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Autore: Mala Mela    13/07/2009    5 recensioni
[SasuSaku]
Raggiungendo la sua meta, Sakura aveva distintamente avvertito una fitta al petto. Da medico qualificato qual’era aveva escluso ogni tipo di malattia, dalla più comune alla più rara, rimanendo infine senza risposta.
Perchè faceva così male?
Era come se le mancasse qualcosa dentro, oltre la cassa toracica, esattamente dove avrebbe dovuto esserci il cuore. Passando di fronte alle vetrine dei negozi, aveva cercato di evitare il proprio riflesso, timorosa di scoprire che –effettivamente- qualcosa non c’era.
Ma allora, come poteva quel niente, quello che al momento non aveva –non più, almeno-, farle male come se fosse stato un tutto?
Forse quella voragine era Sasuke, perchè il vuoto che aveva lasciato andandosene aveva causato più sofferenza di quella che avrebbero ottenuto se fosse rimasto.
Era quello, allora. Era lui e, dentro Sakura, non era mai tornato.
[Dedicata a Tya e a i suoi 19 anni <3]
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Tya/Ele.

Perchè è una grande fic-writer (ora in tutti i sensi!) e un’autrice che amo e ammiro dal profondo del mio nero cuoricino, perchè è la donna dei paragoni calzanti e del SasuSaku, di “Hail to the geek”, del SuiKa e di molte altre cose eccezionali.

Perchè c’è sempre quando ho bisogno di lei, quando sono in piena crisi da “oddio-chi-me-l’ha-fatto-fare-di-andare-in-spagna-rivoglio-la-mia-casina!”, quando voglio leggere e commentare fan fiction in diretta, quando voglio condividere con qualcuno una canzone che mi ossessiona da giorni, quando voglio discutere anche seriamente di quello che accade.

Perchè le voglio bene, anche se mi ha bidonata il secondo giorno di Lucca, e questo non glielo perdonerò mai.

Buon Compleanno <3

 

 

 

 

~a ghost in daylight

 

“Sasuke?”.

Nel pronunciare il suo nome, Sakura assaporò lentamente ogni lettera. Nonostante scendesse in gola come veleno ed il suo sapore acre le facesse lacrimare gli occhi, continuava a ripeterlo, imperterrita.

“...Sasuke”.

Si rigirò in bocca quella parola tanto uguale al sibilo di un serpente, incurante delle conseguenze. Fece risuonare tutte le esse, lasciando che il fiato le uscisse dai polmoni, per poi tornare ad inspirare.

Ma nemmeno al secondo richiamo l’interpellato aveva risposto.

Sakura si ritrovò a rabbrividire, avvolta dalla gelida penombra della stanza; se n’era accorta fin dal primo istante che aveva messo piede nel quartiere degli Uchiha: le tenebre la stavano inghiottendo.

Quando solo poche ore prima l’avevano avvertita di una chiamata da parte di Sasuke Uchiha, Sakura aveva scosso la testa pensando che si trattasse di uno scherzo. Da quanto era tornato a Konoha, volente o nolente, solo Naruto -e per solo una manciata di minuti- era riuscito ad avere una conversazione di senso compiuto con l’ultimo erede dell’antica casata. Successivamente Sasuke si era chiuso in un mutismo esasperato, rifiutandosi di mettere piede oltre la soglia della propria casa e vedere anima viva. Lei stessa aveva provato ad avere contatti con il suddetto, ma inutilmente; dopo i primi due mesi di tentativi fallimentali, anche Sakura aveva rinunciato.

E ora era lui, in carne ed ossa, a richiedere una visita da parte sua. Voleva lei, l’aveva detto espressamente.

Raggiungendo la sua meta, Sakura aveva distintamente avvertito una fitta al petto. Da medico qualificato qual’era aveva escluso ogni tipo di malattia, dalla più comune alla più rara, rimanendo infine senza risposta.

Perchè faceva così male?

Era come se le mancasse qualcosa dentro, oltre la cassa toracica, esattamente dove avrebbe dovuto esserci il cuore. Passando di fronte alle vetrine dei negozi, aveva cercato di evitare il proprio riflesso, timorosa di scoprire che –effettivamente- qualcosa non c’era.

Ma allora, come poteva quel niente, quello che al momento non aveva –non più, almeno-, farle male come se fosse stato un tutto?

Forse quella voragine era Sasuke, perchè il vuoto che aveva lasciato andandosene aveva causato più sofferenza di quella che avrebbero ottenuto se fosse rimasto.

Era quello, allora. Era lui e, dentro Sakura, non era mai tornato.

Aveva continuato a camminare, incurante di ciò; Sasuke aveva richiesto una visita, nulla più, si era ripetuta.

Ma ora che sedeva muto al tavolo della cucina, Sakura non ne era più tanto sicura. Gli occhi cerchiati da profonde occhiaie risaltavano sul volto pallido, mentre i capelli che gli ricadevano sulla fronte in ciuffi scomposti rendevano la sua figura ancora più spettrale.

E, soprattutto, non sembrava intenzionato a rivolgerle la parola.

“Sasuke” ripetè per la terza volta, sentendosi gelare il sangue.

Quando lo sguardo vacuo di Sasuke –finalmente- si posò su di lei, Sakura ne ebbe la certezza: qualcosa di era rotto, e non solo dentro di lei. Nonostante fosse certa che lui non potesse mettere a fuoco i dettagli, abbassò gli occhi, fissando il tavolo.

Le mani del ragazzo, sciupate come ogni altra parte del suo corpo, erano compostamente appoggiate sul ripiano in legno, una sopra l’altra. Non fu tanto la loro magrezza scheletrica a colpire Sakura, quanto le sue unghie: scure, quasi livide, alcune spezzate e altre completamente mangiate.

Cosa stava accadendo?

“Sa...”.

“Ti ho sentito” le rispose laconico, senza cambiare espressione.

Inspiegabilmente Sakura sentì il bisogno di voltarsi e correre, correre fino a quando il quartiere Uchiha non fosse stato che un punto all’orizzonte, ma subito se ne vergognò.

“In... in ambulatorio mi hanno detto che hai telefonato” disse allora, cercando di ignorare il tremore e la gola secca. “C’è qualcosa che non va? È tutto a posto?”.

“Tu credi che sia tutto a posto?” le chiese con voce bassissima.

“No, non... no” mormorò spiazzata.

Dopo quella strana domanda si sentì autorizzata ad avanzare fino a raggiungere il tavolo. Tatami vecchi di anni scricchiolarono sotto i suoi passi, mettendola ulteriormente a disagio: quella che doveva essere una semplice visita a domicilio si stava rivelando un incontro pericolosamente surreale. 

“Siediti” aggiunse perentorio, almeno quanto poteva esserlo il fantasma che era diventato.

Sakura ubbidì, prendendo posto di fronte a lui. Era quasi certa che a quella distanza lui potesse vederla chiaramente.

Avrebbe notato il suo sguardo intimorito, l’espressione sconvolta, il petto che si alzava e abbassava a ritmo frenetico? Sì pentì di non essere rimasta dov’era, ferma sulla soglia.

Quel Sasuke le faceva ben più paura di quando lo aveva visto combattere contro Kyuubi.

“Perchè non mi hai risposto, prima?”.

Lui scrollò le spalle, evidenziando l’eccessiva magrezza.

“Così, non mi andava”.

Quella risposta parve rassicurarla ed irritarla al tempo stesso. Era insulsa, campata in aria come un capriccio infantile, ma aveva un suono familiare. Forse perchè quelle parole contenevano non solo l’ombra che il ragazzo era diventato, ma anche il vecchio Sasuke.

“Che risposta stupida” sputò Sakura, come per sublimare tutta l’angoscia e la tensione di quel momento.

Sasuke sollevò impercettibilmente le sopracciglia, quasi divertito.

“...Come?”.

“Ho detto che è una risposta stupida” scandì lei con calma, piacevolmente incredula davanti alle sue stesse parole. “Ma quello che vorrei sapere è perchè mi hai chiamata”.

“C’è qualcosa che non va, l’hai detto tu stessa” rispose Sasuke, monocorde come sempre.

“Oppure ti stai semplicemente annoiando?”.

“Non escludo nessuna opzione”.

Un timido sorriso cominciò a farsi spazio sulla bocca di Sakura, ingrandendosi man mano. Infine, quando le sue labbra furono completamente incurvate, la ragazza scoppiò in una risata cristallina ma indecifrabile.

Sasuke sbattè le palpebre più volte, sua unica espressione di perplessità.

“Ho capito!” esclamò Sakura tra le risa. “Come ho potuto non arrivarci prima?”.

Con una mano asciugò le lacrime che le erano colate lungo le guance, poi si fermò un attimo per riprendere fiato.

“Tu non hai nulla che non va, Sasuke” aggiunse con foga. “O meglio, hai qualcosa, ma è un problema soltanto tuo. Vuoi sapere perchè hai telefonato all’ospedale? Perche non vuoi essere solo, anche tu hai bisogno di qualcuno... nel tuo modo malato, ovvio. Qualcuno che stia qui e ti guardi mentre cerci di autodistruggerti, altrimenti dove starebbe il divertimento?”.

Il ragazzo scosse leggermente la testa, cercando di negare quelle parole senza risultare abbastanza convincente.

Sakura si alzò si scatto, facendo cadere la propria sedia e battendo i palmi delle mani sul tavolo consumato.

“Allora, Sasuke?” gli chiese duramente. “Ho ragione?”.

“Mh... sei completamente fuori strada, come al solito”  le rispose semplicemente lui.

“No, io non credo” mormorò livida, voltandogli le spalle. “E comunque tornerò anche domani”.

“Cosa?”.

 “Tornerò domani”.

“No”.

“Non mi importa, Sasuke. Ho detto che tornerò”.

“...Perchè?”.

“Per vedere la tua distruzione e provare a me stessa che non cercherò di fermarti”.

 

   
 
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