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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    09/12/2018    2 recensioni
[Partecipante al contest di Halloween del gruppo FB SASUNARU FanFiction Italia e classificatasi quinta]
[Varie ship]
[Historical!AU]
Una ragazza di nome Sakura si ritrova a bordo di una misteriosa nave chiamata Falce che Ride: con l'aiuto del Capitano della nave e del suo equipaggio, riuscirà a chiudere i conti col proprio passato. Sullo sfondo, il Giappone della fine della Seconda Guerra Mondiale.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun contesto
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TITOLO: We aren't afraid of the horizon line

TAROCCO: Il Giudizio

ELEMENTO DI HALLOWEEN: Pipistrello

GENERE: Lievemente horror, Soprannaturale

AVVERTIMENTI: Tematiche delicate, violenza, menzioni di torture,

RATING: Arancione

RIASSUNTO: Una ragazza di nome Sakura si ritrova a bordo di una misteriosa nave chiamata Falce che Ride: con l'aiuto del Capitano della nave e del suo equipaggio, riuscirà a chiudere i conti col proprio passato. Sullo sfondo, il Giappone della fine della Seconda Guerra Mondiale.
NOTE: Partecipante al Contest di Halloween indetto dal gruppo FB SASUNARU FanFiction Italia, Tarocco scelto, Il Giudizio.
Quinta classificata e vincitrice del Premio Bianconiglio (e ponte più lucidato di sempre)

 

WE AREN'T AFRAID OF THE HORIZON LINE

«Da quella parte!»

«No, di là! Di là! Sbrigatevi!»

«La scogliera! È laggiu, è laggiù!»

 

Grida, esplosioni, spari.

Il calore del fuoco sul viso.

I piedi nudi feriti dalle rocce che lacerano la pelle nella corsa.

E infine il vuoto vertiginoso, col vento che dona sollievo alla pelle arrossata prima dell'impatto gelido.

 

§§§

 

Aprì gli occhi, sentendo qualcosa di leggero sul viso.

Aprì gli occhi, trovando al tatto quello che sembrava un piccolo origami sulla fronte, creato da un singolo foglio di carta di riso dalle sfumature lilla.

Sotto le sue dita, tuttavia, l'oggetto si animò e, senza fare il minimo rumore, si alzò in volo: roteò per qualche secondo sopra di lei, ancora frastornata e dolorante, prima di sparire dal suo campo visivo.

Con difficoltà, la ragazza cercò di muoversi su un fianco nel tentativo di rintracciarlo, salvo poi trovarlo appoggiato tra i capelli di un giovane uomo, che le sorrideva da una sedia posta accanto a quello che, solo in quel momento, aveva realizzato essere un letto, in una stanza sconosciuta, dalla cui finestra poteva riconoscere un lembo di cielo color carta da zucchero, intenso e ricco, bello da annegarci dentro senza alcun rimorso e rimpianto.

Il giovane uomo le sorrise ancora, chiudendo il libro che stava leggendo con uno scatto della mano guantata: «Ben svegliata, come ti senti?»

Lei annuì, cercando di muovere il collo indolenzito ma tutto quello che ottenne fu una staffilata di dolore: «Senti dolore? È normale, hai preso una bella botta. Come ti chiami?»

Il suo nome.

Buffo come una richiesta così semplice fosse così difficile da esaudire.

«Sakura...?»

Non avrebbe voluto dare alla risposta quella sfumatura incerta ma la bocca faticava a collaborare, così come il cervello, faticava a richiamare alla mente informazioni basilari come il proprio nome e questo la faceva sentire frustrata.

«Sakura-chan, eh? Io sono Naruto, è bello vederti finalmente sveglia, eravamo preoccupati.»

Sakura scosse la testa e cercò di mettersi seduta: con un gesto della mano, fermò il proprio ospite che si era alzato per aiutarla e, puntellandosi sul materasso con l’altra, riuscì infine a sedersi: «Cosa è successo? Dove sono?» domandò lei con voce roca.

«Questa? È la Falce che Ride, la mia nave, siamo nell’infermeria.»

«La tua nave?»

«Sì, sono il Capitano. Ti abbiamo trovata la notte scorsa che galleggiavi. Credevamo fossi… ma quando ti abbiamo portata a bordo respiravi ancora.»

«Siete pirati?»

Naruto la guardò interdetto per qualche secondo, poi scoppiò a ridere di gusto – Sakura notò solo in quel momento la scintilla che illuminava i suoi occhi, dello stesso colore di quel lembo di cielo visto poco prima -: «Ma che dici, ti sembro un pirata? No, siamo… viaggiatori, diciamo. Ma non è il momento di parlarne, ora! Se ti senti meglio, allora puoi mangiare qualcosa.».

A quelle parole, la giovane sentì il proprio stomaco brontolare, non ricordava bene quando avesse mangiato l’ultima volta; in realtà, non ricordava neppure cosa stesse facendo prima di finire in mare e aveva vaghi e nebulosi ricordi del luogo da cui proveniva.

«Sakura-chan, ti serve una mano per alzarti dal letto?»

«No, arrivo. Dammi un attimo.»

Con Naruto accanto che la sorvegliava con l’attenzione di un falco che scruta sotto di sé alla ricerca della preda, spostò le gambe doloranti oltre il bordo del letto e, combattendo la nausea e la sensazione di vertigine, si alzò in piedi; le gambe faticavano a reggerla ma strinse i denti ed evitò una rovinosa caduta sul pavimento.

«Seguimi allora, saranno tutti contenti di vederti in piedi.»

«Tutti?»

«Gli altri dell’equipaggio. Dai, andiamo sul ponte»

Sakura annuì e lo seguì lentamente fuori dalla stanza: il corridoio su cui si affacciava l’infermeria era illuminato dalla luce del sole che penetrava dalle finestre disposte ordinatamente lungo le pareti, alcune erano aperte e da esse penetrava la brezza marina, fresca e fragrante; ma non era quello ad aver attirato l’attenzione di Sakura, quanto piuttosto la presenza della stessa creatura vista al risveglio che, staccatasi dai capelli di Naruto, si era posata sulla sua spalla: «È un Koumori-chan[1].» disse lui, aprendo la porta in fondo al corridoio e rispondendo al contempo alla domanda non detta che Sakura si stava facendo, «Si affezionano facilmente ma questo in particolare adora i miei capelli.» rise, facendole strada lungo un altro corridoio.

«Ce ne sono altri?»

«Parecchi, non so il numero esatto, se vuoi puoi chiedere a Hinata.»

Un altro nome, un’altra persona senza un volto a cui associarlo.

Quando infine attraversarono l’ultima porta, si trovarono all’aria aperta e Sakura non potè che strabuzzare gli occhi, incredula: che spettacolo meraviglioso.

Erano effettivamente a bordo di un imbarcazione in legno di medie dimensioni, la cui prua fendeva il mare mosso in volute bianche per la schiuma; i due alberi erano interconnessi tra loro da un tripudio di sartie e scotte, che sembravano vibrare nella frizzante aria del mattino mentre le vele, manovrate da alcuni marinai che si arrampicavano agilmente sugli alberi, si gonfiavano per il vento che spingeva l’imbarcazione.

Il ponte di coperta, che Sakura poteva osservare comodamente dalla sua posizione sul cassero, era affollato, quasi nessuno stava fermo, c’era chi si arrampicava sugli alberi con un fascio di corde sottobraccio, altri che spingevano barili sulle assi in legno ma fu un capanello in particolare ad attirare la sua attenzione, un gruppo di una mezza dozzina di individui circondava un uomo, in piedi in mezzo a loro.

Questi rideva con una luce folle negli occhi mentre giocava con una grossa falce che veniva roteata sopra la testa.

«CADE!»

Incantata dalla sua abilità, Sakura non realizzò subito l’accaduto se non qualche secondo dopo averne visto la testa rotolare sulle tavole di legno mentre l’equipaggio attorno applaudiva entusiasta e gli uomini sugli alberi ridevano.

Anche la testa rideva come se fosse stata ancora attaccata al collo e Sakura, sconvolta, vide il corpo muoversi verso di essa tra il tifo dei presenti.

Raccoltala, l’uomo la riappoggiò sul collo e fece alcuni movimenti come a saggiarne i nervi.

«Hidan, poi lo pulisci il ponte, vero?» chiese un altro membro dell’equipaggio, che li aveva raggiunti sul cassero.

Sakura, con gli occhi sgranati, guardò prima il decapitato-ora-di-nuovo-con-la-testa-sul-collo rivolgere un gestaccio al compagno appena apparso e poi il Capitano stesso, che rideva scuotendo la testa: «Lascia stare, Sasuke. Sai che non pulirà mai.».

«Non lo farò di certo io. E no, non ci pensare neppure. D’accordo che è lo zio pazzo che non teniamo nascosto nella stiva soltanto perché scapperebbe subito e ci decapiterebbe nel sonno ma non sarai tu a pulire il macello che ha lasciato.»

«Èdivertente, gli altri adorano la sua Ghigliottina. E poi non ci decapiterebbe mai.»

«Spero tu non abbia dimenticato quando, per scherzo, ha decapitato e nascosto in giro per la nave le teste di Ino e Shikamaru, ci abbiamo messo una giornata intera per ritrovarle.»

«In effetti…»

«Ti avverto, la prossima volta gli chiudo la falce nell’armeria. E metto un sigillo sulla polena per non farlo uscire.»

«Sakura-chan, tutto bene?»

Naruto le poggiò la mano sulla spalla e la strinse: «Non preoccuparti, Hidan lo fa sempre ma le uniche vittime sono le assi di coperta.» la rassicurò lui.

«M-Ma è un fantasma?!» balbettò lei.

«Si offende se lo chiami fantasma, lui preferisce Non-Vivo. E comunque ha i piedi. Hidan è la nostra polena ma, quando non è al lavoro, si diverte facendo il cretino.» Sasuke guardò i compagni sul ponte e indicò uno di loro, seduto a cavalcioni del parapetto: «Kiba, turno di pulizie.» gridò.

«Perché io?» chiese lui seccato.»

«Perché ti sentivo ridere da sottocoperta.»

«Che palle!»

«Ordini del Primo Ufficiale.»

«Tu abusi del tuo potere, se ti scopi il Ca-»

Un’esplosione interruppe le sue proteste mentre un altro scroscio di risate folli riecheggiò sul ponte: «Bomba in buca!» gridò qualcuno con infantile entusiasmo.

La nave tremò e, tra il fumo rosso che si era alzato sul ponte, Sakura scorse la sagoma apparentemente deforme di un uomo; quando il fumo finalmente si diradò, lasciando una nebbiolina rosata tutto attorno, ne potè osservare il vero aspetto, quello di un giovane uomo biondo senza un braccio e col kimono nero strappato che, come tutti, sembrava non potesse fare a meno di ridere.

«Deidara, bastardo! Stai cercando guai?! Io non pulisco anche il tuo bordello!» gridò Kiba, visibilmente furioso.

L’uomo scosse la testa e, senza smettere di sorridere in maniera inquietante, riattaccò il braccio mancante, una bizzarra protesi dai meccanismi complessi, che fino a quel momento era rimasto attaccato all’obi[2] attorno ai fianchi: «Hai il turno di pulizie, marmocchio. Ordini del Primo Ufficiale.» ripetè l’uomo, «Vuoi disubbidire?»

«Me ne frego! Sai quanto ci vuole a pulire le assi dalle tracce di polvere da sparo?!»

«Prima inizi e prima finisci.»

Sbuffando e imprecando sottovoce, Kiba fece l’ennesimo gestaccio, rivolto questa volta a Deidara, e si diresse verso un angolo del ponte: ritornò dopo pochi minuti, con un secchio metallico pieno d’acqua e alcuni stracci.

Un’altra ragazza lo affiancò e, con mano gentile, ne prese uno prima di inginocchiarsi a pulire: «Ti aiuto io, Kiba.» sorrise lei.

«No, Hinata, non preoccuparti.» rispose lui, riprendendosi lo straccio: «Volevo solo infastidire Sasuke. Anche se a Deidara una lezione non mi dispiacerebbe dargliela.»

«Poi ti pugnala nel sonno.»

«Non è importante, tanto non posso morire di nuovo. Alla prima occasione, gli strappo la giugulare a morsi.»

«Credici.»

«Taci, Sasuke!»

Sakura, che nel frattempo aveva seguito Naruto giù per le scale che portavano al ponte, si sentiva stralunata: che razza di discorsi facevano?

Spaesata, si guardò attorno: no, le persone che la circondavano continuavano ad avere un aspetto normalissimo, niente faceva presagire che fossero...

«Ma dove sono finita?» Sakura non riusciva più a raccapezzarsi.

«B-Buongiorno. È bello vedere che stai bene.»

Una voce dolce e pacata la fece voltare, incrociando così gli occhi bianco latte della giovane che aveva visto poco prima; ora che poteva osservarla da vicino, notò che doveva avere pressappoco la sua età, dal viso ovale e con lunghi capelli blu tirati all’indietro da un cerchiatto di tartaruga; indosso, aveva un corto kimono lilla sbiadito e non portava scarpe.

«I-io sono Hinata.» si presentò lei, tendendo la mano: «Non volevamo spaventarti, ai ragazzi piace scherzare.»

«Hinata? Naruto parlava di te poco fa.» Sakura la guardò per qualche istante, poi allungò a propria volta la mano per stringergliela: «Riguardo a queste buffe creature.» e così dicendo indicò il Koumori che continuava a occuparle la spalla e a nascondersi dietro i capelli che le ricadevano all’altezza del collo.

Hinata rise ed era una risata normale, non al limite della follia come gli altri: «I Koumori-chan sono un po’ le nostre mascotte. Li creo io.»

«Davvero?»

«Sì, al Capitano piacciono molto, penso tu l’abbia notato.»

Sakura guardò Naruto, che in quel momento stava giocando con altri Koumori scesi svolazzando dalle sartie: ora che li guardava più da vicino e aveva la mente più sgombra, si accorse che si trattava di piccoli origami dalle sembianze di pipistrello, la maggior parte era stata ricavata da frammenti di carta di riso lilla ma ce n’erano alcuni color crema: «Naruto li adora e in generale tutti quanti li amiamo, ce ne sono parecchi in giro per la nave, ci fanno compagnia, soprattutto se abbiamo il turno di guardia di notte.».

Guardandosi attorno, Sakura notò che effettivamente parecchi membri dell’equipaggio avevano uno o due Koumori appesi ai vestiti o rintanati tra i capelli incrostati per il sale ma non sembravano infastiditi e anzi, poteva vedere parecchi marinai parlarci, come se si aspettassero una risposta.

Anche Kiba, che sfregava il ponte con uno straccio intriso d’acqua, ne aveva uno accanto: questi, poggiato sul bordo del secchio, sbatteva di tanto in tanto le ali facendolo sorridere.

«Comunque è raro ricevere visite che non siano della Foglia nel Vento, a meno che… tu non voglia restare con noi. Diventare una nostra compagna.» lo sguardo di Hinata si illuminò nel dirlo ma Sakura non sapeva cosa risponderle: cose come «Non ho intenzione di restare in questa gabbia di matti» non erano un esempio di educazione.

«Vedremo, Hinata-chan. Ci sono parecchie cose di cui discutere, prima, e Sakura-chan merita delle spiegazioni. Ora, non è che avresti un paio di scarpe da prestarle, nel frattempo? Ino le ha bendato i piedi feriti ma non vorrei si ferisse con le schegge di legno.» Naruto raggiunse le due ragazze.

Hinata annuì e, da una piccola sacca appesa al fianco, estrasse delle babbucce di lana grezza: non erano il massimo dell’eleganza ed erano anche consunte sulla suola ma per ora andavano bene.

«Provale, dovremmo avere la stessa taglia.»

Indossatele, Sakura le trovò comode: «Grazie, sono perfette.» rispose lei, muovendo qualche passo sul ponte.

Hinata le rivolse un cenno del capo: «Se ti serve qualcosa, sono qui.» e così dicendo raggiunse Kiba, gli prese dalle mani lo stracciò e, nonostante le sue proteste, iniziò a pulire al suo posto.

Naruto assistette alla scena con un sorriso sulle labbra: «A volte sono ingestibili e scalmanati ma-»

«Sembrano brave persone.» completò Sakura.

«Già, lo sono. E come Capitano, tocca a me proteggerli.» dichiarò con orgoglio prima di prenderla per il polso: «Andiamo nella sala comune, lì staremo più comodi e potrai mangiare qualcosa. Sasuke, quando avete finito con la randa, raggiungici, ok?»

Sasuke, ancora in piedi sul cassero, scrollò le spalle e salì sulla balaustra: con un salto, afferrò una cima lasciata libera e si arrampicò fino alla crocetta più vicina, sparendo nel bianco.

Sakura si lasciò guidare da Naruto sotto coperta e quando infine si fermarono davanti a una porta – la ragazza non potè fare a meno di chiedersi quante ce ne fossero -, questa si spalancò senza che nessuno dei due l’avesse toccata.

Con un brivido, seguì il Capitano all’interno, ritrovandosi in una stanza circolare, con un tavolo rettangolare di legno al centro e numerose sedie sparpagliate qua e là.

Alle pareti, librerie e armadi si alternavano con quadri impolverati e cornici con foto che Sakura, date le loro condizioni sbiadite, non riusciva a esaminare da quella distanza.

Tuttavia, malgrado la porta si fosse aperta, nella stanza non sembrava esserci anima viva.

Eppure qualcuno doveva esserci, non poteva essersi spalancata da sola.

Vero?

Naruto le fece cenno di stargli vicino: «Non ti spaventare.» le sussurrò all’orecchio, prima di alzare lo sguardo verso il soffitto buio.

Sakura vide qualcosa muoversi, che fosse un Koumori?

«Sensei, ti sei addormentato?»

Un istante dopo, una saetta argentea apparve nel campo visivo della ragazza e un uomo, apparentemente più anziano, cadde dal soffitto e atterrò sul pavimento; con l’eleganza di un gatto, questi si alzò in piedi e, scrollandosi il corto kimono verde, spostò lo sguardo prima sul Capitano e poi su di lei: «Stavo leggendo, Naruto. E lei chi è?»

«Sakura-chan, l’abbiamo trovata in mare la notte scorsa ed è nostra ospite. Non ti sei accorto di nulla? Ci siamo fermati per un po’.»

Lei fece un leggero inchino: doveva essere una… persona – di sicuro era come gli altri, come li aveva chiamati Sasuke? Un Non-Vivo? - importante se Naruto lo trattava con tale rispetto.

«Sì, l’avevo notato ma pensavo fosse al solito Hidan che ha perso la testa in mare.»

Il Capitano scoppiò a ridere e Sakura sbuffò nel ricordare la testa rotolante e lo spavento che si era presa, nonostante si trattasse di una situazione incredibile non era da lei un atteggiamento del genere: «No, anche se ho visto biglie rotolare meglio.» rispose, cercando di dare alla propria voce una sfumatura decisa.

Bastò.

La sua battuta strappò una risata all’uomo che la guardò con interesse: «Hai un umorismo interessante, Sakura. Io mi chiamo Kakashi. Cosa ti porta qui?»

«Ne dobbiamo parlare proprio ora, ci sono ancora dei mochi[3]? Volevo offrirli a Sakura.» Naruto esaminò il tavolo ingombro di oggetti.

«Li ho messi sullo scaffale laggiù.» e così dicendo Kakashi indicò un vassoio posizionato sul ripiano più basso della libreria accanto alla porta: «C’è anche del thè freddo.»

«Allora vado a prenderli. Sedetevi, torno subito.»

Mentre il Capitano si allontanava,  entrambi si sedettero, l’uno accanto all’altra, e quando Naruto ritornò, questi si accomodò davanti a loro; poggiò il vassoio coperto da un leggero pezzo di cotone e sistemò lì accanto anche un bicchiere che doveva aver visto giorni migliori, tanto era scheggiato e impolverato, e una caraffa piena di un liquido ambrato e dall’odore zuccherino: «Fatemi indovinare, non avete molti ospiti.» notò Sakura.

Naruto annuì imbarazzato: «Hai sentito Hinata-chan, se non provengono dalla Foglia nel Vento non abbiamo mai ospiti a bordo e anche a loro importa poco del disordine.»

«Foglia nel Vento?»

«Sono… siamo compagni.»

«Quindi ci sono altri come voi?»

«Che scortesia, Sakura.» ridacchiò Kakashi sotto i baffi: «Hidan ti ha ridotto a brandelli i vestiti?»

«Si fosse avvicinato a me con quel coltello troppo cresciuto, glielo avrei gettato personalmente in mare assieme alla testa.»

«Se lo sarebbe meritato.»

Così dicendo, Kakashi le sorrise e spinse verso di lei il vassoio e lo scoprì: «Mangia, puoi anche finirli se vuoi.».

Erano i mochi più belli che lei avesse mai visto: belli pasciuti e ripieni di marmellata di azuki, avvolti ciascuno nella propria foglia di bambù, la consistenza era pressocchè perfetta, non ricordava di averne mai mangiati di così buoni, neppure prima, quando ancora-

Un flash che somigliava ad un ricordo le attraversò il cervello ma, ancor prima che lei fosse riuscita a identificarlo e a trarne anche un frammento di informazione, questi era già sparito, come se non ci fosse mai stato.

«Sakura-chan?»

La voce di Naruto la riscosse e lei osservò confusa sia il Capitano che l’uomo accanto a sé: il primo la guardava con preoccupazione.

«Tutto bene?» chiese, una domanda che le era stata rivolta fin troppe volte nell’ultima ora, spingendola a porsi ella stessa degli interrogativi al riguardo: come mai a quegli individui stava così a cuore il suo benessere? Cosa spingeva quello che, in vita, doveva essere stato un uomo brillante e dal carisma indubbio a preoccuparsi per qualcuno che non era parte del suo gruppo, della sua famiglia?

Forse era un pensiero egoista – non poteva sapere fino in fondo se fosse dettato dalla situazione che stava vivendo o se fosse qualcosa che abitualmente pensava, non avendo ricordi di quanto accaduto prima di ritrovarsi a bordo era difficile fare un paragone – ma faticava a capirne l’atteggiamento.

«Sì, sto bene.» rispose lei con un cenno del capo prima di portarsi il dolce alla bocca.

Per la fame, li ingurgitò tutti in pochi minuti.

Soddisfatto, Naruto lo spostò da parte e si rivolse a Kakashi: «Se non hai da fare, potresti restare con noi, Sensei? O stavi leggendo il libro che ti ha spedito quel pervertito?»

«Sì, ma posso finire dopo. Sasuke?»

«Sta aiutando con la randa da rattoppare, appena avrà finito verrà qui.»

«D’accordo.»

«Possiamo iniziare senza di lui, comunque. Scommetto che Sakura-chan avrà un sacco di domande dopo aver visto Hidan e Deidara!»

«Ha visto anche Deidara? Mi stupisco che non sia scappata a gambe levate.»

Quelle parole, pur se innocenti, infiammarono l’orgoglio della giovane: «Mi spavento con difficoltà, mi hanno soltanto colta di sorpresa.» disse con tono secco.

Kakashi le sorrise: «Che caratterino.».

«Puntualizzo soltanto.»

«Naruto, sembra di parlare con una copia più giovane di Tsunade, non è che è una sua spia?»

«Sensei, la vecchia può venire qui quando vuole, non ha bisogno di una spia. E se lo fosse, sarebbe una di noi.»

L’uomo la guardò in silenzio, visibilmente interessato e Sakura gli tenne testa: quello scontro muto durò una manciata di secondi, poi Kakashi si concentrò su Naruto: «Davvero molto interessante.» affermò soddisfatto.

In quel momento, la porta alle loro spalle si aprì cigolando e, voltatasi, Sakura vide entrare Sasuke: questi, senza dire nulla, andò a sedersi accanto a Naruto: «Sensei.» salutò.

«Ora possiamo iniziare davvero. Allora, ti ho già raccontato della Falce che Ride, abbiamo parlato della Foglia nel Vento, hai altre domande?» il Capitano incrociò le mani sotto il mento per sorreggerlo.

«Una, in verità. Come sono arrivata qui? Hai detto che mi avete salvata, e di questo vi ringrazio, ma non capisco come sia possibile che io fossi in mare.»

«Questo dovresti dircelo tu.» Sasuke intervenne prima che Naruto potesse rispondere : «Vicino al punto in cui ti abbiamo trovata, non c’erano spiagge, solo un promontorio a picco sul mare e degli scogli, il che spiegherebbe le tue ferite, ma non il perché fossi lì.»

«Sei caduta? Oppure ti sei buttata?» nonostante il tono di Naruto fosse dei più amichevoli e gentili possibili, l’implicazione che faceva non le piacque

«Cosa vorresti dire?!» esclamò Sakura, alzandosi in piedi: «Non mi sarei mai tolta la vita! Non l’avrei mai fatto!»

«Calma, Sakura.» Kakashi le poggiò una mano sulla spalla per calmarla: «Naruto non intendeva quello.»

Kakashi scoccò un’occhiataccia al Capitano, il quale si allungò verso di lei e le toccò tentativamente la mano poggiata sul tavolo: «È così. Ti chiedo scusa ma vogliamo solo aiutarti; senza informazioni, però, non possiamo fare nulla.».

Nervosamente, lei annuì e si risedette con un sospiro; faticò a calmarsi, quell’improvviso scatto di rabbia - non era la prima volta e non sarebbe stata l’ultima – l’aveva lasciata prostrata: «Non so cosa sia successo. Ricordo che eravamo andati… a giocare a palla al lago? Forse c’era anche Mikiko-sensei, ma è strano...»

«Cosa?»

La bocca della giovane si seccò e lei faticava sempre più a respirare mentre spalancava sempre nuove porte nel tentativo di raggiungere i propri ricordi sempre più distanti: in quella loro forma di frammenti di vetro taglienti erano difficili da rimettere insieme, sicuramente un effetto del trauma, una conseguenza del violento schianto tra i flutti – a quel pensiero si ritrovò a tremare -.

Ma quel dolore, quell’ansia che le stringeva il petto in una morsa…

Non capiva cosa potessero significare.

«Sakura, non è necessario.» le disse qualcuno all’orecchio ma lei scosse la testa: qualcosa… c’era qualcosa che la turbava.

Qualcosa che non riusciva a identificare e che, per quanto si sforzasse di non darlo a vedere, in cuor suo temeva.

A mano a mano che si immergeva sempre più nei meandri della propria mente, ella sentì mancarle l’ossigeno ma si impose di andare avanti; Sakura chiuse perciò gli occhi e richiamò alla mente tutti i frammenti che si agitavano nella sua mente: «C’è una voce che non riesco a riconoscere, metallica, che ci urla di entrare in una stanza, poi un botto fortissimo e-»

 

Stava iperventilando.

 

Piangeva lacrime roventi.

Rideva di gusto nel sole estivo.

Le mancava l’ossigeno, strappatole da un pugno nello stomaco.

Aveva corso per gioco fino a sentirsi il fiato mancare.

La lama di un coltello.

I colori di un aquilone fatto di stracci.

Le grida di un bambino.

Le risate di tanti bambini in cerchio attorno a lei che cantavano «Kagome, Kagome[4]»..

Il calore delle fiamme.

Il bacio del Sole d’autunno..

Il sangue sulle mani.

L’acqua fresca del fiume dove immergevano i piedi al mattino.

Il tocco soffocante del male più puro sulla sua gola nella forma di una mano adunca.

L’abbraccio materno di-

 

«Sakura, respira.»

Le mani di Kakashi si poggiarono sulle sue spalle e lei, spalancati di scatto gli occhi, li trovò pieni di lacrime che non si era neppure accorta di aver iniziato a piangere, le faceva male il petto e non le arrivava abbastanza ossigeno ai polmoni, «Inspira ed espira, piano e profondamente. Inspira ed espira.»

Seguendo le indicazioni di Kakashi, Sakura riuscì ben presto a riprendere il controllo e, mentre la pressione sul petto cominciava a sciogliersi, cercò di puntellarsi con la mano sul tavolo per aiutarsi ad alzarsi: «Siediti, non alzarti così di scatto.» la rimproverò il più anziano dei tre.

Ma lei scosse la testa e, seppur con la testa che le girava, riuscì a mettersi in piedi, seppure fosse traballante: «Devo tornare indietro, devo andare a casa e capire cosa è successo!»

«Il Capitano non ti impedirà di tornare a casa, se vuoi, ma ora devi calmarti.»

«Kakashi-sensei, lascia fare a me.»

Naruto girò il tavolo e raggiunse a passo svelto la ragazza prima di sedersi sul tavolo davanti a lei; ora, malgrado le modalità del tutto peculiari del loro incontro e il limitato lasso di tempo in cui avevano parlato e interagito, Naruto era sicuro di aver inquadrato abbastanza bene quell’anima sperduta come tutti loro, del resto, e in un moto - che Sasuke avrebbe definito «infantile» - si era istintivamente preso in carico la sua protezione e il suo supporto.

Era forte, senza dubbio, spiritualmente e fisicamente, e se le cose fossero state diverse, se la situazione non fosse stata così strana fin dall’inizio, probabilmente le avrebbe chiesto su due piedi di restare con loro, di entrare a far parte del suo equipaggio.

Ma quella vita, o non-morte, era strana e incredibile, come il cielo color ocra nelle giornate di tempesta, quando la Falce che Ride, fregandosene del buon senso e del pericolo, navigava fendendo le onde con tutta la macabra allegria di cui la risata di Hidan sui flutti agitati era capace e Naruto una cosa l’aveva capita: in quella sua forza incredibile, si annidava qualcosa di strisciante come il Male, un tocco putrescente di morte.

No, non suo – Naruto l'aveva percepito chiaramente – ma era il tocco di qualcun'altro, qualcuno che aveva lasciato la sua impronta fetida su di lei, marchiandola con un segno invisibile: una mano viva che puzzava di sangue altrui rappreso.

Naruto poteva quasi toccare la sofferenza di quelle vite spezzate, bambini, forse? Donne e ragazzi... i deboli di ogni società, coloro che avevano bisogno di protezione: forse era quella percezione ad aver scatenato il suo istinto.

Il Capitano scosse la testa per schiarirsi le idee e riprendere il controllo: non era il momento.

Sotto lo sguardo di Kakashi – anche lui doveva averlo percepito, malgrado Naruto avesse abbandonato le spoglie mortali da ben prima di lui, il suo Maestro era senza dubbio più sensibile – allungò una mano e, fermandosi un attimo a mezz'aria, incerto se accarezzarle la guancia o meno, la poggiò infine sulla spalla di Sakura, stringendo rassicurante: «Sakura-chan, va tutto bene. Se vuoi tornare indietro nessun problema. Solo ti chiedo di aspettare fino al tramonto. Giusto il tempo di tornare verso terra.».

Sasuke alle sue spalle si era già messo in piedi, pronto per andare a dare l'ordine.

«Ti prometto che ti riporteremo a casa. E se avrai bisogno, ti supporteremo.» aggiunse lui, senza però interrompere il contatto.

A sorpresa, Sakura alzò la testa – i suoi occhi erano lucidi ma nessuno disse niente – e la scosse: «Ho solo bisogno che mi riportiate indietro. Per il resto posso cavarmela da sola.»

Il Capitano annuì e rivolse un cenno a Sasuke, che sparì fuori dalla stanza in un attimo: «D'accordo, come vuoi. Sasuke?»

Il Vice-capitano annuì e uscì a passo svelto dalla stanza.

Kakashi non disse nulla e tirò fuori dalla tasca un libriccino dalla copertina arancione prima di alzare lo sguardo verso Sakura: «Non mi dispiacerebbe un po' di compagnia, sempre che tu non abbia altro da fare.».

Lei scosse la testa e si accomodò sulla sedia che occupava prima; Kakashi osservò le assi del soffitto e sospirò prima di prendere a propria volta posto; Naruto diede a Sakura un paio di libri che nascondeva nel borsello di stoffa azzurra che dondolava appeso all'obi del suo kimono, Sakura notò solo in quel momento che il kimono fosse arancione con inserti bianchi, come fiamme dal calore incredibile: «Prendi questi, il tempo passerà più velocemente. Me li ha dati Hinata da leggere ma non mi interessa particolarmente la lettura.» ammise lui con un sorriso imbarazzato.

La giovane li accettò, esaminandoli con attenzione, concentrata sui dettagli delle copertine dipinte a spessi blocchi di inchiostro nero: Favole e leggende, ne lesse il titolo.

«Sì, sono vecchie storie che la vecchia deve averle dato... quando si è unita a noi.»

«Allora ci vediamo dopo, Naruto. La accompagnerò sul ponte non appena la vedetta indicherà l'arrivo.» Kakashi fu sbrigativo nel congedare il Capitano, che salutò entrambi con un rapido inchino prima di seguire Sasuke all'esterno.

Nella stanza restarono solo loro due, in un silenzio che niente aveva di imbarazzato o forzato e che anzi era confortante: l'uomo ben presto si immerse nella lettura e anche Sakura, dopo essersi guardata attorno, aprì uno dei volumi per venirne subito catturata.

Fu così che trascorsero tutto il pomeriggio.

Quando infine udirono la voce di Kiba annunciare l'avvicinarsi delle scogliere, staccarono gli occhi dalle pagine e si scambiarono un lungo sguardo silenzioso; col rumore delle onde infrante sulla chiglia della nave che entrava dagli oblò lasciati aperti, Sakura sentì uno strano calore invaderle il petto: sapeva istintivamente di aver già provato una sensazione simile in passato ma davvero non riusciva a ricordare quando e come.

A disagio, distolse lo sguardo e mise a posto i libri, impilandoli in ordine e avvicinando il bicchiere alla caraffa mezza vuota.

Kakashi ripose il libro e si avviò verso la porta: lo seguì e assieme uscirono nel corridoio.

 

§§§§

 

«Allora, Hinata-chan. È tutto chiaro?»

Appoggiati al parapetto della nave e intenti a osservare l'alta scogliera che si ergeva di fronte a loro, maestosa e ripida, i due sembravano occupati in una fitta conversazione.

La ragazza annuì, gettando un'occhiata di sbieco alla folla al lavoro alle loro spalle; certo, era stato un lungo pomeriggio ma erano riusciti a portare a termine il loro programma con relativa facilità: «Ho capito, Naruto-kun.» disse lei con un sorriso rassicurante, «Non preoccuparti, non fallirò.»

Il Capitano scosse la testa: «Non mi preoccupo che tu fallisca. Voglio solo che siate al sicuro.» chiarì lui.

«E lo saremo, se ci atteniamo al piano andrà tutto bene.»

«Mi fido di te.»

«Non ti deluderò.»

All'improvviso, la voce di Kiba li interruppe mentre il ragazzo – che recava con sé un pennello che per poco non gli arrivava al mento – li raggiungeva di corsa: «Hinata! Ci serve aiuto per gli ultimi segni.».

«Allora vai, Sakura-chan sarà qui tra poco e ci sono ancora alcune cose di cui occuparci.»

 

§§§§

 

Mentre il Sole scendeva sul mare, Sakura uscì sul ponte, preceduta da Kakashi.

Avevano trascorso il pomeriggio insieme a leggere e, nonostante non avessero parlato granchè, era stato un momento di pace rinvigorente; ma, allo stesso tempo, qualcosa di simile alla malinconia le attanagliò lo stomaco.

Non erano tenuti a salvarla eppure l'avevano fatto.

Non erano tenuti ad aiutarla eppure Naruto si era impegnato a farlo.

Malgrado tutto, l'idea di lasciarli e tornare indietro la faceva sentire a disagio: ma doveva tornare, qualcosa doveva essere accaduto, qualcosa di grave, e non si sarebbe mai perdonata non essere stata presente ad aiutare la sua gente.

Certo, i ricordi erano ancora confusi e lei per prima faticava a interpretare i frammenti che di tanto in tanto le affioravano alla mente ma non poteva lasciarsi fermare: nonostante si sentisse scissa, doveva tornare a casa ed essere di aiuto, chiedere scusa per essere scomparsa così all'improvviso e aiutare il più possibile.

«Ehi, Sakura-chan!»

La voce del Capitano riecheggiò sul ponte di coperta, gremito di persone e di Koumori-chan – alcuni stavano appesi a testa in giù dalle sartie, altri svolazzavano tra le vele al lasco – che per la maggior parte erano assiepati sulle ali di un altro, enorme Koumori-chan che sostava sulle assi di legno: attorno a lui, Hinata, Naruto, Sasuke e un altro ragazzo, che Sakura non aveva mai visto, avevano ciascuno un grosso pennello in mano, più o meno della loro stessa altezza o, nel caso di Hinata, di poco più grosso di lei.

A cavalcioni delle ali della creatura di carta, il ragazzo sconosciuto tracciava con maestria spessi blocchi di inchiostro nero, gli uni accanto agli altri, ce n'erano già parecchi che luccicavano alla luce morente del giorno.

Spessi kana [5] si avvicendavano in una spirale che andava a chiudersi sul dorso della creatura.

«Che te ne pare?» esclamò Naruto, il cui kimono era attorcigliato in vita, lasciandogli spalle e busto scoperti; anche gli altri tenevano il kimono nella stessa maniera per evitare macchie di inchiostro.

«È incredibile.» ammise Sakura, sinceramente ammirata, prima di rivolgersi a Hinata, «È molto più grande degli altri. A cosa servirebbe?» domandò.

«Useremo Okoumori-chan[6] per farti tornare a casa, lo abbiamo anche decorato per renderlo visibile il meno possibile ed evitare di causare il panico; tra il buio e i disegni di Sai andrà bene.» disse Hinata, sistemandosi la veste, «Io sono pronta a partire.»

«Verrai anche tu? Guarda che non è necessario, posso farcela da sola.»

«Sakura-chan, fidati.» Naruto si avvicinò a loro seguito da Sasuke: «Non è la prima volta che ne crea uno. E poi, è più sicuro così.»

«Quella scogliera,» Sasuke indicò il massiccio roccioso davanti a loro: «è battuta da forti venti e Hinata è seconda soltanto a Deidara a capacità di volo. Ma almeno un Koumori-chan non rischia di esplodere.»

«D'accordo, se ci tenete tanto. Grazie, Hinata.»

La giovane annuì con un sorriso: «È stato un piacere. Ma devi ringraziare anche Naruto-kun. È stato lui ad avere l'idea e a farla mettere in pratica.»

«Abbiamo collaborato tutti, nessuno escluso.»

«Goditi i complimenti che ti fanno, dobe.»

«Ma è stato uno sforzo di gruppo!»

«Il solito scemo.»

«Dopo faremo i conti, teme!»

«Oh, basta! Se volete sfogarvi, andate a limonare dietro il quadro!», Kiba, fatto un passo avanti, rivolse un sorriso a 32 denti a Sakura: «Non sei male come compagna, sai? Non mi dispiacerebbe se restassi.» disse lui.

«Non sei male neppure tu, ogni tanto troviamo dei cuccioli inselvatichiti in giro per il bosco. Ti prometto che il più fastidioso di tutti lo chiamerò Kiba.»

«Sarebbe fantastico!»

Kiba la abbracciò con affetto e Sakura sentì di nuovo quella lancinante malinconia bloccarle in respiro in gola.

«È stato bello averti con noi, Sakura-chan.» disse Naruto, allungando la mano: «Anche se per poco, sei-»

Il Capitano venne interrotto da un abbraccio soffocante, sentì il viso di Sakura nell'incavo del proprio collo e udì un singolo singhiozzo.

Senza dire nulla, ricambiò l'abbraccio e avvicinò la bocca al suo orecchio: «Sei stata una nostra compagna e lo sarai sempre, nonostante le differenze. E noi non lasciamo soli i nostri compagni. Ricordalo.»

Sakura annuì e si staccò, sul suo viso c'era solo determinazione: «Grazie, Naruto.»

Quando infine il Koumori-chan decollò tra le luci delle lanterne appena accese, l'intero equipaggio era assiepato alle murate per salutarla, la guardarono salire di quota con Hinata al comando.

Nel momento in cui la creatura scomparve, inghiottita dal buio che calava rapidamente, Sasuke si avvicinò al Capitano e così anche Kiba, Hidan e Deidara: «Sicuro che non sia stata l'idea più stupida del secolo,?»

«No, Hinata-chan ha i suoi ordini.»

«È un peccato, però. Era simpatica, sarebbe stata un'ottima compagna.» disse Hidan, passando le dita sulla lama della falce.

«È ancora viva, è ingiusto privarla della possibilità di scelta.»

«Ma non è stato così per noi.»

«È vero, Deidara. Ma lei può ancora decidere.»

«Ma quello che ho visto oggi dopo il volo di ricognizione...?»

«Per questo ho mandato Hinata-chan con lei. È tutto sotto controllo, Deidara, ragazzi. Nessuno farà ancora del male a Sakura-chan, ve lo prometto.»

 

§§§§

 

«Guardate... è tornata. Chiamate i soldati!»

«Ma cosa-»

 

«No...NO!»
«Sakura-chan! Dobbiamo andarcene! Stanno arrivando!»

«Ma- L'istituto...»

«Non c'è tempo, andiamocene!»

«Ma Mikiko-sensei... Gli altri...?»

«Sono morti, Sakura-chan, l'edificio è in rovina, sono le tracce di un incendio.»

«Sono stata io?»

«Sì, sei scappata dai miei uomini poco prima dell'esperimento finale ma ora che sei tornata possiamo terminare quello che abbiamo iniziato.»

«Ah, no, voi non toccherete Sakura-chan!»

«Ce lo impedirai tu, signorina?»

 

Hinata estrasse il tanto[7] dalla manica del kimono e fece da scudo a Sakura che, inginocchiata davanti a ciò che restava dell'orfanotrofio dove era cresciuta, stringeva forte le mani, con le unghie infisse nella carne.

Ricordava... Ricordava tutto... E le veniva da vomitare.

 

«Ci avete radunati... Portati nelle cantine... Dottori, siringhe...» Sakura era sotto shock, gli occhi sbarrati vedevano soltanto il sangue dei suoi amici, dei fratelli non biologici con cui era cresciuta in quell'istituto tra le montagne,  che scorreva dalle loro bocche dopo l'ennesimo esperimento fallito, dopo l'ennesimo atto di tortura.

Dopo la violenza a cui venivano sottoposti i loro corpi, in una guerra parallela a quella che squassava il mondo.

Una guerra fatta di bisturi che strappano gli organi, di siringhe che succhiano il sangue e di fiale dai colori incredibili, veleni sperimentati su di loro, che come unica colpa avevano quella di essere rimasti soli, non voluti, delle vite senza valore.

«Deidara-jiichan vi ha visti, oggi pomeriggio, e Naruto-kun mi ha mandata qui apposta per aiutare Sakura-chan e voi non ve ne andrete impuniti.» esclamò Hinata, nella notte oscura tra gli alberi sulle alture del villaggio, circondate da soldati in divisa e dalle voci metalliche che gridavano ordini.

Ma la giovane sembrava spaventosamente calma, in piedi, col tanto sguainato e pronta ad attaccare; scartando indietro col piede, si mise in posizione, con i muscoli tesi per lo scatto.

L'ufficiale davanti a loro sorrise, estrasse una pistola e gliela puntò addosso: «La terra di questa montagna ha già bevuto molto sangue, le foglie sono rosse non per l'autunno in arrivo ma per i cadaveri seppelliti sotto gli alberi. Tutte queste vite non sono che un piccolo prezzo da pagare per vincere questa guerra.» così dicendo, mosse un passo in avanti verso Hinata, «E dovreste essere onorate di perdere la vita per il vostro Paese.», alzò la canna della pistola su di lei.

Tuttavia, Hinata non sembrava turbata; inginocchiandosi accanto a Sakura - senza però perder di vista gli avversari – le passò il braccio libero dietro le spalle e strinse forte: «Io non riconosco questo Paese come mio.» disse lei estremamente calma, «Sono membro dell'equipaggio della Falce che Ride, il mio Capitano è Uzumaki Naruto, e Sakura-chan è una mia compagna. E come dice sempre il mio Capitano, noi non abbandoniamo i nostri compagni.».

 

L'ufficiale sparò.

Subito dopo, ci fu un'esplosione.

 

«All'attacco! Non lasciate vivo nessuno di loro! Fatelo per Sakura-chan!»

 

§§§

 

Fu un massacro.

Di quel villaggio che aveva venduto la propria anima e i propri figli alla malvagità di soldati che avevano dimenticato il loro compito primario – quello di proteggere i deboli della loro Patria – non rimase più nulla alla luce del giorno, soltanto cadaveri, pile di cadaveri sfigurati da esplosioni e con le teste mozzate, case in rovina e pezzi di carne bruciata sparpagliati per tutto il bosco.

In quel villaggio che nessuno più ricordava esistesse, trasformato in un luogo di violenza, era rimasta soltanto la Morte.

 

§§§

 

Sakura cadeva nel vuoto.

Era fuggita subito dopo l'esplosione che aveva squassato il silenzio della notte, tra le fiamme e il fumo era riuscita a scappare via, mossa soltanto da un imperativo, quello di sopravvivere a qualunque costo, lo stesso che l'aveva spinta a correre a perdifiato la notte in cui era stata ritrovata da Naruto e dai suoi; era scappata senza guardarsi indietro, terrorizzata e con le orecchie che rimbombavano delle grida di Hiroshi, Makoto, Ren, Yamamoto, Haruko, Junko... Di quei bambini, di quei ragazzi, che erano stati la sua famiglia e che aveva perso per la malvagità dell'uomo.

Di quella famiglia che le era stata portata via.

Nella sua corsa folle, non aveva prestato attenzione a nulla, concentrata unicamente sulla fuga, e non si era accorta di essersi nuovamente diretta verso la scogliera.

Sakura cadde nel vuoto e, malgrado il vento le sferzasse la pelle e sentisse sul volto gli spruzzi gelidi dell'oceano a mano a mano che si avvicinava precipitando, si sentì stranamente serena e in pace mentre lacrime bollenti si portavano via gli ultimi scampoli di dolore che ancora albergavano in lei.

Chiuse gli occhi, preparandosi all'impatto con l'acqua.

Fu in quella frazione di momento, che percepì come dilatata all'infinito, che si trovò davanti a una scelta: dalla parte più profonda di sé scaturì una luce che prese lentamente forma, quasi fosse argilla maneggiata da un mastro vasaio, trasformandosi.

Davanti agli occhi della mente, apparvero due diversi gruppi di persone in due diversi ambienti: e se vide da una parte le persone del suo passato giocare, come facevano un tempo, nel cortile dell'istituto - prima che scoppiasse la guerra -, dall'altra sentì il proprio cuore esplodere di gioia nel vedere una nave solcare il mare, con l'equipaggio assiepato alle murate, intento a salutarla con gioia e affetto, riconobbe Naruto in mezzo a tutti, e poi Sasuke al suo fianco, Hinata, Kiba, perfino Deidara e Hidan.

E infine lassù tra le vele, seduto sulle crocette e intento a leggere, Kakashi.

Il gruppo di bambini e ragazzi, con le educatrici, la guardarono con affetto e malinconia, agitarono silenziosamente le mani come fossero farfalle pronte a spiccare il volo nel cielo d'estate, e sulle loro bocche si formò un'unica parola.

Vivi.

Naruto, dal parapetto della Falce che Ride, allungò la mano verso di lei: «Sakura-chan, sei salva. Non avere più paura.»

Lei sorrise al suo passato e, determinata, fece la sua scelta.

Afferrò le dita di Naruto poco prima dell'impatto violento con l'acqua.

 

§§§

 

Seduta sul mucchio di fasciami a poppa della nave, Sakura osservava l'orizzonte che si arrossava per l'alba imminente.

In piedi accanto a lei, Hinata le sfregava le braccia: non tanto per riscaldarla quanto per tranquillizzarla, dimostrandole che era al sicuro, che nessuno le avrebbe più fatto del male.

Sul ponte, intanto, gli schiamazzi degli altri membri dell'equipaggio che festeggiavano la vittoria accompagnavano la navigazione mentre si allontanavano a tutta velocità dalla scogliera; alcuni erano ancora sporchi di sangue rappreso, altri stavano ripulendo le armi ma l'umore generale era eccellente.

«Sakura-chan, ti senti meglio?»

Naruto si fece strada tra i sottoposti e la raggiunse sorridendo: «Hai bisogno di qualcosa?»

Lei scosse la testa e gli sorrise: «Grazie.» disse solo.

«Te l'avevo detto, no? Noi non abbandoniamo i nostri compagni.»

«Non eravate tenuti a farlo.»

«Ma è stato utile, no? Hai superato la prova, Sakura-chan.»

La ragazza annuì, gli occhi pieni di lacrime: «Non piangere.» Hinata, al suo fianco, le passò un fazzoletto lillà, «Sono sicura che anche loro sarebbero felici di vederti con noi.»

«Sì, posso assicurarvi di sì.»

Un paio di Koumori-chan si posarono sulle sue spalle e lì restarono, muovendosi come fossero stati degli uccellini: «Guarda, anche loro sono contenti di vederti con noi.» disse Naruto, «È anche merito loro, dopotutto.» disse, accogliendone uno sulla mano.

«In che senso?»

«Hinata ha rimandato indietro Okoumori-chan per chiedere aiuto e siamo accorsi il prima possibile, Deidara-jiichan ha raso al suolo il villaggio con le sue bombe e noi abbiamo massacrato tutti, se lo meritavano.» Kiba giocherellava con una corda: «Dopo quello che hanno fatto a te e agli altri.»

Sakura sorrise e si strinse nelle spalle: «Non so come ringraziarvi, davvero.»

«Non è necessario. Più tardi ti faremo vedere la tua stanza, per ora riposati.» Naruto alzò lo sguardo verso le crocette dove si trovavano Sasuke e Sai: «Stringete di bolina, sfruttiamo al massimo il vento e allontaniamoci da questo posto!» ordinò.

Il Vice-capitano annuì e, dall'alto, diede pochi e concisi ordini: l'equipaggio si affrettò a eseguirli e ben presto la Falce che Ride prese ancora più velocità, diretta verso sud.

Sakura non si voltò a guardare la scogliera, restò concentrata sul sole che sorgeva.

Con la coda dell'occhio, vide Hinata allontanarsi; venne sostituita da Kakashi che, sceso dal cassero di poppa, si mise al suo fianco.

L'uomo le poggiò una mano sulla spalla, non disse nulla ma nel suo sguardo era evidente l'orgoglio.

Sakura sorrise e si spostò di lato, avvicinandosi impercettibilmente a lui.



[1]    Koumori, in giapponese, è il pipistrello

[2]    L'obi è la cintura del kimono

[3]    Dolcetti giapponesi fatti di pasta di riso

[4]    Si tratta di un gioco che i bambini giapponesi fanno tra di loro.

[5]    Questo kana, carattere dell'alfabeto sillabico hiragana, si legge Na. La scelta deriva dalla presenza di un pipistrello, è una citazione da pop-culture, una sorta di Easter Egg.

[6]    Okoumori significa Grande Pipistrello

[7]    Si tratta di un corto pugnale che i samurai tenevano nella manica del kimono.

   
 
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