerato, il
sangue che pulsa nelle orecchie.
Oppure, l’ho sempre saputo.
Mi sono sempre accorto che ogni bacio aveva un retrogusto
amaro, che i
liquidi non potevano placare la dolorosa sete,
[ senza una voce, ]
E quel profumo – come altro posso definirlo?
– su di me, sulla mia pelle,
sulle mie mani, sulle mie labbra!
Tutti quei libri e quei racconti, tutti sbagliati. Sapore di
ferro, sapore
di angoscia, sapore di terra...
Il sangue ha un sapor di vaniglia. Dolce sul palato, scivola
come nulla.
Scivola come la vita fuori da quei corpi, totalmente alla mia
mercé.
Perché, ancora una volta, sono io il padrone, e
loro le marionette.
[ senza un'anima. ]
Forse
lui sapeva.
Forse lui vedeva in me i cambiamenti.
Forse lui poteva fermarmi allora, poteva
smascherare il mio esordio.
Forse è pentimento
quell’ombra che nasconde la purezza degli occhi
che un tempo – forse – amavo.
O, forse, è solo la morte che, alata
sulla sua cavalcatura
infernale, avanza su di lui.
Fa sue quelle braccia, quelle gambe, quel cuore
sempre più lento...
Me lo ruba... Me lo sta rubando! No,
è mio, rendimelo!
Mio! Mio soltanto!
So io come riprendermelo... Tu lascialo andare!
È mio!
[
Ci deve essere qualcos'altro da fare. ]
Per la prima volta – forse –
da sempre, sono io a dedicargli
dell’attenzione.
Con cura apro il bottone dei pantaloni, la mano
scivola come spesso la
sua, a distrarmi dal ricordo.
Un bacio sulle labbra. – Non
risponde? –
Un bacio sul collo. – Non
mi
vuole? –
Un morso. – Non
mi ami più?
–
Leggero, un gioco pericoloso al quale mi ha
invitato sempre per
primo.
E i miei occhi mancavano, come ora, che entro in
lui dopo la ricerca
della risposta negata.
Una parola, uno sguardo.
–
Mi accontento di così poco? –
Una parola, uno sguardo. Solo per me.
« Non lo dirò a nessuno,
promesso... Parlami... »
[ Respira in me e rendimi
vero. ]
Gli occhi sono appannati, ma non sto piangendo.
Sono anni che non succede.
Forse, non l’ho fatto mai. –
La
verità mi ha insegnato a mentire? –
« Apri gli occhi, aprili... »
Non mi ricompongo, qualche piccolo schiaffo
sull’insensibile guancia
tonda.
« Guardami, guardami... »
Un moto del tutto nuovo sale dal petto.
Gli occhi sulla mia stessa mano.
Sangue, sangue, sangue.
Ancora, di nuovo.
Gemito.
Singhiozzo.
Conato di vomito.
La gola brucia.
Devo parlare, devo dirlo.
Se esaudirò il tuo desiderio mi
guarderai ancora? Tornerai?
Promesso?
«
Perché non mi
rispondi? »
« Devo lavorare. »
Silenzio troppo doloroso. Troppo inumano.
« Mi ami, danna? »
[
Non lasciarmi morire qui. ]
« D-eidara... »
[ Riportami in vita.
]