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Autore: Principe Ignoto    21/10/2018    3 recensioni
Berlino, 17 agosto 1987: nel silenzio e nel mistero che ha accompagnato parte della sua vita, si conclude la parabola di uno dei personaggi più controversi del Terzo Reich.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopoguerra
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L’ULTIMO PRIGIONIERO
 
Lo avevano trovato, quella mattina, nel cortile del carcere.
«Com’è successo?» domandò una giovane sentinella.
«Bah, che vuoi che ti dica.» rispose l’altra guardia, un uomo più anziano di lui «Era andato lì, quel disgraziato, chissà per che cosa, e non si è visto più tornare. Hanno mandato un paio di guardie per vedere cosa stesse combinando e, come si dice, hanno fatto la macabra scoperta.»
«Suicidio?»
«Così dicono. Impiccato con alcuni cavi elettrici. Non sei convinto?»
«Non molto. Gorbaciov aveva parlato di dargli i domiciliari o di metterlo in un carcere più comodo. Perché ammazzarsi?»
«Al diavolo Gorbaciov. Sai di che razza di persona stiamo parlando?»
Il tono della guardia più anziana si era fatto decisamente più serio e secco.
«Sono qui da poco tempo, non lo conoscevo abbastanza. So che era un nazista.»
L’anziano sospirò: «Non era un nazista qualunque. Quell’uomo sarebbe anche potuto essere il successore di Hitler. Se quel figlio di puttana, invece di spararsi alla fine della guerra, si fosse ammazzato prima, lui sarebbe potuto persino essere il nuovo Führer.»
«Capisco.»
«Ti dico di più. Venne pure retrocesso.»
«Perché?»
La guardia fece roteare l’indice vicino alla tempia, come per dire “era pazzo”. Poi disse alla sentinella: «Senti, visto che ci sei, portami un caffè, ché sto sveglio dalle quattro.»
 
La giovane sentinella passò per il cortile, lo stesso dove avevano trovato il cadavere del prigioniero. Forse la guardia aveva ragione, doveva essere un po’ pazzo quell’uomo. Era da pochi mesi in quel carcere. Anni prima, erano sette i detenuti. Sei erano stati rilasciati ed erano morti anzitempo.
Era rimasto solo uno, dentro quella prigione.
Alla sentinella non piaceva quel luogo. Era un posto grande, immenso, ma desolato. C’erano lunghi corridoio dove poteva contare lo stesso numero di passi che faceva ogni giorno, numerose celle vuote che costeggiavano il suo cammino e un cupo silenzio mortifero che aleggiava ovunque. Le chiacchiere delle sentinelle in pausa gli giungevano rarefatte, i fumi delle loro sigarette erano nuvole distanti ed indifferenti. Ogni secondo scivolava a rallentatore, ogni istante si congelava in ore interminabili. Quaranta soldati e dieci guardie carcerarie presidiavano quel luogo. Per controllare un solo prigioniero.
Quando la noia lo vinceva definitivamente, la sentinella passava il tempo a guardare gli spostamenti del prigioniero nel carcere. Da anni avevano deciso di lasciarlo circolare liberamente per tutto il carcere, invece di tenerlo confinato nella sua cella, com’era successo con i precedenti detenuti. Numerose volte era per andare dal medico militare, lamentando di dolori che, forse, non aveva. Chissà, era solo la vecchiaia che ingigantiva anche i dolori più piccoli, pensò la sentinella. Poi, si lasciava andare a lunghe passeggiate, specialmente per il cortile. A volte, sembrava che stesse parlando da solo, ma non poté mai accertarlo con sicurezza. E, quando i loro sguardi s’incrociavano, la sentinella rimaneva impietrito. Non era paura, aveva avuto a che fare, in passato, con altri criminali, aveva dovuto sopportate a lungo i loro sguardi sprezzanti. Era semplicemente curioso. Quello sguardo, annerito dalle sopracciglia foltissime e velato dall’età, aveva un oscuro alone di follia. Non erano gli occhi di un semplice criminale. Doveva essere realmente pazzo, come aveva detto il suo superiore. O, forse, dietro a quello sguardo, celava altro. Come se nascondesse qualcosa di ben più oscuro dentro la sua anima, mascherandola con una lucida follia.
 
Una volta, gli era stata raccontata una strana storia sul conto del prigioniero. Durante la guerra, senza una ragione apparente, era salito su un aereo, mettendosi in volo verso il Regno Unito. Sembrava strano che il possibile successore di Hitler in persona avesse deciso di mettersi alla guida di un velivolo militare, esponendosi facilmente ai colpi nemici. Ma la cosa più strana fu la scoperta che non volle compiere un’azione bellica. Semplicemente si paracadutò in Scozia, riuscendo a superare la contraerea inglese, e finì subito arrestato. Ai militari che lo interrogarono disse che voleva trattare una pace separata con Churchill. Lui, da solo, senza neppure un’autorizzazione? Comunque sia, alla fine Hitler, alla radio, definì il suo ex successore un imbecille, togliendogli tutte le cariche. Lui rimase prigioniero per tutta la durata della guerra, gli Alleati gli diedero un ergastolo a vita e il resto la sentinella lo poté immaginare.
 
Un’autoambulanza a sirene spente entrò nel cortile e portò via il cadavere del prigioniero. La sentinella fece appena in tempo a vedere il corpo fasciato da cima a piedi sulla barella, mentre stava tornando al suo posto, a portare il caffè.
Non avrebbe mai più rivisto quello sguardo stralunato, inquieto anche nei momenti di tranquillità.
Lo sguardo smarrito di chi provava a nascondere qualcosa dentro di sé.
La sentinella scosse la testa, come per scacciare un pensiero molesto e riprese il suo cammino, mentre i portelloni della vetture si richiusero.
 
«Hai presente i canarini?» domandò la guardia anziana, mentre avvicinò alle labbra il bicchierino di caffè.
«Sì.» rispose la sentinella «Perché?»
La guardia trattenne a stento un’espressione di disgusto, dopo aver ingerito il primo sorso: «Qui lo fanno sempre con i piedi questa porcheria. Comunque, ti dicevo, non so se hai mai visto come si comportano i canarini in gabbia. Tu li tieni li dentro per anni, dandogli il solito mangime, cambiandogli la vaschetta d’acqua e togliendogli la loro merda. Poi, dopo tutto questo tempo gli apri la gabbietta e sai che fanno? Non se ne vanno.»
«Perché hanno paura del mondo esterno.» soggiunse la sentinella.
L’altro concluse il caffè: «Esatto. Chissà, anche il nostro prigioniero avrà voluto fare la stessa cosa. Qualche potente, fuori, gli promette, dopo quarant’anni di carcere, un trattamento migliore, prendi ad esempio i domiciliari. Forse avrà avuto paura di cosa lo aspettasse fuori e ha pensato di togliersi da mezzo.»
«Una buona ipotesi.»
«O forse una stronzata. Magari gli acciacchi della vecchiaia si erano fatti insopportabili e avrà voluto porre fine a tutto questo, che ne so. Divago un po’ troppo.»
«Posso immaginare. Quando per giornate intere non si fa nulla, se non guardare una sola persona gironzolare per queste mura, ci si annoia facilmente e si prova a spaziare un po’ con la mente. In fondo, anche noi siamo un po’ prigionieri di questo posto.»
«Pensiero carino. Piuttosto, invece di spaziare troppo, mi potresti fare un’altra cortesia? Portami un giornale, se non ti dispiace.»
 
La sentinella riattraversò il cortile. L’autoambulanza se n’era appena andata, eppure le guardie ancora non avevano chiuso il cancello.
Da fuori, spirò un venticello fresco, tiepido appena.
Una bambina camminava sulla strada, tenendo per mano il fratellino più piccolo. Parlottavano fra di loro, a bassa voce, quasi temendo di farsi udire.
Chissà cosa si stessero dicendo.
La sentinella rimase per un po’ ad osservare quello sprazzo di vita che scorreva fuori, assieme ai bambini, con rapidi e fugaci passi. Poi, si allontanò e si diresse alla guardiola più vicina, per prendere il giornale.
 
Rudolf Hess, segretario di Adolf Hitler, numero tre del NSDAP (Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi) e secondo erede designato del Führer dopo Hermann Göring, fu processato a Norimberga nel 1946, dopo la sua cattura in Scozia avvenuta cinque anni prima, e condannato all’ergastolo a vita.
Fu detenuto, dal 1947, nel carcere interalleato di Spandau, a Berlino, assieme ad altri gerarchi nazisti condannati a varie pene detentive: gli ex ministri Walter Funk, Albert Speer, Baldur von Schirach e Konstantin von Neurath e gli ammiragli Erich Raeder e Karl Dönitz.
Dal 1966, Hess rimase l’unico detenuto di Spandau.
Venne ritrovato impiccato il 17 agosto 1987, all’età di novantatre anni. Il carcere, lo stesso anno, venne abbattuto per evitare che potesse diventare un “santuario” per i neonazisti.
Le reali ragioni dietro il suo volo in Scozia e le circostanze della sua morte non sono mai stati del tutto chiariti.
Fatti e personaggi di questa storia, pur partendo da vicende reali, sono in gran parte frutto della mia fantasia e questo racconto non ha alcuna pretesa di essere una ricostruzione veritiera di quanto è effettivamente accaduto. Spero che il lettore specialista possa perdonare gli eventuali errori storici ivi compiuti.
   
 
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