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Autore: Esmeralda91    04/12/2018    0 recensioni
Cassandra lo guardò disgustata, proprio quello sguardo che Abraxas non voleva assolutamente vedere nei suoi splendidi occhi. Egli si voltò immediatamente e fece per andarsene via, quando fu raggiunto dalle sue parole: «Sei un codardo, un vile bastardo, avrei dovuto dare ascolto ai miei amici quando mi mettevano in guardia da te, ti odio, non ti perdonerò mai. Mi hai sentito?» urlò disperata, piangendo.
Non poteva tornare più indietro, Lui non glie l’avrebbe mai concesso. E non è che gli si poteva dire più di una volta di no. Abraxas si portò macchinalmente la mano alla gola, l’inquietudine glie la occludeva. Che cosa voleva Lui da lei?
Lui. Non faceva mai nulla per nulla, non gli aveva mai visto provare sentimenti anche solo lontanamente paragonabili ad essere umani. Forse era interessato al suo potere, era l’unica spiegazione plausibile.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abraxas Malfoy, Altro personaggio, Evan Rosier, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Prologo

Prologo
























Il corridoio era incredibilmente silenzioso quella sera. Nessuno sembrava essere tanto coraggioso da addentrarsi tra quei corridoi oscuri, in quella notte gelida di fine dicembre. Soltanto due giovani parevano sfidare il freddo pungente e la terribile sensazione che quella serata non sarebbe andata a concludersi nel migliore dei modi.
Una fanciulla, dai lunghi capelli ricci corvino e dalle labbra incredibilmente seducenti, seguiva il ragazzo di fronte a sé, il quale, con la sua andatura elegante e le sue movenze feline, faceva sfoggio di tutto il suo rango nobiliare e la sua purezza di sangue.
La ragazza affrettò il passo lungo la strada deserta del quarto piano, non curandosi minimamente se esso potesse apparire troppo pesante in quel silenzio tombale. Nessuno doveva sapere dove stavano andando, e comunque a quell’ora, tutti gli studenti e gli insegnanti già dormivano da un po’, anche se non poteva esserne certa. La giovane si accorse che si stavano dirigendo, attraverso varie scorciatoie, che solo il suo Slytherin sembrava conoscere, verso il bagno ormai tristemente noto per la morte di una sua compagna di corso. Lei più volte si era poste parecchie domande su come lui potesse essere a conoscenza di queste strade, o di quel dannato bagno, durante il lungo tempo trascorso insieme, eppure non osava rivolgergliele, forse perché temeva molto di più le risposte.
Con il fiato corto e il cuore in gola, la ragazza arrivò alla punta estrema del passaggio, nel punto in cui la strada portava a quel maledetto bagno. Il tempo sembrava sospeso. Si voltò, come se stesse immaginando di venire seguita da qualcuno che li avrebbe scoperti immantinente e rispediti nelle loro rispettive case e dalle loro famiglie. Certo… se solo lei ce l’avesse avuta una casa o una famiglia.
Dal bagno fatiscente sempre traboccante di acqua, chissà poi perché, arrivava una luce fioca dalla finestra che vi era all’interno. La porta era rimasta aperta dopo il loro ingresso, come se il giovane avesse voluto lasciarsi una via di fuga. Impossibile, pensò Cassandra, così si fece coraggio ed entrò insieme a lui.
Lo vide girato di spalle, lo sguardo fisso innanzi a sé, senza che mai si fosse voltato verso di lei una sola volta.
«Allora, di cosa volevi parlarmi?» domandò Cassandra gioviale, non aspettandosi minimamente quello che lui, da lì a poco, avrebbe provocato nel suo cuore.
«Mi dispiace per tutto questo mistero Cassandra» rispose lui, la voce fioca. «Pensavo che un po’ d’intimità sarebbe stata la situazione più ideale per…» Egli lasciò la frase in sospeso, la voce improvvisamente arrochita da qualcosa che lei ancora non riusciva a percepire o a immaginare chiaramente.
«Non… non preoccuparti, anzi anche io vorrei parlarti» concluse lei, la felicità che traboccava dai suoi occhi color ghiaccio e dalla sua voce suadente. «La casa famiglia che mi ospita ha deciso di dare una festa. So che è un’assurdità per te, insomma tu hai la tua famiglia e non oso immaginare che festa suntuosissima darete nel vostro maniero.» 
La voce le morì in gola. Il ragazzo si era appena voltato verso di lei, un’espressione vuota sul viso e sotto i suoi occhi torreggiavano delle occhiaie da terrorizzarla. Immediatamente Cassandra capì che doveva essere successo qualcosa di orribile. Non l’aveva mai visto così provato, lui aveva sempre portato un aspetto impeccabile. Forse la sua famiglia si era ancora una volta ostinata affinché lui la lasciasse, perché ritenevano che per il loro rampollo lei non fosse abbastanza. Forse, pensò, gli avevano imposto di scegliere una purosangue come lui.
«Che ti succede, stai male?» gli chiese premurosa, avvicinandosi a lui e toccandolo sul viso. 
La sua altezza la superava di due spanne, il suo dolce e sottile mento sfiorava il petto di lui. Egli la scostò bruscamente, urlando: non toccarmi! Cassandra restò stupefatta e ferita. Nonostante i suoi amici l’avessero avvertita più volte di stare lontana da lui e dai suoi degni compari di brigata, come li definivano sempre, mai aveva dato loro ascolto, perché lui l’aveva sempre trattata come una principessa. Ora non lo riconosceva più.
«Che significa questo?» gli domandò Cassandra, ormai priva dell’inflessione dolce della voce che l’aveva accompagnata innanzi tempo. Egli la guardò fisso, ma sembrava non essere nemmeno lì, mentre prendeva voce, e forse coraggio, per dire le ultime parole che avrebbero concluso e mandato in pezzi la loro storia.
«Io penso… penso che non sia giusto per me continuare… questa storia.» Il ragazzo balbettava, si sfregava le mani nervoso e sembrava logorato da una bestia che lo stava divorando lentamente da dentro. Al momento, però, l’unico rumore che Cassandra riusciva a sentire, era il suo cuore che andava in frantumi.
«Ma… ma che significa questo? Che stai dicendo» gli chiese tremolante Cassandra. La sua vista iniziava ad appannarsi, a causa dell’uscita delle prime lacrime. Egli distolse lo sguardo e lo spostò verso la finestra, per non dover guardarla soffrire.
«Vedi, Cassandra, io… ho dei doveri verso la mia famiglia, dei doveri che non mi consentono più di ignorarli.» Si passò una mano tra i capelli color biondo chiarissimo, per poi riprendere: «io sono stato… bene, è stato… div…divertente, ma adesso non posso più ignorare i miei obblighi.»
La giovane era inerme, lo guardava tra le lacrime, non riconosceva più il dolce ragazzo che l’aveva amata per tutti questi anni, per tutti i loro anni di adolescenza. «Ma… io… non ti ho mai chiesto nulla…» Il ragazzo si era voltato di nuovo, come se non ne potesse più di stare lì con lei, e più delle sue parole, fu proprio questo gesto a ferirla.
«Non so come dirtelo, non ti voglio più, è stato un modo come un altro per passare il tempo, per… parlare di qualcosa con i miei amici» sbottò il biondo, ormai incapace di reggere la situazione e facendo dei passi indietro come un animale in trappola. «Te ne devi fare una ragione Cassandra.»
«Guardami» sussurrò Cassandra spaventata, con il respiro pesante. Il giovane non pareva ascoltarla, abbassava lo sguardo e sembrava non riuscire più a reggere il loro confronto. 
«Ho detto guardami!!!!» urlò lei esasperata e piangente, facendo esplodere tre gabinetti del bagno. I detriti si sparsero qua e là, intorno a loro. Il giovane tentò di ripararsi inutilmente e così uscì di corsa dal bagno verso il corridoio.
«Dove stai andando? Tu non puoi sganciarmi questa bomba e poi andartene, dopo tutti gli anni che abbiamo passato insieme.» Lo rincorse svelta, incurante del fatto che potessero sentirli o scoprirli fuori dal letto, in un ormai eccessivo coprifuoco. 
Egli si voltò, e la prima cosa che lei vide fu il suo ghigno, il suo marchio di fabbrica, il marchio degli Slytherin, ma soprattutto dei Malfoy. E così si preparò. Era in arrivo il veleno. «Cosa non hai capito esattamente? La parola passatempo?» la derise lui, fronteggiandola in mezzo al corridoio, arrivandole davanti piano e sfiorandole la guancia. «Insomma, sei anche una Ravenclaw no? Pensavo che foste più intelligenti.»
La ragazza si scostò come scottata dalle sue parole e quando vide che il suo ragazzo si stava voltando per andarsene, lei gli corse dietro. «Abraxas» lo chiamò, lentamente, disperata. «Io voglio che la mia vita sia insieme a te» continuò Cassandra, il pianto nella sua voce. 
Abraxas ritirò il suo ghigno e la guardò intensamente, come era solito fare in tante occasioni, quando sembrava volerla leggere dentro, nell’anima. «Io no» decretò Abraxas, freddo. «Non potrei, e non vorrei mai, mischiarmi con una Sanguesporco.» 
Le sue parole sortirono l’effetto sperato dal ragazzo, la fecero indietreggiare e lesse sorpresa e delusione nei suoi splendidi occhi, quegli occhi che ormai l’avevano irretito da tempo e dai quali non sarebbe stato per niente facile allontanarsi. «Sei stato un piacevole passatempo, molto piacevole» ghignò Abraxas, riferendosi alle molte notti passate insieme a fondere le loro anime e i loro corpi.
Cassandra lo guardò disgustata e Abraxas avvertì un dolore al petto. Vedere trasparire dai suoi occhi quello sguardo, lo ferì più di ogni altra cosa al mondo. Egli si voltò immediatamente e fece per andarsene via, quando fu raggiunto dalle sue parole: «Sei un codardo, un vile bastardo, avrei dovuto dare ascolto ai miei amici quando mi mettevano in guardia da te, ti odio, non ti perdonerò mai. Mi hai sentito?» urlò disperata, piangendo e accasciandosi a terra.

Abraxas, nonostante la disperazione che avvertiva da Cassandra, non si fermò, continuò a camminare, la determinazione nei suoi passi eleganti. A chiunque sarebbe sembrato un vile senza cuore, ma nessuno era abbastanza vicino da notare una lacrima solitaria, scendere dai suoi occhi. Si morse il labbro con gesto febbrile. Serpenti velenosi, ecco cos’erano quelli della loro famiglia, della loro Casa. Avevano da sempre tentato di allontanarlo da lei in ogni modo, ma nessuno c’era mai riuscito finora, perché troppo forte era il sentimento che li legavano, fin da quando erano bambini. Tutti si erano chiesti che cosa ci trovava in lei. Ovvio, i suoi compagni lo comprendevano, a detta loro profondamente, dicevano che era normale, vista l'avvenenza incredibile di quella ragazza. Ella pur non essendo stata Slytherin, e questo restava ancora impensabile per loro, si faceva notare, altroché se si faceva notare, con quei lineamenti raffinati e aggraziati, quell'incarnato color latte. Solo le Slytherin potevano essere degne, perché erano purosangue, affermavano i suoi amici, e per il loro alto lignaggio, ma soprattutto il loro portamento e lo stile. Lei lo aveva spiazzato, era quanto di più affascinante e seducente avrebbero mai potuto posarsi i suoi inutili occhi e anche quelli dei suoi amici. Ma, nessuno sapeva che non era stato quello ad attrarlo, o almeno non solo.
Ma ormai che cosa importava? Non poteva tornare più indietro, Lui non glie l’avrebbe mai concesso. E non è che gli si poteva dire no più di una volta. Abraxas si portò macchinalmente la mano alla gola, l’inquietudine glie la occludeva. Che cosa voleva Lui da lei? 
Fin dai primi anni ad Hogwarts, Lui non si era mai interessato a nessuno se non a se stesso, e ora perché dall’inizio di quest’anno aveva espresso così tanto interesse verso di lei? Che gli piacesse? Una scusa banale come questa poteva riguardare qualsiasi altro suo compagno di casa: Nott, Goyle, Black, Lestrange, Avery, perfino quel vampiro inquietante di Rosier, ma non Lui. Non faceva mai nulla per nulla, non gli aveva mai visto provare sentimenti anche solo lontanamente assimilabili a quelli umani, nonostante l'apparente modello di cortesia e affabilità, che si era costruito negli anni ad Hogwarts. Forse, era interessato al suo potere, era l’unica spiegazione plausibile.
Il mantello cominciava ad essere caldo, nonostante il gelo dell’inverno e l’umidità che iniziava a trasparire dai sotterranei. Nuvolette di fumo iniziarono a uscire dalla sua bocca e presto arrivò all’ingresso della sua Casa. Pronunciò la parola d’ordine ed entrò, aspettandolo al suo arrivo tutta la sua brigata, con al centro Lui, il capo… Tom Riddle, o come si faceva chiamare, Lord Voldemort. Tutti loro stavano ridacchiando di qualcuno che si trovava dall’altra parte della Sala Comune, forse il solito mal capitato che si era ritrovato disgraziatamente sul loro cammino. Non Riddle però, lui lo aveva intercettato subito e ora lo stava scrutando in un modo davvero che metteva i brividi.
Malfoy distolse lo sguardo immediatamente. Si avvicinò piano, con un’andatura distrutta. «Sono tornato, è fatta» sussurrò piano, afflitto da un senso di malessere che non riusciva nemmeno a spiegarlo a se stesso, figuriamoci agli altri. Alzò lo sguardo e venne ricambiato da tutti, chi con compiacimento, chi con disinteresse, chi con strafottenza.  «Su con la vita Abraxas, è ora di festeggiare allora no?» sghignazzò Nott, alzandosi e portandogli un goccio di liquore, fatto arrivare lì clandestinamente. «Insomma, finalmente non sei più uno zerbino di quella Sanguesporco» ridacchiò, rivolto verso gli altri, in cerca di approvazione.
Malfoy lo fulminò con lo sguardo. «La fai facile tu Nott, quand’è l’ultima volta che ti ho visto con qualcuna?» chiese retoricamente, per poi rabbuiarsi. «Non capisci di queste cose, quindi sta zitto.»
«Oh, andiamo Malfoy, non dirmi che ti stavi innamorando» bisbigliò malevolo Rosier, calcando sulla parola innamorato e tentando di ridicolizzarlo davanti a tutti, per poi guardarlo con il suo solito sguardo da rapace allucinato. «Non dovresti fare tutte queste storie, niente è più importante della nostra missione, e comunque lei c’intralcerebbe solo il cammino. Capisco che era piacevole come sollazzo, ma adesso falla finita.»
Malfoy lo guardò con odio e superbia. Era evidente che nessuno sapeva che era stato proprio Riddle a invitarlo caldamente ad allontanarsi da Cassandra, minacciandolo che in caso contrario, le conseguenze sarebbero state nefaste per entrambi. Egli guardò per la prima volta Riddle, da quando aveva scambiato parola con i suoi amici e quello che trovò nei suoi occhi non gli piacque affatto. Era un qualcosa d’indecifrabile, un mixer che lui conosceva bene, e che ormai da anni lo vedeva emergere dai suoi occhi demoniaci, ogni volta che erano all’opera nelle loro innumerevoli e fortuite torture ai danni dei nati Babbani. Vi lesse sete di potere e qualcos’altro che non riusciva a comprendere. Cassandra aveva inavvertitamente e involontariamente catturato l’interesse di una delle persone più temibili a scuola, dalla quale doveva stare bene alla larga, per il suo bene.
Per la prima volta la voce di Riddle si fece sentire. «Adesso lei non è più un tuo problema Abraxas.» La voce suadente di un qualcosa che sapeva personificare benissimo: un serpente. Il suo aspetto, man mano che avanzavano gli anni, era divenuto, se possibile, ancora più strano e macabro di prima. Il suo incarnato, alla luce delle torce, si era reso ancora più pallido di prima, e i suoi occhi, che a volte divenivano rossi, simboleggiavano il sangue, che aveva versato nel corso degli anni, già da così giovane.
«Cosa intendi fare di lei, mio Signore?» domandò Abraxas, intimorito.
Lentamente, un sorriso languido si allargò sul viso di Riddle, rendendolo ancora più oscuro e affascinante. «Questi non credo siano affari tuoi, dico bene Abraxas?» domandò Riddle, alzandosi dalla poltrona, ormai assegnatagli silenziosamente dai suoi sudditi, e procedendo verso la sua stanza. 
Un ghigno mostruoso apparve dai suoi lineamenti, che ne contorse il viso. Ben presto sarebbe arrivato a Lei, in un modo o nell’altro, con o senza la sua volontà.

I personaggi descritti già esistenti appartengono a J.K. Rowling.
I restanti personaggi mai comparsi sono di mia proprietà intellettuale e pertanto coperti da Copyright.
Gli avvenimenti descritti sono di proprietà della saga di Harry Potter e dell'autrice escludendo il mio
sconvolgimento degli avvenimenti e la trama principale che sono di mia proprietà anch'essi coperti da Copyright.

 

  
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