Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: gaia_1010    28/11/2018    0 recensioni
"Ogni ragazza sogna di poter incontrare i propri idoli un giorno. Io realizzai quel sogno"
[Y/N] [Y/S] è una normalissima diciannovenne italiana, che a seguito della vincita di un concorso si ritrova catapultata in corea del sud a lavorare per la Big Hit Entertainement e a convivere per un intero anno con i suoi idoli i BTS.
Sarà davvero facile abitare con sette ragazzi, le loro strane abitudini e le loro maleodoranti scarpe?
Genere: Comico, Demenziale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
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Ogni ragazza sogna di poter incontrare i propri idoli un giorno. Io realizzai quel sogno.
Mi svegliai di buon'ora quella mattina e come al solito mi misi a cazzeggiare al cellulare. Tutto tranquillo e tutto normale, fin quanto un articolo mi saltò all'occhio. L'articolo dichiarava, a caratteri cubitali, che la famosissima band a livello mondiale, i BTS, stava cercando un nuovo membro per lo staff. I requisiti per provare a entrare nel loro staff erano i seguenti:
 
  1. Avere un minimo di diciotto anni e un massimo di trenta.
  2. Possedere una buona conoscenza dell'inglese.


Tutto qui. Solo due stupidi requisiti per realizzare il sogno di una vita. Ma l'articolo dichiarava altro. Si aveva la possibilità non solo di lavorare con loro ma anche di viverci insieme per un intero anno. Immaginavo già i loro fisici scolpiti camminarmi intorno ogni giorno e le loro soavi voci che avrei sentito ogni mattina. Ero elettrizzata solo all'idea. Per partecipare non bisognava fare altro che inviare un video in inglese di presentazione dove spiegavi il motivo per cui avrebbero dovuto sceglierti. Sembrava tutto troppo facile, finché realizzai che era solo un posto e partecipava l'intero globo. Avrei perso di sicuro.
Subito dopo aver letto la notizia, chiamai la mia migliore amica [N/F] raccontandogli la magnifica scoperta. Decidemmo di parteciparvi entrambi. Mi vestì a modo, mi truccai in modo molto leggero e iniziai il mio colloquio.


-Sono [Y/N] [Y/S] ho diciannove anni e sono italiana...-


Finì il mio piccolo colloquio e lo inviai speranzosa ma senza troppe aspettative.
Passò una settimana prima di ricevere le tanto agogniate risposte. Per tutto il corso della settimana [N/F] non aveva fatto altro che elaborare il suo "lutto". Inizialmente ci fu la negazione, non riusciva ancora a crederci di aver inviato quel video colloquio e l'averlo fatto la stava uccidendo da dentro. Come seconda fase ci fu la colpevolizzazione, era perennemente ansiosa e passava ore a ripetere le parole del suo video colloquio maledicendosi per il male che si era procurata. Poi ci fu la fase della rabbia, era ingestibile, non le si poteva dire nulla che s’infuocava uccidendoti ripetutamente e in modo doloroso solo guardandoti. Come ultima fase ci fu l'accettazione, con ripresa degli interessi e graduale reinserimento nella società. Io invece cercavo di far finta di nulla. Non mi ero creata aspettative, anzi ero partita già con l’idea di aver perso. Ma la verità è che nel profondo stavo morendo lentamente e in modo doloroso, come se qualcuno stesse tagliando in pezzetti minuscoli il mio povero cuore. Finalmente l’e-mail di risposta arrivarono e ora non era solo [N/F] ad elaborare il lutto ma l’intero universo. [N/F] mi aveva chiamata piangendo, ormai era irrecuperabile, caduta in un vortice di disperazione e depressione. Non faceva altro che lamentarsi e singhiozzare e di urlarmi contro dandomi la colpa di tutto, ero stata io a spezzargli il cuore dandogli la possibilità di provare. Io, invece, non avevo ancora trovato il coraggio di aprire quella maledetta e-mail. Se ne stava difronte a me pregandomi di aprirla, eppure io non ne avevo il coraggio. Avrei preferito cancellarla e metterci una pietra sopra facendo finta che tutta questa faccenda non sia mai accaduta, eppure non riuscivo a non pensarci, continuavo a guardarla terrorizzata. Trattenni il respiro e sbarrai gli occhi mentre fissavo lo schermo nell’attesa della morte. Continuai così per quella che mi sembrò un’eternità, finché la voce di [N/F] non mi fece rinsalire dall’altro capo del telefono.


-[Y/N] cosa dice la tua e-mail? - Urlava dall’altro capo del telefono come se cercasse la disperazione di qualcun altro per consolarsi, la mia disperazione.


-Non l’ho ancora aperta- Le risposi riprendendo lentamente fiato e conoscenza.


-E cosa aspetti- Mi incitava alla ricerca di una compagna di gelato.


Stavo già pensando alle merendine da comprare per andare in coma glicemico, quando finalmente mi decisi ad aprire l’e-mail. Quello che mi si presentò davanti mi uccise letteralmente. Le urla di [N/F] si andarono pian piano a scemare fino a diventare mute nel mio cervello, sentì l’aria abbandonare completamente i miei polmoni, il mio corpo divenne pesante, il mio cuore continuava a perdere battiti, la morte era ormai vicina. Avevo un mese per preparare le valigie.


-Allora? Perché non parli? - [N/F] iniziava a preoccuparsi realmente per la mia salute.


-Devo andare- Furono le uniche parole che riuscì a pronunciare prima di chiudere la chiamata.


Saltai in piedi sulla sedia urlando come un’isterica. Ballai per tutta casa balli dalla dubbia sensualità urlando e mimando facce vietate ai minori. Stampai l’e-mail e l’incorniciai in salotto in modo che tutti avessero potuto ammirarla, ne stampai altre copie distribuendole in giro per la città e lasciandole all’interno di supermarket, ristoranti, pub e bar. Uscì di casa in modalità barbona ad urlare alla gente che ce l’avevo fatta, salì sulle panchine in piazza improvvisando monologhi di egocentrismo e false promesse come campagne politiche dinanzi al mondo, mi vestì in modo sexy e elegante la sera per vantarmi in modo altezzoso con parenti e amici stretti. Perché io ce l’avevo fatta.


Peccato che a nessuno interessasse, a parte la mia famiglia e la mia migliore amica, perché nel mio paesino di merda nessuno conosce il Kpop. Ma io ero troppo felice per preoccuparmi delle figuracce, del parere della gente e delle minacce di denuncia per inquinamento, atti osceni in luogo pubblico e perdita di pudore da parte di cittadini e polizia.
   
 
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