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Autore: Melomi 1925    17/10/2018    0 recensioni
Il destino a volte può essere cattivo, e con noi lo era stato. Eravamo separati, destinati alla lontananza, divisi in epoche diverse. Quel muro ci ha fatti incontrare, e se è successo è solo perché ci siamo sempre appartenuti. Nulla è come sembra, e le cose si capovolgono velocemente. Una sola decisione può cambiare le nostre vite, e forse quella decisione non spetta a me. "Adesso come faremo?" dissi sentendo un groppo in gola. Harry mi guardò negli occhi e poi mi accarezzò una guancia con la sua mano fredda, non voleva perdermi. "Troveremo un modo per stare insieme. Non ti lascerò andare per niente al mondo." Mi sorrise debolmente forse per rassicurarmi. Ammiravo la sua forza, anche se leggevo sul suo viso tutta la paura possibile. Era arrivato il momento di decidere, di combattere contro le epoche che ci dividevano.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caddi rotolando sul pavimento duro proteggendo con le braccia il mio viso. La polvere mi salì su per il naso facendomi tossire più volte. Respirai a fatica sentendo le orecchie fischiarmi e le ginocchia sbucciate. Con la spinta delle mani cercai di mettermi seduta, confusa e stralunata. La testa mi faceva male e la sentivo tremendamente pesante, quasi come se mi ci avessero poggiato sopra un masso. Mi stropicciai gli occhi annebbiati, e quando la vista ritornò ad essere nitida, mi guardai intorno frastornata. Montagne e montagne di libri ricoprivano gli enormi scaffali in legno che mi circondavano, e il profumo della carta mi riempiva le narici. Dedussi che molto probabilmente mi trovavo in una biblioteca, che non avevo mai visto prima d'allora, ma la cosa più sconvolgente era che ci fossi arrivata attraverso il muro della mia soffitta.

Strabuzzai gli occhi e mi alzai velocemente, dinanzi a me si stagliava lo stesso tramezzo che avevo a casa mia. Mi avvicinai piano e tastai più volte la parete, con la speranza che si riaprisse e mi riportasse indietro, ma non successe nulla. Cominciò a salirmi il panico, dovevo trovare al più presto la via verso casa, ma probabilmente quella non era la soluzione adatta. Vagai ancora e ancora con lo squadro da un punto al altro, per cercare qualcosa che mi fosse familiare o che al contrario mi avrebbe ricondotta nella mia stanza. Ma non trovai nulla, sentii solo un forte rumore, che mi fece drizzare la schiena. Così cominciai a camminare lungo quel'immenso corridoio costeggiato di scaffali e libri, ad ogni passo sentivo la paura salirmi su per la spina dorsale, accompagnata dal mio respiro pesante. Mi balenò in testa l'idea che forse molto probabilmente sarei rimasta bloccata in quel posto sconosciuto e non avrei rivisto più mamma e papà.

Chiusi gli occhi per un istante e quando finalmente vidi l'enorme portone laccato di nero spuntare dinanzi a me, ci poggiai sopra le mani con prepotenza e cercai con la forza di aprirne un'anta per permettermi di passare. Sgusciai con la testa fuori, che voltai a destra e sinistra, prima di metter piede sul marmo lucido che mi ritrovai sotto le scarpe. Ero riuscita ad oltrepassare la biblioteca, e adesso mi ritrovavo in un enorme corridoio illuminato da una luce intensa e piacevole che proveniva dalle grosse finestre disposte su di un lato di esso. Queste avevano dei vetri lucidi, ed arano serrate al esterno, erano abbellite da grosse tende di velluto rosso, che mi diedero una sensazione di candore e morbidezza. Lungo tutto il percorso poi, c'erano vasi stracolmi di ortensie blu, uno dei fiori preferiti di papà. Mi avvicinai e ne tirai fuori uno portandomelo al naso, profumava di buono e di casa, ma dovetti immediatamente rimetterlo al suo posto quando d'un tratto sentii dei passi rimbombare dietro la mia schiena. Il battito cardiaco cominciò ad accelerare, ed istintivamente mi nascosi dietro la tenda che si trovava dinanzi ad una delle finestre, mi tappai la bocca con le mani per evitare ogni minimo rumore.

Intravidi un uomo, molto probabilmente una guardia che indossava una divisa che avevo visto l'anno prima addosso ad alcuni miei compagni di classe, in occasione di Halloween. Aveva dei pantaloni neri a fasciargli le gambe, aggiustati ordinatamente in un paio di stivali lucidi, una giacca che gli si fermava sui fianchi abbellita con alcune decorazioni argentate sul davanti, due spalline pronunciate ed un simbolo blu al lato sinistro del petto. Portava in mano un cappello, e camminava con fierezza guardando dritto dinanzi a se. Trattenni il respiro e chiusi per un istante gli occhi, che riaprii solo quando l'uomo scomparve dietro ad un angolo. Misi una mano sul cuore, che stava battendo in maniera irregolare e dopo aver preso coraggio, decisi di uscire dal mio nascondiglio. Mi scostai una ciocca dal viso e mi alzai sulle punte, per sbirciare fuori da quella grande vetrata che mi separava dal'esterno, forse sarei riuscita a capire dove mi trovassi.

Non appena proiettai lo sguardo fuori, un'ampia distesa verde mi fece mancare il respiro. Questa si allargava oltre le mura del palazzo, fino ad arrivare in un punto dove la vista diventava pesante. Tre grandi fontane alternavano il loro gioco con spruzzi d'acqua ad intermittenza, c'era inoltre un sentiero costeggiato da fiori rossi, rosa e blu, che spiccavano in tutto quel verde. In vita mia non avevo mai visto niente di così bello, non avevo mai avuto a che fare con tutta quella perfezione. I miei occhi non sapevano dove poggiarsi, ne come immagazzinare tutto ciò che stessi guardando, ma d'improvviso qualcosa, o meglio qualcuno mi fece distrarre. Intravidi un ragazzo non molto lontano, che con fare gentile stava accarezzando la criniera di un cavallo, bianco come un fiocco di cotone. Era sorridente, sembrava spensierato. Con uno scatto si tolse il cappello mostrando dei capelli ricci raccolti in un codino. Aveva alti stivali neri e un completo da cavalcata. Curiosa aprii silenziosamente la finestra, mi sporsi per guardare meglio, ma fu proprio in quel preciso istante che voltandosi, gli occhi del ragazzo incrociarono i miei...

Xxx

Londra 1887

Quella mattina mi svegliai a causa dei fievoli raggi di sole che penetrarono dalle finestre della mia stanza. Rimasi per un po' nelle morbide lenzuola che la mia governante aveva cambiato il giorno antecedente, prima di mettermi seduto in mezzo al letto. Magda aveva già riposto ai piedi della mia branda gli abiti che avrei indossato quel giorno. Era un sabato di settembre, ed il calore della stagione appena passata si mescolava a quella fresca brezza autunnale che di lì a pochi mesi si sarebbe trasformata in un freddo inverno. Dopo aver rimuginato sui cambiamenti metereologici che avrebbero inciso sul'organizzazione della mia vita nei mesi a venire, decisi di alzarmi e di andare a rinfrescarmi nei miei bagni. Mi abbigliai di tutto punto, pettinai i capelli ricci che mi ricaddero ordinatamente sulle spalle e con una giravolta uscii dalla mia camera per raggiungere mio padre e mia madre nel grande salone del nostro palazzo, dove mi aspettavano per la colazione.

Varcai l'entrata di questo con le spalle dritte ed il petto al'infuori, così come mi era stato insegnato, mi avvicinai alla mamma e le baciai la mano, prima di voltarmi verso mio padre e salutarlo con un cenno. Il nostro rapporto non era affatto un granchè soprattutto dopo le ultime vicende che mi avevano visto protagonista.

'"Buongiorno mio dolce Harry" disse lei appena mi scorse. "Andrai a cavallo, questa mattina?" era seduta di fronte a me e stava sorseggiando il suo thé abituale.

Le sorrisi fievolmente e versai del latte nella mia tazza di porcellana, prima di decidere quale pezzo di torta mangiare per primo. Ero una personcina abbastanza golosa, che non si tirava mai indietro di fronte alle prelibatezze che il nostro cuoco di fiducia ci preparava giornalmente.

"Si madre, penso che prenderò Antares" risposi riferendomi ad uno dei miei cavalli preferiti.

Me lo avevano regalato quando ero solo un bambino, ed eravamo praticamente cresciuti in simbiosi. Lo adoravo e me ne prendevo costantemente cura, aveva un manto bianco come una nuvola ed un musino davvero dolce.

"Sta attento, oggi è particolarmente nervoso" intervenne mio padre con un tono di voce rassicurante.

Mi voltai verso di lui e dopo aver bevuto un sorso dalla tazza, la poggiai sul tavolo e mi alzai dal mio posto. Avevo bisogno d'aria e di uscire al più presto da quella stanza che era diventata troppo stretta.

"Non vi preoccupate, padre" mi allontanai a grandi passi e varcai l'uscita.

Percorsi il lungo corridoio che mi avrebbe portato alle stalle, ed una volta arrivatoci salutai il mio amato cavallo. Lo preparai per la cavalcata e ci salii in sella, dopo aver fatto un paio di giri, per le colline che contornavano il palazzo, decisi di fermarmi e dar da bere ad Antares. Scesi con poca grazia, tanto che i miei stivali a contatto col suolo fecero rumore, mi tolsi il cappello ed una fresca brezza mi smosse i ricci. Accarezzai la sua criniera e sorrisi fiero del mio stallone, quando però mi voltai, vidi una folta chioma bionda svolazzare da una delle finestre del primo piano. Rimasi immobile ed incantato allo stesso tempo, quando i suoi occhi incrociarono i miei.

   
 
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