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Autore: evil 65    24/10/2018    10 recensioni
[Halloween]
Sono qui che busso alla tua finestra. Che ti cerco, ombra mia. Che ti imploro di uscire a giocare con me.
Verrai? Vuoi giocare con me come ai vecchi tempi?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ho scritto questa storia in occasione dell’uscita del nuovo Halloween, che avverrà domani.
Protagonisti di questo racconto sono il villain della saga, il serial killer Michael Myers, e la sua eterna nemesi, Laurie Strode.
Come stabilito dalla time-line della nuova pellicola, che si ricollega direttamente al primo film del 1978, Michael e Laurie non sono fratello e sorella.
Parte degli eventi raccontati in questa storia ripercorre quelli avvenuti nel primo Halloween, prendendo in seguito una strada completamente diversa e da me personalmente ideata.
Il tutto sarà narrato dal punto di vista dei personaggi stessi.
Vi auguro una buona lettura, e spero davvero che lascerete una recensione.
 

 
I’m your Boogeyman
 
“L'ho incontrato quindici anni fa, era come svuotato. Non capiva, non aveva coscienza, non sentiva, anche nel senso più rudimentale, né gioia, né dolore, né male, né bene, né caldo, né freddo. Spaventoso. Un ragazzo di sei anni con una faccia atona, bianca, completamente spenta. E gli occhi neri... gli occhi del Diavolo. Per otto anni ho tentato di riportarlo a noi, ma poi per altri sette l'ho tenuto chiuso, nascosto, perché mi sono reso conto con orrore che dietro quegli occhi viveva e cresceva... il male.”
( Dottor Samuel Loomis – Halloween )

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29 Ottobre - Michael Myers

Adoro Halloween.
Secondo la tradizione popolare, è l'unico giorno dell'anno in cui un'anima del purgatorio può essere liberata: se prega a sufficienza finalmente può accedere al paradiso. 
Ma per me ha un significato diverso. È il giorno in cui ci si ricorda che viviamo in un piccolo angolo di luce circondati dall'oscurità di ciò che non conosciamo. Un piccolo giro al di fuori della percezione abituata a vedere solo un certo percorso, una piccola occhiata verso quell'oscurità.
E quando ciò accade, viene inevitabile il porsi domande sul motivo della propria esistenza.
In fondo, tutti noi desideriamo che la vita abbia un significato, un significato che cerchiamo più intensamente man mano che invecchiamo. Ma se le nostre vite non avessero un significato... cosa potremmo lasciare alle persone che popolano questa Terra ? Quale sarebbe la nostra eredità?
Ricordo un serial killer, Ed Gein : voleva lasciare al mondo lo schifo che la sua vita era diventata. Cosa lasceró io? Non penso di essermelo mai chiesto, prima di stasera.
Mi chiamo Michael, Michael Myers.
Non so cosa mi abbia fatto diventare ciò che sono ma, qualunque cosa sia stata, mi ha lasciato un vuoto dentro.
Le persone fingono molto. Io, quando ero bambino, fingevo quasi tutto e fingevo molto bene. È questo mi pesava tanto.
Non biasimo i miei genitori, Harry e Deborah Myers, hanno fatto un lavoro eccezionale crescendomi, ma ora sono morti tutti e due. Oh, non li ho uccisi io, badate bene.
Il mio passeggero oscuro è con me da così tanto che non ricordo di non averlo avuto, come qualcuno cresciuto col piede equino... o con balbuzie o con l'occhio pigro. È semplicemente un disturbo che ho accettato come parte di ciò che sono. 
Nel caso non lo aveste ancora capito, sono quello che la società moderna definisce uno "psicopatico".
Ci sono un milione di cose che vi rendono diverso da me. Forse anche di più. O questo è ciò che vi piacerebbe pensare. O sperare. O implorare. Ma non è vero.
Perché, di base, ci sono cinque emozioni umane che noi tutti condividiamo. Solo cinque. E la differenza sta nel modo in cui reagiamo a ciascuna di esse. Cinque emozioni umane di base.
La prima? La prima è la gioia. La piacevole emozione che accompagna l'aspettativa, l'acquisizione, o il possesso di qualcosa di desiderabile.
La seconda? La seconda è l'ira. L'ira, specialmente se improvvisa e mirata... Può trasformarti in qualcuno che non sapevi neanche di essere. L'ira può logorarti dall'interno... fino a lasciarti paralizzato. Oppure può renderti più forte.
La terza? La terza è il dolore. Il dolore, che a volte sembra molto simile alla paura. Il dolore che si dice non arrivi mai da solo... ma a battaglioni. Questo dimostra soltanto che Shakespeare non ha mai incontrato uno come me.
La quarta? La quarta è la paura. Che genera crudeltà. Rafforzata dal timore della punizione. Non ne ho mai provata molta. Non negli ultimi 30 anni, almeno.
La quinta? La quinta è la più umana di tutte. La quinta è la vendetta.
Ed è anche la ragione per cui sono attualmente bloccato nella cella di un istituto psichiatrico di massima sicurezza.
Oh, non preoccupatevi, non è una situazione così grave come sembra.
L'isolamento mi aiuta. Mi permette di elaborare il piano, di individuare i punti deboli. E magari di cambiarlo. E poi di cambiarlo ancora. Fino a quando non mi convinco che è perfetto. E lo è. Deve esserlo. Perché questa volta... la ucciderò.
Chi ?, vi starete chiedendo.
Per vostra informazione, si chiama Laurie e ha i capelli color grano, come quelli di mia sorella. Forse è proprio a causa di questo che provai un irrefrenabile voglia di ucciderla, la prima volta che posai gli occhi su di lei. All’epoca, eravamo separati solo dal cardine di una vecchia casa abbandonata.
Quella sera stessa, per poco non riuscii a infilare un coltello tra le sue scapole. Sfortunatamente riuscì a sfuggirmi, e in cambio ricevetti sette colpi di pistola in pieno petto. La cosa non m’impedì di ritentare circa cinque dopo, animato da un forte desiderio di rivincita.
Fallii anche quella volta e me la cavai con un ascia piantata nello sterno. Non il mio momento più eclatante, questo è poco ma sicuro.
Sapete…c'è un cartone animato, in America, che parla di un coyote che da la caccia a un roadrunner. Continua a provarci. E continua a cadere nel dirupo con il suo skateboard a razzo. 
Un paragone appropriato per la mia situazione, anche se non del tutto corrente.
Perché non solo non riesco ad ucciderla…non riesco a starle lontano !
Anche quando non sono con lei, lei c'é... nella mia testa.
Quando alcuni elementi si uniscono creano una reazione che non può essere invertita. Trascendono la chimica.
Chimica…Ho sentito dire che certe persone la possiedono. Un'attrazione che non può essere quantificata, né spiegata.
È questa la ragione di questa... perdita di controllo? Forse il desiderio di avere Laurie alla portata del mio coltello è solo un modo per negare l'effetto che ha su di me.
È questo l'amore? È così che inizia? Ne sono capace? 
E adesso? Dovrei davvero ucciderla ? Per la prima volta, dopo molti anni, non ne sono più sicuro.
Sarei davvero capace di sfigurare una simile opera d’arte ?
Non è affogata nella mia oscurità come mia sorella, non ne è stata intimorita come i miei genitori, e nemmeno ne ha bisogno come i miei psichiatri.
L’ha affrontata…e ne è uscita vincitrice. È riuscita a sconfiggere la bestia : Michael Myers per intero. E allora perché esito? Perché quando certi elementi chimici si miscelano, possono bruciare…ed esplodere. 
Ma l’eccitazione è troppa. Quel desiderio che mi attanaglia il petto…non lo posso più frenare.
Presto sarò libero, e allora potrò sfamare il mostro che cresce inesorabile dentro di me.
Fremo dalla voglia di rivederla. Ma posso aspettare.
In fondo, come diceva Aristotele: "La pazienza è amara…ma dolce è il suo frutto." 
 
                                                                                                                                            * * *

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30 Ottobre - Laurie Stroode

Non ho intenzione di presentarvi un'immagine da favoletta di New York.
È una città difficile. Lo è sempre stata. Un luogo di fosche tragedie e amare ironie. Una città di ombre profonde e forti contrasti. Una città che tocca tutti quelli che ci vivono. Nel bene o nel male.
Per me New York è come un'incudine: o ti forgia, o ti spezza.
Ah, New York City. All'interno dei suoi confini vivono oltre sei milioni di persone.
I grattacieli competono in altezza persino con quelli della grande Los Angeles.
 Ma se le torri dorate di quella città sembrano svettare verso il paradiso, le cime e le guglie di New York si presentano come una difesa, un avvertimento. Perché le sue radici di estendono in profondità più di quanto l’Empire State Building svetta verso il cielo con i suoi centosette piani.
Le sue radici sprofondano direttamente all'inferno. Un dedalo serpentino di strade e vicoli stretti intrappola ogni peccato, ogni vizio, ogni pensiero e atto criminale. E li tiene segretamente nascosti facendoli infettare, imputridire e crescere. Strato dopo strato, accumulati a tal punto che, a volte, questa città fondata sul terreno di un manicomio, sembra allegramente disposta a consumarsi. E a ridere fino alla fine.
È veramente malata
Non che questa sia per forza una cosa negativa. In fondo, ogni città ha una sua personalità.
Mi piace pensare che una determinazione incontrollabile sia quella di New York. È una città che non ha mai mollato. Mai fatto la vittima. Una città abituata a stare da sola.
Accetta l'essere temuta, malignata, e dimenticata. Pensa a se stessa. Anche quando il peso è troppo grande. Anche quando dovrebbe gridare aiuto. Un po’ come me suppongo.
Mi chiamo Laurie Strode, ho quasi trent’anni e sono un chirurgo.
Cos'è un chirurgo? Quale genere di persona può fare ciò che viene richiesto a un chirurgo... ogni volta che entra in una camera sterile.
Chirurghi : apriamo, amputiamo, affettiamo e bruciamo... strappiamo, laceriamo, seghiamo e mutiliamo. Infliggiamo sofferenza con la speranza di portare sollievo.
Vuoi sapere che cos'è il potere? Il vero potere? Non è togliere una vita, è salvarla. È guardare qualcuno negli occhi... e scorgere quella scintilla di comprensione, nell'istante in cui si rende conto di una cosa che non dimenticherà mai : ti è debitore. Mentre a lui restano solo cicatrici.
 Volete sapere che cos'è il potere? Il vero potere? È guardare qualcuno negli occhi... nell'istante in cui si rende conto di una cosa che non dimenticherà mai: ti è debitore. Gli hai salvato la vita. Ora è tua.
Chirurghi: Infiliamo aghi di acciaio nelle ferite aperte. Adoperiamo seghe elettriche per aprire toraci. Fondiamo barre di acciaio nelle spine dorsali. Conficchiamo scalpelli nei muscoli e tagliamo i tessuti. Perforiamo i crani per infilare elettrodi nella materia grigia. E, se sbagliamo, la posta in gioco è incredibilmente alta. Ma se operiamo bene, siamo degli dei.. 
È una vita piuttosto morbosa, ma suppongo che potrebbe essere peggio.
Se fossi nata in un’altra storia, forse avrei potuto essere la donna più felice del mondo, ma spesso le cose non vanno come vorremmo e ci troviamo a dover fronteggiare problemi più grandi di noi.
Il mio ? Attualmente, il DPTS. Abbreviazione di "Disturbo Post-Traumatico da Stress".
Tra tutti i traumi psicologici, quelli causati dalla guerra sono esclusivi del genere umano. Scaturiscono dal terrore ineluttabile incontrato sul campo di battaglia, o dai rimorsi di coscienza che ci attanagliano.
Non sono certo reduce da un campo di battaglia…o, almeno, non nel senso più comune del termine.
Quando avevo diciassette anni un serial killer di nome Michael Myers uccise i miei genitori e le mie due migliori amiche. Oh…e cercò di uccidere anche me.
Fui salvata dal suo stesso psichiatra, che gli parò ben sei colpi in pieno petto.
Il suo nome era Samuel Loomis e mi disse che ero stata attaccata da un essere di pura malvagità. Francamente, non ebbi alcun problema a credergli.
In fondo, io penso, sinceramente, che la malvagità sia la scintilla divina dell'umanità.
Vedete, alcuni pensano che ciò che ci rende una specie divina, che ci separa dagli animali privi di anima sia la propensione al bene.
Eppure, io proporrei un'altra teoria.
Una replica, diciamo così. Perché la bontà, la compassione, la generosità…queste cose sono presenti anche nelle forme di vita inferiori.
Ma il male... la vera malvagità... no. No, questa non la trovi tra gli uccelli, le api e le scimmie sugli alberi. È quindi nella malvagità, nella nostra capacità di compiere nefandezze che vediamo riflessa la nostra natura divina più genuina.
Ad ogni modo, passai i successivi cinque anni in terapia, cercando di mandare avanti la mia vita. Il fato volle che Michael fuggì dall’ospedale in cui era stato rinchiuso…di nuovo.
Mi rintracciò fino all’università in cui stavo studiando e cercò di uccidermi ancora una volta. Gli piazzai un’ascia dritta nello sterno, ma lui sopravvisse.
Non so per quale motivo decise di arrivare fino a me. Forse voleva pareggiare i conti. Forse ero una macchia nera sul suo curriculum immacolato.
Inutile starci a pensare. Fatto sta che, dopo quel giorno in poi…mi ritrovai a vivere uno stadio di terrore costante.
La paura è un processo chimico che ha un posto adeguato e logico nella scienza dell'evoluzione biologica. Ma studiare solo la scienza della paura equivale a mancare la fantastica presa sul mondo irrazionale.
In quanto esseri viventi, è giusto temere il dolore e la morte. La nostra paura radicata nell'altro è però più difficile da spiegare razionalmente. Siamo in vero come specie indegni di fiducia e cattivi? O forse migliaia di anni di condizionamento evolutivi ci hanno lasciati competitivi e aggressivi? È la natura ignota del nostro vicino che ci terrorizza così... o piuttosto la nostra natura segreta.
Per anni ho cercato di controllare la mia paura. E confesso che alla radice c'era il desiderio di sradicare la paura per la mia vita.
Lo sapete che ho scoperto? Anche se è semplice attizzarla non si può sfuggire alla paura. La paura non è un'illusione. Tu sei un mortale, senziente... destinato a morire. E il tempo è contro di te. E un giorno sarai costretto ad abbracciare la paura, per la cosa silenziosa e senza significato che è.
E poi, quasi come un miracolo…arrivai ad un’epifania sorprendente.
Il padre di Annie Brackett, una delle vittime di quella notte, era un poliziotto e una volta mi disse che quando lavorava su un caso gli  poteva capitare di provare una sensazione particolare... una sensazione che lo colpiva quando i pezzi finalmente scivolavano al loro posto e la risposta che aveva cercato così a lungo comincia a formarsi.
Il signor Brackett diceva che era come se qualcosa ti tornasse alla memoria. Non era una scoperta, ma l'affiorare improvviso del ricordo di qualcosa che avevi sempre saputo. Qualcosa che avevi sempre avuto davanti al naso. Diceva come quella sensazione fosse il segnale che avevi trovato la tua risposta.
E io avevo trovato la mia : volevo che Michael fuggisse una terza volta, così da poterlo finalmente affrontare ad armi pari.
Volevo combattere la mia paura faccia a faccia e farle implorare il mio perdono.
Furono queste le sensazioni che provai, non appena la radio presente nell’ala chirurgica dell’ospedale enunciò l’evasione del suddetto serial killer.
Sono sola, e sono solo io a sentirlo. E per la prima volta, dopo tanto tempo…provo una scintilla di eccitazione e aspettativa che comincia a bruciarmi dall’interno.
All’improvviso, qualcuno entra nella stanza, interrompendo i miei pensieri.
Capelli castani, occhi verdi, sorriso accomodante…È Teddy Nelson, uno dei miei colleghi e più stretti amici. Una persona carina e di buon cuore, più di quanto qualcuno come me potrebbe mai meritare.
<< Allora, com’è andata l’ultima operazione ?>> mi chiede con tono gentile, mentre si toglie il camice e lo appende.
Gli rivolgo un sorriso impertinente, cercando di metterlo a suo agio.
<< Un successo, come sempre >> dico allegramente, suscitando un sonoro gemito ad opera del chirurgo.
<< Cosa non darei per avere i tuoi nervi saldi. Perchè voi donne emotivamente e spiritualmente siete più forti di noi? >>
<< Perchè l'essenza della forma umana è femminile. L'essere maschio è una sorta di difetto di nascita>> affermò come un dato di fatto.
Mi fissa con un’espressione impassibile e dice :<< Femminista >>
<< Realista >> ribatto prontamente.
Rilascia uno sbuffo e procede ad indossare il cappotto.
Dopo qualche minuto di silenzio, riprende a parlare.
<< Ad ogni modo, organizzo una serata a casa mia, stasera. Vuoi unirti a noi ?>>
La domanda mi prende in contropiede.
Una festa? Per cos…ah, già, quasi dimenticavo. Oggi è Halloween, un periodo gioioso che ha un posto speciale nel cuore di milioni di bambini.
Aaaah, cosa non darei per poter osservare questa festività con gli occhi di un tempo.
<< Mi dispiace, ma sono troppo impegnata >> borbottò a bassa voce, facendo ben attenzione a non incontrare mai il suo sguardo.
Lo sento sospirare una seconda volta.
<< Com'é possibile che tu non abbia mai paura davanti alla morte, invece abbia così paura di vivere ?>> mi chiede con tono esasperato.
Potrebbe essere una domanda retorica, ma…
<< Io non ho paura>> rispondo con fermezza, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
Inarca un sopracciglio e mi scruta attentamente da capo a piedi.
<< Allora cos'é? >> domanda con voce ironica.
Mi stringo nelle spalle, con fare disinvolto.
<< La morte mi ha sempre calmato, é rassicurante, prevedibile e inevitabile. Con un bisturi in mano sento di avere io il controllo.>>
<< Un piacere profondo. Ma…>>
<< Ma cosa ?>> ripeto con irritazione a mala pena celata.
Teddy prende a fissarmi con quel suo sorriso gentile.
<< Dura poco. Finisce e passa oltre.>>
<< Come lo sai ?>> sputò con impazienza. Non è una conversazione che voglio avere. E di certo non stasera !
<< Io ero come te . Così distaccato….Ma poi é arrivato Adam >> sussurra dolcemente.
Per vostra informazione, Adam è il suo fidanzato.
<< Ne é valsa la pena? >> gli domando con una lieve punta d’interesse << Il tuo amore per lui ti é costato molto>>.
Dopotutto, Teddy mi aveva raccontato della sua famiglia, del modo in cui loro avevano tagliato i ponti con lui dopo aver scoperto la sua natura omosessuale. Che banda di stronzi.
So che dovrei sentirmi in colpo per porgergli una domanda così delicata, ma non voglio che questa nostra chiacchierata si protragga più di quanto abbia già fatto.
Con mia grande sorpresa, tuttavia, l’uomo si limita a ridacchiare.
<< Si ne é valsa la pena. Stando con lui non mi sono mai dovuto nascondere. Ero finalmente…vivo !>> esclama con un sorriso.<< L'amore è così, in fondo. È un'arma potentissima: può salvarci o distruggerci, sei d’accordo?>>
<< Non ho tanta esperienza sull'amore >>
<< Be', questo perché sei un donna di scienza. L'amore elude la ragione>> dice con tono divertito.
Questa volta, è il mio turno di sbuffare.
<< Niente elude la ragione!>>
<< E perché no ? >> ribatte con una scrollata di spalle. << A rigor di logica Adam ed io non saremmo dovuti stare insieme. Non parlo di divario sociale ovviamente, ma lui era un impulsivo, un avventato, affrontava tutto senza riflettere. Suppongo che il cuore sappia qualcosa che noi semplicemente ignoriamo >>
<< Oppure semplicemente il cuore sbaglia>> affermo con convinzione.
Teddy mi rivolge un sorriso consapevole.
<< Ah, ne dubito. L'amore potrà essere sconveniente, magari inappropriato, potrà essere pericoloso, farci fare cose che non ci sognavamo, ma non sbaglia. Del resto tutto dipende da dove andiamo a finire, non credi?>>
E, detto questo, procede ad uscire dalla stanza, lasciandomi sola ancora una volta.
Stringo i pugni, mentre fissò con rabbia la porta.
Amore…nient’altro che un illusione.
Un capriccio della percezione, temporaneo costrutto dell’ intelletto umano, che cerca disperatamente di giustificare un'esistenza priva del minimo significato o scopo. Ogni costrutto è artificiale quanto un computer, anche se devo dire che solo la mente umana poteva inventare una scialba illusione come l'amore.
Non biasimo certo Teddy per credere in una cosa del genere, sia chiaro. Persone come lui e me…sono troppo diverse, con una visione delle cose troppo incompatibile.
Se dovesse passare anche un solo minuto nella mia testa…bhe, probabilmente ne uscirebbe fuori disgustato, e non potrei biasimarlo.
Ecco perché cerco sempre di nascondere la mia vera natura, come ogni altro singola persona che cammina su questa terra.
In fondo, noi esseri umani siamo fatti così : ci sforziamo di essere ciò che non siamo. Non si tratta soltanto di non riuscire a essere all'altezza dei nostri ideali.
Il fatto è che i nostri ideali, le idee su chi siamo, su ciò che possiamo realizzare, tendono per lo più a essere l'opposto delle nostre capacità. Tutto questo rende colui che conosce se stesso... che conosce i propri limiti... le fragilità... le debolezze... ancora più pericoloso.
Quando la gente sente parlare dell’attacco alla mia vita non può fare a meno di lodare la mia forza.
Ma ecco la dura verità : io non sono forte. Non lo sono mai stata. Non dove conta davvero.
Era solo un ragazzina. Una ragazzina coraggiosa. Troppo coraggiosa per vivere... Solo una ragazzina.
Ora sono solo un’orfana travolta dal suo passato. Solo una ragazzina che non potrà più crescere, innamorarsi o divertirsi.
Solo una ragazzina troppo ingenua per poter sopportare l'immonda follia di un assassino.
Solo una ragazzina, la spregevole vittima di uno scherzo crudele. Solo un ragazzina... scomparsa per sempre.
Con quei pensieri in mente, rilascio un sospiro e mi preparo per tornare a casa.
Devo prepararmi adeguatamente. Perché questa notte…ucciderò Michael Myers.
 
                                                                                                                                                   * * *

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31 Ottobre - Laurie Strode

Si dice che non si può mai tornare indietro. Che non puoi cambiare il passato. Bene. Io sono qui per dirvi... che è assolutamente vero. 
Dopo quasi un anno dal giorno in cui i miei genitori erano stati assassinati, cominciai a sognare di acchiappare il loro assassino. Come l'avrei braccato. Senza pietà. Finché non sarebbe scappato dentro a un vicolo cieco.
 Avrebbe provato ad accoltellarmi, ma sarei riuscita ad evitare la lama e a rubargliela.
Lo avrei avuto alla mia merce, completamente impotente.
 Mi sarei avvicinata. Sempre di più.
Gli avrei levato la maschera e il suo volto si sarebbe riempito di terrore. Come il mio, quando mi aveva alla sua merce. Ma mi sono sempre svegliata prima che il sogno finisse... e ad oggi sono ancora convinta che una simile situazione non potrebbe mai verificarsi. Non come nel mio sogno, almeno.
Michael non aveva bisogno di un coltello per essere pericoloso. Non avrebbe mai mostrato paura. Ne avrebbe mostrato rimpianto o esitazione.
Non importa quanto lezioni di autodifesa riuscivo a prendere, non era mai abbastanza, e in cuor mio lo sapevo. Ma continuavo a prenderle, guidata da una lieve quanto effimera speranza che forse, un giorno, sarebbero bastate.
Non mi sono mai arresa. Ho continuato a combattere, imparando ad usare armi, stili di combattimento corpo a corpo…tutto ciò che avrebbe potuto aiutarmi a sconfiggerlo una volta per tutte. Fino a quando, un giorno, mi resi conto di essere diventata molto di più che una semplice preda in attesa di essere condotta al macello.
Volete sapere una cosa divertente ? Questa situazione mi fa venire in mente un aneddoto piuttosto interessante.
A volte, quando sono troppo agitata per dormire, mi metto a guardare documentari in tv. Programmi sugli animali, sui suricati, sulle balene bianche... basta che non ci siano le persone.
Per coincidenza, l'altra notte ho visto un programma che parlava dei corridori della strada. Sono buffi, completamente diversi dal personaggio dei cartoni. Sono piccoli e marroni. Dei predatori aggressivi.
Una cosa interessante su "roadrunner" è che sono una delle poche specie di uccelli a cui capita di morire strozzandosi. In pratica, a volte cercano di inghiottire un piccolo animale,come un ratto, o un serpente prima di averlo masticato a dovere. Così la preda gli si incastra nella gola e il corridore... bè, il corridore finisce per morire soffocato. Messo KO dal pranzo.
Bhe…stanotte ho intenzione di replicare quel processo, ma con un bersaglio molto più grande di un semplice uccello.
Sono qui che busso alla tua finestra. Che ti cerco, ombra mia. Che ti imploro di uscire a giocare con me. Verrai? Vuoi giocare con me come ai vecchi tempi?
Colma d’anticipazione, stringo il coltello.
L’aria notturna del parco è colma di nevischio autunnale, illuminata dalle lanterne rosse sparse per tutti i vialetti.
Non c’è anima viva. Sono completamente sola e, consapevole di questo fatto, mi siedo su una pachina…e aspetto. Aspetto l’inevitabile. Aspetto la sua venuta.
Lui mi troverà, ne sono certa. In qualche modo, ci riesce sempre. Forse siamo collegati ? Me lo sono chiesta molte volte, dopo il nostro secondo incontro.
Dopotutto, questo mondo ha visto cose assai più strane. Come Jason Vorhees, un serial killer apparentemente impossibile da uccidere, responsabile della morte di ben 300 persone. Freddy Krueger, un assassino di bambini che venne bruciato vivo negli anni 70, e che da quel momento in poi, secondo svariate testimonianze, continua a compiere i suoi efferrati delitti attraverso i sogni delle sue stesse vittime. Roba da matti, dico. E potrei continuare per ore !
Una bambola vivente…Jigsaw, il killer enigmista…la famigerata famiglia di cannibali che si dice abiti le piane del Texas…storie come queste, ormai, sono all’ordine del giorno.
Dopo circa un’ora, sento qualcosa muoversi alle mie spalle.
Un passo lento e marcato, che riecheggia per tutta la lunghezza del parco, accompagnato da un lento respiro.
Un respiro sibilante, silenzioso e perfettamente udibile al tempo stesso.
Lo riconoscerei ovunque…è lui.
Sospiro e una nuvola di vapore condensato fuoriesce dalle mie labbra, a causa del freddo.
<< Era ora che ti presentassi, pensavo che ti fossi perso >> commento ad alta voce, prima di voltarmi.
Eccolo li, di fronte a me, proprio come lo ricordavo.
Due occhi neri come la notte, incastonati in una maschera pallida e incolore, rimasta invariata dallo scorrere del tempo. Nella mano destra tiene saldamente il manico di un coltello da cucina.
Indossa una tuta da meccanico, uguale a quella con cui lo vidi la prima notte che c’incontrammo. Non sembra invecchiato di un giorno ma, considerando il fatto che non ho mai visto il suo vero aspetto, è difficile dirlo con certezza.
<< Dopo quello che è successo…>> inizio con voce ferma, << dopo quello che mi avevi fatto… ho pensato di uccidermi. Sapevo che un giorno saresti venuto a cercarmi >>
E, in tutta risposta, lui si limita a fissarmi attraverso quelle orbite vuote e apparentemente senza vita.
<< Sai, mi sono informata. Riguardo a te…e al resto della manica di psicopatici che abitano questo dannato paese >> affermo con tono casuale, cominciando a circumnavigarlo. I suoi occhi rimangono fissi su di me, senza mai accennare a spostarsi.
<< E per quanto possiate sembrare diversi gli uni dagli altri, sia come storia che come modus operandi...avete tutti una cosa in comune : non siete mai riusciti ad andare fino in fondo. Qualcuno, inevitabilmente, è sempre riuscito a sfuggirvi >> continuò imperterrita, lanciandogli un ghigno di puro scherno.
 Ancora una volta, nessuna reazione…eccetto un lieve cambiamento nella mano che stringe il coltello. Le nocche si sono fatte più bianche.
Internamente, non posso fare a meno che segnare un punto a mio favore. 1 a 0 per Laurie Strode, signore e i signori !
<< Immagino che la cosa vi irriti >> commento con un sorriso divertito, fermandomi a pochi metri dalla sua immensa figura.
Punto un dito verso di lui, proprio come farebbe un qualsiasi insegnante delle medie intento a rimproverare il bullo della situazione.
<< Tu e gli altri della tua specie… siete patetici. Sprecate tutta la vita cercando di uccidere un fuggiasco, solo per continuare a fallire. E poi cosa fate? Vi leccate le ferite e ci riprovate. E ricomincia la storia. È come un gioco. Un gioco truccato in un luna park da due soldi con giostre arrugginite come i gettoni del venditore. Un gioco che non hai alcuna possibilità di vincere >>.
Carico la pistola, e lo schiocco delle cartucce che vengono inserite nell’arma riecheggia per tutta la lunghezza del parco.
 << Bene, non sono qui per giocare. E tu e gli altri dovrete imparare velocemente che le regole a me…non si applicano >>.
A quanto pare, quello era il segnale che stavamo aspettando.
Si lancia in avanti, il coltello che riflette la luce della luna come uno specchio. Io, senza perdere tempo, sparo il primo colpo.
Ciò che si sussegue per i prossimo venti minuti è un continuo susseguirsi di colpi d’arma da fuoco, urla, lame che affondano nelle carni…una cacofonia di morte e battaglia, risultato di una semplice notte avvenuta più di 15 anni fa. Nient’altro che una coincidenza inaspettata e crudele.
Michael è più forte, ma io sono più armata. Dalla sua parte ha la stazza, la determinazione e un coltello da cucina. Io, d’altra parte, ho una calibro 50, una da 25, un accetta e un bisturi prelevato direttamente dal mio posto di lavoro. E, a quanto pare…questo basta.
Mi disarma, e per un po’ riesce a dominare la situazione. Ma i colpi che gli ho inflitto sono gravi e la perdita di sangue è elevata.
Con le ultime forze rimaste, gli rubo il coltello e lo affondo nella sua spalla.
Michael è a terra, le mani contro il punto in cui l’ho colpito.
Affondo il coltello una seconda volta. E no, non è affatto la vendetta che aveva immaginato. Continuo a combattere, ma non è facile, non è pulito, non è una soddisfazione, è solo disperazione, e ogni volta che la carne cede sotto la lama e le ossa si frantumano, quello stesso dolore mi aggredisce.
Avrei continuato a occhi chiusi, se avessi potuto. Avrei smesso, se non avesse saputo che Michael non avrebbero avuto la stessa pietà, lo stesso orrore che raggiava su di me. Era una guerra, e adesso sapevo quanto davvero fosse terribile, inaccettabile e devastante, il pensiero o muori tu o muoio io.
Tuttavia…mi fermo, prima che io possa andare oltre.
Sono sopra di lui, e ansimo per lo sforzo. Perché non ci riesco? È  proprio qui, davanti a me !
Michael inclina la testa e, sebbene sia gravemente ferito, non sembra particolarmente toccato dalla posizione attuale.
La punta del coltello si trova ad appena un paio di millimetri dalla sua maschera, eppure non ne è affatto disturbato.
Rimaniamo così per quello che sembra un minuto buono, bloccati in una gara di sguardi che sembra non avere fine. Luce contro oscurità.
Poi, alla fine…la consapevolezza mi colpisce con la stessa forza di un treno in corsa.
Una realizzazione aliena quanto semplice.
<< Non voglio farti del male >> affermò con convinzione, suscitando il primo segno di emozioni ad opera dell’uomo. E, per quanto sia strano dirlo…sembra sorpreso quasi quanto me.
 Mi alzo lentamente, incespicando all’indietro, e aspetto che lui faccia lo stesso.
Quando ciò avviene, prendo un respiro profondo, lasciando che l’aria fresca della notte mi riempia i polmoni.
<< Non voglio che nessuno dei due uccida l'altro... Ma entrambi stiamo esaurendo le alternative... ed entrambi lo sappiamo >> sussurrò a bassa voce, tenendo gli occhi fissi in quelle orbite nere e senza vita.
Rilasciò una risata ironica e abbasso la mano che tiene ancora saldamente il coltello.
<< Forse tutto ruota attorno a stanotte. Forse è la nostra ultima possibilità di sistemare questa faccenda una volta per tutte. Se non la cogliamo, resteremo bloccati su una rotta suicida. Entrambi. Fino alla morte >> dico come un dato di fatto, mostrandogli la lama imbrattata di sangue fresco e ancora caldo.
Alcune gocce rotolano sul terreno erboso, mescolandosi con la brina.
<< Non è necessario che finisca così. Non so cosa ti abbia reso ciò che sei ora, ma... chi lo sa? Forse è la stessa cosa che è successa a me. Forse posso aiutarti. Potremmo lavorare insieme. Potrei aiutare a riabilitarti. Non è necessario che tu sia solo. Non è necessario…che ci uccidiamo >>
A questo punto, la mia voce è quasi implorante.
È vero…io non voglio ucciderlo. Pensavo di volerlo ma…erano solo i vaneggiamenti di una ragazzina. Un monito che continuavo a ripetermi per sembrare più umana.
Perché ormai, in una svolta assai crudele del destino, questo mostro, questo…uomo nero…bhe, era diventato l’unica persona per cui fossi in grado di provare un minimo di relazione.
 Mi aveva reso ciò che sono adesso. Mi aveva reso più forte, più veloce, più agguerrita. Mi aveva reso…migliore. E per quanto avrei voluto odiarlo…in realtà provavo per lui una sorta di gratitudine inconscia. Una gratitudine che avevo cercato di sopprimere con tutta me stessa, senza successo.
 << Che cosa rispondi? >> chiedo con esitazione.
Il momento della verità. Tutto potrebbe finire stanotte, in mille modi diversi. Se ora decidesse di attaccarmi…bhe, probabilmente mi sentirei incredibilmente stupida. Quindi serro le labbra, le dita attorno al manico del coltello, e aspetto. Aspetto per quello che sembra un tempo interminabile, in quella landa desolata e coperta di nevischio.
Michael inclina la maschera, come un gatto che osserva una preda più coraggiosa e combattiva di quanto si aspettasse. La sensazione è quasi reciproca.
 Mi sento una formica di fronte ad un gigante. Ma sapete come si dice ? Anche le formiche possono mordere. E non intendo essere da meno.
Improvvisamente, un sono acuto e ben distinto interrompe la quiete del parco, facendomi sobbalzare. Il tutto è accompagnato da un lampeggiare di luci blu e rossi : macchine della polizia.
Non ci vuole un genio per capire il motivo della loro presenza qui. Mi chiedo come lo abbiano trovato. Forse qualcuno lo ha visto passare per strada, si è insospettito o lo ha riconosciuto. Oppure gli hanno impiantato un JPS nel collo, come fanno dei film. Francamente, non mi interessa. L’unica cosa che mi interessa davvero…è il sapere a come reagirà a tutto questo.
Con grazia quasi spettrale, Michael girà la testa da parte a parte del parco, lanciando una rapida occhiata in direzione delle auto che si avvicinano inesorabili all’entrata dei giardini.
Si volta verso di me e, per un attimo, sono convinta che cercherà di attaccarmi. Invece, con mia grande sorpresa, abbassa la testa in quella che a tutta l’aria di essere una posizione di profonda contemplazione.
Sta rimuginando su qualcosa, posso dirlo. È strano, innaturale…e affascinante al tempo stesso. Non credo che nessuno lo abbia mai visto così. Mi sento quasi una terza incomodo, un qualcuno che non dovrebbe essere qui, ad osservare questo fenomeno proibito. Il primo segno di umanità che ha mostrato a qualcuno in 25 anni.
Passato un minuto, alza la testa ancora una volta e comincia ad avvicinarsi con passo lento.
Alzo il coltello, preparandomi a colpire. Stupida Laurie, urlo mentalmente. Gli hai offerto un dolcetto, ma ti farà comunque lo scherzetto. Eh eh…bella battuta.
Ma non mi attacca. Si ferma ad appena un metro da me…e porta ambe le mani al volto, afferrando la maschera bianca come il latte.
Adesso capisco. So cosa sta per fare.
Sussulto e mi lancio in avanti, afferrandolo per i polsi. Si ferma, e allora mi rendo conto di averlo sorpreso per la seconda volta in una sola notte. Potrebbe diventare la nostra nuova routine !
<< Non farlo. >> dico a bassa voce, ricevendo un’altra inclinazione della testa ad opera del serial killer.
<< Non ho nessun interesse a scoprire cosa si nasconde dietro a quella maschera, non m'interessa sapere chi sei di persona. Perché le persone non hanno mai fatto altro che deludermi, sempre. Tu non sei una persona, tu rappresenti un’idea, sei un ombra, ed è così che voglio che tu rimanga >> continuò implacabile.
Scorgo i poliziotti che cominciano a riversarsi fuori dalle macchine, armati di pistole.
Prendo un altro respiro e torno a fissare il mio aguzzino con un’espressione ferma e incrollabile.
<< Tra poco ti porteranno via…ma prima che ciò avvenga, dobbiamo mettere in chiaro alcune cose >> affermò freddamente, puntandogli un dito la petto.
<< Tu sei la mia paura. Questo è il compito che ti ho assegnato. Ma per continuare a farlo non devi morire. È solo per questo che sono intervenuta stanotte. Hai rischiato di farti ammazzare, sai? O sei troppo ossessionato per capirlo? Devi fare i conti con quello che non vuoi affrontare. E devi farlo subito! Michael Myers non ha il diritto di morire. Non dopo ciò che mi hai fatto…non prima che tu abbia espiato >> mormorò dolcemente, compiendo un passo all’indietro.
Lui mi fissa imperturbato, e solo allora riesco finalmente a intravedere i suoi occhi. Non sono neri come pensavo…sono blu.  Un blu molto intenso, a dire il vero. Come un cielo burrascoso e indomabile. E sono bellissimi.
Inclina la testa una terza volta, dimensionandomi da capo a piedi. Poi, porge una mano in avanti e mi coppa il mento.
Le sue dita sono calde, forti e callose. A mala pena riesco a reprimere un leggero rossore.
Porta la mano libera al bordo della maschera…e la alza quel tanto che basta per scoprire la propria bocca.
Ancora prima che possa rendermi conto di ciò che sta per fare, si porge verso di me…e le nostre labbra s’incontrano.
Il primo contatto è magnifico,inebriante. Le labbra di Michael sono fredde ma piacevoli. Assaporo con calma ogni secondo di quel meraviglioso momento, mentre tira il mio volto più vicino al suo. Non mi oppongo e continuò a baciarlo teneramente, quasi come se ormai non volessi più fare altro.
E mentre il coltello mi scivola tra le mani, osservo impassibile gli sguardi impietriti  e sconcertati dei poliziotti appena giunti sul posto.
La cosa non mi sorprende. Immagino che nessuno di loro possa capire. Non vedono che Laurie Strode era sempre circondata dal dolore... senza mai poter reagire.
Era in un guscio protettivo che era diventato una debolezza invece che un'armatura.
Laurie Strode era una via che portava all'inferno.
Adesso, tutto questo non c'è più. Quindi non dovrei pretendere che loro capiscano il senso di sollievo che provo adesso... sapendo che non c'è più niente tra me e la mia paura. La consapevolezza…di averla domata.
E mentre gli ultimi resti di questa maschera svaniscono... io sento qualcosa che raramente ho provato negli ultimi 15 anni. Mi sento libera.


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The End
  
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