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Autore: fotone    02/11/2018    0 recensioni
Questa è la storia di Elena, una ragazza il cui corpo sente essere solo un vacuo involucro che ricopre aria e silenzi, e di Matteo, un ragazzo che la amerà sempre, nonostante i suoi silenzi, nonostante le sue distanze. Parlano dei loro problemi, delle loro vite, del loro sentimento di solitudine. Parlano della nebbia che si condensa nei loro occhi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi guardo allo specchio. Guardo i miei occhi azzurri, le cui pupille rendono ancora più vacui. Quanto odio i miei occhi da bambolina: c'è uno stacco tanto evidente, tra le pupille e l'iride, da cancellare ogni illusione di profondità; profondità nella quale si può invece affogare, negli occhi scuri, negli occhi scuri come quelli di Matteo. Mi giro e guardo Matteo, che sta leggendo un libro. Ci tengo veramente molto, a lui. Credo che lui voglia qualcosa di più di una semplice amicizia, forse la vorrei anche io, ma non lo so, è complicato. Devo capire i miei sentimenti. Guardo di nuovo la superficie riflettente dello specchio, ci affogo dentro. Vedo una nebbia coprire i miei occhi freddi e vuoti.Vedo questa nebbia incombente su di me, rendere il cielo delle mie iridi grigie come le nuvole di questo freddo novembre. Quella fredda nebbia mi parla del dolore che ho dentro, della rabbia che mi divora, della voglia di urlare che mi tiene sveglia la notte. Vedo la densità di quella nebbia che si condensa, sotto l'effetto del freddo che ho dentro. Inizio a piangere, di conseguenza, per motivi che nemmeno capisco. Matteo alza la testa dal libro, mi guarda confuso e viene in fretta verso di me. "Ehi, piccola, cos'hai? Perché piangi?" mi domanda stringendomi in un abbraccio. Mi accarezza la testa e io adagio la testa fra il suo collo e la sua clavicola, sentendomi protetta. "Io... non lo so. Non voglio essere melodrammatica, non penso ci sia una ragione. Credo che sia la stessa rabbia che mi fa venire voglia di correre fuori, nel bel mezzo della notte, sommata alla sofferenza che mi fa venire voglia di non muovermi, quando dovrei alzarmi dal letto. Mi manca qualcosa." Matteo sospira e mi dà un bacio sulla fronte. "Piccola... non voglio che nulla ti manchi. Cosa ti manca? Farò di tutto per farti sentire completa." "Io... io non credo di potermi - semplicemente - sentire completa. Non credo che nulla potrà mai farmi sentire in tal modo. Non importa di quante persone mi circondi, non importa quanto sia forte la musica con cui mi riempio le orecchie. Nella vita, penso esista solo solitudine. Nasciamo soli, ci illudiamo nel frattempo, e poi moriamo soli. La solitudine è la nostra inevitabile condanna." Matteo mi guarda triste, apre la bocca per parlare, ma poi la richiude. Mi accarezza la guancia. Penso di essermi talmente abituata al suo "affetto da amico" da non aver bisogno di altro, non aver bisogno di stare con lui. Rimane alcuni secondi in silenzio, poi, finalmente dice: "Amore... no... non devi pensare queste cose e scoraggiarti. Sarai sempre sola, fino a quando non trovi, finalmente, una persona che sappia farti sentire completa come desideri. Non perdere la speranza. Sarai anche tu felice un giorno, sarai anche tu completa." Io lo guardo un attimo con la bocca, poi non riesco a trattenere un sorriso divertito. "Matteo... Ma... Sbaglio o mi hai chiamata amore?" Ride, guardando altrove. Con uno sguardo imbarazzato, mi confessa: "Sì, scusa, è che siamo così vicini che, a volte, è difficile tenere presente che non stiamo insieme. L'ho detto senza pensare." Il rossore che dipinge le sue guance mi suggerisce che, probabilmente, non è tutto qui. Non è un semplice lapsus. C'è chiaramente qualcosa di più profondo, inconsciamente. Mi avvicino. Forse è finalmente arrivato il momento di avere coraggio. Di non pensare alle conseguenze. Lo guardo negli occhi, dal basso altro, e mi mordo il labbro. Mi perdo nei suoi occhi scuri, più profondi dei miei. Abbasso lo sguardo alle sue labbra, di una forma così perfetta... mi avvicino. I nostri respiri riscaldano l'uno la pelle dell'altro. Sento che ci stiamo per baciare, e dico, impulsivamente: "Non basterà! Sarò ancora incompleta, sarò ancora senza... senza quel qualcosa." Lui, tenendomi la mano dietro la vita e la testa inclinata a destra, con gli occhi chiusi, sussurra: "Ed io ti giuro che non avrò altro obiettivo al mondo se non quello di dartelo. Di riempire le tue giornate. Di asciugare le tue lacrime e spolverare la tua mente...". Detto ciò, senza neanche aspettare una frazione di secondo, finendo a malapena di pronunciare l'ultima parola, mi bacia.
   
 
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