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Autore: Kotku    23/10/2018    1 recensioni
Lo rivede in un giorno di pioggia, neanche fosse il remake venuto male di The Notebook. La pioggia batte sull'ombrello, e la sua farsa si sfalda insieme al suo mascara. Ma è una bella vita, Instagram lo giura.
Dal testo:
(...) E Nina lo odia, e odia sé stessa per continuare a sperare che la situazione cambi, che lui venga a chiederle scusa e che tutto ritorni com’era una volta. Si sente stupida, perché non importa quanti anni possano passare, quanto rancore possa portarsi nel petto e quante canzoni piene di rabbia possa scrivere, lei continuerà ad aspettarsi un cambiamento, un sorriso, un messaggio, un cenno.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Accade in mezzo alla strada in un giorno come tanti, il cielo nuvoloso e una pioggia fina che batte sui tettucci delle macchine che passano, i tergicristalli che vanno su e giù e i clacson che suonano perché quello stronzo non ha messo la freccia.
Accade quando Nina sta tornando da scuola, il dizionario di latino che di solito è più pesante ad ogni passo oggi leggero, perché la verifica è andata così bene che il nove a fine anno è praticamente assicurato. Ha l’ombrello verde nella mano sinistra inclinato all’indietro, e la con la mano destra cerca simultaneamente di gesticolare, reggere il telefono e tenerlo abbastanza vicino alla bocca in modo che la nota vocale che sta registrando da circa un minuto e mezzo possa essere sentita in modo chiaro dal destinatario.
Nina ama i messaggi vocali, un po’ perché a scrivere i messaggi è impedita e le sembrano freddi, e un po’ perché parlare a vanvera è una delle sue cose preferite, insieme al suono della sua voce.
Poco le importa che la gente la guardi male mentre sembra parlare da sola – insomma, tutti sanno cosa sta facendo, siamo nel 2018 e quasi tutti hanno uno smartphone e mandano note vocali a caso.
Nina non si cura dell’uomo con il cane che cammina verso di lei e le scocca un’occhiata divertita, e neanche dei due ragazzi che la superano parlottando, liberarsi il cuore dall’ansia e dall’adrenalina parlando nel microfono e sperando che Marcello sia online è più importante.
Poi d’un tratto non parla più, il pollice rimane premuto sull’icona in basso a destra a registrare solo la pioggerellina che si infrange sull’ombrello.
Il suo sguardo è fisso in avanti, due figure si separano, una continua dritta e l’altra svolta a destra.
E Nina trattiene il fiato perché, per quanto possa sembrare una pazzia, riconoscerebbe quell’incedere ovunque, l’ha visto così tante volte accanto a sé che è familiare quanto la porta di casa o i poster nella sua stanza.
Non riesce a capire se il cuore le si sta fermando o sta battendo all’impazzata, ma quando la figura si gira e cammina nella sua direzione, Nina vuole solo scappare. Scappare, o rimanere lì inchiodata, magari anche con un segno luminoso sulla testa, tipo quelli che si vedono a natale sulle vetrine dei negozi, per segnalare la sua presenza.
Nina lo odia, odia non sapere cosa fare. Stacca il pollice dal telefono e lo poggia di nuovo pochi istanti dopo, e senza staccare gli occhi da davanti a sé comincia a parlare di nuovo, parla del bigliettino che Elisa aveva cercato di passarle per farsi tradurre l’ultima riga, parla del fatto che alle tre ha palestra e non può assolutamente fare tardi, parla e cammina e guarda dritto, e cerca di essere più naturale possibile mentre alza il mento con fare quasi altezzoso, come vede di solito fare le ragazze del quinto che scoppiano di sicurezza.
Si impone di guardare dritto durante il restante minuto di tragitto, e il suo sguardo rimane fiero e in avanti quando avviene la collisione. Ecco, è fatta.
Continua a mandare il suo audio mentre gesticola, cambiando totalmente l’argomento perché Marcello, porca puttana, tu non hai idea di chi mi è appena passato accanto, e può finalmente lasciare che il suo respiro si mostri affannoso come in effetti è, lascia che la mano con l’ombrello tremi quanto vuole e che il suo cuore decida di smettere di battere o di ricominciare.
È stata brava, totalmente indifferente e concentrata su quello che stava facendo, almeno all’apparenza insomma, l’incedere disinvolto e la voce squillante.
Nina si complimenta con sé stessa, infondo un anno prima non sarebbe mai riuscita a fare una cosa del genere, e mette il telefono in tasca, mentre intravede all’incrocio con la strada successiva il suo palazzo.
È lì che la sua testa comincia a fare quello che sa fare meglio, ovvero analizzare una qualsiasi situazione nei minimi dettagli ed arrivare a spiegazioni del tutto inverosimili per l’accaduta di avvenimenti vari che in qualche modo sembrano però credibili.
Nina sa che non è cambiato, perché è convinta che le persone non cambino. Poco importa che i capelli non siano più del colore che lei si ricordava e con un taglio molto meno emo, o che la voce risulti arrochita dal fumo e i vestiti siano un’accozzaglia strana di stili che sembrano non c’entrare nulla l’uno con l’altro, Nico è sempre il solito Nico, e ciò significa che il suo modo di ragionare, così simile a quello di Nina da spaventarla a volte, è rimasto uguale.
L’ha riconosciuta, Nina lo sa.
Non stava prestando attenzione quando le è passato accanto per la prima volta contando che la sua visuale era parzialmente coperta dallo stupido ombrello, ma sa che lui ha riconosciuto la sua voce, perché quella di Nina non è cambiata per niente.
L’ha riconosciuta e ha voluto controllare che fosse veramente lei.
Nina alza un angolo della bocca, non sa se quella specie di ghigno che viene fuori sta a significare amarezza o divertimento, probabilmente è qualcosa a metà.
Voleva vedere il suo viso per esserne sicuro, aveva lasciato che il suo amico andasse avanti e aveva fatto la strada a ritroso, e lei era lì che gesticolava e camminava, il ritratto perfetto della studentessa sollevata dalla fine del mese di maggio.
Nina non apre il cancello del palazzo, e aspetta sulla strada. Tira fuori di nuovo il telefono per scrivere un breve messaggio a Scilla e poi aspetta mettendosi le cuffie, Gerard Way dei My Chemical Romance che le strilla nelle orecchie mentre i suoi occhi sono rivolti all’incrocio da dove è arrivata poco prima, in cerca di un viso familiare.
Sa dove abita Nico perché con lui ci ha passato fin troppo tempo, sa che è un isolato dopo dove vive lei e che, se il cambio repentino di direzione di qualche minuto prima era una scusa come lei pensava, sarebbe passato di lì per tornare a casa.
È arrivata al bridge della canzone quando la testa semi rasata di Nico fa capolino da dietro una macchina, e questa volta Nina sorride davvero, perché è contenta di prenderci ancora quando si tratta di prevedere le sue azioni.
La pioggia fina continua a cadere e lui è senza ombrello, lei ha quello verde sopra la testa e sta ferma, aspetta.
Lo sa che non si parleranno, lo sa che lui le passerà accanto con la stessa disinvoltura che lei ha avuto prima, con la sola differenza che la sua non è apparente.
Tutto finisce di nuovo, lui la sorpassa, lei aspetta qualche secondo e si avvia verso casa, litigando con il portone con la serratura nuova che per qualche strano motivo le sue chiavi non vogliono proprio aprire.
La mente di Nina turbina di pensieri e lei vuole urlare, perché passata l’adrenalina del momento vede le cose con chiarezza e senza la nebbia che sembra circondare i suoi neuroni tutte le volte che c’è lui di mezzo.
E Nina lo odia, e odia sé stessa per continuare a sperare che la situazione cambi, che lui venga a chiederle scusa e che tutto ritorni com’era una volta. Si sente stupida, perché non importa quanti anni possano passare, quanto rancore possa portarsi nel petto e quante canzoni piene di rabbia possa scrivere, lei continuerà ad aspettarsi un cambiamento, un sorriso, un messaggio, un cenno.
Nina lo sa che non dovrebbe, e lo sa che non è sano, ma lei ci spera ancora, perché poco le importa che a Nico non freghi più nulla, lei vuole fargli sapere che è tutta una farsa quella che ha messo su, che come lui si calmava con il fumo lei si calmava con le dita in gola, e che ora non ce la fa più e vuole solo mangiare e mangiare, e ingrassa, e vuole degli amici con cui parlarne ma non ne ha, perché non può chiamare nessuna delle 542 inutili persone che la seguono su Instagram. Ma questo Nico non può saperlo, come non può sapere che lei ha cancellato il suo numero dalla rubrica e si maledice per averlo fatto.
Ora Nina è sul letto, ha le cuffie alle orecchie e gli occhi chiusi, e canta sottovoce i My Chemical Romance.
Pensa al compito di latino, all’audio a Marcello, alla palestra alle tre e al pranzo che vorrebbe non mangiare come faceva mesi fa, e che adesso fa troppo abbondante, pensa allo studio che ha da fare.
Pensa a quanto sia stupido rimanere aggrappati all’immagine di qualcuno che non si conosce più, e a quanto sia malato volerlo cercare malgrado sia cominciato da lui tutto quel male.
Respira a fondo una, due, tre volte, si stropiccia gli occhi, si alza dal letto.
Apre Instagram e manda a Scilla una foto mentre cucina. Non piove più. Va tutto bene.
   
 
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