I would end my days with you in a hail of
bullets
Ci fu un tempo in cui Klaus aveva
riso a squarciagola di fronte alla morte, beffeggiandola, convinto che niente
potesse scalfire la sua corazza temprata da secoli e secoli di sofferenza,
dalle fiamme della maledizione del lupo mannaro, dalle angherie di un padre che
non l’aveva mai amato, guardandolo con occhi di chi disprezza un abominio che
sa di non aver creato. Ci fu un tempo in cui Klaus avrebbe strappato il cuore a
chiunque lo volesse morto, quel tempo però si era ormai esaurito. L’essere che
bramava la sua morte, che la necessitava, era proprio lui stesso e l’unico
motivo per cui sarebbe dovuto morire, per cui l’avrebbe accettato senza
rimpianti, era l’amore. L’amore per una figlia che non aveva chiesto, per un
pargolo che aveva amato più di ogni altra cosa, per una piccola donna che aveva
perso la madre e rischiava di perdere perfino la sua stessa vita, una giovane
marchiata dalla maledizione dei Mikaelson, un ibrido
che per colpa del fardello che portava la sua famiglia sarebbe rimasto orfano
prima del tempo ma che, almeno, sarebbe rimasto in vita e lo avrebbe fatto
grazie al suo sacrificio.
L’Originale aveva deciso da sé, rimuginando per ore intere, in agonia, prima di
prendere la decisione finale ed aveva scelto di sacrificare la sua stessa vita,
quella vita per la quale aveva lottato per secoli, al fine di salvare l’unica
parte buona che il suo essere distorto aveva generato. Hayley
era morta per salvare Hope e per uno strano scherzo
del destino anche lui avrebbe fatto la sua stessa fine, quei due esseri così
simili ma anche così diversi, che si erano fatti la guerra per anni,
ringhiandosi contro ripetute volte, avrebbero compiuto lo stesso gesto al solo
scopo di salvare il frutto del loro amore mancato; eppure la loro bambina,
perseguitata sin dalla nascita, sembrava proprio il frutto di un amore profondo
e bellissimo, un amore che loro mai avevano provato l’uno nei confronti
dell’altro ma che avevano bramato fin dalla nascita.
“Potremmo trovare una soluzione, aspettare ancora un po’.”
Caroline lo stava guardando con quegli occhi liquidi, profondi e limpidi che
lui aveva sognato spesse volte, la preoccupazione dipinta sul volto ed il
labbro inferiore martoriato dai denti bianchissimi. Non era convinta, non
voleva che le cose andassero così per lui, e l’ibrido glielo leggeva nello
sguardo.
“Non ho più tempo, Caroline. Hope morirà stasera ed
io non posso lasciare che vada in questo modo. Non posso lasciarla morire.”
Le parole di Klaus erano serie e perentorie, i suoi occhi esprimevano quanto
dolore provasse al solo pensiero di vedere la propria figlia morire ma anche
quanto fosse sicuro di ciò che stava per fare, che avrebbe fatto proprio grazie
all’aiuto delle due figlie della donna che aveva amato e che per sempre avrebbe
portato nel cuore. L’ibrido aveva chiamato Caroline non solo perché erano le
sue figlie, giovani della congrega Gemini, ad essere capaci di incanalare tutta
quella magia oscura che Hope si portava dentro, ma
perché lei avrebbe capito, perché il suo cuore puro ed il suo animo gentile avrebbero
creduto in lui, vedendo del buono nella sua anima, quel buono che lei aveva
sempre cercato di tirargli fuori ma che mai era riuscita a fare veramente.
“Ed io non posso lasciar morire te.”
Fu un sussurro così basso che Klaus credette di averlo immaginato, quelle
parole fuoriuscirono dalle labbra di Caroline in un soffio, i suoi occhi si
abbassarono sul pavimento per un solo attimo e poi tornarono a riflettersi
nelle perle profonde dell’ibrido, mostrandogli quanto dolore stesse provando in
quel momento, quanto - dopo tutto quel tempo passato lontani - detestasse
sapere che non l’avrebbe mai più rivisto e non per un litigo, per una stupida
decisione che entrambi avevano preso senza consultarsi, ma per quella che era
la fine di un uomo che non era mai stato il cattivo della sua storia. Ed erano
nascosti mille significati in quelle parole, Caroline aveva lasciato che altre
venissero sussurrate dal vento ed esse fecero rabbrividire Klaus, parlando al
suo posto, portandolo a chiudere gli occhi e a sospirare in silenzio,
allungando una mano verso il volto della giovane vampira ma lasciandola
ricadere prima che le loro pelli si sfiorassero.
“Ho vissuto abbastanza a lungo. Forse anche troppo.”
Si voltò, lasciandosi alle spalle il
panorama che la vecchia casa Salvatore, ormai scuola per giovani esseri
sovrannaturali, gli aveva mostrato più e più volte, poggiando la schiena alla
balaustra e stringendo le dita contro di essa, quasi nel vano tentativo di
scaricare una rabbia che era risalita impetuosa, investendolo da capo a piedi,
portandolo a chiedersi perché proprio in quel momento, nel momento in cui
sembrava potesse avere tutto, una stupida divinità al di sopra della sua lunga
vita avesse deciso di rendere tutto più complicato, insostenibile,
portandolo a dover scegliere ancora, incapace
però, per un’unica volta, di sacrificare qualcun altro al posto suo. Era
arrivato il momento di prendersi le proprie responsabilità, di morire.
“Sei un bravo padre, Klaus.” Caroline lo stava ancora guardando quando
pronunciò quelle parole, il suo sguardo si era addolcito ma si scostò comunque,
facendo un paio di passi avanti prima di allontanarsi definitivamente, non
prima di pronunciare le sue ultime parole. “Convincerò Alaric.
Lascerò che salvi tua figlia ma sappi che, se dovessi trovare una soluzione,
sarò io a fermarti. Anche a costo di strapparti il paletto dal cuore.”
La bionda si volatilizzò, lasciando nelle orecchie dell’ibrido il rumore dei
suoi tacchi ed il suono di quelle parole che apparvero come la più bella delle
minacce che avesse mai sentito pronunciare, egli sorrise e scosse il capo,
passandosi una mano sul viso stanco e preoccupato, respirando per un attimo
quell’aria fresca che soltanto una come Caroline poteva portare nella sua vita,
venendo catapultato in un passato che non aveva mai smesso di ricordare e che
per anni aveva sperato potesse ripetersi, in un altro tempo, ma con un finale
che fosse almeno lieto; capì che non sarebbe mai successo.
“Ah, Caroline!” Sussurrò tra sé e sé prima di allontanarsi a sua volta, andando
alla ricerca del primo oggetto dei suoi pensieri: sua figlia.
“Ho pensato fosse una buona idea
portare qui Hope, credo si troverebbe molto bene in
compagnia di altre persone come lei.”
Hayley guardava Caroline con cipiglio preoccupato, tenendo
per mano la piccola che aveva portato in grembo per nove mesi, e di rimando
l’altra le sorrideva cordiale, addolcita, annuendo per poi abbassare lo sguardo
verso quella giovanissima donna che le ricordava terribilmente qualcuno.
“Somigli molto al tuo papà, sai?
Hai il suo stesso sguardo furbo.”
Le sussurrò, piegandosi sulle
ginocchia e sfiorandole la punta del naso con le dita, Hope
sorrise soddisfatta, lieta probabilmente di essere paragonata al proprio padre
che tanto amava e rispettava, poi seguì le figlie della bionda, lasciando che
le mostrassero le comodità di quella scuola e le insegnassero ad essere meno
timida.
“Io e Klaus abbiamo preferito non
diffondere il suo cognome, non adesso almeno. Sarà Hope
Marshall.”
La lupa le porse un plico di
documenti, mordendosi poi il labbro inferiore, lanciando uno sguardo
malinconico alla giovane che avrebbe lasciato.
“Potrai venire a trovarla quando
vorrai.” La rassicurò Caroline, seguendo il suo stesso sguardo. “Qui è al
sicuro.”
Hayley annuì, sorridendole, prima di congedarsi e dare un
ultimo saluto alla propria bambina, conscia che stesse facendo la cosa giusta.
…
- Ricordo un uomo con una
promessa, la promessa di mostrarmi le bellezze di New Orleans. Eppure
quest’uomo, proprio oggi che la propria figlia entra a far parte della mia
scuola, non si fa vivo, lasciando che sia la madre, da sola, a prendersene
tutta la responsabilità e a farsi carico di ogni sofferenza. Sono sicura che Hope avrebbe voluto ci fossi anche tu, quando le ho detto
che ti somiglia le si sono illuminati gli occhi di gioia. Avrebbe voluto
vederti, Klaus…. Ed anche io. -
Caroline ebbe il coraggio di
inviare il messaggio vocale soltanto a notte fonda, ormai quasi vittima delle
braccia di Morfeo, ma non seppe mai che esso venne immediatamente salvato
dall’ibrido ed ascoltato a ripetizione, fino a che esso stesso non lo portò a
riavvicinarsi a lei ancora una volta.
“Non mi avresti detto nulla, fratello?”
Quando i suoi piedi si poggiarono sul suolo dell’ex salotto di casa Salvatore
la voce del fratello arrivò dritta alle sue orecchie, fulminandolo sul posto,
portandolo a voltarsi, fece spallucce quasi per habitué ed i suoi occhi si
posarono su quelli del maggiore, seri come poche volte lo erano stati.
“Non ho scelta, Elijah. Non avevo bisogno che ci fossi anche tu lì, pronto a
fermarmi.”
Era la verità, Elijah - da fratello maggiore e non solo - avrebbe provato a
fermarlo, a salvargli la vita in qualunque modo, a qualsiasi costo, e Klaus non poteva permetterselo, non
poteva permettersi che la vita di Hope si spegnesse,
che lui venisse risparmiato per puro egoismo, per ricevere ancora una volta,
dopo tanti secoli, l’amore sconfinato che il fratello provava per lui, non
poteva e non voleva che tutti si sacrificassero nuovamente per lui; non voleva
perdere l’unica certezza che aveva mai avuto nella sua vita, l’unico essere per
cui aveva provato nient’altro che amore sconfinato, l’unico che meritava di
vivere al suo posto.
“Non puoi pretendere di morire senza
prima chiedermi almeno un parere, Klaus.”
“Un parere?” L’ibrido rise alle
parole del fratello, una risata secca e per nulla divertita, poi scosse il
capo, interrompendo ogni suo pensiero o parola. “Pensi davvero che avrei
creduto di poter contrattare con te della mia morte, Elijah? So benissimo che
avresti rifiutato, costringendomi a cercare un altro modo per salvare Hope. Ma non c’è! Solo io posso salvare mia figlia ed è
proprio quello che ho intenzione di fare.”
Era deciso come non lo era mai
stato, irremovibile, e nessuno gli avrebbe mai fatto cambiare idea. Amava sua
figlia e non aveva mai avuto il modo di dimostrarglielo davvero, costretto a
starle lontano sin dalla sua nascita, ed era conscio che quella - anche se
significava abbandonarla - era l’unica maniera per mostrarle che avrebbe fatto
qualunque cosa per lei, perfino morire. E sarebbe morto quella notte, alla luce
della luna piena, soltanto per lei.
Elijah non lo avrebbe mai accettato,
il fratello glielo leggeva negli occhi, e la sua postura più rigida del solito,
quella vena che pulsava all’altezza del suo sopracciglio sinistro e le labbra
ferme in una linea retta non promettevano nulla di buono. Tra tutti i suoi
fratelli era Elijah l’unico capace di fermarlo, l’unico con il potere di
spezzargli il collo, chiuderlo in una delle prigioni più isolate sul pianeta
terra, infilargli un paletto nel petto e lasciarlo dormire fino a quando non
avrebbe trovato una soluzione per poterlo liberare dal suo fardello senza
ucciderlo, per nessuna ragione al mondo; suo fratello, il suo stupido fratello
si sarebbe perfino sacrificato per lui, se solo ce ne fosse stato bisogno.
“Non morirai stanotte, Klaus. Non te
lo permetterò.”
Per l’ennesima volta l’ibrido
Originale rimase da solo, un altro essere sovrannaturale si volatilizzò davanti
a lui, incapace di accettare la sua decisione, e sul suo volto si formò una
smorfia infastidita, urtata, indispettita, poiché nessuno sembrava credere che
volesse davvero sacrificarsi per lei.
Com’era possibile che dopo secoli in
cui ogni creatura sulla terra aveva bramato di avere la sua testa conficcata su
un ceppo di quercia bianca, proprio quando ce n’era bisogno nessuno volesse far
altro che tenerlo in vita?
La sua esistenza era proprio una
beffa, a lui e a quella famiglia di cui portava il cognome.
Mancavano meno di ventiquattro ore alla trasformazione di Hope,
ella sarebbe diventata presto un lupo mannaro, avrebbe sofferto talmente tanto
che la sua stessa magia, quella che aveva rinchiuso dentro sé pur di salvare la
sua stessa famiglia, l’avrebbe distrutta e Klaus non riusciva a far altro che
pensare a cosa sarebbe potuto andare storto, al momento in cui quella magia
sarebbe uscita fuori da lei, lasciandola indifesa e dolorante. Non riusciva a
non pensare a quello che lui ed Hayley avevano
provato quando il lupo che era in loro si era mostrato e fu proprio in
quell’occasione, in quel preciso momento, seduto su una casuale poltrona nella
sala comune della scuola dei Salvatore, che capì che quella lupacchiotta della
Marshall gli mancava da morire. Aveva bisogno di lei, del suo sguardo fiero,
delle sue ramanzine, della sua sicurezza ed aveva bisogno di sentirsi dire che
ce l’avrebbe fatta, che insieme avrebbero salvato la loro unica bambina ma Hayley non era più lì e Klaus si sentiva solo ed indifeso
come mai era stato in vita sua; nessuno gli aveva insegnato a fare il padre,
non ne aveva mai avuto uno vero di padre, ed il terrore di sbagliare ancora una
volta con la sua unica figlia lo distruggeva.
“Alaric è d’accordo, a patto che assista anche lui
all’incantesimo.”
Caroline si avvicinò con passo felpato, apparendo di fronte a lui in un battito
di ciglia, lo sguardo era quello preoccupato della mattina ma un velo di
rassegnazione la rendeva più triste di quanto non fosse mai stata - o di quanto
lui non ricordasse - e proferite quelle parole rimase in silenzio, umettandosi
le labbra, con lo sguardo rivolto verso il camino acceso che non portava calore
a nessuno dei loro corpi.
“Grazie, Caroline.” Furono le parole che pronunciò l’ibrido prima di alzarsi,
sovrastandola con la sua altezza, ritrovandosi fin troppo vicino a lei,
avvertendo perfettamente come il suo respiro si bloccò, portando il suo torace
ad immobilizzarsi. “Eppure non ti ricordavo così silenziosa, sai?”
L’accenno di un sorriso si formò sul volto del Mikaelson
e per un attimo l’atmosfera si alleggerì, egli allungò una mano e le scostò una
ciocca bionda dal viso, portandola dietro al suo orecchio, inclinò il capo ed
inspirò profondamente, inalando quel dolcissimo profumo che gli era rimasto
impresso quando la donna era ancora una giovanissima e bellissima umana. Le
dita scivolarono lungo il suo volto, tracciando le linee della guancia destra,
e ricaddero sul fianco dell’ibrido, Caroline lo fulminò con lo sguardo e le sue
labbra presero la forma di un broncio indispettito.
“Non imparerai mai quando non è il momento di scherzare, non è vero?” Domandò
piccata, non riuscendo però a scostarsi dal suo tocco. “Come posso sommergerti
di parole quando so che oggi potrebbe essere l’ultimo giorno che passerai sulla
terra? Come posso anche solo pensare a parlare quando ciò che occupa la mia
mente sei solo ed unicamente tu? La tua possibile dipartita? La tua perdita?
Come posso parlare quando so di non essere capace di lasciarti andare?” Il tono
della sua voce si alzò ad ogni parola, gli occhi le si sgranarono e le ultime
le pronunciò con un sospiro, ormai senza fiato. “Non ce la faccio.” Concluse,
mordendosi il labbro inferiore fino a ferirsi.
“Eppure lo hai appena fatto.”
Klaus si piegò leggermente in avanti, stava sorridendo, e la sua fronte si
poggiò su quella dell’altra, portandola a socchiudere gli occhi proprio come
fece egli stesso, lasciando che il silenzio li avvolgesse per un solo attimo.
Lì, al fianco di Caroline, con il suo corpo vicino al proprio e la sua anima
che parlava più di quanto potessero fare le sue labbra, si sentiva leggero. Lì,
in quell’istante, sentiva ogni preoccupazione fluire via, era come in una Chambre de Chasse il
cui unico scopo era renderlo felice, portandolo a dimenticare le cicatrici che
portava sul corpo e l’ostacolo più grande che non riusciva a superare: la
morte. Dal suo lato Caroline avvertiva il proprio corpo andare a fuoco,
nonostante fossero passati anni dall’ultima volta che era stata così vicina
all’ibrido era come se i loro corpi non si fossero mai separati veramente,
sentiva perfettamente come le sue dita fossero leggere e delicate sulla sua
pelle, provava gli stessi brividi che aveva provato la prima volta che lui
l’aveva sfiorata intenzionalmente, dentro di lei vi era lo stesso tumulto che
l’aveva resa schiava di quell’uomo come mai lo era stata di nessun’altro. E
stava così bene insieme a lui, in quel momento, che non voleva lasciarlo
andare.
“Che stupido!” Pronunciò a voce bassa, un piccolo sorriso a deformarle le
labbra.
“Io sarei lo stupido?” Klaus inarcò le sopracciglia, alzando gli occhi e
lanciandole uno sguardo di sbieco, le labbra ancora curvate all’insù, con la
tipica espressione di un giovane ragazzino privo di alcuna responsabilità
proprio com’era lui ogni volta che le si trovava di fianco. “Tu hai appena
detto di non poter parlare proprio parlando.”
Caroline schiuse le labbra, pronta a
difendersi, lo sguardo corrucciato e la mano destra pronta a colpirlo sulla
spalla ma il rumore di una porta spalancata li fece sobbalzare, portandoli ad
allontanarsi velocemente, gli occhi sgranati e proiettati verso la direzione
che aveva destato la loro attenzione.
“Hope.”
Furono le uniche parole che Elijah pronunciò prima che il fratello si
allontanasse velocemente, seguendolo, lanciando un’ultimo
sguardo ad una Caroline affranta e distrutta, ora davvero terrorizzata
dall’idea che quello sarebbe stato l’ultimo sguardo che lei e l’ibrido che le
aveva catturato il cuore tempo addietro si sarebbero scambiati. Non era nemmeno
riuscita a dirgli quanto ci tenesse, come non avesse mai smesso di pensare a
lui per un solo attimo.
L’avrebbe mai più rivisto? Oppure sarebbe stata costretta a piangere su un
cumulo di polvere bianca? L’avrebbe ricordato con un sorriso oppure avrebbe
rimpianto per sempre le parole che non era riuscita a pronunciare, nonostante
avesse la parlantina più spigliata di Mystic Falls?
Eppure sapeva che non poteva finire in quel modo, lei e Klaus non potevano
separarsi ancora una volta.
Lei non lo avrebbe permesso. Mai.
“Hope è
sparita.”
Tre semplici parole, la figura di
Klaus che si materializzò davanti a Caroline e la preoccupazione disegnata nei
suoi occhi da mezzo lupo. La bionda stava sistemando delle piante in giardino,
le grandi forbici che aveva tra le mani vennero poggiate su un piccolo tavolino
in pietra, si voltò lentamente verso di lui ed arcuò le sopracciglia, confusa,
cercando di ricordare dove potesse essere quella piccola donna.
“Non è possibile. E’ andata via
ieri, dovrebbe già essere a casa della madre.”
L’ibrido scosse il capo e i suoi
pugni si strinsero, iniziò a camminare avanti ed indietro, nervoso, mentre
affinava i sensi e cercava di captare qualsiasi rumore fosse fuori dalla norma,
qualsiasi voce sospetta, qualsiasi frase che contenesse il nome della propria
figlia ancora troppo piccola per sparire in quella maniera. Era abituato alle
tragedie, alle fughe d’amore di Rebekah ed a Kol che spariva e tornava perfino dopo anni, ma Hope era troppo piccola, era sua figlia, e non poteva
essersi volatilizzata senza un valido motivo.
“Ehi, Klaus…” La bionda fece un
passo avanti, allungando il braccio destro e posandogli una mano sulla spalla,
fermandolo. “Sono sicura che sarà tutto okay.”
“Come puoi saperlo?” Le parole
del mezzo lupo la colsero di sorpresa, fredde e rabbiose, ma lei non si arrese,
accennando un mezzo sorriso.
“Perché conosco le sue capacità e
so che non si caccerebbe mai nei guai. Inoltre possiamo tracciare la sua
posizione oggi stesso.”
Klaus sospirò, rendendosi conto
di aver scelto proprio la persona giusta a cui chiedere aiuto.
…
L’Originale avrebbe ucciso Rebekah, ne era certo, poiché era stata proprio lei a
rapire la sua giovane figlia, portandola probabilmente a divertirsi al Luna
Park, facendole godere una giornata normale, da umana, ma senza prendersi la
briga di avvisare nessuno. Egli mandò un messaggio ad Hayley,
tranquillizzandola all’istante, per poi avvicinarsi a Caroline che stava
pulendosi le mani dal sangue che avevano poco prima utilizzato.
“Non sapevo avessi imparato.” Le
disse, osservandole le dita macchiate.
“In realtà la magia è già qui, io
sono soltanto un tramite. E’ utile quando hai troppi ragazzini da gestire.”
Il suo sorriso era tornato quello
di sempre e Klaus, ora meno rabbioso, lo apprezzò, sorridendo a sua volta per
poi fare spallucce.
“Ti ringrazio, Caroline. Avrei
potuto chiedere a Freya ma sembra che io sia l’unico
qui a tenere d’occhio mio figlia, anche da lontano.”
La vampira scosse il capo,
poggiandosi allo schienale di una sedia con le spalle, inclinando appena il
capo verso destra.
“E’ compito dei padri prendersi
cura delle loro figlie e tu sei un bravo padre, Klaus.”
“Avrebbe vissuto meglio se avesse
avuto un padre con una reputazione migliore, un padre diverso da me. Un padre…
vero.”
Lo sguardo di Klaus si abbassò,
egli si morse la guancia destra, assottigliando gli occhi, avvertendo la rabbia
ed il risentimento verso se stesso salire prepotente, impadronendosi della sua
persona e facendo riaffiorare colpe che aveva cacciato dentro di sé a suon di
omicidi. Gli ci era voluta una vita per convincersi di essere il migliore, di
non aver nulla di cui pentirsi, nulla di cui vergognarsi, eppure da quando era
nata Hope era crollata ogni sua certezza; non credeva
più di essere l’Originale, egli era soltanto un uomo incapace di proteggere la
sua unica ragione di vita: sua figlia.
“Tu lo sei, Klaus! Non hai idea
di come lei mi parli di te! Le si illuminano gli occhi, è davvero bellissima e
ti somiglia molto.”
Ancora una volta la mano di
Caroline gli sfiorò la spalla e stavolta l’ibrido non se la fece sfuggire,
posando la propria sulla sua e guardandola negli occhi, sorridendole.
“Non sei cambiata affatto.”
“Oh, invece sì.” Rispose lei con
quello che era quasi un rimpianto, più che un passo avanti.
“Per me rimarrai sempre la stessa
bella donna che ha rifiutato le mie avance più e più volte. L’unica.”
La bionda sorrise, un po’ piccata
ma anche divertita, per poi posargli un bacio sulla guancia.
“E rimarrò sempre l’unica.”
Le sorelle Saltzman
stavano pronunciando parole a Klaus non comprensibili, avevano gli occhi
chiusi, erano di spalle l’una dall’altra ed avevano le braccia rivolte verso
l’alto, Alaric le stava osservando con apprensione ed
una massa azzurra e luminescente stava fluttuando a pochi passi da lui. L’ibrido
aveva lasciato Hope a correre lungo il bosco, oramai
libera e lieta, ed aveva raggiunto i salvatori della sua bambina, pronto a
sacrificarsi per lei, ad accettare quell’energia negativa che l’avrebbe portato
ad uccidersi, che avrebbe posto fine alla lunga vita del carnefice più
agguerrito di tutti i tempi; ormai era pronto, niente gli avrebbe fatto
cambiare idea.
Entrò nel cerchio bianco disegnato sulla sabbia e prese un respiro profondo,
aprì le braccia e chiuse gli occhi, pronto a mantenere la sua promessa ma
l’unica cosa che sentì fu un urlo che non gli apparteneva, una voce femminile
dal tono troppo familiare, poi quella di Alaric si
sovrappose a quel suono e Klaus aprì gli occhi, sgranandoli poco dopo,
allungando le braccia e ritrovando tra di esse la donna che più aveva amato
nella sua vita: Caroline.
Un urlo lasciò le sue labbra, la gola si asciugò e le mani si strinsero attorno
a quel corpo che tremava senza controllo, incapace di fermarsi. Non poteva
credere che Caroline si fosse sacrificata al suo posto, era certo che fosse
soltanto un incubo, uno stupido scherzo di quella magia subdola che voleva
farlo impazzire, non poteva aver appena visto la donna che aveva sempre amato
venire investita da una forza così malvagia da poter uccidere anche la giovane
strega più forte degli ultimi tempi. E Caroline non era una strega, lei non era
Hope né era un Originale, non ce l’avrebbe mai fatta.
“Caroline!” Urlò, cadendo in ginocchio sulla sabbia sporca, la giovane vampira
tra le braccia e le unghie della mano sinistra affondate all’interno del palmo
fino a farlo sanguinare.
“Sapevo che sarebbe successo, maledetto di un Mikaelson!”
Alaric urlò quelle parole, assordandolo, mentre le
figlie della donna osservavano la scena allibite, terrorizzate, incerte di aver
fatto la cosa giusta, impaurite dall’idea di aver condannato la loro madre ad
una morte certa. “Sei un flagello!”
Klaus abbassò lo sguardo su Caroline, certo che quell’uomo avesse ragione, che
la sua sola esistenza portasse sventura e che il suo essere piombato nella vita
della bionda ancora una volta aveva portato nuovi drammi, nuove sofferenze e
molto dolore. Era colpa sua e questa volta non poteva sfuggirne.
“Perché lo hai fatto? Dovevo essere io! Dovevo essere io!”
Gli occhi della vampira si aprirono, improvvisamente tutto si fece silenzioso,
l’ibrido non sentì il pianto delle ragazzine, le parole d’odio che Alaric gli rivolgeva, lo scoppiettio del fuoco,
l’assordante suono di quella magia che stava possedendo Caroline attimo dopo
attimo, egli sentì soltanto la sua voce.
“Non potevo lasciarti andare ancora una volta.” Un piccolo sorriso si formò
sulle labbra della donna, la sua mano destra si allungò e si posò sul viso di
Klaus, accarezzandolo con dolcezza. “Adesso potremmo affrontarlo insieme,
trovare una soluzione. Abbiamo guadagnato tempo.”
“Abbiamo finalmente il piacere di
avere con noi il grande Klaus Mikaelson! Molti
iniziavano a chiedersi se Hope ce l’avesse davvero un
padre.”
Caroline lo stava osservando
piccata da qualche minuto mentre lui se la rideva bellamente, lo sguardo vispo
e gli angoli delle labbra curvati all’insù.
Era la prima volta che metteva
piede a Mystic Falls da tanto tempo, la prima volta
che visitava la nuova scuola gestita da Caroline ed Alaric,
e l’unico motivo per il quale era lì era proprio per il bene della propria
figlia. Hope era diventata una studentessa di quella
scuola, il suo temperamento somigliava sempre più a quello del padre e lui -
eccessivamente apprensivo com’era stato con Rebekah -
non poteva permettersi di rimanere all’oscuro.
“La mia fama mi precede, non ho
bisogno di mostrarmi così spesso.” Le rispose a tono, facendo un passo avanti.
La bionda scosse il capo,
sistemandosi dietro la scrivania e sedendosi, tirando fuori da uno dei cassetti
quello che era un fascicolo su cui era scritto a caratteri leggiadri ed
eleganti “Hope Marshall”. L’ibrido storse il naso a
quel cognome ma una parte di sé ne fu addirittura sollevata, sapeva che quello
fosse l’unico modo per proteggere sua figlia ed avrebbe accettato ogni cosa pur
di tenerla al sicuro.
“Hope è
davvero un’ottima studentessa. E’ nata per vivere contornata dalla magia ma è…
Come dire? Ribelle.”
Klaus si avvicinò ancor di più
alla scrivania, sorpassandola ed avvicinandosi alla sedia sulla quale era
seduta la sua vecchia fiamma, poggiandocisi con un fianco mentre si piegava in
avanti, sbirciando quel fascicolo che Caroline invano stava cercando di
tenergli nascosto. Chissà poi perché.
“Non potevi aspettarti altro,
conoscendo i suoi genitori.”
“Hayley
si sta impegnando molto, sai? E’ davvero una mamma attenta.”
Il biondo cenere fece spallucce,
voltando le spalle al fascicolo e poggiando la schiena sulla scrivania,
rivolgendo completamente l’attenzione alla donna che aveva davanti. La osservò
per qualche attimo in silenzio, estasiato da quella bellezza che non si
spegneva mai, poi si umettò le labbra e parlò ancora.
“Sono certo di aver fatto la
scelta giusta, lasciando a lei il compito di occuparsi di Hope.”
Si fece serio per qualche istante, serrando i pugni. “E di aver scelto la
scuola giusta a cui affidarla. E’ in compagnia di due delle donne di cui mi
fido di più al mondo.”
Caroline sorrise, quasi in
imbarazzo, e gli rivolse uno sguardo addolcito per poi chiudere il fascicolo e
posare un gomito su di esso.
“Perché sei qui, Klaus?”
“Perché volevo sapere come
andassero le cose qui, con Hope.” Rispose
velocemente, tenendo lo sguardo su di lei per poi distoglierlo. “E perché
volevo vederti.”
La bionda sobbalzò quasi,
sbattendo le palpebre e chiedendosi se davvero stesse vedendo in lui quell’uomo
che l’aveva corteggiata per tantissimo tempo, senza mai arrendersi, dedicandole
le più piccole ma anche le più grandi attenzioni che un uomo le avesse mai
rivolto. Portandola ad innamorarsi perdutamente di lui, ad odiarlo allo stesso
tempo ma anche a non riuscire a fare a meno di lui, nonostante la distanza e la
voglia di seppellirlo vivo.
“Sei soddisfatto di ciò che
vedi?” Domandò, quasi con ironia.
Klaus si piegò in avanti, le
labbra schiuse in quel ghigno che lo rendeva più attraente che mai, e fece un
unico cenno con il capo.
“Assolutamente.”
Le loro labbra si sfiorarono per
un solo attimo, più veloci di un battito di ciglia, e Caroline si ritrovò da
sola con il cuore che batteva all’impazzata.
Il flashback di quello che era stato
l’inizio di un qualcosa, del momento in cui Klaus aveva dato nuovamente il vita
a quell’orbitarsi attorno che non aveva mai portato a nulla di buono, lo
attraversò completamente, catapultandolo in un passato più semplice e leggero,
un passato in cui era certo di poter riavere Caroline e di avere tutto il tempo
del mondo per poterla corteggiare, giocando con lei, lasciandola senza parole e
facendosi detestare fino a vederla correre tra le sue braccia com’era già
successo in passato.
Si pentì amaramente di ciò che aveva
fatto, mai c’avrebbe provato se avesse saputo che quel suo stupido gesto
avrebbe portato a tutto quello.
Scosse il capo vigorosamente, il
volto deformato dal dolore e dalla rabbia, la sua mano coprì quella della donna
e la strinse con forza. Si alzò da quel luogo isolato e prese Caroline tra le
braccia, ignorando sia Alaric che le sue figlie,
inoltrandosi nel bosco come ipnotizzato, la bionda stretta a sé e lo sguardo
rivolto verso l’oscurità. Avvertiva perfettamente la magia circondarli, sentiva
il freddo gelido avvolgergli la mano che stringeva ancora quella di Caroline,
avvertiva il battito del suo cuore che accelerava ad ogni attimo, sentiva la
paura che lo attanagliava, rischiando di impossessarsi di lui e di fargli
perdere la testa. Stava cercando di mantenere il controllo, ripetendosi più e
più volte che sarebbe andato tutto bene, che la donna che aveva amato non si
era appena immolata al suo posto, che non aveva lasciato che lei facesse una
stupidaggine, che non l’avrebbe vista morire tra le proprie braccia.
“Non avresti dovuto, sciocca!”
La rabbia traboccava da ogni suo poro, gli occhi erano ormai in fiamme e le
labbra erano serrate, si muoveva così velocemente che il vento freddo rischiava
di scalfirgli il volto perfetto. Era arrabbiato con se stesso per aver
abbassato la guardia, con Alaric per non aver tenuto
lontana Caroline, con Elijah per non averlo aiutato e con la bionda stessa per
aver tenuto a lui più di quanto avesse dovuto; perché non era rimasta in
disparte?
Era così concentrato sulle proprie domande e sulla sua rabbia che in un primo
momento non sentì le parole di Caroline, il suo disperato tentativo di
rivolgergli la parola, di attirare la sua attenzione, di far sì che si
fermasse, il suo chiamarlo incessantemente, e soltanto quando la donna aumentò
la stretta sul suo viso, chiudendo gli occhi e concentrandosi eccessivamente,
sprigionando una coltre di fumo blu che lo immobilizzò, le rivolse la propria
attenzione. Ora più preoccupato che mai, con la magia che gli attraversava il
corpo, una magia che era stata sprigionata da una vampira e non da una normale
strega, Klaus aveva davvero paura.
“Caroline.”
La bionda sorrise, ancora una volta come se quella fosse la situazione meno
drammatica che avessero mai affrontato, ed annuì.
“Mettimi giù.”
Klaus la ascoltò, quasi ammaliato dalle sue parole e dal suo sguardo sicuro,
abbassandosi verso un albero e poggiandola contro il tronco, rimanendo piegato
sulle ginocchia, una mano ferma sulla gamba di lei, incapace di lasciarla
andare completamente. La stava osservando con apprensione, timoroso che ella
potesse spezzarsi da un momento all’altro, che potesse sparire, che potesse
essere ricoperta da quelle venature nero bluastre che le attraversavano le
braccia ed il collo, rendendola spaventosamente malata. La giovane tossì,
portandosi una mano alle labbra e notando come da esse fosse uscito un liquido
molto simile al sangue ma dal colore del petrolio, nascondendola a sé e
all’uomo che aveva davanti, chiuse gli occhi per qualche minuto e prese un
respiro profondo, nel vano tentativo di placare quel dolore e quella rabbia che
iniziavano a crescere dentro di lei; nessun dolore sarebbe mai stato
paragonabile a quello che provò nel momento in cui la magia entrò dentro di lei
e, sicuramente, ne avrebbe sopportato tutte le conseguenze.
“Va tutto bene, Klaus.” Sussurrò, posando la propria mano su quella di lui,
specchiandosi nei suoi occhi preoccupati. “Hope è
salva, tu sei qui ed io starò bene. E’ tutto come dovrebbe essere.” La
sicurezza che le sue parole espressero spaventò l’ibrido a tal punto che
ricadde nuovamente sulle ginocchia, portandosi le mani sul volto, coprendolo
mentre si malediceva e delle lacrime salate scendevano dai suoi occhi chiari,
macchiandogli il volto.
“Potresti morire...” Sussurrò più a se stesso che a lei. “Potresti non
farcela... Potrei perderti ancora una volta. “ Continuò, la voce bassissima e
roca.
Le mani della giovane si posarono sulle sue, lasciandole scivolare via dal
volto ed un sorriso smagliante lo colpì in pieno, abbagliandolo.
“Non mi perderai, Klaus. Ti conosco e so che attraverserai qualsiasi intemperie
pur di trovare la cura alla mia malattia, so che non ti arrenderai e troverai
una soluzione. Mi salverai, Klaus Mikaelson.”
Caroline era così sicura di ciò che diceva, i suoi occhi erano così limpidi e
lucenti, le sue labbra erano così ferme, che Klaus non poté far altro che
crederle. Egli venne invaso da un calore che non provava da tempo, esso si
sprigionò dal suo torace ed invase tutto il suo corpo, portando la pace alle
sue membra stanche e provate, le sue dita si intrecciarono a quelle della donna
e con uno slancio dettato dai sentimenti che non si erano mai spenti si sporse
verso di lei, posando le proprie labbra sulle sue, baciandole con un trasporto
ed un affetto tale che riuscì a trasmetterle tutto ciò che provava in quel
momento, che aveva provato per lei in passato e che, sicuramente, avrebbe
provato da quei giorni a venire. Le era grato per aver accettato di aiutare Hope, per averla salvata, per essersi sacrificata al suo
posto, per aver messo proprio lui al centro del suo mondo, sacrificando il
proprio senza pensarci neanche per un istante, e la amava a tal punto che
avrebbe voluto rubarle quella magia, trasferirla nel proprio corpo e morire
all’istante pur di non farla più soffrire ma non poteva farlo, era stato
anticipato e non poteva che farsi forza, convincersi, essere certo che gli
sarebbe bastato girare il mondo, setacciarlo in lungo e in largo, per trovare
una soluzione, per salvarla come lei aveva fatto proprio con la sua giovane
figlia e con lui, più e più volte.
Caroline l’aveva salvato in passato, quando ancora era giovane ed umana, e
l’aveva salvato proprio pochi minuti prima, quando aveva scelto di amarlo.
“Ti salverò.”
Le sussurrò sulle labbra, certo che finalmente entrambi avrebbero avuto il loro
lieto fine.
“Due volte in una sola settimana,
Klaus. Mi sorprendi!” Caroline lo stava volutamente prendendo in giro, mentre
girovagava per il proprio ufficio alla ricerca di un documento che le avrebbe
salvato la vita anche per quel giorno, e gli aveva dedicato una sola occhiata
per non distrarsi troppo. “Hope non è qui, però. E’
andata per qualche giorno nel bayou, sotto consiglio
di uno dei suoi professori.”
L’ibrido annuì mentre camminava a
passo lento lungo quella stanza che imparava a conoscere sempre meglio,
sfiorando con le punte delle dita le copertine di quella miriade di libri di
magia e di informazioni che erano meticolosamente sistemati su ogni mensola.
Tutto era sistemato con un’ossessività ed una precisione tipici soltanto della
bionda e Klaus sorrise tra sé e sé, poiché si era innamorato di lei per la sua
fanciullezza eppure mai avrebbe detto che fosse una tale maniaca del
controllo…. Purtroppo per lui, forse, i sentimenti che provava per lei andavano
oltre ogni cosa.
“Non sono qui per Hope.”
Caroline si fermò all’istante,
una penna incastrata tra i denti e la mano all’interno di uno dei cassetti
della sua scrivania, e si ricompose. La penna ricadde sulla scrivania ed il
cassetto venne richiuso, ella inclinò il capo e lo osservò per qualche secondo,
curiosa, prima di parlare ancora.
“C’è qualcosa che devi dirmi?
Vuoi che chiami Alaric? E’ successo qualcosa di
grave?”
L’ansia stava iniziando ad
impossessarsi di lei, lo sguardo si fece preoccupato e la mano destra si
avvicinò al telefono cellulare con il quale avrebbe chiamato il padre delle sue
figlie, alla ricerca del maggiore aiuto possibile. Venne fermata all’istante,
in un attimo Klaus le si parò davanti, la mano poggiata sulla sua, a bloccare
qualsiasi movimento, ed il viso così vicino che i loro respiri si mischiarono;
la bionda perse il suo e l’ibrido sorrise.
“Va tutto benissimo.” Le disse in
un sussurro, piegando il capo verso destra. “Avevo soltanto bisogno di
vederti.”
“Klaus.”
Quello era un rimprovero bello e
buono, il mezzo lupo lo sapeva, ma in quel momento non importava.
“Sai che non ti lascerò andare
finché non avrò un tuo sì?”
Il tono di voce si fece
bassissimo e l’atmosfera cambiò repentinamente, l’aria si fece calda e profumata,
il respiro iniziò ad affannarsi ed i loro nasi si sfiorarono ripetutamente
mentre l’ibrido le girava intorno come un predatore, parlando sulle sue labbra
e sfiorandole con le dita la pelle che veniva scossa da brividi ad ogni
contatto. Caroline era una donna forte e determinata ma, sin da quando era solo
un’umana, Klaus l’aveva resa debole.
“Dovrai aspettare a lungo,
allora.” Disse con convinzione, puntando il proprio sguardo sul suo.
“Tutto il tempo che sarà
necessario.”
Un altro bacio leggero come
l’aria si posò sulle labbra della bionda, riscaldandola da capo a piedi,
segnando l’inizio di una storia che non avrebbe mai avuto fine.
Note dell'autrice.
Questo è il frutto
delle lacrime che il finale di serie di The Originals
mi ha fatto versare.
Sono in ritardo, ho
deciso di recuperare tutto soltanto adesso (perché non volevo soffrire) ed è
proprio a causa della Plec se ho provato a cimentarmi
in un "What if?"
un po' particolare. Nonostante tutti sappiamo che Elijah si sarebbe volentieri
sacrificato per Klaus (ed avrebbe dovuto farlo) questa volta è Caroline a fare
il grande passo, è lei a salvare Klaus da sé stesso ed è lei a dimostragli un
amore che ha quasi sempre (a modo suo) rifiutato. Una parte di me l'ha vista
come una long a due parti, forse anche tre, ed avrei anche ideato un sequel ma
per ora vi lascio alla lettura di questa One Shot un po' confusionaria che, però, ammetto non mi
dispiace.
Spero piaccia anche a
voi e chiedo venia alle "esperte" poiché è la prima volta che scrivo
in questo fandom (nonostante mesi e mesi di gdr) e non ho mai letto una fanfiction
Klaroline (né altro su The Originals)
quindi mi sento ancora un pesce fuor d'acqua.
Alla prossima,
magari.