Frammenti
Il
ritorno
Il
signor Masashi, senza alzare lo sguardo dalla pratica che stava
firmando,
sbuffò:
«Sì?
Chi è?»
La
porta si aprì e vi si affacciò una domestica con
un vassoio in mano.
«Il
suo spuntino, signore.»
Masashi
alzò gli occhi dal documento e mostrò un piccolo
sorriso, dicendo:
«Finalmente!
Avevo una fame...»
La
cameriera si avvicinò e posò il vassoio sul
tavolo, poi si allontanò,
chiudendosi la porta alle spalle.
L’uomo
scostò la pratica, afferrò il libro che aveva
iniziato a leggere il giorno
prima e lo aprì alla pagina dove era arrivato. Prese poi il
bicchiere posato
sul vassoio e bevve un sorso d’acqua. Afferrò
infine il panino alle verdure,
proprio come piaceva a lui, che gli aveva portato la cameriera, e
addentò un
bel boccone, proseguendo la lettura del suo libro.
17:23
«Guarda
Ran! E’ un costume bellissimo!» strillò
Sonoko, eccitata, appiccicandosi alla
vetrina del negozio «E tu che ne dici, Kazuha? Non credi che
mi doni?»
«Mi
sembra fantastico!» concordò Kazuha, estasiata,
affiancandosi subito a Sonoko.
Ran,
invece, incrociò le braccia, storse un po’ le
labbra con disappunto e, ad una
certa distanza dalla vetrina, commentò:
«Io
lo trovo orribile.»
«Ma
che dici?!» esclamarono insieme le due ragazze, voltandosi di
scatto a
guardarla «E’ stupendo!»
L’espressione
di disappunto sul volto di Ran si accentuò, quando
ribatté:
«Non
so se avete notato le due mele rosse sul seno...»
«Certo
che sì!» esclamarono quelle.
«E
quei due occhi di gatto sulla parte posteriore delle
mutande...» insistette
Ran.
Sonoko
e Kazuha annuirono, affascinate.
Questo
per Ran fu troppo ed affermò:
«Insomma,
è davvero orribile!»
Sonoko
scosse la testa e sospirò, portandosi le mani ai fianchi:
«Eh,
Ran... certo che hai dei gusti difficili! Per fortuna ho Kazuha con
me!» e
sorrise all’amica con la coda di cavallo.
Kazuha,
ridacchiando, commentò:
«Peccato
il prezzo!»
«Oh,
bazzecole.» fece Sonoko con un gesto di noncuranza della mano.
Ran
alzò un sopracciglio e le fece notare:
«Non
tutti hanno il tuo patrimonio, Sonoko.»
«Anche
questo è vero!» rise quest’ultima.
Kazuha
lanciò uno sguardo all’orologio e
sbuffò, scocciata:
«Ancora
non è arrivato!»
Sonoko
e Ran si voltarono a guardarla, e la Mori chiese:
«Stai
parlando di Heiji?»
«E
di chi se no?» ridacchiò Sonoko in un sussurro.
Kazuha
non sentì quest’ultimo commento e, annuendo con il
capo, sempre spazientita,
rispose:
«Già,
proprio lui. Mi aveva promesso che sarebbe arrivato alle cinque... e
ora sono
le cinque e mezzo!»
«Cosa
ti importa, dai!» cercò di risollevarla Sonoko con
un gran sorriso «Vorrà dire
che ci godremo questo pomeriggio di shopping tra sole donne!»
Kazuha
annuì, anche se ancora un po’ delusa.
«In
ogni modo, trovo strano che Heiji venga a fare shopping con
te...» intervenne
Ran, con lo sguardo volto al cielo, pensierosa «Shinichi,
visto che si annoia
sempre quando lo porto a fare spese con me, si inventa sempre una delle
sue
scuse per non venire...»
«Dovresti
parlare al passato, Ran.» si intromise Sonoko, con una mano
al fianco e un dito
davanti a sé, indicando l’amica
«E’ praticamente una vita che Shinichi non si
fa vivo.»
«Ah,
non me lo ricordare...» sbuffò Ran, seccata.
Kazuha
alzò le spalle, dicendo:
«Sono
certa che ha i suoi buon motivi.»
«Lo
spero per lui!» ribatté Ran, incrociando le
braccia.
«Su,
dai, pensiamo ad altro adesso!» esclamò Sonoko con
la sua grinta «Proseguiamo
lo shopping!»
«Oh,
sì!» approvò Kazuha, allegra.
«D’accordo.»
sospirò Ran, malinconica, con ancora Shinichi in mente.
Ripresero
a camminare per l’affollato marciapiede, chiacchierando,
quando Kazuha esclamò,
indicando un’auto che stava per ripartire da un parcheggio
sul lato della
carreggiata:
«Ma
quella non è la macchina di tuo padre, Ran?»
La
ragazza si girò immediatamente a guardare, confermando:
«Oh,
sì, è papà! Ma che cavolo fa qui in
centro?»
Le
tre amiche corsero subito verso la macchina, ancora ferma al parcheggio
per via
del gran traffico.
Ran
si affacciò al finestrino aperto dello sportello del
passeggero, ed esclamò con
voce squillante:
«Papà!
Ma che fai qui?!»
Kogoro,
tutto concentrato ad aspettare il suo turno per passare tra tutto quel
traffico
e impegnato a lanciare qualche imprecazione rabbiosa in direzione di
qualche
automobilista a suo dire “incapace nella guida”,
sobbalzò, spaventato, e si
girò verso la figlia.
«Ran!
Ma che...?»
«Rispondi
prima tu alla mia domanda!» lo zittì la ragazza
«Mi stavi spiando? Mi seguivi,
per caso? Non vieni mai in centro!»
«Ma
che spiando?! Seguendo?!» gridò Kogoro,
innervosito «Un mio cliente si è
ammalato e non è potuto passare all’ufficio per
pagare... per questo sono
venuto qui in centro: per andarlo a trovare!»
«Oh...»
fece Ran, imbarazzata «Scusami...»
«E
tu che fai qui, invece?» domandò Kogoro,
sospettoso.
Ran
tornò ad accigliarsi e sbottò:
«Papà!
Lo sapevo che non mi stavi ascoltando oggi a pranzo! Uff... sono qui
con Sonoko
e Kazuha per fare un po’ di spese.»
«Ehilà,
detective Mori!» salutò radiosa Sonoko alle spalle
di Ran, e Kazuha fece un
segno di saluto con la mano.
“Ti
pareva che non era venuta a fare spese?” pensò
ironicamente Kogoro, storcendo
le labbra, poi si rivolse a Kazuha:
«C’è
anche Heiji con te? Sei la sua ragazza, no? State sempre
appiccicati...»
Kazuha
arrossì da capo a piedi e Ran rimbeccò il padre:
«Papà!
Ma che modi sono?»
«Ma
che ho fatto?» fece Kogoro, con voce stridula.
Prima
che Ran potesse rispondere, due volanti della polizia sbucarono da
dietro un
angolo a sirene spiegate, superarono il parcheggio dove era fermo
Kogoro, e si
andarono a fermare davanti una bella casa poco più avanti.
Kogoro,
incuriosito, si affacciò dal finestrino.
L’ispettore
Megure stava scendendo in quel momento da una delle auto, seguito da
Takagi e
altri due agenti, e altri quattro dell’altra volante.
«Io
vado a vedere.» decise Kogoro, spegnendo la macchina.
Ran
guardò in direzione dei poliziotti che stavano entrando
nella casa.
«Chissà
cos’è accaduto?» si chiese Kazuha,
sorpresa.
«Quella
è la casa di Masashi Ikara... è un uomo
d’affari amico della mia famiglia.»
informò Sonoko, portandosi una mano al mento, pensierosa
«E’ un brav’uomo...
non capisco cosa sia potuto accadere...»
«Uhm...
andrò a controllare.» annuì Kogoro
seriamente e si avviò per il marciapiede.
«Credo
dovremmo andare a vedere, che ne pensate? Potrebbe essere qualcosa di
grave...»
propose Ran e le altre due annuirono.
Seguirono
Kogoro fin davanti la casa.
«Mi
scusi, agente...» il detective interrogò il
poliziotto che sorvegliava la porta
d’entrata «Sono il detective Kogoro Mori.»
«Buon
pomeriggio, detective.» salutò il poliziotto con
ammirazione «Posso esserle
utile?»
«Mi
saprebbe dire che cos’è accaduto qui? Questa non
è la casa di Masashi Ikara?»
«Un
brutto fatto, detective.» l’agente
abbassò di un po’ il tono della voce «Il
signor Masashi è morto.»
«Che
cosa?» strillò Sonoko, portandosi una mano alla
bocca.
«Che
fatto orribile...» commentò Kogoro cupamente
«Posso entrare?»
«Certamente,
detective Mori.» il poliziotto si scostò per farlo
passare.
Kogoro
si voltò verso la figlia e le sue amiche, tutte quante
sorprese dalla notizia,
e disse:
«Entrate
con me. Se si è trattato di un omicidio,
l’assassino potrebbe essere ancora nei
paraggi... non mi fido a lasciarvi qui in giro.»
«Va
bene.» annuì Ran e lei e le altre due entrarono
dietro il detective.
Salirono
delle scale e si avvicinarono ad uno studio, davanti al quale si erano
riuniti
diversi servitori, i poliziotti, due donne in lacrime e tre uomini ben
vestiti.
Megure
stava interrogando uno dei tre, un bel ragazzo sui trent’anni
da folti capelli
neri.
«Come
le ho già detto ispettore, non ho idea di cosa sia accaduto.» insistette il giovane
visibilmente sconvolto
«Quando ho bussato, non ho udito nessuna risposta. Ho aperto
quindi la porta e
ho trovato mio padre così come è
adesso.» e indicò all’interno dello
studio.
Kogoro e le tre ragazze avevano
la visuale coperta dai servitori ed erano troppo distanti dalla porta
per
riuscire a scorgere qualcosa.
Megure annuì e continuò:
«Uh uhm... Capisco, signor Masashi, ma poi? Cosa ha
fatto?»
Il giovane ragazzo affondò una
mano tra i morbidi capelli scuri e, con lo sguardo perso nel vuoto,
riprese:
«Mi sono avvicinato alla
scrivania e ho posato due dita sul collo di mio padre... verificando
che non
c’era battito.»
«E poi?» chiese ancora Megure
«Ha toccato qualcosa? Spostato qualche oggetto?»
«No, ispettore. Non ho toccato
nulla.» rispose il giovane «E poco dopo questa
orribile scoperta, Isaki è
entrata nello studio e ha lanciato un urlo appena visto mio
padre.»
«Sì...» singhiozzò una
ragazza
appena maggiorenne, con i capelli biondi legati in un’alta
coda, gli occhi azzurri
lucidi di lacrime e un accento straniero «Io... mi sono
spaventata e...»
scoppiò di nuovo a piangere, abbracciata all’altra
donna di quarant’anni, con
gli occhi pieni di lacrime a sua volta.
«E lei in che modo è
imparentata alla vittima?» domandò Megure, rivolto
alla ragazza bionda.
«Lei è Isaki Kourami.» rispose
la donna quarantenne, a posto della giovane ragazza in lacrime
«E’ fidanzata
con mio nipote, Huya Fouka.» e con il capo indicò
un ragazzo di vent’anni, con
lo sguardo basso e un’espressione triste dipinta sul volto.
Non era un ragazzo
bellissimo e sicuramente sfigurava a fianco di Isaki, una bella giovane
la
quale madre era una famosa attrice americana biondissima.
Megure annuì ancora, mentre
Takagi, silenzioso in un angolo, continuava a prendere appunti
seriamente.
«Mentre lei dovrebbe essere la
signora Masashi, se non sbaglio.» disse
l’ispettore, parlando alla donna
quarantenne.
Lei annuì:
«Proprio così, ispettore. Ikara
era mio marito.» anche lei era una bella donna, dal fisico
asciutto, un volto
fresco nonostante l’età e da bei capelli castani.
«Infine, lei, signore, chi è?»
domandò Megure, rivolgendosi ad un uomo distinto, di forse
sessant’anni, con
capelli grigi e baffi.
«Sono il fratello di Ikara.
Mashito Masashi.» rispose l’uomo con voce profonda.
«Hai segnato tutto Takagi?»
chiese Megure.
«Certo, ispettore.» rispose
prontamente Takagi.
«Bene e... tu che ci fai qui, Kogoro?»
solo in quel momento Megure si accorse della presenza del detective,
che stava
ascoltando in silenzio.
«Salve, ispettore.» salutò
Kogoro, avvicinandosi «Per caso mi trovavo qui in centro,
quando ho visto le
vostre volanti fermarsi qui... e ho saputo la terribile
notizia.»
«Un brutto fatto, già...»
concordò Megure «Il signor Masashi era un uomo
d’affari molto ricco e rispettato.
Mi chiedo chi possa essere l’artefice di questo
delitto.»
«Siamo certi sia un omicidio?
Era un uomo di cinquant’anni e aveva problemi di cuore, ho
saputo. Non è
che...» provò il detective, ma
l’ispettore lo fermò:
«Vieni a vedere tu stesso.»
Prima che i due potessero
muoversi, la signora Masashi chiese:
«Lei non è per caso il famoso
detective Kogoro Mori?»
«In persona, signora!» rispose subito
Kogoro, pavoneggiandosi.
«La prego, detective!»
intervenne il figlio dell’uomo ucciso «Scopra chi
ha ucciso mio padre!»
«Lei devi essere il figlio del
signor Masashi, non è così?»
domandò Kogoro.
«Mi chiamo Yuichi Masashi,
detective.» si presentò il giovane «Ci
aiuti!»
«Nessun problema, ragazzo!»
sorrise Kogoro, entrando nell’ufficio con Megure.
Ran e le sue amiche rimasero
invece lontane, non tenendoci particolarmente a vedere un morto.
La scena faceva rabbrividire.
Il signor Masashi era
appoggiato scompostamente allo schienale della sedia; gli occhi
sgranati e
vacui; la bocca spalancata con un po’ di bava che aveva
inumidito i baffi. Una
mano stringeva ancora convulsamente un bracciolo della sedia, mentre
l’altro
braccio era a penzoloni.
Kogoro si avvicinò e studiò ad
una certa distanza il cadavere, intorno al quale stavano trafficando
tre uomini
della scientifica giunti precedentemente.
Osservò la scrivania. Su un
vassoio d’argento era posato un bicchiere d’acqua
mezzo vuoto; accanto era
posato un panino alle verdure, a cui l’uomo aveva dato tre
grandi morsi; c’era
anche un libro apparentemente nuovo, aperto a circa metà,
pericolosamente
vicino al bordo della scrivania e con una pagina un po’
stropicciata; documenti
in pila e un po’ di penne.
«Dunque, ispettore? La causa
del decesso?» chiese Kogoro con fare professionale.
«E’ morto avvelenato.» rispose
Megure «Con del cianuro.»
Kogoro annusò un po’ vicino il
cadavere.
«Già, percepisco un certo odore
di mandorle: segno caratteristico del cianuro.»
Poi il detective diede una
veloce occhiata ai vari fascicoli e documenti posati sul tavolo,
sfogliandone
distrattamente qualcuno.
«Come mai quasi tutti gli
angoli di questi fogli sono stropicciati?» domandò
Kogoro, notando il fatto.
«Non saprei...» confessò
Megure.
«E’ per via dell’abitudine di
mio fratello.» intervenne noncurante il signor Mashito
Masashi, affacciandosi nello
studio «Si leccava le dita per riuscire a sfogliare meglio la
pagina. Ma così
facendo rovinava tutti i documenti.»
«Non sapevo di questa sua
abitudine, nonostante fossi sua moglie.» commentò
la signora Masashi, sorpresa.
«Nemmeno io ne sapevo nulla.»
confessò il figlio della signora.
«Voi non lavorate tutti i
giorni con lui. Al contrario di me.» spiegò con
calma il signor Masashi «E
sapete che adora leggere i suoi libri chiuso qui dentro. Per questo non
lo
avete mai visto.»
Kogoro annuì, ringraziando l’uomo
per la spiegazione.
«Ispettore, analizziamo subito
i vari oggetti.» annunciò in quel momento un uomo
della scientifica «Abbiamo
gli strumenti qui con noi.»
«D’accordo.» annuì Megure, poi
si rivolse a Kogoro:
«Noi usciamo. Cerchiamo di
ricostruire che cosa possa essere accaduto.»
I due uscirono insieme nel
corridoio e Megure esordì ad alta voce:
«Bene, signori. Possiamo
accomodarci di sotto? Adesso dovrò interrogare tutte le
persone che hanno visto
il signor Masashi nelle ultime ore.»
Gli altri accondiscesero e la
signora Masashi, chinando un po’ il capo, propose:
«Potremmo andare nel salotto.
E’ abbastanza grande per accogliere tutti.»
«Per me va bene.» concordò
l’ispettore.
Mentre quella ventina di
persone, tra domestici, parenti e un paio di poliziotti, si dirigeva di
sotto,
le tre ragazze si avvicinarono all’ispettore e al detective.
«Papà... noi cosa facciamo?»
domandò Ran.
«Se l’ispettore è d’accordo,
verrete in salotto con noi.» disse Kogoro, poi
spiegò ad un confuso Megure:
«Avevo detto loro di seguirmi
caso mai l’assassino si fosse fatto vivo qui nei paraggi e le
avesse aggredite...»
«Beh, non credo che sia
armato... e forse è ancora qui in questa casa.»
rispose Megure, poi alzò le
spalle «In ogni modo, non credo daranno fastidio se
rimarranno qui.»
«Vorrei proprio scoprire chi ha
così orribilmente ucciso il signor Masashi... era amico
della mia famiglia...»
mormorò Sonoko.
«E sono certa che con il suo
aiuto, detective Kogoro, scoveremo immediatamente
l’assassino!» aggiunse Kazuha
con convinzione «Lei è bravo quasi
quanto Heiji.»
Kogoro fece una smorfia
infastidita.
“Quasi?” si
ripeté con disappunto.
Un giovane ragazzo con un
berretto in testa, mischiato tra i domestici che stavano per scendere
le scale,
aveva udito anche quest’ultima affermazione e, con un piccolo
sorriso
divertito, decise di scendere anche lui di sotto senza ancora farsi
vedere.
Una volta in salotto, Megure si
schiarì la voce e iniziò a parlare chiaramente:
«Chi può si segga, per favore,
almeno ci sarà meno caos.»
I parenti si sistemarono, tre
sul divano, uno in poltrona, e un altro su una delle sedie del bel
tavolo.
Anche qualche domestico, tra i più anziani, fu fatto sedere
sulle sedie. Altri
rimasero in piedi vicino la porta chiusa del salotto, accanto i
poliziotti. Tra
loro si trovavano anche Ran, Sonoko e Kazuha.
«Bene.» continuò Megure,
affiancandosi a Kogoro circa al centro del salotto «Secondo
il medico legale,
l’ora del delitto si può collocare nel lasso di
tempo tra le 15 e le 16...»
«Alle 15 non può essere,
ispettore.» intervenne timidamente una giovane domestica
«Sono passata nello
studio del signor Masashi alle 15 e 30 per portargli il suo spuntino
pomeridiano... come ogni giorno.»
«E lui era vivo, suppongo.»
disse Kogoro.
La domestica annuì:
«Certo, stava firmando dei
documenti.»
«Le ha detto qualcosa?» chiese
Megure.
La ragazza scosse il capo e
rispose:
«Niente. Mi ha solamente
confessato di aver fame e io, dopo aver lasciato il vassoio sulla
scrivania, me
ne sono subito andata.»
«Tutto chiaro.» annuì Megure,
poi controllò che Takagi stesse scrivendo tutto, verificando
che effettivamente
il giovane stava appuntando tutto quanto sul suo taccuino.
«Mentre voi, signori, quand’è
stata l’ultima volta che lo avete visto?» chiese
poi l’ispettore, interrogando
i parenti.
«Io quest’oggi a pranzo, come
mio figlio.» rispose per prima la signora Masashi
«Poi mio marito si è chiuso
nello studio verso le 13 e... non l’ho più
visto.» gli occhi le ritornarono
lucidi di lacrime.
Il figlio, Yuichi, aggiunse con
tristezza:
«Finché io non sono entrato
nello studio.»
«E perché era andato da suo
padre?» domandò Kogoro.
Yuichi abbassò lo sguardo e,
con un piccolo sorriso, ma gli occhi amareggiati, ammise:
«Sono proprietario di una
azienda affiliata a quella di mio padre... Oggi ho portato a termine un
affare
molto importante, firmando il contratto con il magnate di
un’altra azienda...
Ero andato a dare la buona notizia a mio padre. Mi elogia sempre quando
porto
bene a termine un compito a me assegnato... mi manca
già...»
«Deve essere stato terribile,
allora, trovarlo in quello stato...»
«Lei non s’immagina,
detective...» mormorò il giovane per risposta.
Megure decise di continuare ad
interrogare gli altri parenti e chiese alla signorina Isaki:
«Quando lo ha visto l’ultima
volta?»
«Ieri sera, ispettore.» rispose
Isaki, con ancora le guance umide «Lo conosco solamente da
qualche mese, in
realtà... Non sono originaria del Giappone, mio padre
è nativo di Tokio, ma si
è trasferito a New York da alcuni anni. Lì ha
incontrato mia madre, Margareth Amstrong,
e si sono sposati...»
«Lei è la figlia di Margareth
Amstrong?!» esclamò Kogoro, eccitato «Ma
è una delle mie attrici preferite!
Ecco, infatti ora se la osservo meglio noto una vera somiglianza con
sua
madre... oh, siete entrambe bellissime!»
Isaki arrossì completamente,
lusingata, mentre Kogoro continuava:
«Il mio film preferito di sua
madre è sicuramente “Io, lei e lui”...
oppure mi è piaciuto molto “Una rosa
rossa nella neve” o anche...»
Megure tossicchiò con
un’espressione di rimprovero e Kogoro tacque immediatamente,
ricomponendosi e
affermando con serietà:
«Continui pure, signorina.»
«Oh, sì...» riprese Isaki,
tornando triste «Mi trovavo qui a Tokio per le riprese di un
nuovo film di mia
madre, circa un anno fa... ed è così che ho
incontrato Huya Fouka. Ieri sera
abbiamo dato l’annuncio del nostro fidanzamento alla
famiglia... c’erano anche
i miei genitori qui a cena, ieri... eravamo così felici...
ed ero così
affezionata al signor Masashi... era un uomo
straordinario...» ricominciò
silenziosamente a piangere.
Megure si voltò verso Huya che,
seduto a fianco di Isaki sul divano, le cingeva dolcemente le spalle, e
gli
domandò:
«Mentre lei, signor Fouka, è il
nipote del signor Masashi, se non sbaglio... e... quando l’ha
visto l’ultima
volta?»
«Sono il figlio del fratello
della signora Masashi, ispettore.» spiegò il
giovane, con una bella voce «E...
ho visto mio zio per l’ultima volta ieri sera,
signore.»
«Uhm...» fece Megure, poi voltò
lo sguardo verso il signor Masashi, seduto sulla poltrona, domandando:
«E infine lei, signore...?»
«Sta mattina.» rispose
sbrigativo il signor Mashito «Al lavoro. Sono il suo socio...
ex socio.»
«Immagino che ora l’azienda
passerà in sua proprietà.»
notò Kogoro.
«In parte.» fu la risposta
dell’uomo.
«Spiegatemi una cosa, signori.»
riprese l’ispettore Megure «Il corpo è
stato ritrovato alle 17 e 20, e alle 17
e 30 noi della polizia siamo giunti qui. Avete detto che molti di voi
non
vedevano il signor Masashi, e che quindi non si trovavano qui in questa
casa,
da ieri o sta mattina... come mai, invece, vi trovo tutti qui,
ora?»
«Beh, io e mio figlio abitiamo
in questa casa.» rispose subito la signora Masashi.
«E infatti siamo stati gli
ultimi a vedere mio padre.» concluse Yuichi.
«Io e Isaki siamo arrivati alle
17.» disse Huya «Isaki voleva invitare la signora
Masashi ad andare a fare
shopping con lei e sua madre, visto che oggi è sabato ed
è una bella giornata.
Mentre io l’ho solamente accompagnata, poi sarei tornato a
casa mia.»
«Io sono giunto qui alle 16 e
45.» disse invece Mashito «Per sbaglio, Ikara,
questa mattina, aveva preso con
sé un fascicolo sbagliato. Me ne ero accorto dopo che se
n’era andato, perciò
ero qui per riconsegnarglielo. Ce l’ho ancora nella
borsa.»
«E non è andato nel suo
studio?» chiese Megure.
«No, sono rimasto fino le 17 e
20 qui nel salotto con Yuichi.» rispose Mashito, indicando
con il capo il
ragazzo.
«Sì, abbiamo discusso del
contratto che avevo appena firmato.» spiegò Yuichi
«Poi gli ho detto di
attendere, quando sono salito a chiamare mio padre...»
In quel momento qualcuno bussò
alla porta del salotto.
«La scientifica, ispettore.»
verificò un poliziotto vicino la porta.
«Arrivo.» annunciò Megure e
chiamò anche Kogoro.
Insieme si avviarono alla porta
e uscirono nel corridoio fuori, chiudendosela alle spalle.
Rientrarono poco dopo.
Sembravano entrambi pensierosi.
«Suvvia, non nascondeteci
nulla!» esclamò la signora Masashi
«Avete scoperto chi ha ucciso mio marito?»
«Purtroppo ancora no, signora.»
rispose l’ispettore «Ma la scientifica ha trovato
tracce di cianuro su diversi
oggetti... Innanzitutto sul dito medio del signor Masashi, che
è stato da poco
portato via dal coroner... Poi ci sono tracce del veleno anche sul
bicchiere,
il panino alle verdure e sulle pagine del libro che stava
leggendo.»
«Ora basterà solamente scoprire
chi è l’assassino...» intervenne Yuichi,
impaziente.
«Oh, problema risolto.»
Tutti i presenti si voltarono
verso Kogoro che, dritto e fiero, aveva incrociato le braccia ed
esibiva un
sorriso soddisfatto.
Anche qualcun altro, nella
sala, sorrise, con il volto semicoperto dal cappello. Ma il suo era un
sorriso
davvero divertito.
«Detective! Ha scoperto chi è
l’assassino?» chiese subito Isaki, sorpresa
«Così presto?»
«Eh, eh... già!» annuì Kogoro
con sicurezza «Nulla di più semplice.»
«Forza, Kogoro, non tenerci
sulle spine, allora.» lo incitò Megure, anche se
ancora un po’ dubbioso.
«Ebbene, signori...» esordì con
enfasi il detective «Il colpevole è...»
Il braccio di Kogoro iniziò ad
alzarsi lentamente, mentre il suo dito indice si estendeva.
Infine, con grinta, puntò il
dito verso la sua destra e dichiarò a gran voce:
«La domestica!»
«Come?!» strillò la giovane
cameriera, portandosi le mani alla bocca, mentre era puntata dal dito
del
detective e dallo sguardo di tutti.
«Com’è possibile?» fecero
Yuichi
e Isaki in contemporanea.
«Rebecca?» esclamò con sorpresa
la signora Masashi «Ma è una così brava
ragazza...»
«Magari all’apparenza,
signora!» continuò Kogoro con tono fiero, poi
tornò ad indicare la ragazza ed
esclamò:
«Confessi! Il panino che hai
portato al signor Masashi era avvelenato, non è
così?! Il signor Masashi ha
dato un bel morso al panino, poi, sentendosi come soffocare, ha bevuto
un sorso
d’acqua... e infine ha toccato le pagine del libro che aveva
aperto sulla
scrivania, prima di morire avvelenato! Confessi!»
«Ma... ma io...» balbettò la
domestica, sentendosi svenire.
Si alzò un gran brusio nella
sala.
«Sei certo di ciò che dici,
Kogoro?» domandò Megure, preoccupato.
«Ah, ah! Certo che sì!»
ribadì
il detective.
«Wow, Ran... tuo padre ha già
risolto il caso!» si stupì Kazuha.
Ran storse le labbra.
«Uhm... eppure mi sembra che ci
sia qualcosa che non va...» commentò.
«Suvvia, Ran.» la zittì Sonoko
scuotendo il capo «Il detective è tuo padre, non
tu!»
Kogoro continuò a ridere, soddisfatto
di aver risolto il caso.
Ma all’improvviso, tra tutto
quel vociare, si levò più alta una voce che, con
un tono leggermente
sarcastico, commentò:
«Davvero un’ottima teoria,
detective Mori...»
Tutti si zittirono, voltandosi
a guardare un giovane, con un cappello in testa, un giubbotto leggero,
un paio
di jeans e le mani in tasca, avanzare tranquillamente verso il centro
della
sala, concludendo:
«... Peccato sia errata.»
Kazuha, che non riusciva a
vedere molto bene, si chiese in un sussurro:
«Che sia Heiji?»
«Non riesco a vedere...»
confessò Sonoko, mentre Ran, come lei, cercava di sporgersi
un po’ di più per
guardare.
Kogoro si accigliò e sbottò:
«Ma davvero?! E chi sei tu per
dirlo, eh?»
Il giovane sorrise cordialmente
e si portò una mano al cappello.
«Strano non si ricordi di me,
detective.» commentò.
Ran riuscì finalmente a vedere.
Sgranò gli occhi dallo stupore.
Il ragazzo si tolse il berretto
e, continuando a sorridere, si presentò:
«Sono Shinichi Kudo.»
Rieccomi qui nella sezione "Detective Conan". ^^ Dopo la prima storia che avevo scritto su questo Anime/Manga, ne avevo iniziata subito una seconda che però non riuscivo mai a portare avanti... Ma ora la buona notizia: la storia l'ho appena conclusa. :D Mi manca solamente l'epilogo, ma ho pronti ben 10 capitoli. Spero che vi piaccia... ^^
Questo periodo sono un po' fissata con le "perdite di memoria" (ho scritto una storia simile in "Dragon Ball" e la sto pubblicando in questi giorni)... XD
Volevo avvertire che questo "omicidio iniziale" non c'entra nulla con tutta la vicenda. E' solo un modo per introdurre la storia, ovvero un'entrata in scena d'effetto per Shinichi. Perciò non preoccupatevi se non ci capirete molto con i nomi; non li dovrete "imparare"! XD In fondo sono nomi giapponesi, se sono un po' "difficili" non è certo per colpa mia. ^^' Comunque ora faccio uno schemino per spiegare meglio le varie parentele che ho descritto (magari vi siete persi qualche figlio o nipote... ^^'):
Il morto si chiama Ikara Masashi. Sua moglie verrà semplicemente chiamata "signora Masashi". Loro figlio è Yuichi Masashi di trent'anni. Il fratello dell'uomo morto si chiama Mashito Masashi, di sessant'anni. Il nipote della vittima (ovvero figlio del fratello della signora Masashi) è Huya Fouka, di vent'anni, fidanzato con Isaki, di diciotto anni, la ragazza bionda figlia dell'americana e di un giapponese.
La storia vera e propria inizierà dal prossimo capitolo. Spero comunque di non avervi annoiato in questo.
Auguro a chi mi seguirà... una buona lettura. ^^
Prossimo aggiornamento Mercoledì 15.