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Autore: Sundance    13/07/2009    4 recensioni
"Quando ero scoraggiata, mi bastava guardare il sorriso speranzoso
di questi due ragazzi per realizzare quel che volevo.
Per questo me la sono sempre portata dietro.
Tienila tu, ti farà da sprone come ha fatto con me.
Abbi cura di te, Sebastian.
E ricordami ancora.
S."
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Strify
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Questa non-è-granchè-fic (*) la scrissi ormai sei, sette mesi fa. Infatti qui c'è Luminor nella band - per quanto, essendo i Cinema Bizarre all'inizio della loro carriera in questa storia, ci sarebbe stato lui al posto di Romeo comunque - e le varie sfumature del loro carattere sono quelle che avevo colto io allora.
La fic era stata pensata per Kiki, perchè speravo di potergliela donare quando le sarebbe servito, e invece sono stata risucchiata in mille altre cose. Tesoro, mille scuse per il ritardo. Mi fo schifo da sola, se ti consola XD
Ho descritto Pisa - di turisti tedeschi in effetti ce n'è a sfare - perchè fondamentalmente mi sembrava meno dispersiva di Roma o Venezia eccetera. E poi ci vivo, quindi so come è fatta XD
Curiosità: sappiate che la felpa di Jack ce l'ho davvero - ed è veramente uguale a quella di Strify (voglio il copyright!);
inoltre ho modificato alcune cose, come ad esempio che lui e suo padre si vedessero poco (a quanto so io infatti, Strify e suo fratello furono affidati al padre dopo il divorzio, non alla madre).
Alcune parti sono tremendamente semplici e forse infantili, ma ho cercato di ricordarmi come mi sarei comportata io a 18 anni di fronte a una situazione così e questo è quel che è venuto fuori.
Il dialogo, che si suppone avvenga in inglese nella prima parte, è privo di fronzoli e aggiunte varie (anche stilistiche) un pò più serie, perchè ho tentato di rendere in italiano le frasi che avrei usato in inglese, e quindi per forza di cose mi veniva così.
Bon, la pianto con le note.
Baciotti grandi a tutti e grazie di aver anche solo letto fin qui.
Jo












Avevo diciott'anni e bucato a scuola.
Per forza. La mia compagna di banco, stupida io a fidarmi di lei, non mi aveva detto che ci sarebbe stata l'interrogazione di chimica. Ero stata malata per tre giorni e in fondo non avevo fatto altro che chiederle gentilmente di riferirmi cosa avessero fatto in classe col programma.
Come poteva esserle sfuggito di dirmi "Ehi, la prof interroga a chimica venerdì, perciò preparati"? Io glielo avrei detto subito, specie se, come me, non avesse avuto buoni voti in quella materia e cercasse di rimediare.
Lei no. Aveva aspettato che arrivassi nel cortile per smettere di ridacchiare con le altre galline di classe e posarsi le mani perfette dalla manicure perfetta sulle guance perfettamente truccate ed esordire in tono tanto dispiaciuto quanto falso:
"Oh, Sally, scusa! Mi hanno ricordato giusto ora le bimbe che oggi interroga a chimica, sei preparata?"
Ed io che stavo per ringraziarla di avermi tenuto in pari! Che grandissima serpe.
"Non ti chiedo come hai fatto a scordartene perchè mi sembra chiaro che sia stata una cosa voluta, ma magari avrai la buona grazia di spiegarmi perchè. Sai che a chimica rischio e non sono messa bene" risposi seccamente, trattenendo i vari insulti che premevano per uscirmi di bocca. Lei sgranò gli occhioni azzurri con aria fintamente orripilata:
"Ma no, Sally, perchè dici così, non è vero! Perchè avrei dovuto farlo apposta?" cinguettò.
Le altre ridacchiarono scuotendo le testoline perfette dai capelli perfetti e lanciando contemporaneamente un'occhiata ai miei. Prima o poi mi sarei fatta spiegare cosa ci trovassero di brutto in una chioma di lisci capelli corvini divisi da ciocche di un rosso acceso. Avrei capito se me li fossi fatti biondi platino come loro, ma a me il biondo fa schifo.
Rinunciai a rispondere dirigendomi verso il cancello e troncando la conversazione. Inutile restare lì.
Avevo diciott'anni, potevo farmi la giustificazione da sola. Soltanto, mi scocciava davvero bucare.
Passai dietro al liceo, raggiungendo le stradine meno frequentate, così da evitare un probabile incontro con qualche professore, e mi diressi nella via parallela a Corso Italia, sbucando nella piccola piazza che frequentavo molto spesso - preferenza dovuta al fatto che c'era un negozio di manga costantemente aggiornato.
Ovviamente, essendo le sette e cinquanta, non era aperto. Mi sedetti sulla panchina, un pò depressa, e alzai lo sguardo al cielo. Era terso, e nonostante il freddo mattutino, si preannunciava una bella giornata. Dovevo solo trovare il modo di trascorrere un paio di ore senza fare nulla prima di tornare a casa, perchè entro le dieci i miei sarebbero sicuramente rimasti lì. Fortuna che sapevo i loro orari.
Decisi intanto di andare a fare colazione, perciò mi diressi verso Piazza dei Miracoli. Una volta arrivata in Via Santa Maria, avevo una fame da non vederci più e le mani gelide; mi infilai nel bar accanto alla facoltà di Lingue Straniere e ordinai una cioccolata calda. Mi piaceva stare lì e confondermi con gli studenti universitari.
Certo, ancora pochi mesi e lo sarei stata anche io, ma chissà... Non ne avevo molta voglia.
Erano solo le nove quando mi ritrovai a girovagare per le bancarelle davanti al Duomo. Faceva un pò più caldo ed il sole batteva notevolmente, perciò mi tolsi la giacca e restai con la felpa di Nightmare Before Christmas. La adoravo, indipendentemente da quel che pensavano di me e del mio stile le galline di classe, che mi avevano ribattezzata Sally proprio a causa della mia passione per il film di Tim Burton. Non ero affatto punk o altro, solo mi piaceva distinguermi e indossare quel che mi pareva senza far caso alla moda o alle convenzioni. Sono sempre tutti bravi a ripeterci di pensare con la propria testa, però nessuno lo fa mai.
Distolsi lo sguardo dalla Torre e lo lasciai vagare sul prato verdissimo, quando una visione dai colori familiari attirò la mia attenzione: un ragazzo stava camminando verso di me dalla parte opposta della strada che stavo percorrendo. Un ragazzo non molto più alto di me, snello, decisamente degno di nota, con uno zainetto a spalla e una felpa identica alla mia.
Rallentai un istante per la sorpresa e poi feci finta di niente, ma lo vidi sorridermi anche a distanza di diversi metri, con uno sguardo complice, che ricambiai subito, un pò imbarazzata. Nessuno dei due cambiò traiettoria; solo, quando mi fu accanto, si voltò guardandomi e disse, in inglese:
"Bella maglia."
"Grazie! Anche la tua" ribattei subito, contenta di quello scambio di battute.
Ci fermammo entrambi, sorridendoci a vicenda. Non potevo crederci: ero l'unica in tutta la città ad avere un indumento simile, e adesso scoprivo che da qualche parte nel mondo qualcuno aveva la stessa fortuna. Perchè io la consideravo fortuna.
Mi guardò quasi come se fosse contento di vedermi, e pensai che forse era il normale senso di comunione tra ''strani'' a renderci subito simpatici a vicenda.
"Posso chiederti un'informazione?" domandò, continuando ad esprimersi in inglese.
Che cosa avevo detto? Senso di comunione. Figurati se l'avrebbe chiesta alle persone signorilmente vestite che ci passavano accanto, l'informazione.
Sorrisi tra me e me, annuendo:
"Certo."
"Penso di essermi perso e devo trovare il mio gruppo" spiegò, con un sorriso quasi di scusa. Io sorrisi tranquillamente:
"Non c'è problema. Dove devi andare?"
"Credo si chiami... Piaza... Katerine?" esitò lui, con una pronuncia diametralmente opposta a quella inglese.
"Piazza Santa Caterina?" chiesi velocemente io, e lui annuì sorridendo.
"Quella."
"Bene! Allora, devi andare avanti..." cominciai, fermandomi subito dopo. Non avrebbe mai raggiunto la piazza da lì, non con le mie spiegazioni. Fosse stato italiano, nessun problema, ma non ero sicura del mio e del suo livello di inglese tanto da tentare di spedirlo dall'altra parte della città.
"Aspetta, è troppo difficile spiegarlo. Ti ci porto io."
Sgranò gli occhi, che aveva leggermente socchiuso per prepararsi a seguire le direttive, e rispose:
"No, non devi farlo per forza."
"Davvero, ti prego, non saprei come dirtelo altrimenti... Se non ti dà fastidio, ti accompagno volentieri" replicai io, con aria dispiaciuta ma sorridendo. Che imbranata, neppure le indicazioni sapevo dare. Lui però sorrise con aria soddisfatta:
"Davvero?"
"Davvero."
"Ti ringrazio allora, grazie sul serio!" esclamò lui, portandosi le mani giunte davanti alle labbra. Sembrava pregasse, e mi fece sorridere:
"Di niente! Seguimi, la strada è quella" dissi, tornando sui miei passi. Lui mi affiancò, ed io domandai, per non restare in silenzio fino alla Piazza - e soprattutto per cogliere l'opportunità sia di parlare un pò in inglese, sia di appagare la mia curiosità:
"Sei in vacanza qui?"
Lui portò gli occhi su di me - aveva degli occhi bellissimi, di un colore indefinito tra il blu ed il grigioverde - e rispose gentilmente:
"No, magari. Sono qui in gita scolastica. Vengo dalla Germania."
"Dalla Germania? Davvero? Bello!" esclamai io colpita, e lui sorrise divertito.
"E vai da solo per le strade di una città che non conosci?" chiesi, interdetta: io neanche morta l'avrei fatto. Il mio senso dell'orientamento faceva un pò pena.
"Non vado molto d'accordo con i miei compagni, perciò preferisco stare da solo" replicò, senza guardarmi, ma assumendo un'aria più seria. Temetti di averlo offeso. Ripensandoci, se avessi fatto una gita con le galline, anche io me ne sarei stata per conto mio.
"Mi dispiace" mormorai, improvvisamente interessatissima al marciapiede.
"Non è niente di che" rispose, ed intuendo il sorriso nelle sue parole, alzai lo sguardo e incontrai il suo, che infatti si era posato su di me con serenità. Era veramente un ragazzo attraente. I capelli erano leggermente mossi, di un colore castano ramato, e aveva labbra chiare e ben delineate, che riusciva a tendere in un sorriso sghembo da brivido. Mi detti mentalmente della scema considerando tutto ciò e cercai di proseguire con la conversazione.
"Come ti chiami?" gli chiesi di getto, raggiungendo l'inizio della via da cui ero sbucata.
"Sebastian. Ma non mi piace granchè, preferisco Jack" aggiunse, indicandosi la maglia con un sorriso divertito. "E tu?" chiese poi, tendendomi la mano.
"Selene, ma mi chiamano Sally, penso per lo stesso motivo" risposi, ricambiando il sorriso e stringendogliela:
"Sebastian è un nome molto bello, comunque."
"Ce ne sono troppi, però" rispose lui sbuffando, fintamente annoiato. Io ridacchiai, pensando tra me e me che doveva essere uno a cui piaceva distinguersi, poi mi fermai di botto:
"Oh, che stupida, non ti ho neppure chiesto se volevi fare delle foto ai monumenti."
Lui scosse il capo alzando le spalle: "Ti ringrazio, ma non ho nessuno con cui farmele, e scattarsele da soli è davvero deprimente."
"Ci sono io!" ribattei subito, allegramente, e prima che potesse lanciarmi più di un'occhiata sorpresa lo presi per la mano e tornai indietro. Mi seguì docilmente, e ne approfittai:
"Dai, ci sono tanti giapponesi, nessuno baderà a noi. Hai la macchina fotografica?"
"Sì" rispose lui, ancora vagamente stupito, e aprendo lo zaino mi tese una digitale.
"Perfetto! Resta qui, anzi, vai lì!" lo incitai, facendolo salire sulla fontana davanti alla piazza. Lui eseguì, per poi voltarsi e portarsi una mano alla fronte per ripararsi dal sole:
"Qui va bene?"
"Certo! Non devi andare subito dagli altri, vero?"
"No, sono in anticipo."
"Bene! Pronto? Sorridi..." scandii, e lui si mise in posa contro la statua.
Prima di scattare mi convinsi di essere in realtà incappata in un modello, altro che studente in gita scolastica: era incredibilmente naturale e allo stesso tempo bellissimo in quella posizione, come se non facesse altro che farsi ritrarre da mattina a sera.
"Fatta! Ora, andiamo alla Torre" ripresi, raggiungendolo e guidandolo all'interno della Piazza. Lui sorrise, divertito.
"Quanta grinta!", esclamò, ed io mi limitai a sorridergli.
In realtà stavo pensando solo che a me avrebbe fatto piacere che qualcuno si comportasse così nei miei confronti, se fossi stata nella sua posizione. Dopo una decina di scatti vari, e forse più, gli tesi nuovamente la macchina e sorrisi:
"Ecco qua, puoi farci un book."
Lui rise riprendendosi la macchina: "Ti ringrazio davvero."
"Figurati" risposi io, per poi voltarmi e tornare indietro, ma lui mi fermò prendendomi il polso con gentilezza:
"Aspetta! Fanne una con me."
Lo fissai piacevolmente colpita: "Sei sicuro? Guarda che vengo malissimo in foto."
"Naa, scommetto che non è vero" ribattè lui con una smorfia, e io ridacchiai.
"Va bene, aspetta..." gli dissi, poi mi rivolsi a una coppia di mezza età che passava di lì e tesi loro sia il mio cellulare che la sua macchina fotografica chiedendo loro di farci una foto con entrambi. Erano italiani, fortunatamente, e sembrarono abbastanza disponibili. Lei prese il mio telefonino e l'uomo inquadrò entrambi con l'obbiettivo della macchina.
"Avvicinatevi" disse l'uomo, e Sebastian mi guardò perplesso un istante, prima ch'io io traducessi subito. Lui annuì, assumendo l'espressione di uno che pensa "Ah già, certo, è ovvio", e mi passò una mano dietro la schiena per posarla sul mio fianco destro, stringendomi a sè con la naturalezza di chi si conosce da anni.
Non me lo aspettavo. Non mi aspettavo neppure che il mio cuore cominciasse a correre così velocemente in risposta a quello che per me valeva come un gesto prezioso. Non ero abituata a una vicinanza simile con i ragazzi, oltretutto notevoli come lui, che solitamente mi evitavano. Alzai lo sguardo a osservarlo e lo vidi sorridermi tranquillo e allegro, per poi fare lo stesso verso il signore. Io chinai appena la testa di lato, sfiorandogli la spalla in una muta richiesta di permesso per poter stare così, e lui mi avvicinò ancora di più a sè offrendomela e piegando il capo dalla mia parte, prendendomi l'altra mano e portandosela sul petto, chiusa nella sua. Sorrisi nello stesso suo modo rilassato e sereno agli obbiettivi. Mi sentivo davvero così, per quanto i miei battiti cardiaci esprimessero il contrario. Il click della macchina e quello del cellulare risuonarono assieme, e i due ce li resero salutandoci.
"Perfetto" feci io, salvando la foto e rimettendomi il cellulare in tasca.
"Guarda, è venuta benissimo" disse lui, mostrandomi la foto. Annuii, con convinzione. Era vero. Anche fatta col cellulare era bella. Certo, la macchina digitale dava un colore ben più nitido e i contorni delineati alla perfezione, però per una volta mi piacqui. Avevo il sorriso di chi sta benissimo con se stessa e col mondo. Sorrisi all'immagine e a lui, quando alzai lo sguardo:
"Grazie" mi disse.
"Grazie a te. Andiamo?" chiesi, e lui annuì, di nuovo affiancandomi e seguendo i miei passi. Respirai profondamente, bloccando l'euforia che mi era cresciuta nel petto, e per evitare che se ne accorgesse ricominciai a parlare:
"Allora, ehm, abiti a Berlino?"
"No, magari!" rispose lui sorridendo "Abito a Villingen-Schwenningen."
"Ahm... Non so neppure dove sia di preciso, scusa."
"Non credo qualcuno la conosca, tranquilla" mi disse ridacchiando.
"Beh, non che Pisa sia una città così famosa... Se non fosse per la Torre, non sarebbe conosciuta neppure lei. Vi fermate tanto?"
"No, domani è l'ultimo giorno, partiremo nel pomeriggio."
"Capisco. Ti manca molto a finire la scuola?"
"Sono all'ultimo anno. E tu?"
"Anche io."
"Che cosa vuoi fare dopo il diploma?"
"Mi piacerebbe studiare le lingue straniere, ma non ho un buon rapporto con lo studio, a dire la verità. E tu?"
"A me piacciono le lingue straniere, specialmente l'inglese ed il francese. Ho dei parenti in Francia, sarebbe bello smettere di costringerli a parlarmi in tedesco. Però non penso che andrò all'università. Vorrei fare musica."
"Davvero?" chiesi colpita "Suoni qualche strumento?"
"No, però mi piace da impazzire cantare. Sogno un futuro nel panorama musicale."
"Wow! Beh, ti auguro buona fortuna davvero, spero che tu ce la faccia" risposi. Lui mi guardò sorpreso, come se si fosse aspettato invece una presa in giro.
"Grazie!"
Io sorrisi, e scherzando aggiunsi: "Poi un giorno verrò ad un tuo concerto, indossando questa felpa, così mi riconoscerai. Voglio un autografo, eh."
Lui scoppiò a ridere e annuì: "Certo!"
Ridacchiai anche io e chiesi: "Hai un gruppo?"
"Ho alcuni amici che suonano, sono anche bravi... Magari metteremo su qualcosa."
"Non sono in classe tua, vero?"
"Purtroppo no, stanno addirittura in città diverse."
"Oh, mi dispiace. Però chissà, se sarete fortunati non incontrerete altri ostacoli."
"Lo spero davvero."
"I tuoi genitori sono d'accordo con il tuo progetto?"
"Lasciamo stare" rispose, sorridendo leggermente amareggiato. Mi mandai al diavolo da sola e sussurrai:
"Scusa, non sono affari miei."
"No problem, davvero. E' che ovviamente a loro piacerebbe che facessi tutt'altro. A mio padre specialmente. Non ci vado molto d'accordo recentemente. Non gli piace che io mi trucchi e che vada in giro vestito in 'modo strano', sai."
"Mhm. Penso di poterti capire. Vedi queste?" chiesi, attorcigliandomi attorno all'indice alcune ciocche rosso fuoco;
"Quando sono tornata a casa così, i miei hanno quasi avuto un infarto. E pensare che credevo non mi stessero male" borbottai. Lui ridacchiò:
"Infatti ti stanno bene. Anche uno dei miei amici, di quelli che suonano, se li è fatti così. E poi sei in tinta con la maglia."
Ridemmo entrambi.
"Ecco, verissimo. Alla faccia di chi ci chiama strani."
"E' così che siamo. E io ne sono anche fiero, a dirti il vero."
"Bravo, questo è lo spirito giusto!" scherzai, allungandogli un pugno delicato sul braccio. Lui mi lanciò un sorriso complice - Dio, ma era veramente mozzafiato! - e mi chiese, mentre ormai avevamo raggiunto Piazza dei Cavalieri:
"Che lingue vuoi studiare?"
"Voglio continuare con l'inglese e il francese, e poi non so. Devo farne almeno tre."
Rimasi un pò in silenzio poi domandai: "Com'è il tedesco?"
"Mhm, difficile da dire... So che per gli stranieri è un pò complicato."
"L'unica cosa che so io è che non suona particolarmente... morbido, ecco" bofonchiai, imbarazzata. Non avevo pensato di poter risultare offensiva. Lui sorrise divertito:
"Senza dubbio non è una lingua morbida, no. Vuoi che ti dica qualcosa in tedesco?"
"Oh, sì, dai! Magari cambio idea" risposi allegramente. Lui annuì tranquillo ed esordì con una frase piena di troppe consonanti perchè potessi mai pensare di ripeterla.
Dovevo avere un'espressione abbastanza vacua, perchè scoppiò a ridere fissandomi.
"Ok, ripensandoci studierò spagnolo."
Rise ancora più forte, e anche io cominciai a ridacchiare:
"No, sul serio, che cos'era?"
"Grazie di avermi accompagnato, sei stata molto gentile."
Lanciò un'occhiata alla mia faccia e si rimise a ridere.
"Che fai, mi prendi in giro?" sorrisi divertita, e lui scosse il capo, senza smettere di sghignazzare:
"No, no, ti ho detto davvero questo."
"Ah."
"Adesso sta a te. Dimmi qualcosa in italiano, anche di difficile. Sentiamo come suona" aggiunse, provocante, con uno sguardo di sfida.
Gli lanciai un'occhiataccia, ma il suo sorriso mi abbagliò. Era incredibilmente coinvolgente. E non solo nel senso che faceva venir voglia di ricambiarlo.
"Hai un sorriso veramente bellissimo" esclamai, d'un fiato. Lui mi guardò corrugando appena le sopracciglia e mi affrettai a mostrare un'aria indifferente:
"Allora? Come suona?"
"Mhm, non male, per niente. E' musicale. Che significa?"
"Ehm..." esitai, posando lo sguardo altrove "Niente, solo che hai un bellissimo sorriso. E' la prima cosa che ho pensato" aggiunsi, cercando di giustificarmi, per poi pensare che stavo peggiorando la situazione.
"Intendo, la prima che mi è venuta in mente quando me lo hai chiesto."
"Grazie", rispose pacato, e tornai a guardarlo sorridendo.
"Bitte."
"Ah, allora qualche parola conosci!" ribattè divertito.
Ridacchiai, e raggiungemmo l'inizio della strada che portava alla Piazza.
"E finalmente eccoci qui. Spero tu non ti sia stancato" dissi, e lui scosse il capo:
"No, affatto."
"Scusa se te lo chiedo, ma come hai fatto a trovarti vicino alla Torre se il punto di incontro con gli altri era qui?"
"Avevamo un'oretta libera, ho semplicemente camminato senza badare a dove andavo. Da stupidi, in effetti" aggiunse, ed io scossi il capo.
"Figurati, lo faccio spesso anche io. Era solo per sapere."
"Mille grazie, sul serio, per la compagnia."
Mi sorrise ed io mi sciolsi, ma senza darlo a vedere.
"Grazie a te di avermi sopportata. So essere snervante se voglio."
"Non è vero, sei stata adorabile."
Lovely. Che parola stupenda.
Arrossii appena e sorrisi chinando il capo, poi delle voci richiamarono la mia attenzione e vidi dei ragazzi seduti ai piedi della statua nella piazza.
"Sono loro?"
Lui seguì il mio sguardo e annuì, un pò più serio:
"Sì. Che strano però..." aggiunse tra sè, poi fece qualche passo in avanti e scambiò qualche frase con la ragazza più vicina, che gli rispose con aria annoiata. Io rimasi dov'ero finchè non tornò accanto a me.
"Non siamo tutti, dobbiamo aspettare il resto delle persone."
"Ah, capisco."
Lanciai un'occhiata a loro e una a lui, che si era voltato verso gli alberi, proteggendosi il viso con la mano, e parlai senza pensare:
"Vuoi che aspetti qui con te? Non devo andare da nessuna parte, non è un problema. A meno che tu non preferisca stare con i tuoi amici, ovvio, non voglio essere invadente."
Chinò lo sguardo e incontrò il mio, assumendo un'espressione a metà tra il sorpreso e il contento:
"No, no, resta, per favore. Mi fa piacere."
Poi accennò col capo ai ragazzi dietro di lui e aggiunse piano: "Non sono amici miei."
"Oh. Allora va bene, sediamoci e aspettiamo" sorrisi, posando lo zaino e la giacca sulla panchina. Lui fece lo stesso, ricambiando il sorriso, poi indicò il mio zaino: "Tu come mai non sei a scuola?"
"Eh, è colpa mia. Devo imparare a non fidarmi di nessuno."
"Cos'è successo?" chiese, con aria preoccupata. Mi fece piacere che si interessasse, anche se solo per parlare.
"Sono stata malata, e la ragazza cui avevo telefonato per chiedere i compiti non mi ha detto che oggi ci sarebbe stata una verifica di chimica. Non ero preparata, perciò ho... ecco..."
"Sei andata via" concluse lui venendomi in aiuto. Annuii.
"Sì."
"Anche tu conosci gente molto simpatica, vero?" ironizzò, con tono comprensivo.
"Assolutamente sì, come puoi vedere."
In quella, una voce attirò la mia attenzione: un ragazzo di quelli che erano seduti ai piedi della statua aveva gridato qualcosa verso di noi, rivolgendosi presumibilmente a Sebastian; gli altri ridacchiarono guardandoci e aggiungendo quelle che credo fossero battute. Io corrugai la fronte e mi volsi verso Sebastian, il quale in risposta ribattè qualcosa con tono secco e scocciato, ma alla frase successiva del ragazzo tacque, chinando il capo e stringendosi nelle spalle con aria feroce.
"Qualsiasi cosa abbia detto, è un imbecille e non deve importarti, anche se dà fastidio" sussurrai, esitando. Scosse la testa, restando nella stessa posizione di difesa, in silenzio per diversi secondi. Poi bisbigliò:
"Mi mancano i miei amici."
"Non devi resistere ancora a lungo, la scuola tra poco sarà finita, tu andrai avanti e realizzerai i tuoi sogni mentre lui resterà un idiota perdente. E non lo dico per confortarti, lo so che è così. Basta guardare la differenza."
"Che differenza?" chiese, voltandosi finalmente a guardarmi.
"Tu hai i tuoi sogni. Saranno grandi e impossibili, ma li vuoi seguire, stai facendo progetti, hai le tue idee. Hai fantasia, ed è tutto quello di cui hai bisogno. Loro no, per questo resteranno sempre noiosi e dei perfetti nessuno."
Mi guardò intensamente, ma non abbassai lo sguardo, ben decisa a fargli capire che ero convinta di ciò che dicevo, per quanto infantili fossero le mie convinzioni.
"Tutto quello di cui hai bisogno è la fantasia" ripetè, soprappensiero, poi sorrise "E' bella. La inserirò in una canzone, questa frase."
Sorrisi più rilassata e risposi: "Voglio il copyright. Perciò al tuo concerto oltre all'autografo dovrai farmi salire sul palco e dire al mondo che la frase è mia."
Ridacchiò: "Farò finta di non riconoscerti allora!"
"Che perfido! Va bene, va bene, prenderò solo l'autografo. Ladro" replicai, con aria fintamente offesa, e lui scoppiò a ridere. Restai a fissarlo. Era davvero piacevole guardarlo. Si accorse del mio sguardo e smise di ridere, mantenendo un sorrisetto quasi ironico mentre mi osservava.
"Che cosa guardi?" gli domandai, ostentando indifferenza.
"Stavo notando che hai gli occhi del mio stesso colore."
"Solo perchè ci batte il sole, in realtà sono grigi."
"Sono belli."
Aprii bocca per rispondere e la richiusi. Lo guardai, chinai lo sguardo, tornai a fissarlo e sorrisi:
"Grazie."
Continuò a fissarmi intensamente, e per evitare di arrossire ancora decisi di buttarla sullo scherzo:
"La vuoi smettere di cercare di sedurmi? Non è gentile!"
Come previsto scoppiò a ridere e potei respirare, unendomi alla risata. I ragazzi attorno alla statua si voltarono verso di noi, ma prima che ricominciassero con le battute tre adulti li raggiunsero e cominciarono a richiamarli all'ordine.
"Sono arrivati tutti?" domandai a Sebastian mentre altri ragazzi si avvicinavano al gruppo. Lui annuì:
"Sì. Meglio che vada."
"Giusto."
Ci fu un attimo di silenzio mentre ci alzavamo, poi mi girai verso di lui e sorrisi:
"Beh, sono stata contenta di conoscerti, Jack. Davvero. Grazie di tutto."
Sgranò gli occhi e rispose: "Stai scherzando? Grazie a te di avermi accompagnato e di essere rimasta, e di tutto il resto" affermò, abbracciandomi di slancio e baciandomi sulle guance. Mantenni fermo il tono della voce e mi imposi di non arrossire ricambiando:
"E' stato un piacere. Buon viaggio di ritorno, e in bocca al lupo col tuo futuro."
Lo fissai seria per un secondo: "Abbi cura di te e dei tuoi sogni."
Poi sorridemmo entrambi e io mi rimisi lo zaino, lasciando andare le sue braccia a malincuore.
"Anche tu. Arrivederci!" rispose, con un ultimo sorriso, ed io annuì guardandolo raggiungere gli altri. Appena si fu voltato mi allontanai velocemente, pensando tra me e me che ''goodbye'' ha un significato tanto relativo quanto illimitato. E che per qualche motivo, avrebbe fatto male ancora per un pò.


"E' da pazzi fare un concerto o un quel che sia qui dentro!" borbotta Yu asciugandosi il sudore dal viso e togliendosi la maglietta. Come se avesse mai cercato di evitare di mostrare i suoi pettorali in pubblico.
"Effettivamente potrebbero aumentare il livello d'aria condizionata" afferma Luminor con calma, unico tra tutti noi a non mostrare alcun tipo di disagio.
Non è un vero concerto il nostro, è una specie di partecipazione, ma il locale è conosciuto e richiama gente. Non ci sono neppure le transenne davanti al palco, la gente è qui più per ballare che per tentare di saltarci addosso. Nondimeno, ci sono molti fans a urlare i nostri nomi, tra la folla.
"Però pare che ci sia chi resiste bene al caldo" esclama Kiro sistemandosi una ciocca di capelli, poi lo vedo voltarsi con la coda dell'occhio verso di me:
"Hai visto quella ragazza in seconda fila, Strify?"
Finisco di aggiustarmi l'ombretto leggermente sbaffato controllando nello specchio che sia tutto a posto e guardo il mio bassista:
"Ce ne sono un sacco, quale?"
"Quella con la maglia dalle maniche a righe nere e rosse."
"L'ho notata anche io, assomiglia al maglione di Shin" - fa Yu - "Decisamente, lei non deve sentirlo proprio il caldo."
"E da quando non noti una ragazza, tu?" - chiedo divertito - "Almeno è carina?"
"Male non è" risponde Yu, impegnato a rimandarsi indietro le ciocche di capelli sparse sul viso.
"Non c'entra con il mio maglione, comunque" interloquisce Shin, pacato, e Kiro lo guarda sorpreso:
"Ma l'avete vista tutti allora?"
"Beh, si nota, è l'unica che sta ferma a guardarci invece di saltare come le altre. E poi è davanti a me, difficile non vederla" risponde Yu con aria innocente, e Shin sorride per poi aggiungere:
"Comunque, la sua maglia sembra tale e quale a quella che avevi tu nella foto del parco. Ecco perchè ci ho fatto caso" aggiunge, guardandomi. Alzo le spalle.
Dopo aver visto quindicenni tatuarsi il volto di Bill Kaulitz sui polpacci, non mi stupisco più di niente. Comprarsi una maglia uguale alla mia non mi sembra tanto esagerato. Poi ci ripenso e incuriosito domando:
"Aspetta, che maglia avevo, scusa?"
"Ma dai, quella felpa di Nightmare Before Christmas."
"Ah, quella. Boh" rispondo indifferente.
Chissà dov'era finita, a proposito. Sono due anni che non la porto più. Ci tenevo, ci tengo ancora. Mi stava bene dopotutto, ma adesso mi vesto in tutt'altro modo, soprattutto sul palcoscenico.
"Andiamo? Facciamo le ultime due e poi firmiamo gli autografi."
Gli altri annuiscono alla mia domanda e torniamo sul palco, accolti da grida e mani alzate per aria, dotate di unghie dai mille colori. Mi convinco che viviamo in un mondo in cui la massa segue la massa. Se un domani andasse di moda una band vestita da cortigiani francesi, tutti si vestirebbero così ai loro concerti. Perchè nessuno è mai se stesso senza ricevere l'imbeccata da altri?
Comincio a cantare Lovesongs e scruto il pubblico con attenzione. Gli altri mi hanno messo curiosità, voglio vedere questa tipa con la maglia uguale alla mia. In realtà faccio solo finta di non esserne colpito, ma ammetto che essere imitato mi rende più egocentrico e soddisfatto di quel che sono già. Yu ha detto che è davanti a lui, perciò cantando mi muovo nella sua direzione, osservando le chiome colorate e tagliate in modo asimettrico - naturalmente, che avevo detto? - che si muovono a tempo. Intravedo un lampo nero e rosso e guardo meglio, ma le luci sfumano proprio adesso, trasformandosi in fulmini bianchi. Rinuncio alla ricerca, e finisco di cantare senza più interessarmene, concentrandomi solo sulle parole. Una volta finito, le grida aumentano di volume, e tutti e cinque ci spostiamo in cima al palco per salutare e ringraziare il pubblico.
"Scendiamo da lì" mi ricorda Luminor indicandomi la scaletta di fianco al palco, e seguo Shin e Kiro che mi precedono. Alcuni ci vengono incontro a gruppetti, già con la macchina fotografica in mano, altri aspettano di vedere se siamo disponibili o meno. Inutile dire che è ovvio. Mi perdo tra i fogli e le penne, le mani e i volti sorridenti che mi si accostano per il tempo di un flash, e senza badarci prendo un'altra foto da firmare.
Ci appoggio il pennarello indelebile e mi blocco, guardandola. Che senso ha portarmi una foto di quando avevo diciott'anni? Ce ne sono di infinitamente migliori e più recenti!
La osservo meglio alla luce che adesso non manca e mi vedo, con - che coincidenza! - la felpa di Nightmare Before Christmas indosso, la Torre di Pisa alle spalle, mentre abbraccio una ragazza vestita in maniera identica. La sorpresa mi immobilizza: sono sicuro di non aver mai messo online questa immagine, come è possibile che...?
Alzo lo sguardo per vedere chi me l'ha data e due occhi familiari affondano nei miei, del medesimo colore. Non fatico a riconoscere nella ragazza che mi sta davanti gli stessi lineamenti delicati di quella che tengo stretta a me nella foto. Ma non ci credo. Non può essere.
Mi sorride divertita ed insicura al tempo stesso:
"Mi hai riconosciuta davvero, allora?" chiese, in un tedesco addolcito dall'accento straniero.
Devo avere un'espressione da manuale. Chiudo la bocca - per quanto l'ho tenuta aperta?! - e le sorrido, intorpidito dallo stupore:
"Non posso crederci!" esclamo, e lei sorride allegramente, riprendendosi la foto.
"Come, te lo avevo detto che ci sarei stata un giorno. Mi devi un autografo, e anche il copyright, Mister "All you need is fantasy" Jack Strify" risponde, con espressione maliziosa.
Scoppio a ridere cominciando a ricordare la conversazione di quel giorno di due anni fa e la abbraccio di slancio, fregandomene delle persone che aspettano il loro turno. Lei però non è dello stesso avviso perchè la sento irrigidirsi appena. Forse ha paura che le facciano scontare questa preferenza, perciò le sussurro:
"Vai nell'angolo accanto al palco, ti mando a prendere da Klaus. Aspetta, ok?" le chiedo per conferma, e lei annuisce, sorridendo e dirigendosi dove le ho indicato.
Faccio cenno a Klaus di avvicinarsi e gli dico di farla passare. Lui annuisce tranquillo e le va incontro, e quando lei si volta a guardarmi interrogativamente le faccio l'occhiolino in risposta, perchè capisca di doverlo seguire. Una volta spariti entrambi, finisco di dedicarmi alle fan, controllando la strana eccitazione che mi ha preso. Terminato quello, mi precipito nei locali interni, dove ci siamo cambiati.
"Ehi, che ti succede?" mi grida dietro Yu quando supero tutti e quattro i miei amici in fretta.
"Dopo lo vedi!" rispondo, entrando nella saletta attigua a quella dov'è la nostra roba, una specie di salottino.
Eccola lì, davanti a me.
Sussulta sentendomi entrare di colpo, e si alza dalla poltroncina su cui era seduta, sorridendomi contenta. Le vado incontro e la stringo a me nuovamente, e stavolta mi lascia fare, ricambiando la stretta e posando la testa sul mio petto. Restiamo in silenzio qualche secondo, poi sussurro:
"Ok, spiegami nuovamente come siamo arrivati qui."
Lei scoppia a ridere lasciandomi andare e risponde, in un tedesco perfetto:
"Ah, tu non lo so, posso dirti cosa è successo a me da quando ci siamo separati fino ad ora."
Sorrido divertito e le faccio cenno di continuare:
"Assolutamente, raccontami tutto."
Lei si fa pensierosa e poi comincia a parlare:
"Beh... Mi sono iscritta a Lingue Straniere e invece del francese ho scelto il tedesco come seconda lingua, e ti dirò, non è difficile se sei abbastanza testarda da volerlo imparare a tutti i costi. E adesso sono qui con l'Erasmus. Un giorno, guardando la televisione, mi son vista apparire davanti qualcuno che voleva fare il cantante..."
Sorride divertita e complice, guardandomi, ed inizio a ridere.
"... E che a quanto pare alla fine c'era riuscito! Così, sapendo che stasera suonavate qui, grazie alla mia coinquilina, ho deciso di venirmi a prendere quel famoso autografo."
"E' incredibile, è veramente fuori dal mondo, non posso crederci! Ma guarda... Quanto tempo è passato da quando ci siamo conosciuti?"
"Due anni. E hai visto dove siamo? Scommetto che i tuoi compagni si stanno mangiando le mani" ammicca, divertita. La guardo, sfiorandole la felpa con le dita:
"Hai ancora la maglia di quel giorno."
"Certo, altrimenti non mi avresti mai riconosciuta. Guarda che ricordo ogni cosa di quella mattina, e se non sbaglio avevo previsto qualcosa del genere."
"Avevi ragione. Dio, non ci credo ancora..."
"Sono felice per te."
La guardo, e lei sorride dolcemente, con convinzione: "Per essere riuscito a fare quel che volevi. Devi essere fiero di te. Io lo sono."
Osservo il suo sorriso e sento di nuovo l'impulso di abbracciarla. Lo seguo, ma con meno entusiasmo stavolta.
E' un abbraccio lento, liberatorio, di quelli che ci si scambia dopo aver faticato tanto a scalare un monte ed esserci riusciti, di quelli vittoriosi ed eterni. E credo che anche lei se ne sia accorta, mentre mi posa le mani sulla schiena e mi tiene stretto a sè. Abbiamo raggiunto tutti e due i nostri sogni e li stiamo vivendo. Abbiamo vinto su tutti.
"Come va con i tuoi adesso?" mormora piano, ed io alzo appena il capo posando il mento sulla sua spalla per rispondere:
"Molto, molto meglio. Anzi, va bene."
Mi stringe un pò più forte, la sento sorridere.
Vorrei dirle che quel giorno, in mezzo alle prese in giro che lei non poteva capire dei miei compagni, non erano solo i miei amici a mancarmi.
Mi mancava il porto sicuro che rappresentavano, la certezza di non dover ricevere giudizi da parte loro, gli stessi giudizi che ricevevo costantemente da mio padre, che già vedevo poco a causa del divorzio, oltre che da quegli idioti di classe mia. E senza sapere niente di tutto questo nè di quello che mi stavano dicendo loro, battute idiota su come fossi stato fortunato a trovare una strana quanto me così da metter su famiglia, lei mi era rimasta accanto comportandosi come se invece avesse intuito ogni singola parola, anche quelle non dette. Lei, che senza neppure conoscermi già allora credeva in me e nel mio sogno. Per me fu talmente importante che quando tornai a casa lo raccontai subito a Yu e Kiro. E vorrei dirglielo ora, di quanto valse, e confidarle tutto quanto, ma non saprei da dove iniziare. Sento le voci dei ragazzi nella stanza accanto e lentamente la lascio andare. Mi sorride ed io faccio lo stesso, colto da un'idea improvvisa:
"Vieni, voglio presentarti gli altri."
Non le do il tempo di rispondere e tenendola per mano apro la porta del camerino:
"Ragazzi, devo presentarvi una persona."
I ragazzi si voltano verso di me e Yu sgrana gli occhi: "Ma non è la ragazza di cui stavamo parlando prima?"
Sento la sua voce risuonare divertita: "Ah, allora sono famosa anche io, qui dentro?"
Kiro lancia un'occhiataccia a Yu e lui tace, con un sorriso vagamente imbarazzato, mentre Shin ridacchia; trattenendo una risata spiego:
"Ricordate la gita a Pisa che feci due anni fa con la scuola? Io e lei ci siamo conosciuti là. Dai, ve ne ho parlato" aggiungo, guardando Kiro e Yu, che avevano annuito alla prima domanda "La ragazza che mi ha accompagnato."
"Oh, aspetta! Ma sì, quella che infatti aveva la maglia uguale alla tua!" esclama Kiro sgranando gli occhi e sorridendo entusiasticamente, per poi fissarla:
"E' lei?"
Sorrido e tirandola per la mano la faccio avanzare: "Già. Vi presento Sally."
Si volta verso di me con un sorriso stupendo e un'aria sorpresa, quasi colpita.
"Non potevo certo scordarmelo" le sussurro, indicando la sua maglia. Lei sorride lieta e si rivolge agli altri:
"E' un piacere conoscervi, e congratulazioni per essere riusciti a sfondare."
Noto con soddisfazione che gli altri sembrano molto più rilassati e sereni, avendogliela io presentata come una conoscente invece che come una fan - in effetti neppure so se lo è - e la salutano tutti amichevolmente. Anche lei sembra a suo agio, perfino quando Kiro le riserva un abbraccio dei suoi. D'altronde, ora che mi ricordo, mi disse chiaramente che se mai gli fosse capitato di trovarsela davanti l'avrebbe stretta forte per ringraziarla di come mi aveva trattato. Scuoto il capo, sorridendo tra me e me.
"Sei venuta fin qui dall'Italia?" chiede Kiro dopo averla baciata sulle guance, con un sorrisone a trentadue denti. Sally sorride annuendo:
"Mi sento in colpa a confessarlo, ma sono qui esclusivamente per studio. Però quando ho saputo che suonavate in questo locale sono venuta subito! Sono perdonata?" aggiunge, a mò di scusa. Kiro ride divertito e annuisce:
"Assolutamente sì."
"Sei una nostra fan allora?" chiede Yu esprimendo il mio stesso dubbio, avvicinandosi come Kiro per salutarla con due baci sulle guance.
"In realtà si può dire che lo fossi prima ancora che diventaste una band vera e propria, no?" mi chiede guardandomi con aria complice, e sorridiamo divertiti entrambi.
"Accidenti, la maglia è veramente identica" esclama Kiro fissandole l'indumento, mentre Shin e Luminor finiscono di salutarla presentandosi. Yu con aria maliziosa aggiunge:
"Jack e Sally, ma guarda che caso strano."
"Già" esclamiamo contemporaneamente, per poi scoppiare a ridere guardandoci.
"Oddio, mi sembra tutto così assurdo" affermo, riprendendo fiato.
"In effetti hai un'espressione basita da quando ti ho messo la foto davanti, forse avrei dovuto prepararti, prima" mi risponde ridacchiando.
"E' stata un'ottima idea quella di portartela stasera."
"Ci contavo. Non sapevo se la maglia sarebbe bastata. E tu, hai ancora le foto di quel giorno?"
"Naturalmente! Infatti sono rimasto sorpreso quando ho visto questa, perchè ricordavo benissimo di non averla mai messa online."
"Come mai non l'hai messa? Le fan italiane sarebbero impazzite" chiede Yu lanciando un'occhiata sorniona a Sally, che per tutta risposta sghignazza.
"Perchè avrei dovuto tagliarla" spiego indicando la ragazza al mio fianco.
"Tagliarla?" domanda Kiro.
"Per la privacy" risponde Luminor impassibile.
"E si sarebbe rovinata la foto, vero?" chiede Yu. Scuoto il capo:
"Anche, ma non volevo tagliare lei e basta. Quell'immagine è bella così com'è."
C'è un attimo di silenzio nel quale mi accorgo del sorriso vagamente addolcito che hanno Yu, Shin e Kiro sulle labbra. Cerco di ignorarli e seguo invece lo sguardo attento di Luminor, trovandomi a fissare gli occhi di Sally. Sono lucenti, luminosi, pieni di tante emozioni diverse. Ma il sorriso sereno che mi riserva è il solito. Lo ricambio e le prendo le mani:
"Grazie di essere venuta qui, stasera."
"Grazie di esserti ricordato di me" risponde, in un sussurro leggero e vibrante.
"E complimenti, siete davvero bravissimi. E' stato un piacere assistere al vostro concerto" aggiunge alzando il tono della voce e rivolgendosi ai miei amici, lievemente più rossa sulle guance. Kiro le sorride con gratitudine, Yu le fa l'occhiolino e Shin le sgrana un sorrisone contento seguito da Luminor, che china appena il capo.
"Quanto rimarrai a Berlino?" domando, allegro. Il suo sorriso si incrina appena:
"In realtà, parto domani. E' l'ultima sera che trascorro qui."
Non so come, ma questa risposta mi colpisce in pieno stomaco.
"D'altronde siamo destinati a incontrarci nei modi più strani e solo per poco tempo, noi due" aggiunge lei scherzando, nonostante il tono sia più triste - o è la mia immaginazione che lo desidera tale? - e lanciandomi un'occhiata. Annuisco, sorridendo appena:
"Effettivamente... Allora, ti accompagno all'uscita, vuoi?"
Yu mi lancia un'occhiata sbalordita, so cosa sta pensando: Strify che chiede il permesso di scortare una ragazza? Solitamente fanno a gara solo per sfiorarmi. Ma Sally annuisce contenta e si rivolge agli altri:
"Sono felice di avervi conosciuti. Spero di rivedervi, magari in Italia. E in bocca al lupo col lavoro!" esclama, e gli altri ringraziano salutandola con un abbraccio - tutti e quattro, Luminor compreso. Il che me la dice lunga.
"Torno subito" faccio io, prendendola per mano e uscendo.
"Stai pure quanto vuoi!" mi urla dietro Yu, provocando le risatine di Shin e Kiro. Sbuffo appena, ma Sally ridacchia seguendomi.
"Sembrano abbastanza matti da starci benissimo assieme, sbaglio?" mi chiede alzando un sopracciglio, con aria fintamente seria. Sorrido divertito e fingo di lamentarmi:
"Guarda, sono una cosa assurda, a volte li strangolerei tutti..."
"Ma se ci vivi addirittura assieme!"
"Ah, allora qualche informazione l'hai cercata" insinuo io malizioso, e la vedo arrossire.
"Sei sempre il solito, vedo" borbotta ridendo, e la imito, intanto che raggiungiamo l'uscita posteriore. Davanti alla porta ci fermiamo, voltandoci l'uno verso l'altra.
"Eccoci qui."
"Già" risponde, guardando la notte attraverso il vetro. Mi accorgo di quanto sia bella. Più di com'era due anni fa. Adesso è cresciuta, è più donna, i suoi occhi sono più sereni. I capelli corvini sono più lunghi e ondulati, ancora divisi però da ciocche rosse e lisce. Si è truccata con una cura particolare, lo noto solo ora, mentre mi guarda leggermente perplessa.
"Ehi, tutto bene?"
"Sì, sì."
Mi guarda scettica e aggiungo: "Sei cresciuta."
"Anche tu" risponde sorridendo "E non hai più i capelli castani."
"Li preferivi?" domando, per poi subito chiedermi se sono impazzito. Amo i miei capelli così come sono ora!
"Stai benissimo" risponde divertita, osservando le mie ciocche di colore diverso. Poi torna a fissarmi:
"Devo andare."
Annuisco, senza dire nulla.
"Non hai idea di che piacere mi abbia fatto rivederti, qui e ora" aggiunge, e gli occhi le brillano. Capisco cosa intende e sorrido annuendo:
"Anche a me. Vorrei ringraziarti ancora... Non solo per stasera, per essere venuta. Se ricordo quella gita con piacere è anche grazie a te."
Lei sorride illuminandosi: "Allora mi ricorderai ancora, anche se non ci vedremo per altri due anni?"
"Puoi starne certa" rispondo convinto. E poi la domanda mi sfugge:
"Tornerai da queste parti?"
"Spero di sì, non so però quando. Vedremo come vanno le cose. E voi, farete davvero un giretto in Italia?"
Sorrido imitandola e mi stringo nelle spalle: "Anch'io spero di sì. Vedremo... come vanno le cose."
Sally ridacchia e poi mi guarda intensamente:
"Allora... ci vediamo da qualche parte, in qualche tempo futuro."
Ricambio il suo sguardo, sentendomi come se stessi perdendo qualcosa di importante.
"Sì."
Mi scruta ancora un istante e poi è lei ad abbracciarmi e a sussurrarmi all'orecchio: "Abbi cura di te, Sebastian."
La stringo un'ultima volta, con forza, e annuisco tra i suoi capelli aspirandone il profumo.
"Anche tu."
Quando ci lasciamo andare la vedo sorridermi e voltarsi velocemente, uscendo in fretta dalla porta, senza guardarsi indietro. Rallenta quando è a diversi passi dall'uscita, ma ancora senza girarsi. Smetto di seguirla con gli occhi e torno indietro, piano, perso nei miei pensieri. Forse è la stanchezza a farmi camminare lentamente. Rientro nel camerino e mi cambio anche io, prestando a malapena orecchio ai discorsi degli altri, finchè non mi accorgo che c'è silenzio. Allora alzo lo sguardo e li vedo fissarmi.
"Che c'è?" chiedo, fingendomi distaccato. Yu lancia un'occhiata a Kiro ed io torno a vestirmi, fintamente scocciato.
"Dev'essere una tosta, per costringere te a chiedere a lei se puoi accompagnarla all'uscita" esclama Yu, stranamente senza sghignazzare.
"Mhm" rispondo io vago. Mi viene da sorridere a ricordare la sua grinta e la sua spigliatezza, quando mi convinse a farmi delle foto. Che strano, mi accorgo solo ora che stasera sembrava più remissiva, molto meno esuberante. E forse anche io la considero diversamente. Non ho più bisogno di sostegno, adesso. Però, mentre rifletto su questo, mi rendo conto che sapere di averlo ancora, quel suo sostegno, mi fa piacere. Molto.
Di nuovo silenzio. Faccio finta di non rendermene conto. Poi, Kiro mi si para davanti tenendo in mano la foto che Sally aveva con sè. Gliela sfilo dalle mani, sorpreso.
"L'ha lasciata di là" afferma, accennando col capo alla stanzetta attigua.
Faccio per chiedergli come fa a essere sicuro che non se ne sia semplicemente dimenticata, quando voltandola noto la scritta, a caratteri piccoli e ben definiti.

"Quando ero scoraggiata, mi bastava guardare il sorriso speranzoso
di questi due ragazzi per realizzare quel che volevo.
Per questo me la sono sempre portata dietro.
Tienila tu, ti farà da sprone come ha fatto con me.
Abbi cura di te, Sebastian.
E ricordami ancora.
S."


"Io le andrei dietro, se fossi in te" risuona la voce calma di Luminor. Mi volto a guardarlo sorpreso. Lui non scherza mai su queste cose. Scherza molto poco su tutto, in effetti. Non me lo aspettavo un consiglio simile.
"E' andata via" replico, cercando di suonare indifferente.
"Non penso sia lontana" ribatte Luminor alzano un sopracciglio e accennando un sorriso. Ora sì che sono basito.
"Dai, Jack, vuoi far passare altri due anni senza rivedere la tua Sally?" insinua Yu con finta aria implorante, beccandosi un'occhiataccia di Kiro.
"Guarda che si vede, Seb" fa quest'ultimo, guardandomi con un sorriso tenero dei suoi.
"Cosa?" chiedo, sperando nella risposta giusta.
"Che tiene a te. E' bastata la sua espressione quando ti sei ricordato il suo nome" risponde stupito, come se fosse una cosa ovvia.
"Senza contare lo sguardo che ti ha rivolto quando hai parlato della foto. Ho visto che stavi guardando me mentre lo notavo" riprende Luminor, scrutandomi con aria ironicamente maliziosa.
"Ma siete un gruppo di ficcanaso!" esclamo, sorridendo, per quanto abbia in realtà voglia di dar loro retta e seguirla. Sentirlo dire da lei, se hanno ragione o meno.
"Domani parte, Seb. Che hai da perdere?" interloquisce Shin, gentilmente.
"Al massimo ti sfottiamo un pò tra di noi" rincara Yu alzando le mani come a chiedere tregua, con un sorrisetto.
"Le tue cose le prendo io, tranquillo" aggiunge Kiro, con tono scherzosamente esasperato.
Li guardo tutti e quattro, immobile, per cinque secondi netti. Poi afferro la giacca e mi precipito fuori dalla stanza.
"Ho capito, ci vediamo domattina a colazione! E non mettere la sicura al portone quando arrivate a casa!" urla Yu, ed io sorrido aumentando la velocità della mia corsa.
Mi vengono in mente una serie di domande e di idee assurde mentre esco dall'uscita posteriore. Mi chiedo, ansimando, se ha un ragazzo o se è sola, se posso davvero contare qualcosa per lei, perchè è corsa via per poi rallentare, perchè ha scelto il tedesco invece del francese, se è Sebastian che voleva rivedere, e non Strify, e quindi, se era qui per me... davvero.
Seguo la direzione che le ho visto prendere ma la strada mi sembra vuota, nonostante sia piena di persone, dal momento che non la vedo in giro. Tutti vestiti di chiaro o di scuro, non sarebbe difficile distinguerla, a meno che non si sia tolta la felpa... In quella ho un'idea, e fermo la prima coppia che trovo:
"Scusatemi, avete per caso visto passare una ragazza mora con una felpa a strisce nere e rosse sulle maniche?"
"Uh, sì! E' quella che ci ha chiesto della metro due minuti fa, ricordi?" fa lei al ragazzo, che annuisce "E' andata di là" aggiunge poi, indicando la strada alla nostra sinistra.
"Grazie!" esclamo, e la percorro scansando le persone finchè non vedo i suoi colori; aumento il passo, raggiungendola.
"Sally!" chiamo, e la vedo voltarsi con aria sorpresa e poi, appena mi riconosce, felice. Mi viene incontro e io mi fermo a due passi da lei, ansante.
"Dimmi! Che cosa c'è?" chiede, preoccupata, mentre riprendo fiato. La guardo, con così tante risposte e domande in testa che non ho idea di che cosa dire, ed esclamo di getto la prima cosa che penso:
"Sei stata al caldo finora, mettiti subito una giacca!"
Mi guarda sgranando gli occhi e inarca un sopracciglio: "E mi hai rincorso fin qui per questo? Guarda che non sta facendo freddo."
Per la seconda volta guarda la mia espressione e scoppia a ridere: "Sei davvero da immortalare! Peccato non avere la macchina, stavolta."
"Non voglio rischiare di non vederti per altri due o più anni" riesco a dire, mandando al diavolo i discorsi complicati.
Da divertita, la sua espressione si fa sorpresa e poi gioiosa.
"Neppure io. Ma non sapevo..." esita, sorridendo incredula.
"Che cosa?" incalzo io, già entusiasmato sia dalla sua reazione che dalla sua risposta. E lei riesce a dire quello che prova senza troppi giri di parole, proprio come allora:
"Non sapevo se potevo dirtelo o no" confessa, chinando lo sguardo e sorridendo intimidita.
"Ci siamo visti neanche un'ora due anni fa e già all'epoca mi dispiacque vederti andare via, ma non ci conosciamo neppure, come facevo a dirti "Ehi, non vedevo l'ora di rivederti perchè non mi sono mai dimenticata di te, un perfetto estraneo con la mia stessa maglia ed un sorriso bellissimo"?".
Alza lo sguardo lucente e aggiunge: "Credevo mi avresti presa per pazza."

Posa le mani sui miei fianchi attirandomi a sè e mi bacia come desideravo da tempo d'essere baciata da lui. Fin da quando mi ha abbracciata nel locale riconoscendomi, fino a che non sono andata via, ho sperato che la mia razionalità ed il mio continuo ammonirmi bastassero a infrangere questo sogno da bambina. E' famoso, è ricercato, neanche ti conosce, neppure lo conosci tu, può avere chi vuole, già è tanto se si ricorda di te...
E invece ogni suo gesto, ogni sua frase avevano alimentato la speranza. Mi ero allontanata velocemente perchè non avrei saputo nè voluto spiegare la ragione della mia tristezza, di cui si sarebbe accorto se fossi rimasta ancora un pò. Quando mi aveva chiamata e voltandomi lo avevo visto corrermi incontro, non ero riuscita ad impedire al mio cuore di battere ancora più forte. E lui aveva infranto ogni mia preoccupazione, ogni mia remora, solo sfiorando le mie labbra con le sue. Ed ora mi tiene tra le braccia senza lasciarmi andare, e più mi bacia, più mi perdo. Le sue mani mi accarezzano il viso e mi allontana dolcemente dal suo quel tanto che basta a guardarmi negli occhi.
"Ora non è che sei tu a prendermi per pazzo, vero?" domanda, col suo sorriso sghembo e malizioso il cui ricordo mi aveva accompagnato per così tanto tempo.
"No, affatto" mormoro "Mi sta benissimo così."
"Ti prego, resta ancora un pò."
Come posso cancellare quella luce tanto abbagliante nel suo sguardo?
"Non posso farlo. Mi aspettano a casa, ho prenotato il volo..."
"Lascia che aspettino. I tuoi, l'aereo, tutti. Noi abbiamo aspettato parecchio."
Sorrido divertita imitandolo, e gli poso le mani sulle sue, che ancora accarezzano il mio viso.
"Beh... per un giorno non morirà nessuno, penso."
"Facciamo una settimana?" propone lui sornione.
"Si vede che sei abituato ad ottenere quello che vuoi, eh" ribatto ridendo, e lui fa lo stesso.
"No, stavolta è una richiesta seria. Un giorno non ci basterà per conoscerci un pò."
"Noi umani ci complichiamo la vita. Che regole stupide abbiamo, per poter frequentare qualcuno. E pensare che a piacermi ci hai messo cinque secondi soltanto, e guarda da quanto tempo dura."
Mi fissa intensamente e mi bacia ancora, portando le mani lungo la mia schiena e stringendomi. Di nuovo mi lascio andare, perdendomi.
"Allora ignoriamo ancora le convenzioni e restiamo insieme. Per favore. Poi tornerai, se non vuoi più... O magari, potrai chiedere di restare ancora..." sussurra contro le mie labbra.
Annuisco ad occhi chiusi senza neanche accorgermene.
"Sì. Resto."
Apro gli occhi e lo vedo sorridermi, sorriso che ricambio col cuore in tumulto.
"Non ho più la casa, però. Domattina scade il termine per l'affitto" sussurro trepidamente. Lui sorride nel suo modo perfetto e risponde:
"Fortuna che io una casa ce l'ho."
"E ci vivi con altre due persone."
"Che non avranno problemi ad averti in giro per casa qualche giorno. Mi hanno praticamente spedito a riprenderti."
Se potevo tentare d'essere più felice, ci sono appena riuscita ascoltando queste parole.
"Sul serio?"
"Sul serio."
"Quindi è inutile che io trovi altre scuse?"
"Abbastanza inutile. Non intendo lasciarti andare."
"Non intendo andare via."
Mi stringe forte a sè, posando il mento sulla mia spalla. Sentire il suo respiro sul collo è incredibilmente meraviglioso. Lo rivedo, com'era tanto tempo fa, venirmi incontro con lo stesso sguardo sereno e luminoso, il sorriso sicuro e morbido... Alla fine, non siamo cambiati affatto.
Forse adesso abbiamo tutti e due un sogno in più da realizzare. Insieme, magari.
Si allontana appena da me prendendomi per mano e sorridendoci a vicenda torniamo da dove siamo venuti.
"Cominciamo subito da stanotte a parlare di noi stessi o rimandiamo tutto a domattina?" mi chiede, con tono innocente e un'occhiata paradossalmente maliziosa.
"Mhm..." fingo di rifletterci, poi mi arrendo davanti al suo sguardo "Non ho molta voglia di parlare di me, stasera. Ti dispiace?" chiedo, con aria desolata.
Lui scoppia a ridere avvicinandomi a sè e posandomi la mano sul fianco, per tenermi vicina.
"Non così tanto" mi sussurra all'orecchio, prima di baciarmi ancora.







(*)Io l'avevo detto che non era granchè, eh XD
  
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