Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: The Black Pearl    29/10/2018    0 recensioni
Always Be With You. È la promessa che ogni fan di Kim Jonghyun ha deciso di mantenere, fin dal momento in cui lui ha lasciato questo mondo. Ed è ciò che Tess vorrebbe disperatamente fare con tutta se stessa. Ma lei non riesce ad affrontare questo lutto come una normale fan. Non riesce a superare quell'enorme vuoto, che nasconde molte più verità della semplice perdita di un mito. In cuor suo non riesce ad accettare di avere, in realtà, molto più bisogno di aiuto di quanto non vorrebbe ammettere. Tutto quel dolore potrebbe rimanere dentro il suo petto a marcire fino a diventare tossico. A meno che, qualcuno, non la aiuti ad imparare a conviverci e a dare voce alla sofferenza che non le da tregua, fin dal momento in cui ha saputo che una buona fetta dei suoi sogni, non si sarebbero mai avverati.
***
< Avrei dovuto dirgli tante cose. Fargli sapere quanto la mia vita sia stata migliore grazie a lui. Quanto la sua esistenza abbia meravigliosamente influenzato la mia >
< Se lui ti avesse conosciuto, sarebbe stato fiero di avere una persona così determinata e solare ad ammirare il suo duro lavoro >
***
[Minimo accenno di cross-over con gli SHINee]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologue
 
"Even if you can’t ever see me again,
Even when tomorrow becomes yesterday.
Just for a day, please
I wish we were together.
Just for a day, oh just for a day."
 
• Kim Jonghyun | Just For a Day •


 
Le luci dei riflettori si spengono improvvisamente. Intorno a me si vede solo il tenue color acqua marina che si allarga in una distesa che pare infinita. Sembra di stare in mezzo all'oceano. Alzo la testa verso il luogo in cui sta per avvenire la magia mentre stringo tra la mani il mio pezzo di oceano. Quel piccolo oggettino elettronico freme per essere agitato in aria, ma io aspetto. Sento l'adrenalina scorrermi dentro le vene. Sono così impaziente. Riesco quasi a sentire il battito nel mio cuore rimbombarmi nelle orecchie, nonostante ci sia così tanta gente intorno a me. Faccio qualche respiro per tentare di calmarmi, ed è proprio quando sto per esalare il terzo... che tutto inizia a prendere vita.
Una melodia di cui conosco a memoria ogni nota inizia a pervadermi le orecchie e a riempire lo spazio circostante. Oddio, sta per arrivare.
Stringo l'oggettino color acqua marina ancora più forte, come se potesse sostenermi. Una sola luce bianca adesso illumina il centro esatto del palco, e sappiamo tutti chi occuperà quello spazio.
 
Il Seoul Olympic Stadium è lieto di presentare”
 
O mio dio.
Sta arrivando.
Ti prego, non svenire.
 
Kim Jonghyun!”
 
La folla impazzisce. Il boato che si innalza nello stadio è quasi assordante. Un rumore meraviglioso.
Io non riesco ad emettere un suono; l'emozione mi sta bloccando in gola tutte le grida che vorrei far uscire. O mio dio, o mio dio, sto per vederlo.
La luce centrale si innalza sempre di più e, quando dei piedi, i suoi piedi, iniziano a intravedersi, il mio corpo viene scosso da brividi.
Sto tremando in maniera incontrollata e non ho nemmeno il tempo di costringermi a calmarmi... che lui appare.
Fuochi d'artificio è dir poco.
Intorno alla sua figura tutto è illuminato e non capisco se siano i riflettori o la sua aura splendente.
Sul suo volto il sorriso che ha fatto innamorare mezzo mondo. Che ha stravolto il mio mondo.
Quel sorriso che ti migliora pure la più brutta delle giornate.
Ha i lineamenti distesi e rilassati. Quei bellissimi lineamenti che mostrano quanto a suo agio si senta quando fa ciò che gli riesce meglio: produrre arte.
 
Bichi bichi na
Neoye nunen
Bichi bichi na”
 
La sua voce. O cielo... quella voce. Il suono che vorrei sentire per il resto della vita. Una voce che farebbe impallidire gli angeli.
 
Aju aju kkwae
Aju aju aju kkwae
Aju kkwae”
 
Amo questa canzone. Dio, se la amo.
Come fa a creare ogni volta questi capolavori? Come?!
Sento letteralmente l'energia della musica entrarmi dentro e allora mi risveglio dal mio stato semi catatonico, che era stato reso tale da tanta bellezza e talento.
La canzone continua e sta per arrivare il ritornello.
Devo fare qualcosa. Mostragli il tuo supporto. Gridagli il tuo affetto. Devo farlo.
La mano che stringe il lighstick si alza sopra la mia testa e io inizio ad agitare il braccio a ritmo di musica. Voglio gridare, voglio cantare insieme a lui. Allora apro la bocca e sto per pronunciare il primo “Always be with you”... ma qualcosa me lo impedisce. E lo impedisce pure a lui.
La voce angelica non sta più cantando la canzone meravigliosa. Dalla sua gola escono solo versi strozzati.
Il mio cervello ci mette un po' a focalizzare la scena.
Il suo bellissimo volto adesso è sconcertato. I lineamenti non sono più rilassati. È come se non stesse più respirando.
Anche la folla intorno a me deve essersene accorta perché tutti hanno smesso di urlare. Ora stanno bisbigliando.
 
Che succede?
Cosa fa?
Cosa gli prende?
 
Io invece non me lo sto chiedendo. Lo sto solo fissando immobile, mentre il mio cuore adesso sembra battere decisamente più piano di prima.
Osservo quel volto angelico che ha assunto ora un'espressione impassibile, neutra. Non si sentono più i versi strozzati uscire dalla sua gola. Ora sta tossendo. Forte. Troppo forte.
Il microfono nella sua mano cade a terra con un tonfo mentre lui inizia a piegarsi, scosso dalla potenza di quella tosse.
 
O no.
 
Il pubblico inizia a gridare. Un grido decisamente diverso da quello di prima. Sono urla di puro terrore. Urla disperate. La musica si è dissolta, o pure le grida la stanno coprendo?
È un rumore assordante e inquietante. All'improvviso questo stadio è diventato una casa degli orrori.
Io non riesco ancora a muovere un muscolo. Osservo il mio angelo che si piega in due e viene scosso da un malessere intenso.
Perché nessuno lo sta aiutando?
Perché lo lasciano collassare?
Perché sta soffrendo da solo?
Le sue ginocchia toccano la superficie del palco e quello è tutto ciò che mi occorre.
Vengo invasa da un terrore che pare antico quanto la vita stessa. Dalla mia bocca esce un grido disperato.
 
<< JONGHYUN!!! >>
 
E il mio corpo scatta da solo. Inizio a correre ad una velocità che non è la mia. Corro con tutta la potenza che ho, ed è come se le persone intorno a me non esistessero più. Non mi stanno impedendo il passaggio e non sento nemmeno il mio corpo sbattere contro il loro.
Il palco sembra irraggiungibile. Più corro e più si allontana. Ma lui è ancora lì, buttato a terra che schiamazza dal dolore. Devo aiutarlo. Devo liberarlo dalla sofferenza. Perché non riesco a raggiungerlo? Perché i miei piedi sono così lenti?
Decido di lanciarmi. Mi butto letteralmente verso quel palco. Verso la luce della mia vita che si sta spegnendo. Non posso permetterlo.
Mi ritrovo aggrappata al bordo del palco. Le mie braccia bruciano mentre tento di sollevare tutto il peso del mio corpo. Ti prego, lui ha bisogno di aiuto. Riesco a portare il mio corpo sulla stessa superficie in cui si trova lui, ma adesso i miei piedi non funzionano più. È riverso sul pavimento. Il corpo disteso, scosso da piccolissimi e ormai deboli spasmi. Inizio a strusciarmi sui gomiti e a trascinare il mio corpo per raggiungerlo
Devo sbrigarmi, prima che sia troppo tardi.
Lui non sta respirando. Il suo petto non si muove più. Una ciocca di capelli chiari gli ricade sul volto impassibile. Gli occhi spalancati e la bocca lievemente aperta. Nessun muscolo del suo corpo si sta più muovendo.
No, no, no.
Allungo disperatamente le braccia verso di lui, ma non riesco a toccare niente. È sparito. No.
Il punto in cui era steso, adesso è vuoto, buio. Sono pervasa dal terrore assoluto. Ho il respiro affannato. Cosa devo fare? Intorno a me non c'è più niente. Non c'è più il palco, non c'è più il pubblico. Non c'è più luce. Non c'è più lui.
No, vi prego. Riportatelo qua, vi scongiuro.
Tutto è nero, scuro e freddo. Io sono sola. Completamente sola. Senza più neanche il mio angelo a cui aggrapparmi.
 
Jong. No. No, no, no, no, no. Jonghyun, torna qua. Jong, JONG, JONGHYUN, NO. JONGHYUN!
 
 
 
<< JONG, NOOO! >>
 
Alzo di scatto il busto dal letto. Il mio petto si muove forsennatamente a ritmo di un respiro affannatissimo. Porto una mano sulla fronte per asciugare il velo di sudore che la ricopre. Sento il cuore battermi fortissimo, da farmi quasi male.
Calmati, adesso calmati.
Mi prendo la testa fra le mani e mi costringo a fare profondi respiri per placare il nervosismo. Rimango in quella posizione per quasi due minuti, prima di convincermi a tornare a respirare regolarmente. Allungo una mano verso il mio telefono sul comodino per controllare che ore sono, dato che fuori dalla finestra scorgo che il cielo notturno non ha ancora lasciato il posto alla luce del giorno: le 05.42.
Ricado con un tonfo sul cuscino. La sveglia suonerà tra meno di un'ora, perciò valuto se tornare a dormire, o rinunciare ed iniziare la giornata anticipatamente. Per quanto la prima opzione appaia più appetibile, so già che sarebbe un tentativo vano. Non posso ignorare ciò che ho appena sognato e fingere che non mi abbia scossa.
Scuoto la testa e mi scosto le coperte di dosso mentre arrivo alla conclusione che non ha senso passare i prossimi cinquanta minuti a rigirarmi su questo materasso e a cercare di scacciare, senza successo, quelle orribili immagini. Tanto vale essere produttiva.
Zuccheri, voglio degli zuccheri.
Afferro il telefono dal comodino e mi dirigo verso la mia piccola cucina. Passando davanti alla porta della camera della mia coinquilina noto che è già uscita di casa, come ormai fa da qualche settimana a questa parte.
Quando poso il telefono sopra il tavolino su cui mangiamo, l'occhio mi cade istintivamente sulla data segnata sul display: 18 dicembre 2018.
Mi esce una ben poco velata risata sarcastica dalle labbra. Ironia della sorte. Grazie karma.
Maledico il mio dannato subconscio che continua a voler tormentare le mie notti.
 
Non ce n'è bisogno cervello, davvero.
Vedi? È il 18 dicembre, è passato esattamente un anno.
Lui è ancora morto e non tornerà mai più.
Non vedrò mai un suo concerto, non vedrò mai lui.
Puoi anche smetterla di farmi avere certi incubi.
 
Ripeto mentalmente quel concetto che sto cercando di fare mio da mesi ormai.
Scaccio dalla mia testa le immagini del 18 dicembre 2017, che minacciano violentemente di farsi strada. Stamani non ho abbastanza energie per affrontarle.
Svogliatamente tiro fuori i miei fiocchi d'avena dalla dispensa e, dopo essermi riempita una ciotola, mangio appoggiata direttamente al bancone della cucina. Mentre mastico lentamente la mia colazione, osservo fuori dalla piccola finestra il sole fare timidamente il suo ingresso in lontananza, prima di innalzarsi nel cielo. Osservo attentamente quella luce, rimanendo affascinata dalla danza di colori che si sfumano e uniscono tra loro e tra quelli ancora bui e scuri.
 
<< Buongiorno Jong >> sussurro impercettibilmente << ovunque tu sia... >>
 
Finisco il mio cibo e, dato che sono ancora largamente in anticipo sui miei normali ritmi, mi concedo del tempo per ripulire accuratamente la tazza, il cucchiaio e qualche piatto sporco che è rimasto nel lavandino dalla sera prima. Li ripongo poi nella credenza. Controllo nuovamente l'orario e sbuffo nel constatare che ho speso a malapena venti minuti.
Decido di raggiungere il bagno e concedermi una lunga doccia. Magari riuscirà a sciogliere i nervi che sento ancora tesi. Quando mi ritrovo sotto il getto d'acqua, il calore che mi scivola lungo la spina dorsale ha un effetto corroborante sul mio corpo. Lascio che la tensione e lo stress vengano lavati via dal sapone e dal vapore. Mi avvolgo in un asciugamano e constato che avrei tutto il tempo necessario per truccarmi e acconciarmi i capelli in maniera elaborata ma il mio umore basso non concorda con questa decisione. Torno in camera mia e apro l'anta dell'armadio contenente gli abiti che indosso praticamente solo per il lavoro. Tiro fuori una camicetta a maniche lunghe bianca, una gonna a vita alta nera e le solite scarpe con il piccolo tacco, nere. Quando i capelli sono asciutti li racchiudo in un'alta coda di cavallo. Do una rapita occhiata al mio riflesso nello specchio vicino alla scrivania. Dio, sembro uno zombie... Nonostante non abbia alcuna voglia di truccarmi mi sforzo ad applicare un po' di correttore per coprire i segni della stanchezza sul mio volto. Un filo di mascara sulle ciglia e un rossetto dal delicato color carne. Adesso ho un aspetto quasi umano. Per un secondo valuto l'idea di mettere anche un po' di blush sulle guance, ma rinuncio all'istante.
Nel frattempo si sono fatte le sette. Solitamente parto da casa alle sette e mezza per raggiungere il luogo in cui lavoro, se prendo la metropolitana, o alle sette e quarantacinque, se prendo il taxi.
Valuto come arrivarci questa mattina e subito mi torna in mente che ricorrenza è oggi. Sicuramente le stazioni delle fermate, tra cui anche le mie, saranno tappezzate da poster, cartelloni pubblicitari e chissà quanti altri progetti che le fan avranno organizzato per lui. Me la sento di passarci davanti senza avere reazioni? Senza che la cosa influenzi una giornata già iniziata male? Le mie dita stanno già cercando l'app del servizio taxi nel telefono, senza che mi sia data una risposta. Inserisco il mio indirizzo e chiedo che arrivi tra mezz'ora. Arriverò a lavoro con largo anticipo ma non importa, non riesco più a stare fra queste mura senza niente da fare.
Preparo con calma tutto ciò che mi occorre per la giornata e lo ripongo nella mia borsa. Poi decido di occupare il tempo che mi resta, prima dell'arrivo del taxi, sbrigando le “faccende da adulta” che puntualmente rimando in continuazione. Tiro fuori il mio portatile e mi siedo di fronte alla scrivania in legno. Ricordo che mancano poche settimane alla scadenza del mio visto, perciò scrivo un'email ad uno degli addetti dell'ambasciata del mio paese, chiedendogli quando posso presentarmi per consegnare la copia del mio contratto lavorativo. Allego anche una copia dei miei documenti e la foto del mio attuale visto. Concludo ringraziandolo e poi la spedisco.
Tra le email ricevute noto che ci sono varie inserzioni con le solite offerte e pubblicità della Yonsei University. Le cestino tutte senza nemmeno aprirle. Chiudo la pagina delle email e svolgo qualche altra faccenda burocratica: controllo lo stato del mio conto bancario, segnando già i soldi da versare a fine mese per l'affitto, preordino e pago l'abbonamento della metro per il mese di luglio, e segno nell'agenda del cellulare il giorno in cui l'addetto dell'ambasciata, che mi ha nel frattempo risposto, è disponibile a ricevermi. Sto per aprire il sito della motorizzazione quando il suono di una notifica del telefono mi annuncia che il mio taxi è a un chilometro da casa mia.
Chiudo il portatile, metto il telefono nella borsa e la afferro insieme al pesante cappotto nero.
Chiudo la porta del mio appartamento e mi dirigo fuori; l'aria invernale mattutina mi sferza le guance, ed io mi stringo nel mio lungo cappotto caldo. Fortunatamente non devo attendere molto per il taxi, che si presenta in meno di due minuti di fronte al portone del mio condominio. Apro la portiera, mi accomodo sui sedili posteriori e do educatamente il buongiorno all'autista. Nonostante abbia parlato in coreano, il signore di mezza età si rivolge a me con un inglese poco convincente, chiedendo quale sia la mia destinazione. Non spreco tempo per spiegargli che riesco a parlare la sua lingua e mi limito a mostrargli lo schermo del mio cellulare su cui ho appena aperto la nota in cui ho salvato l'indirizzo della mia sede di lavoro.
Il suo volto assume la solita espressione di stupore, mista a un briciolo di diffidenza, che assume praticamente ogni tassista che ha la fortuna di portarmi a lavoro la mattina.
Cerco di assumere il mio solito sorriso di circostanza, con cui ogni volta cerco di comunicare “tranquillo, non sono una pazza. Non voglio andare lì per fare l'adolescente isterica. Ci lavoro”, ma come al solito, fallisco. Così, con una scrollata di spalle, mi butto sullo schienale del sedile, mentre l'autista, senza fare altre domande, e con la medesima espressione decisamente poco convinta, ingrana la marcia e inizia a guidare verso la BigHit Entertaiment.
   
 
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