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Autore: nattini1    06/12/2018    9 recensioni
Dimenticatevi di Twilight, Benny non è di certo un vampiro romantico alla ricerca della propria umanità, sa di essere dannato e lotta ogni singolo giorno contro se stesso. L’amicizia tra lui e Dean è la cosa più bella dell’ottava stagione, insieme sono più forti. Benny cerca vendetta, ma tre vampiri da affrontare sono troppi persino per lui e ha bisogno dell'aiuto dell'amico per riprendersi. Scritta per l’Advent Calendar del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Benny, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
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Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 

 

Dean parcheggiò la macchina a lato della banchina deserta. Individuò la chiatta di cui gli aveva parlato Benny al telefono, salì a bordo e scese sotto coperta. Distinse la sagoma dell’amico a metà dell’unico corridoio, addossata alla parete, immobile. Sembrava morto. Si sentì gelare il sangue nelle vene perché il vampiro non dava segno di aver percepito la sua presenza. Si chinò su di lui. Era messo parecchio male: c’erano ferite ovunque e la spalla destra, dove delle zanne avevano lacerato pelle e muscoli, era ridotta a un ammasso di carne sanguinolenta; le gambe erano in uno stato ancora peggiore: una era abbandonata con un’inclinazione innaturale ed entrambi i tendini dietro il ginocchio erano stati dolorosamente recisi.
Non osando scuoterlo per timore di provocare ulteriori danni, lo chiamò: «Benny!».
Benny aprì gli occhi e sollevò impercettibilmente il viso.
Nonostante la scintilla di vita nei suoi limpidi occhi chiari, Dean non si sentì affatto rassicurato: «Non sei messo bene...».
Benny sollevò un angolo della bocca: «Fottiti!».
Dean lo interpretò come un buon segno e prese una sacca di sangue dal contenitore termico che aveva portato. Aveva visto molte cose schifose nella sua vita e doveva ammettere onestamente con se stesso che un vampiro che si nutriva di sangue umano non era nella top ten delle peggiori, ma non poté trattenere il suo stomaco dal contrarsi per la repulsione. Si costrinse a non pensarci, Benny aveva bisogno di lui, e avvicinò con attenzione il tubicino alle labbra socchiuse dell’amico, tenendo in alto la sacca in modo che il sangue fluisse meglio nella sua bocca.
Quando ebbe trangugiato un paio di litri di sangue, Benny riuscì ad alzare il capo verso Dean: «Grazie per non avermi abbandonato, fratello. Aiutami a raggiungere la cabina».
Dean cercò di sostenere l’amico, ma le sue gambe non lo reggevano ancora, quindi optò per la soluzione più semplice e lo sollevò di peso tra le braccia.
«Spero di riuscire a fare pochi metri senza che mi venga un’ernia!» brontolò.
Benny, leggermente sorpreso dal gesto, rise della battuta. Percepì il corpo caldo di Dean, molto caldo rispetto al freddo del pavimento e della parete di metallo e si trovò con le labbra a un soffio dal suo collo, su cui una vena pulsava sempre più rapida per lo sforzo. Sarebbe bastato un fugace movimento del capo per abbeverarsi a quella fonte vitale, ma Benny respinse quell’istinto. Si fece lasciare sul pavimento di un minuscolo bagno con le sacche di sangue e dei vestiti puliti e diede una spinta con il braccio buono alla porta che divideva la stanzetta angusta dalla cabina e quella sbatté a un palmo dal naso del cacciatore.
Dean rimase a fissare la porta chiusa, sentendosi impotente.
Dopo un po’ appoggiò la fronte al legno della porta e chiese: «Che sta succedendo Benny?».
Benny aveva fatto un casino. Aveva sempre avuto un fisico possente e cinquant’anni di costante allenamento quotidiano in Purgatorio lo avevano reso un combattente straordinario, ma affrontare per vendetta tre vampiri contemporaneamente era stata una sfida al limite delle sue possibilità. Aveva mozzato la testa al primo senza dargli il tempo di rendersene conto, poi aveva affrontato gli altri due insieme; si era messo in guardia e aveva menato fendenti col machete, muovendosi come faceva in Purgatorio in una danza mortale, fischiettando quel motivo che gli era entrato in testa da giovane e che tante volte aveva coperto le grida di rabbia e dolore dei nemici. Forse Dean non lo avrebbe preso in giro tanto per questa cosa, se avesse saputo che era il IV movimento della suite Peer Gynt, lo stesso che fischiettava il mostro di Düsseldorf quando uccideva le sue vittime.
Era uscito vivo dallo scontro, ma era messo molto male. Era rimasto a terra con le gambe fuori uso, circondato dai corpi esanimi e dalle teste dei nemici, una costellazione grottesca sulla banchina del porto. Presto sarebbe arrivato il giorno. Forse sarebbe riuscito a strisciare fino alla chiatta vicina, dove avrebbe potuto nascondersi, ma aveva bisogno di sangue e non voleva rischiare di attaccare il primo malcapitato che gli fosse arrivato a tiro.
Dean gli aveva promesso che ci sarebbe stato ancora, in caso di bisogno. Aveva pregato che fosse vero. Aveva preso  il telefono e lo aveva chiamato e, grazie al cielo, lui era venuto.
Benny rispose con un’altra domanda: «Perché l’hai fatto, Dean? Perché mi ha fatto risorgere? Avresti potuto buttare la mia anima nelle fogne e nessuno l’avrebbe saputo».
«Di cosa stai parlando?» chiese Dean esasperato. Lui voleva solo sapere se Benny aveva bisogno di qualcosa, non era il momento per conversazioni da ragazzine o domande esistenziali.
Benny rispose a fatica: «Non preoccuparti, sarò al 100% prima che tu te ne renda conto. Hai già risolto la situazione. Ora io ho le mie cose, tu i tuoi affari di famiglia».
Dean appoggiò i palmi delle mani sulla porta; era il primo a non voler violare la privacy altrui, ma avrebbe voluto sfondare la porta: «Benny. Che succede?».
La voce arrivò ovattata: «Dannazione, non so cosa sono. So di essere dannato… È stato strano tornare in questo mondo… non so nemmeno se sia reale…».
Dean sbatté i pugni sulla porta, un gesto in impotenza, non per sfondare la porta, ma per farsi sentire da Benny: «Senti, io sono reale, siamo reali. È l’unico modo di giocare a questo gioco!».
La voce che si fece più forte e sicura e non solo per merito del sangue che stava curando piano piano le ferite: «Sei fissato con questa cosa dell’amicizia, ma è bello vedere che certe cose non cambiano».
Nei primi tempi in cui vagava per il bosco desolato del Purgatorio, avrebbe voluto fuggire, ma per quanto corresse, per quanti mostri uccidesse, era sempre rimasto al punto di partenza. Aveva sempre avuto il timore di essere braccato da qualcuno, ma alla lunga aveva capito che stava inseguendo se stesso lungo sentieri senza fine. Finché non era arrivato Dean, un essere umano, che aveva lottato al suo fianco e lo aveva aiutato a uscire e a tornare a camminare sulla terra. Tutto ciò che amava era stato distrutto da mostri come lui ed era dura rigare dritto, dopo tutti quegli anni senza soffrire la fame, ma Dean era lì per lui. Benny si alzò e aprì la porta.








NdA

Ciao a tutti!
Credo sia palese che io abbia una cotta per Benny! Quello che mi piace di lui (oltre al fatto che lo trovo dannatamente sexy) è che il suo personaggio ha avuto una buona introduzione, un’eccellente caratterizzazione e una fine piena di significato che lo ha reso un eroe indimenticabile. Spero che amiate questa storia quanto io ho amato scriverla.
Se conoscete qualche bella fanfiction con lui protagonista, vi prego segnalatemela!
Vi lascio il link del gruppo: https://www.facebook.com/groups/534054389951425/
Ogni commento è gradito!

   
 
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