Suo padre, che lo tiene in braccio con delicatezza, come se temesse ancora di svegliarlo.
Sua madre, i cui singhiozzi disperati si fanno strada nel caos di voci che popola la Sala.
Suo fratello maggiore, in ginocchio accanto a lui, che gli tiene una mano piangendo sommessamente.
E tu, sua sorella maggiore, in piedi distaccata dal resto della famiglia, immobile a fissare il piccolo corpo, senza versare una lacrima.
Resti lì, con impressa nella testa l’immagine del tuo fratellino addormentato su una poltrona dell’Istituto di New York, gli occhiali di traverso sul naso e le gambe penzolanti da un bracciolo, sorprendentemente simile a un gattino. Quasi sorridi, al ricordo di quella scena. Quasi.
Perché quel bambino, che solo poche ore fa ha visto una cosa che vi avrebbe salvati tutti e che tu hai frettolosamente liquidato come un incubo, è morto.
Quello che stai guardando non è Max addormentato in una posizione strana, di cui tu e i tuoi fratelli riderete quando si sveglierà. Quello che stai guardando è il corpo senza vita di un bambino che non si sveglierà mai più. Un guscio vuoto, senza alcuna traccia della persona che è stato.
Le senti, le lacrime che ti pungono gli occhi, che fremono per uscire, ma non piangi.
Perché non piangi, Isabelle?
No, non piangi semplicemente perché sai di non poterlo fare. Perché ora
Così resti in piedi a fissare il piccolo corpo davanti a te, lottando disperatamente contro il bisogno di piangere che si fa sempre più forte, finché all’improvviso crolli, ti cedono le ginocchia e ti ritrovi accanto a lui a lasciare che le lacrime scorrano sul tuo viso, senza neanche più provare a fermarle.
Perché piangi, Isabelle?
Stai guardando la sua mano. Hai forse notato che l’oggetto che Max tiene in mano è il soldatino di legno che gli ha regalato Jace? È stato questo a farti crollare? Il pensiero che, al momento di morire, il tuo fratellino non abbia trovato altro conforto che quello di un giocattolo? Che abbia dovuto aggrapparsi a quello, quando avrebbe dovuto potersi aggrappare a te?
Non piangere, Isabelle. Non è colpa tua.
In fondo, cosa pensi che avresti potuto fare? Morire al suo posto? Non sarebbe cambiato niente. Sebastian non avrebbe risparmiato tuo fratello se avesse ucciso te. Eppure, non riesci a non pensare che saresti dovuta essere tu a morire, lo so.
Sei una Cacciatrice, sei stata abituata all’idea di poter morire da un giorno all’altro, di poter perdere i tuoi cari da un giorno all’altro. Nonostante ciò, non eri preparata all’idea di poter perdere Max, un bambino che non aveva neppure ancora ricevuto il primo Marchio.
Era troppo piccolo per potersi trovare in pericolo, e tu non contemplavi l’idea di poterlo perdere.
E poi eri tu quella addestrata, eri tu il pericolo per Sebastian in quella casa. Avrebbe avuto senso se lui avesse ucciso te. Ma Max? La sua morte è stata dettata da pura malvagità. Che razza di essere, se non uno completamente malvagio, avrebbe ucciso un bambino così piccolo? Cosi piccolo da non potersi difendere, pur essendo un Nephilim.
Come? Quello era un compito che spettava a te? E come credi che avresti potuto difenderlo, avendo perso conoscenza?
Rassegnati, Isabelle. Non avresti potuto fare niente per salvarlo.
Ma ora puoi fare qualcosa per vendicarlo, è questo che pensi? E a che pro?
Sai bene che uccidere Sebastian non riporterà indietro il tuo fratellino. Forse ti farebbe stare meglio per qualche secondo, ma l’ombra della prematura morte di Max continuerà a incombere sulla tua vita. Non puoi combattere il dolore con l’odio. Non funzionerà.
So che nel profondo lo sai, quello che devi fare. Il dolore esige di essere vissuto, prima di poter essere superato. Per una volta nella vita, devi rassegnarti ad affrontare quello che provi.
Che c’è? Hai paura di non farcela da sola?
Ma tu non sei sola, Isabelle. Anche se dici a te stessa di esserlo.
Le senti, quelle braccia che ti circondano il corpo mentre piangi? Sono le braccia di una madre che per anni hai insistito ad allontanare dalla tua vita. Questa volta, però, sarà diverso. Lo so.
Per la prima volta da anni, hai deciso di non sottrarti a quell’abbraccio.
Per la prima volta da anni, non rifiuti la presenza di tua madre.
Forse, in fondo, potrebbe nascere qualcosa di buono da questo dolore.