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Autore: Tomi Dark angel    16/07/2009    4 recensioni
Takanori si è spento, e ora Ryo guarda la sua fredda tomba di marmo bianco. Ricorda, piange, soffre. Tuttavia, qualcuno arriva al cimitero e sorride alla gelida lapide del vocalist. Qualcuno accarezza invisibile le speranze di Ryo, e finalmente, una persona sarà tanto pura e sincera da farglielo notare.
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Reita, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prefazione: I Gazette non mi appartengono, questa storia è tutto frutto dell’immaginazione.

 

Le ali della vita

 

Cosa andò storto quel giorno? Tutto, niente? Non lo so, non lo voglio sapere. L’unica cosa che riesco a pensare mentre guardo quella fredda tomba di marmo bianco è che tu non ci sei più.

Perché?

Non piango, non urlo. Niente. Solo occhi vuoti, i miei. Occhi che hanno visto una vita spegnersi…occhi che hanno visto me stesso morire nello stesso istante in cui il tuo cuore ha smesso di battere, strappandoti al mondo, ai tuoi amici…a me.

Fa male…

Una goccia di pioggia cade sui miei capelli biondi, scivola lenta sulla guancia come una lacrima mai versata. Vorrei piangere per te, vorrei disperarmi, vorrei dimostrare a me stesso e agli altri che non sono diventato una bambola priva di emozioni, capace solo di respirare per semplice inerzia. Ma sono davvero diverso da una bambola? Sono davvero io quello che vedo allo specchio di casa da un anno a questa parte? No, quello non sono io. Quel volto scarno non appartiene a me, quegli occhi spenti non sono miei…o sì?

Comincia a piovere sempre più forte, e in poco, la leggera pioggerellina si trasforma in un vero e proprio temporale. Io non mi muovo. Resto immobile, con l’ombrello teso non a coprire il mio corpo ormai fradicio, ma a riparare la tua tomba, quella stessa pietra sotto il quale il tuo corpo riposa. Mi inginocchio sul terreno, sporgendomi di più e poggiando l’ombrello aperto al gelido marmo asciutto, posando le mani sul terreno e guardando con occhi vuoti la tomba. Fa molto freddo in paradiso? Fa caldo? Stai bene lì, Takanori? Non senti nemmeno un po’ la mia mancanza? Non ti mancano le mie carezze, i miei baci, i miei piccoli “ti amo” sussurrati nell’orecchio quando eravamo soli? Ricordo ancora quel giorno… lo stesso maledetto giorno che ti strappò alla vita.

 

-RYOOOOO TI MUOVIIIIIII???- urlasti queste parole mentre scendevi di fretta le scale del mio appartamento, trascinandomi per una mano. Incespicai e per poco non caddi sull’ultimo gradino. Per frenare la mia caduta, ti voltasti di scatto e tentasti di prendermi al volo. Purtroppo per te, piccolo e adorabile nano malefico, ero più alto e grosso di te per consentirti una facile presa sul mio corpo in caduta libera.

Cademmo entrambi, toccando terra con un tonfo sordo. Ci guardammo un attimo negli occhi, tu sotto di me e io sopra. Il tuo sguardo fu talmente idiota che scoppiai a ridere, subito seguito da te.

La tua magica risata di bambino.

-Ma sei un impiastro!- esclamai tra le risate.

-Senti chi parla!!! Imbranato!-

-Ma sei tu che mi hai trascinato per le scale, nano malefico!-

E giù a ridere di nuovo.

Le ultime gocce di una gioia ormai spenta…

-Sei proprio un nano malefico…- mormorai nel suo orecchio, per poi allontanarmi e posare dolcemente le mie labbra sulle sue. Un bacio a stampo, più simile a quello che dà un bambino timido alla sua prima cotta. Ci separammo e lui sorrise ampiamente, cingendomi il collo con le braccia. Risi di nuovo.

-Che dici, ci alziamo? A quanto ricordo siamo in ritardo alle prove…- gli ricordai. Non l’avessi mai fatto!

-CAVOLO, E’ VEROOOO!!!- urlò Takanori, nel mio orecchio. Balzò in piedi e mi prese per mano, tornando a trascinarmi fuori dal palazzo, fino alla moto parcheggiata sul marciapiede. Salii a cavalcioni del mezzo e Taka mi imitò, cingendomi la vita con entrambe le braccia. Poggiò la testa sulla mia schiena, provocandomi un brivido che non aveva niente a che fare con il freddo pungente che ci avvolgeva.

Avviai la moto senza problemi e cominciammo a correre nella strada deserta a quell’ora del mattino.

Basta un attimo a cambiare una vita…a spegnerla per sempre.

Fu un attimo. Una macchina spuntò dal nulla. Era contromano e andava almeno a duecento all’ora…ci veniva addosso.

Sbarrai gli occhi, terrorizzato, e, per impedire che ci schiantassimo frontalmente contro il muso del mezzo, girai bruscamente. La moto cadde e io e Takanori slittammo sul duro asfalto per parecchi metri, finché la testa del vocalist sbatté violentemente contro una ruota dell’auto che aveva bruscamente inchiodato per non investirci. Il tetro tonfo della testa di Takanori che si schiantava contro la ruota, il basso gong della morte troppo vicina a noi.

Perché quel giorno prese lui? Perché non io?

Mi alzai a carponi e sputai un grumo di sangue, accorgendomi che, come minimo, avevo il setto nasale rotto. Non mi importò quando alzai gli occhi sul corpo inerme del mio angelo dalle ali ormai spezzate.

Raggiunsi Takanori strisciando. Il suo volto era pallidissimo, un rivolo di sangue scarlatto colava dalla bocca semiaperta e le braccia ricadevano a una strana angolatura. Gli occhi erano sbarrati per lo spavento, ma non persero quella scintilla di vitalità che mi incantò la prima volta che li vidi.

-T…aka…- mormorai con voce roca, e sputai un altro grumo di sangue. Takanori mosse appena la testa per guardarmi…e sorrise. Sì, Takanori sorrise, anche sapendo che non ce l’avrebbe fatta. Si può sorridere alla morte? Conoscendo quell’adorabile nano pazzo, sì.

-Sto bene…Ryo.- sussurrò con voce fioca. Non seppi mai con quale forza riuscì ad alzare una mano tremante per accarezzarmi una guancia. Non seppi mai come fece a preoccuparsi del mio volto sporco di sangue tanto da pulirmelo con una manica della sua maglia preferita. –Và tutto…bene.- mi rassicurò, ingannatore. Non andava tutto bene, e tu lo sapevi.

-Aspetta, chiamo l’ambulanza…- dissi, ma lui afferrò la mano che avevo portato alla tasca per cavarne il cellulare, sperando che non si fosse rotto dopo la caduta.

-N…o. Resta…con me.- esalò Takanori, la voce spaventosamente fioca, anche più di prima. Tremai, terrorizzato. –Veglierai…su di me?- chiese lui, gli occhi lucidi come un bambino spaventato: stava cominciando a sentire il brivido della paura.

-Sì…sì, ve…veglierò sempre…su di te…- singhiozzai, mentre le lacrime cominciavano a scendere dai miei occhi, scivolando sotto la fascetta che mi copriva il naso sanguinante. Takanori sorrise e la slegò, stringendola in mano come un trofeo. Se la portò al petto. –Questa la…tengo io.- sorrise per un’ultima volta, e un’unica, solitaria lacrima, scivolò sulla sua guancia. La vidi scorrere sulla pelle nivea e morire come lui sull’asfalto. Una lacrima di tristezza, il pianto di chi non vuole morire…ma non ha scelta. –Vivi…amore mio…vivi per tutti e due.- sussurrò, guardandomi felice. Lui non ha mai perso la felicità, lui ha sempre sperato nel nuovo giorno…un giorno che mai più avrebbe visto. E vidi i suoi occhi spegnersi per sempre, diventare vuoti per un attimo e chiudersi sul mondo. Il suo ultimo battito cardiaco fu per me, inginocchiato al tuo fianco, e un debole sorriso rimase impresso sul volto gelido mentre tra le mani stringeva la fascetta con cui l’avremmo seppellito.

 

-Ryo?- dice Yutaka. È riparato sotto un ombrello, uno sguardo triste sul volto roseo. –Che ci fai sotto la pioggia?- chiede, allungandosi per coprirci entrambi con l’ombrello. Io non rispondo, non lo guardo nemmeno più: i miei occhi sono tutti per quella tomba riparata dalla pioggia.

Rimaniamo in silenzio, e Yutaka si piega per coprirmi meglio, bagnandosi un po’. Lo guardo. Sul suo volto ora brilla un sorriso sincero, me ne accorgo dalle fossette che gli si sono create ai lati della bocca. Guarda la foto posta sopra il marmo della tomba, una foto in cui un Takanori sorridente ci fissa entrambi, gli occhi vivi e i capelli scompigliati.

-Mi manca.- sussurro all’improvviso. Un’altra lacrima scivola sul mio volto, piccolo diamante di sofferenza su una pelle intrisa di colpa per non aver fatto niente quel giorno, per non essere riuscito a salvarlo.

-Davvero?- dice Yutaka, sinceramente sorpreso. –A me no.-

Lo guardo, e per la prima volta dopo anni, un moto di rabbia mi assale. Il batterista mi guarda e sorride più ampiamente. –Perché dovrebbe mancarmi una persona che non è mai andata via?- chiede con innocenza puerile, inclinando il capo di lato. Sbatto le palpebre, stupito. –Yuta…Takanori è…è andato via…-

-No che non è andato via!- esclama Yutaka, scandalizzato. –Perché avrebbe dovuto?-

-Non ha potuto scegliere…- mormoro, chinando il capo. Un buffetto sulla testa fradicia mi distrae e alzo nuovamente gli occhi su Yutaka. Lui si sporge e mi bacia innocentemente una guancia. Sento il suo sorriso sulla pelle quando le sue labbra mi toccano.

-Credi davvero che coloro che muoiono vanno via? Sappi che io rivedo Takanori in ogni battuta di Kouyou, in ogni sguardo allegro di Yuu e in ogni gesto sereno che compio. Loro l’hanno capito, per te è tanto difficile arrivarci?-

Rimango basito, mostrando senza saperlo di nuovo le emozioni che per tanto tempo erano rimaste assenti sul mio volto. Yutaka mi afferra per un braccio e mi strattona per farmi alzare, levandosi la giacca e porgendomela. –Tieni, se ti prendi un malanno Taka si incavolerà come una bestia.-

-Non posso accettarla, Yuta…-

-Sì che puoi. Ho un maglione pesante e ho degli anticorpi indistruttibili, non capisco nemmeno io da chi li ho ereditati.- la sua aria si fa pensierosa, poi minacciosa quando vede che non prendo il giubbotto.

-Yutaka…dicevi davvero? Takanori è ancora vivo?-

-Secondo te è umanamente possibile abbattere quel nano malefico? Nah, ho la sensazione che non ce ne sbarazzeremo mai.- sospirò, fingendosi seccato. Poi alzò il capo e sorrise di nuovo. –E poi…- si scostò leggermente per posarmi il cappotto sulle spalle e annuì, soddisfatto. –Se aguzzi lo sguardo puoi vederlo ogni volta che facciamo un gesto del genere ad una persona cara…io l’ho appena fatto, e ho visto il suo sorriso. L’unica cosa che possiamo fare ora, è impegnarci per dimostrargli che siamo vivi e andiamo avanti grazie a lui, no?- spiega con semplicità.

Sorrido per la prima volta dopo anni, sento come una presenza accanto a me, una presenza che, insieme ai miei amici, mi sostiene. Mi accorgo solo ora che questa presenza non è mai andata via, c’è sempre stata e ha provato a consolarmi nei momenti di solitudine e dolore.

-Andiamo?- chiede Yutaka. Annuisco, abbracciandolo per ringraziarlo, poi gli sfilo l’ombrello dalla mano e comincio a correre.

-Vieni a riprendertelo se non vuoi rovinarti la messa in piega, leader-sama!- urlo, ridendo. Yutaka mi insegue, strillando imprecazioni degne di uno scaricatore di porto. Corriamo fuori dal cimitero, e sento che i pezzi del mio cuore infranto stanno andando lentamente apposto, e magari, con un piccolo aiuto del mio angelo dalle ali argentate, presto potrò ricomporre il puzzle disfatto.

Yutaka ha ragione: è il momento di ricominciare a vivere.

 

L’ombrello di Ryo rimane abbandonato sulla tomba del piccolo Takanori a ripararla dalla pioggia, ma improvvisamente, una folata di vento accarezza il freddo marmo bianco e una lucente piuma argentata cade sulla terra umida che copre il giovane corpo del vocalist…non c’erano colombe o altri uccelli nelle vicinanze quel giorno… chissà a chi appartiene quella piccola traccia di speranza.

 

Chi è morto spiritualmente ha l’occhio atrofizzato

E non vede più intorno gli Angeli.

E tuttavia gli Angeli non ci abbandonano,

Nemmeno quando sono da noi abbandonati.

 

Ecco una nuova storia. Insignificante, semplice…ma che spero infonda tante emozioni a chi la legge. Io credo in ciò che ho scritto, credo che chi ci ama non ci lascia mai…e ora l’ha imparato anche Reita. Dedicata a voi lettori e (forse) recensori, voi che sognate, vivete e sperate, accarezzati dalle invisibili ali di angeli che, sorridenti alle vostre spalle, vi rialzano nei momenti di sconforto, aiutandovi ad andare avanti per superare i difficili ostacoli della vita.

Tomi Dark

Angel

  
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