Prefazione:
I Gazette non mi appartengono, questa storia è tutto frutto
dell’immaginazione.
Le
ali
della vita
Cosa
andò storto quel giorno?
Tutto, niente? Non lo so, non lo voglio sapere. L’unica cosa
che riesco a
pensare mentre guardo quella fredda tomba di marmo bianco è
che tu non ci sei
più.
Perché?
Non
piango, non urlo. Niente.
Solo occhi vuoti, i miei. Occhi che hanno visto una vita
spegnersi…occhi che
hanno visto me stesso morire nello stesso istante in cui il tuo cuore
ha smesso
di battere, strappandoti al mondo, ai tuoi amici…a me.
Fa male…
Una
goccia di pioggia cade
sui miei capelli biondi, scivola lenta sulla guancia come una lacrima
mai
versata. Vorrei piangere per te, vorrei disperarmi, vorrei dimostrare a
me
stesso e agli altri che non sono diventato una bambola priva di
emozioni,
capace solo di respirare per semplice inerzia. Ma sono davvero diverso
da una
bambola? Sono davvero io quello che vedo allo specchio di casa da un
anno a
questa parte? No, quello non sono io. Quel volto scarno non appartiene
a me,
quegli occhi spenti non sono miei…o sì?
Comincia
a piovere sempre più
forte, e in poco, la leggera pioggerellina si trasforma in un vero e
proprio
temporale. Io non mi muovo. Resto immobile, con l’ombrello
teso non a coprire
il mio corpo ormai fradicio, ma a riparare la tua tomba, quella stessa
pietra
sotto il quale il tuo corpo riposa. Mi inginocchio sul terreno,
sporgendomi di
più e poggiando l’ombrello aperto al gelido marmo
asciutto, posando le mani sul
terreno e guardando con occhi vuoti la tomba. Fa molto freddo in
paradiso? Fa
caldo? Stai bene lì, Takanori? Non senti nemmeno un
po’ la mia mancanza? Non ti
mancano le mie carezze, i miei baci, i miei piccoli “ti
amo” sussurrati
nell’orecchio quando eravamo soli? Ricordo ancora quel
giorno… lo stesso
maledetto giorno che ti strappò alla vita.
-RYOOOOO TI MUOVIIIIIII???- urlasti
queste parole
mentre scendevi di fretta le scale del mio appartamento, trascinandomi
per una
mano. Incespicai e per poco non caddi sull’ultimo gradino.
Per frenare la mia
caduta, ti voltasti di scatto e tentasti di prendermi al volo.
Purtroppo per
te, piccolo e adorabile nano malefico, ero più alto e grosso
di te per
consentirti una facile presa sul mio corpo in caduta libera.
Cademmo entrambi, toccando terra
con un tonfo sordo.
Ci guardammo un attimo negli occhi, tu sotto di me e io sopra. Il tuo
sguardo
fu talmente idiota che scoppiai a ridere, subito seguito da te.
La
tua magica risata di bambino.
-Ma sei un impiastro!- esclamai tra
le risate.
-Senti chi parla!!! Imbranato!-
-Ma sei tu che mi hai trascinato
per le scale, nano
malefico!-
E giù a ridere di nuovo.
Le
ultime gocce di una gioia ormai spenta…
-Sei proprio un nano
malefico…- mormorai nel suo
orecchio, per poi allontanarmi e posare dolcemente le mie labbra sulle
sue. Un
bacio a stampo, più simile a quello che dà un
bambino timido alla sua prima
cotta. Ci separammo e lui sorrise ampiamente, cingendomi il collo con
le
braccia. Risi di nuovo.
-Che dici, ci alziamo? A quanto
ricordo siamo in
ritardo alle prove…- gli ricordai. Non l’avessi
mai fatto!
-CAVOLO, E’ VEROOOO!!!-
urlò Takanori, nel mio
orecchio. Balzò in piedi e mi prese per mano, tornando a
trascinarmi fuori dal
palazzo, fino alla moto parcheggiata sul marciapiede. Salii a
cavalcioni del
mezzo e Taka mi imitò, cingendomi la vita con entrambe le
braccia. Poggiò la
testa sulla mia schiena, provocandomi un brivido che non aveva niente a
che
fare con il freddo pungente che ci avvolgeva.
Avviai la moto senza problemi e
cominciammo a correre
nella strada deserta a quell’ora del mattino.
Basta
un attimo a cambiare una vita…a spegnerla per sempre.
Fu un attimo. Una macchina
spuntò dal nulla. Era
contromano e andava almeno a duecento all’ora…ci
veniva addosso.
Sbarrai gli occhi, terrorizzato, e,
per impedire che
ci schiantassimo frontalmente contro il muso del mezzo, girai
bruscamente. La
moto cadde e io e Takanori slittammo sul duro asfalto per parecchi
metri,
finché la testa del vocalist sbatté violentemente
contro una ruota dell’auto
che aveva bruscamente inchiodato per non investirci. Il tetro tonfo
della testa
di Takanori che si schiantava contro la ruota, il basso gong della
morte troppo
vicina a noi.
Perché
quel giorno prese lui? Perché non io?
Mi alzai a carponi e sputai un
grumo di sangue,
accorgendomi che, come minimo, avevo il setto nasale rotto. Non mi
importò
quando alzai gli occhi sul corpo inerme del mio angelo dalle ali ormai
spezzate.
Raggiunsi Takanori strisciando. Il
suo volto era
pallidissimo, un rivolo di sangue scarlatto colava dalla bocca
semiaperta e le
braccia ricadevano a una strana angolatura. Gli occhi erano sbarrati
per lo
spavento, ma non persero quella scintilla di vitalità che mi
incantò la prima
volta che li vidi.
-T…aka…-
mormorai con voce roca, e sputai un altro
grumo di sangue. Takanori mosse appena la testa per
guardarmi…e sorrise. Sì,
Takanori sorrise, anche sapendo che non ce l’avrebbe fatta.
Si può sorridere
alla morte? Conoscendo quell’adorabile nano pazzo,
sì.
-Sto bene…Ryo.-
sussurrò con voce fioca. Non seppi mai
con quale forza riuscì ad alzare una mano tremante per
accarezzarmi una
guancia. Non seppi mai come fece a preoccuparsi del mio volto sporco di
sangue
tanto da pulirmelo con una manica della sua maglia preferita.
–Và tutto…bene.-
mi rassicurò, ingannatore. Non andava tutto bene, e tu lo
sapevi.
-Aspetta, chiamo
l’ambulanza…- dissi, ma lui afferrò
la mano che avevo portato alla tasca per cavarne il cellulare, sperando
che non
si fosse rotto dopo la caduta.
-N…o.
Resta…con me.- esalò Takanori, la voce
spaventosamente fioca, anche più di prima. Tremai,
terrorizzato. –Veglierai…su
di me?- chiese lui, gli occhi lucidi come un bambino spaventato: stava
cominciando a sentire il brivido della paura.
-Sì…sì,
ve…veglierò sempre…su di
te…- singhiozzai,
mentre le lacrime cominciavano a scendere dai miei occhi, scivolando
sotto la
fascetta che mi copriva il naso sanguinante. Takanori sorrise e la
slegò,
stringendola in mano come un trofeo. Se la portò al petto.
–Questa la…tengo
io.- sorrise per un’ultima volta, e un’unica,
solitaria lacrima, scivolò sulla
sua guancia. La vidi scorrere sulla pelle nivea e morire come lui
sull’asfalto.
Una lacrima di tristezza, il pianto di chi non vuole
morire…ma non ha scelta.
–Vivi…amore mio…vivi per tutti e due.-
sussurrò, guardandomi felice. Lui non ha
mai perso la felicità, lui ha sempre sperato nel nuovo
giorno…un giorno che mai
più avrebbe visto. E vidi i suoi occhi spegnersi per sempre,
diventare vuoti
per un attimo e chiudersi sul mondo. Il suo ultimo battito cardiaco fu
per me,
inginocchiato al tuo fianco, e un debole sorriso rimase impresso sul
volto
gelido mentre tra le mani stringeva la fascetta con cui
l’avremmo seppellito.
-Ryo?-
dice Yutaka. È
riparato sotto un ombrello, uno sguardo triste sul volto roseo.
–Che ci fai
sotto la pioggia?- chiede, allungandosi per coprirci entrambi con
l’ombrello.
Io non rispondo, non lo guardo nemmeno più: i miei occhi
sono tutti per quella
tomba riparata dalla pioggia.
Rimaniamo
in silenzio, e
Yutaka si piega per coprirmi meglio, bagnandosi un po’. Lo
guardo. Sul suo
volto ora brilla un sorriso sincero, me ne accorgo dalle fossette che
gli si
sono create ai lati della bocca. Guarda la foto posta sopra il marmo
della
tomba, una foto in cui un Takanori sorridente ci fissa entrambi, gli
occhi vivi
e i capelli scompigliati.
-Mi
manca.- sussurro
all’improvviso. Un’altra lacrima scivola sul mio
volto, piccolo diamante di
sofferenza su una pelle intrisa di colpa per non aver fatto niente quel
giorno,
per non essere riuscito a salvarlo.
-Davvero?-
dice Yutaka,
sinceramente sorpreso. –A me no.-
Lo
guardo, e per la prima
volta dopo anni, un moto di rabbia mi assale. Il batterista mi guarda e
sorride
più ampiamente. –Perché dovrebbe
mancarmi una persona che non è mai andata
via?- chiede con innocenza puerile, inclinando il capo di lato. Sbatto
le
palpebre, stupito. –Yuta…Takanori
è…è andato via…-
-No
che non è andato via!-
esclama Yutaka, scandalizzato. –Perché avrebbe
dovuto?-
-Non
ha potuto scegliere…-
mormoro, chinando il capo. Un buffetto sulla testa fradicia mi distrae
e alzo
nuovamente gli occhi su Yutaka. Lui si sporge e mi bacia innocentemente
una
guancia. Sento il suo sorriso sulla pelle quando le sue labbra mi
toccano.
-Credi
davvero che coloro che
muoiono vanno via? Sappi che io rivedo Takanori in ogni battuta di
Kouyou, in
ogni sguardo allegro di Yuu e in ogni gesto sereno che compio. Loro
l’hanno
capito, per te è tanto difficile arrivarci?-
Rimango
basito, mostrando
senza saperlo di nuovo le emozioni che per tanto tempo erano rimaste
assenti
sul mio volto. Yutaka mi afferra per un braccio e mi strattona per
farmi
alzare, levandosi la giacca e porgendomela. –Tieni, se ti
prendi un malanno
Taka si incavolerà come una bestia.-
-Non
posso accettarla, Yuta…-
-Sì
che puoi. Ho un maglione
pesante e ho degli anticorpi indistruttibili, non capisco nemmeno io da
chi li
ho ereditati.- la sua aria si fa pensierosa, poi minacciosa quando vede
che non
prendo il giubbotto.
-Yutaka…dicevi
davvero?
Takanori è ancora vivo?-
-Secondo
te è umanamente
possibile abbattere quel nano malefico? Nah, ho la sensazione che non
ce ne
sbarazzeremo mai.- sospirò, fingendosi seccato. Poi
alzò il capo e sorrise di
nuovo. –E poi…- si scostò leggermente
per posarmi il cappotto sulle spalle e
annuì, soddisfatto. –Se aguzzi lo sguardo puoi
vederlo ogni volta che facciamo
un gesto del genere ad una persona cara…io l’ho
appena fatto, e ho visto il suo
sorriso. L’unica cosa che possiamo fare ora, è
impegnarci per dimostrargli che
siamo vivi e andiamo avanti grazie a lui, no?- spiega con
semplicità.
Sorrido
per la prima volta
dopo anni, sento come una presenza accanto a me, una presenza che,
insieme ai
miei amici, mi sostiene. Mi accorgo solo ora che questa presenza non
è mai
andata via, c’è sempre stata e ha provato a
consolarmi nei momenti di
solitudine e dolore.
-Andiamo?-
chiede Yutaka.
Annuisco, abbracciandolo per ringraziarlo, poi gli sfilo
l’ombrello dalla mano
e comincio a correre.
-Vieni
a riprendertelo se non
vuoi rovinarti la messa in piega, leader-sama!- urlo, ridendo. Yutaka
mi
insegue, strillando imprecazioni degne di uno scaricatore di porto.
Corriamo
fuori dal cimitero, e sento che i pezzi del mio cuore infranto stanno
andando
lentamente apposto, e magari, con un piccolo aiuto del mio angelo dalle
ali
argentate, presto potrò ricomporre il puzzle disfatto.
Yutaka
ha ragione: è il
momento di ricominciare a vivere.
L’ombrello
di Ryo rimane
abbandonato sulla tomba del piccolo Takanori a ripararla dalla pioggia,
ma
improvvisamente, una folata di vento accarezza il freddo marmo bianco e
una
lucente piuma argentata cade sulla terra umida che copre il giovane
corpo del
vocalist…non c’erano colombe o altri uccelli nelle
vicinanze quel giorno…
chissà a chi appartiene quella piccola traccia di speranza.
Chi
è morto spiritualmente ha l’occhio
atrofizzato
E
non vede più intorno gli Angeli.
E
tuttavia gli Angeli non ci
abbandonano,
Nemmeno
quando sono da noi
abbandonati.
Ecco
una nuova storia. Insignificante, semplice…ma che spero
infonda tante emozioni a chi la legge. Io credo in ciò che
ho scritto, credo
che chi ci ama non ci lascia mai…e ora l’ha
imparato anche Reita. Dedicata a
voi lettori e (forse) recensori, voi che sognate, vivete e sperate,
accarezzati
dalle invisibili ali di angeli che, sorridenti alle vostre spalle, vi
rialzano
nei momenti di sconforto, aiutandovi ad andare avanti per superare i
difficili
ostacoli della vita.
Tomi
Dark
Angel