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Autore: Darla92    14/07/2009    0 recensioni
questa fanfiction è ambientata dopo Eclipse, quando Jacob scappa in Canada
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Correvo. Da quella che mi sembrava un’eternità, correvo. Ricordavo a scatti di essere uscita da scuola, sotto la pioggia; stavo aspettando l’autobus nella parte più periferica della città, speravo di non averlo perso, poiché era l’ultimo. All’improvviso avevo guardato il bosco che si ergeva fitto alla fine della strada, l’avevo osservato a lungo, mentre la pioggia sempre più fitta mi sferzava il viso. Non me n’ero resa conto, d’un tratto la pioggia era diminuita, ed alzando lo sguardo avevo visto gli alberi ergersi altissimi e sminuire le gocce d’acqua. C’era un sentiero, stretto, ormai ridotto in fanghiglia, che si addentrava nel fitto buio davanti a me. E un richiamo, un qualcosa dentro di me che mi spingeva a seguirlo. Perché? Inciampai in un grosso sasso che spuntava da terra, riuscii a mettermi in piedi velocemente e ripresi a correre, scavalcai in salto un albero caduto, e nella drammatica situazione riuscii a benedire mentalmente il mio allenatore per tutti quegli orribili esercizi di abilità e velocità che ci obbligava a fare; sentivo che si stava avvicinando, nonostante l’estrema silenziosità dei suoi movimenti sapevo che era appena dietro di me. Mi ero avvicinata per guardare degli strani fiori in un angolo, vicino ad un cespuglio malridotto, erano di uno strano color cremisi, i petali grandi, dovevo ricordarmi di dirlo a Marta, a lei erano sempre piaciuti i fiori; un istante dopo avevo sentito una presenza dietro di me, mi ero alzata di scatto, trovando alle mie spalle un uomo molto alto, ma non fu quello a colpirmi: Era incredibilmente pallido, i suoi vestiti (che consistevano in un paio di pantaloni e delle scarpe) erano laceri, alzando lo sguardo al suo viso notai anche con terrore che i suoi occhi erano rossi. Non ebbi il tempo di fare nulla, un ghigno sinistro si disegnò sul suo volto, se piegò in avanti piegando le ginocchia allargando le gambe e aprì le braccia. Senza pensarci, mi misi a correre, mi diressi all’uscita del bosco, ma me lo trovai davanti, a pochi centimetri da me, non vidi il suo braccio muoversi, ma improvvisamente mi aveva afferrato per il collo e mi aveva sollevato da terra; annaspai in cerca d’aria, scalciando confusamente e afferrandogli il braccio nel tentativo di fargli mollare la presa. Col suo volto a pochi centimetri dal mio cercai di urlare, ma non avevo abbastanza fiato, gli sputai vicino all’occhio, e lui rise, una risata musicale che mi fece ammutolire, non avevo mai sentito una risata così bella. Ma essa si spense subito, lo vidi raddrizzarsi come se avesse ricevuto una scossa e le sue narici si dilatarono, strinse le labbra esponendo i denti in un ringhio. Ringhio? La sua presa su di me si allentò, aspettai che si distraesse abbastanza, poi mi liberai e ripresi a correre, tentando di riprendere fiato, ma non potevo fermarmi, perché sapevo che mi avrebbe ripresa. Arrivai in un punto del bosco dove non vedevo più nulla, i rami degli alberi si erano fatti più fitti, li sentivo graffiarmi il corpo, la gamba destra pulsava, le lacrime mi inondavano il viso, annebbiandomi la vista, dopo l’ennesima caduta rimasi acquattata a terra, cercando di strisciare da qualche parte, mi accucciai accanto ad un grosso masso ricoperto di muschio, e tesi le orecchie. Silenzio. Plic plic plic. Le gocce di pioggia. Non un suono diverso, nessun fruscio, nessun verso, niente. Mi alzai facendo il più silenzio possibile; avanzai a tentoni nel buio, cercando nella tasca dei jeans e nel giubbotto finché non lo trovai. Fortunatamente il giubbotto era impermeabile, accesi una timida fiammella con l’accendino, illuminando davanti a me un intricato sentiero di alberi caduti e cespugli. Un fruscio. Spensi l’accendino e rimasi in ascolto. Vidi un lampo bianco con la coda dell’occhio, ma non riuscii a girarmi perché fui scaraventata in aria e sbattuta contro qualcosa di duro, lucine rosse mi offuscarono la vista, un fischio sordo risuonava nelle mie orecchie; lottai per non svenire, ma prima che il buio mi vincesse distinsi nettamente un grido disumano che squarciò l’aria, e un sordo ruggito.
  
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