Original fan fiction: The shoulder
by Fishyz9
Fandom: Grey’s
anatomy
Characters:
Levi Schmitt / Nico Kim
***
The shoulder
Per
essere un dottore non sono poi così intelligente. Magari uno può credere che io
sappia come evitare di farmi male, che io abbia qualche nozione base sul
funzionamento muscolare, ma no. Niente affatto, e quando ci si è messa la
gelosia tutto il mio buon senso è andato a farsi friggere.
Non sono
sicuro sul risultato che mi aspettavo; se io fossi stato capace di sollevare
una serie da quindici chili, all’improvviso i muscoli mi sarebbero spuntati
come funghi e potevo addirittura somigliare a loro? Penso che, forse, ho immaginato
che questo mi avrebbe dato un argomento nuovo di cui parlare a Nico, e che se
lui potesse parlare con me di... come la chiamano… forza e allenamento? Beh,
magari non parlerebbe con quell’altro tizio così tanto.
Cosa c’è
di male se loro due si scambiano qualche parola? Nulla, e forse questo posso
accettarlo. Del resto, Nico non ha smesso di flirtare con me, non mi guarda in
maniera diversa ma neanche rifiuta le avances di quel tipo. Credo che, da un
lato, da parte sua Nico provi un po’ d’ammirazione per quel bell’imbusto. Ma
lui? Mr Pro-Bodybuilder,
tre volte campione del mondo e bla bla chi se ne importa? Lui ha messo gli
occhi su Nico e io, questo, non posso tollerarlo.
E, sul
serio, quanto professionista puoi essere se riesci praticamente a spezzarti la
gamba a metà facendo quello in cui dovresti essere un campione? Questo è ciò
che lo ha portato al Grey Sloan Memorial,
nel reparto di Ortopedia e, quindi, nei paraggi di Nico. Ora si sta riposando e
Nico entra ogni volta che può "controllarlo"
ma in realtà vuole parlargli di cose varie, fargli delle domande sulla sua
carriera, chiedergli consigli che… ok, è anche carino. È come un ragazzino che
incontra Superman, a parte il fatto che questo Superman è un omone vigoroso,
biondo e con gli occhi azzurri che continua a guardare Nico come se fosse una prelibatezza
da mangiare.
Odio la
gelosia, la odio. Perché, cioè, non è che io e Nico siamo… una cosa definita.
Ci punzecchiamo, approfittiamo di ogni stanza libera e di ogni tromba delle
scale vuota, ma ci stiamo frequentando? Io… non lo so! C’è stata la cosa
nell’ambulanza, ma non abbiamo davvero dormito insieme, cosa a cui porrei
rimedio immediatamente se… se questa cosa stesse andando da qualche parte. Quanto
sembro una ragazzina alle prime armi in questo momento?
Maledetto
tu, Nico Kim, con la tua stupida faccia perfetta e le
labbra, i capelli, le spalle, le tue braccia, la voce e il tuo sorriso. Voglio
essere completamente inalterato da tutto questo; voglio sentirmi assolutamente
sicuro e fiducioso di me stesso perché è una cosa sexy (e, infatti, Nico è così).
Sai, invece, cosa non è sexy? Un nerd
disperato che compra un paio di manubri in modo da poter in qualche modo
guadagnare cinquanta chili di muscoli durante la notte nello scantinato di sua
madre per impressionare il suo quasi ma non del tutto fidanzato, piuttosto…
amico con benefici?
Ora i
muscoli che avevo mi odiano e mi stanno punendo. Ho così scoperto che YouTube non è la guida più adatta quando si tratta di
sollevare pesi per la prima volta e, forse, dico forse, sarei dovuto andare in
palestra e parlare con qualcuno. Un professionista. Come quel tipo. Ugh.
Ora sono
a casa, infelice, dolorante e infastidito perché potrei star pazientemente
aspettando che Nico finisca il turno, adesso. Potrei baciare quell'uomo
perfetto in questo momento. Invece sono steso sulla mia schiena e mi chiedo
come ho fatto a superare la giornata con questo dolore senza che nessuno se ne
accorgesse sul serio.
Stupida
cuffia dei rotatori. Esatto, YouTube, ho libri di
testo universitari e un intero database medico che posso consultare, non ho
bisogno di te per quello! E ti dirò di più, ho i miei buoni amici Tylenol e Advil a farmi
compagnia. Forse non avrei dovuto prenderli entrambi, però.
Sento il
campanello suonare. La mamma è fuori e io sono nel seminterrato. Non mi alzerò.
Non mi interessa se si tratta di qualcuno con la cura per il cancro, non mi
alzerò e non salirò di nuovo quelle scale. Mi infilo la mano in tasca solo
perché sento il mio telefono squillare.
<3 Nico: sei a casa?
Mi siedo
quasi dritto, borbottando per il movimento improvviso. Oh mio Dio, non è Nico
alla porta. Nico Kim non è in piedi davanti alla mia
porta in questo momento.
<3 Nico: la tua auto è nel cortile.
Nico Kim è in piedi fuori dalla mia porta in questo momento.
Mi
arrampico per sedermi e raggiungo le scale, tentando di mandare un messaggio
allo stesso tempo. Qualcosa che qualcuno di simile a me, un Klutz ferito per esempio, non
dovrebbe mai fare.
<3 Io: un secondo.
<3 Nico: Oh tranquillo, la porta è aperta...
"Aspetta,
sto arrivando!" urlo.
Quando
arrivo all’uscio per aprirgli lo trovo poggiato allo stipite della porta, con
un aspetto perfetto e calmo, e sogghigna. Nel frattempo io sono senza fiato e
sudato, sia per il mio scatto rapido sia per il panico che mi è preso.
"Ciao,"
dice innocentemente.
"C-cosa
ci fai qui?"
"Non
ti ho visto molto oggi; volevo controllare se stessi bene. Sembravi un po'..."
Cerco di
imitare la sua posa casual ma ho un sussulto quando la mia mano si poggia sulla
porta. Solleva il suo sopracciglio in quel "... un po' delicato".
"Io...
io sto bene. Non c’era bisogno di venire fin qui per questo."
“Sembravi
tranquillo, troppo, e non è da te. Normalmente blateri sempre esagitatamente qualcosa in merito a qualche procedura
medica o mi rimproveri per qualcosa,” aggiunge con un sorriso dolce, “il che mi
piace, comunque. Sei così carino, sembri un Chipmunk
con gli occhiali quando ti incazzi con me”.
Lascio
andare la porta e le mie mani si poggiano sui miei fianchi. “Un Chipmunk?!”
Lui
sogghigna e solleva il mento, “Eccolo qui, il Chipmunk!”
“Questa è
la cosa meno seducente che tu avresti potuto dirmi, Nico Kim.”
“Mi piace
anche quando usi il mio nome per esteso,” ride, facendo dei passi avanti.
Lui mi
guarda circospetto. “Quindi… mi inviti ad entrare? Tua mamma è a casa o…?”
Sollevo
le mani e me le porto alla testa, mentre lui è affianco a me. “N-no, lei non
c’è, è al Club del Libro, ma…”
“Ottimo,”
dice. Le sue mani si poggiano sul mio polso e le sue labbra premono
delicatamente sulle mie tempie, poi entra, superandomi. Si ferma, però, appena
raggiunge l’anticamera. “Oh mio Dio, c’è un profumo buonissimo qui dentro!”
“Credo
sia il polpettone avanzato.”
Lui si
guarda intorno mentre si toglie la giacca. “I benefici di vivere a casa con una
mamma, immagino.”
Gli
prendo la giacca, appendendola all’attaccapanni. “L’ho cucinato io.”
Quando mi
volto vedo che mi guarda; una delle sue perfette sopracciglia è inarcata perché
sta per farmi una domanda.
“Cosa
c’è?” chiedo.
“Tu sai
cucinare?”
Io alzo
le spalle, e per farlo sento dolore. “Quando ho tempo…”
Le sue
mani gesticolano, “quindi sei carino e sai cucinare. Questo è quello che mi
stai dicendo.”
“È solo
un polpettone,” ammetto timidamente. “Dovresti assaggiare i miei spaghetti con le
meatballs.”
Lui mette
su un ghigno mentre mi guarda e io aggrotto le sopracciglia. “Non fare
battutacce scontate,” e, invece di puntargli il dito contro, inizio a ridere.
Come fa sempre a farmi ridere?
“Oh,
credimi; mi piacerebbe assaggiare le tue meatba…”
“Okay,
posso offrirti da bere o qualcos’altro?” lo sovrasto e lui ride, seguendomi in
cucina.
“No, sto
bene. È solo… cavolo, profuma ancora di più qui!”
“Nico,”
gli dico, appoggiandomi contro un mobile perché, cazzo, la mia povera schiena
ha bisogno di pietà. “Vorresti assaggiare del polpettone?” e non posso fare a
meno di sorridergli. Non sapevo che fosse affamato.
Lui si
mordicchia un labbro. “…ehm, sì?”
Rido
sommessamente e gli indico una delle ante superiori della credenza, “i piatti
sono lì, prendine due. Anche io non ho mangiato.”
“E come
puoi resistere a questo profumino?”
Faccio
spallucce e trattengo una smorfia. “L’ho riscaldato per mia mamma prima che
andasse via. Io avevo perso l’appetito,” mentre
guardavo quel tipo flirtare con te…
“Oh, ok.
Appena abbiamo finito qui, voglio dare un’occhiata a quella spalla.”
Ecco,
questo mi sorprende e l’espressione sulla mia faccia dovrebbe essere riuscita a
comunicarlo alla perfezione. Lui rotea gli occhi mentre mi guarda.
“Non hai
fiducia in me come medico se pensi che io non abbia notato che camminavi come
un robot, in maniera innaturale. Ed eri silenzioso e scontroso, se posso
aggiungere.”
“No, i-o
non penso che…”
Lui mi
osserva con una delle sue espressioni interrogative ed io annuisco. Tira fuori
anche un paio di forchette e coltelli oltre ai piatti e li poggia sull’isola
della cucina. “La domanda è come ha potuto l’adorabile Levi farsi male.”
Sono
troppo preso da quel complimento inaspettato per rispondere. Quando lancia
un’occhiata alle mie mani, io mi giro per servire il polpettone. “Oh, beh, io…
ho solo… dormito incurvato,” e stringo le spalle, sussultando.
Lui mi
lancia un’occhiataccia. Si appoggia con l’avambraccio sull’isola della cucina e
prende la forchetta per puntarmela contro, “Non ti danneggi la cuffia dei rotatori
solo dormendo male.”
“Come
hai…?” inizio, poi semplicemente sospiro e scuoto la testa mentre vado a
recuperare un pezzo di pane dal mobile. Lo divido a metà, posizionandone una
parte davanti al suo piatto e l’altra dietro al mio, per poi prendere la
forchetta. “La tua materia sono le ossa, come puoi dire solo da uno sguardo di
quale muscolo si tratta?”
“Beh…
wow, questo è fantastico,” dice, mandando giù un boccone per poi prenderne un
altro. “Le ossa possono essere la mia specialità tanto quanto il sollevamento
pesi.” Poggia la forchetta sul piatto per prendere un piccolo pezzo di pane,
“Riconosco il modo in cui ti muovi perché anche io ho avuto quel dolore e fa un
male cane.”
Sospiro.
“Sì, lo fa, ma sopravvivrò.”
“E quindi
l’hai proprio preparato tutto tu?”
Annuisco.
“Mio Dio,
anche il pane è buono,” dice distrattamente, sollevando un sopracciglio.
“L’ho
preparato l’altra sera. Dovevo impastare qualcosa per scaricare lo stress.”
Lui batte
gli occhi verso di me. “Hai anche preparato il pane?”
“Mh, hm,” annuisco, davanti a un boccone di polpettone.
Nico
scuote la testa. “Comunque… aspetta, per scaricare lo stress?”
“Ma sei
sicuro che non vuoi qualcosa da bere?” chiedo, cercando velocemente di cambiare
discorso e quindi mi giro, apro la porta del frigo e prendo una tanichetta di
succo d’arancia.
“Per cosa
eri stressato? O è una domanda stupida da porre ad una matricola esausta?”
Sollevo
la bottiglia per offrirgli del succo e lui scuote la testa per rifiutare. “Non
importa.”
L’incurvatura
sottile dei suoi occhi mi dice che lui non se l’è bevuta ma che farà finta di
nulla, almeno per ora. “E comunque, come stavo dicendo, non hai un dolore come
quello per aver dormito male. Che cosa hai fatto?”
“Hai
finito?” chiedo, lanciando uno sguardo al suo piatto vuoto.
“Purtroppo
sì. Sei un grande cuoco. Se la medicina non dovesse funzionare per te, posso
assumerti come chef personale?”
Io rido
piano, gonfio d’orgoglio. “Era solo del polpettone.”
“E pane
fresco e fatto in casa. E tu hai detto qualcosa su quelle meatballs…”
Gli
prendo il piatto, mettendo su uno sguardo compiaciuto. “Comportati bene, tu,”
lo avviso, buttando i piatti nel lavandino.
“Tu non
hai risposto alla mia domanda.”
“Mio Dio,
sembri un cane che non molla l’osso, lo sai?”
Lui rotea
gli occhi, sbuffando. “Cosa c’è di strano se voglio sapere come ti sei fatto
male?”
Non ho
una risposta per questa domanda, dato che sono sommerso di pensieri e
incertezze. “Nulla,” gli rispondo sinteticamente.
Lui fa un giro intorno all’isola, si ferma di fronte a me e poggia il gomito
sul mobile. Non dice nulla ma inclina leggermente la testa, come se fosse in
attesa di qualcosa.
Mi lascio sfuggire un sospiro. “Tutto questo parlare durante
la settimana di… di sollevamento pesi e fitness, mi ha incuriosito,” faccio
spallucce e sussulto – ma quante volte, Levi – e spero che non mi trovi
patetico.
Qualcosa
nella sua espressione cambia e diventa più dolce. “Tu… tu sollevavi pesi?”
Evito il
contatto con i suoi occhi. “Mh, mh”.
Le sue mani, messe al di sotto del mio mento, mi obbligano a incrociare il suo
sguardo.
“Non
faccio per lusingarmi, ma questo ha a che fare con quel paziente che abbiamo
avuto di recente, quello molto flattery?”
Non posso
farci nulla ma presso le mie labbra fino a farle diventare una linea sottile.
Dio solo sa com’è la mia espressione in questo momento ma, in ogni caso, Nico
sbuffa.
“Ok,
Levi…”
“Ho solo
pensato,” lo interrompo farfugliando, “che è qualcosa in cui tu sei
interessato…”
“Sai
cos’altro mi interessa?”
“Cosa?”
Lui
guarda le mie labbra e inclina la testa per baciarle. “Tu,” dice con
tranquillità.
Non posso
non lasciare che un sorriso mi si dipinga sul volto. “Lo so.”
“Bene. E sai anche che io ero solo curioso di
incontrare quel tipo, giusto? Che ammiro quello che può fare con tanta
semplicità perché, beh…” abbassa lo sguardo su di sé, prima di continuare. “Non
voglio sembrare una testa calda, ma il fitness è qualcosa che, in un certo
senso, è parte di me.”
Io sbuffo
e le mie mani scivolano sul suo bicipite, proprio al di sotto della manica
della sua t-shirt. “Si nota, direi.”
Lui
ammicca, ma quell’espressione si tramuta subito in un sorriso. “Non crederai
mica che ci stavo provando di rimando, vero?”
“No,”
dico titubante, riuscendo a sostenere il suo sguardo. “Ma in ogni caso non
l’hai fermato,” ammetto.
Il suo
sorriso vacilla un po’ e il senso di colpa opacizza la sua espressione. “No,
immagino di no. Penso… che ho semplicemente ignorato tutto solo per continuare
a parlargli. È tipo un’occasione che ti capita poche volte nella vita.”
Mi mordo
il labbro. “Ero proprio dietro di voi,” dico con fermezza e all’improvviso
realizzo da dove veniva fuori tutta questa tristezza.
“Ah,
cavolo.” Nico quasi sussurra, più a sé stesso che a me. “Io… questa non è
gelosia. Ti ho davvero ferito.”
Guardo
altrove mentre scuoto la testa, “io non… non è così…”
Le sue
mani carezzano le mie guance, costringendomi di nuovo a guardarlo. “Mi
dispiace,” dice con spontaneità.
Poggio la
mia testa sulla sua, per scostarlo un po’, e un forte imbarazzo s’arrampica su
di me. “Non devi scusarti, voglio dire, non è che noi…” bofonchio, capendo che
sto scavando troppo nel profondo dei miei sentimenti.
“Cosa?”
mi chiede, tremando. “Levi…”
“Non è
che noi… non stiamo insieme, no?” Mi mordo nuovamente il labbro. “O sì? Voglio
dire… non sono quel tipo di ragazzo appiccicoso o invadente che ha bisogno di
sapere dove ci porterà tutto questo. Lo so che non dovrei essere geloso…”
“Tu devi
essere geloso,” dice, quasi confuso, guardandomi. “E sì, forse siamo un po’
indefiniti al momento, ma questo significa che dobbiamo solo goderci il viaggio
e vedere dove ci porterà.”
Lui può
ovviamente notare che sono insoddisfatto da quella risposta, quindi prosegue.
“Okay, tu stai vedendo qualcun altro?”
Batto gli
occhi interdetto. “No.”
“Bene,
neanch’io.” Lui solleva il mento, “Ti piaccio, Levi?”
Deglutisco.
“Sì,” dico, “Molto.”
Il suo
sguardo s’ammorbidisce. “Anche tu mi piaci. Ovunque questo ci stia portando, mi
piace, e sono felice che stia funzionando.” Lui passa la mano tra i miei
capelli, togliendomeli dalla fronte. “Ma mi scuso per aver lasciato che quel
pezzo di carne grossa e bionda flirtasse con me in maniera tanto ovvia senza
averlo fermato. Che tu fossi o meno nella stanza.” Lui scuote la testa, “credo
di essermi concentrato a lungo sul mio lavoro che le mie abilità nei sentimenti
si siano un po’ arrugginite.”
“Quindi…
noi usciamo insieme?”
Lui
sogghigna, e inclina la testa nel guardarmi, ma ignora la domanda. “Mi
dimentico di comportarmi da gentiluomo quando incontro dei ragazzi interessanti
che si rivelano anche abili cuochi.”
Mi
ammorbidisco del tutto. “No, non lo fai.”
“Hai
cucinato per far sparire lo stress,” dice con una risata breve, quasi come se
la trovasse la cosa più carina del mondo.
“L’ho
sempre fatto, fin da bambino.”
Nico
sogghigna di nuovo prima di iniziare a ridere. “Scusa, nella mia testa ho
immaginato questo carinissimo Levi a dieci anni, tutto snervato dalle partite
di Dungenons and Dragons,
che prepara dei cupcake.”
“Beh, non
sei molto distante dalla verità,” rido.
Lui
abbassa la testa per darmi un altro bacio. “Fammi un favore,” dice
prudentemente, “se proprio vuoi sollevare dei pesi, lascia che ti mostri come
fare.”
“Pftt. Ora che so che Hulk non è una minaccia, sono
contento con l’essere piccolo e morbidoso.”
Lui si
lascia andare in una grossa risata, “uno, non ci sono minacce, né gare che ti
coinvolgono. Due, tu sei perfetto esattamente così come sei.”
Com’è
possibile che quest’uomo sia così meraviglioso? Senza pensarci allungo le mie braccia
per avvolgerle intorno alle sue spalle e sussulto per il dolore. Lui è tanto
perfetto che mi dimentico che sono indolenzito.
“E questo
è uno dei motivi per cui sono qui.”
Lui
raggiunge il punto in cui gli ho appeso la giacca e tira fuori qualcosa dalla
tasca del suo cappotto.
“Cos’è?” chiedo.
“Dell’olio.
Sto per mettere le mie mani su quella spalla.”
“Uhm… non
so…” dico, indietreggiando inconsciamente.
“Non mi
hai ascoltato prima? Ho avuto anch’io quel tipo di dolore, so come ti senti e
so cosa fare per farti star meglio.”
“Oh, ehm…
okay…”
“Beh, non
sembri tanto entusiasta. Comunque, adesso,” dice, con un che di meschino nei
suoi occhi, “dov’è il seminterrato?”
“Cosa? Oh
no. No, no, no, no e no, il divano andrà benissimo.” Non c’è verso che lui veda
la mia camera da letto di quand’ero ragazzino, che sfortunatamente è ancora la
mia stanza. “Il divano è okay, no?”
“Va
bene.” Lui fa spallucce, seguendomi fino al soggiorno. “Awww,
che carine le foto di baby Levi!”
Gli
afferro le mani e lo trascino alla porta che conduce al seminterrato.
“Maledizione.”
Lui ride
e mi segue fin giù alle scale. “Non può essere così male, tu sei cresciuto
adesso e… aspetta, sono poster de Il
signore degli Anelli?”
Chiudo
gli occhi per la vergogna. “Ok, senti, questa era la mia tana di quando ero al
liceo. Sono andato al college e mia madre non ha cambiato nulla. Ormai vengo
davvero poche volte qui, da quando sono una matricola, e così, ehm, io…”
Lui mi
zittisce con un bacio. “Ho sempre avuto una cotta per Legolas, personalmente,”
borbotta contro le mie labbra.
Io
sogghigno e interrompo il bacio, “aspetta un minuto, sei un nerd in incognito?”
“Non ho
mai giocato a D&D, non credo di avere tutte le carte in regola.”
“Ah, no, scusa: squalificato in automatico!”
Lui
sorride e tira leggermente la mia maglietta. “Hai bisogno d’aiuto con questa?”
Io inizio
a svestirmi. “No, io – ouch! Sì, sì, per favore.”
Mi aiuta
a sfilarla e io arrossisco nel rendermi conto che sono a torso nudo.
“Ok,
Schmitt,” mi colpisce leggermente il sedere, “mettiti sul letto.”
Sorrido a
me stesso, eseguendo l’ordine. “Se solo il me quindicenne potesse vedermi ora…”
“Davvero
non hai mai fatto roba qui?”
“Non fino
a poco tempo fa e mai con qualche ragazzo.”
“Non so
perché ma questa cosa mi eccita tantissimo.” Lui ride e io avverto che il letto
sprofonda accanto a me, proprio dove lui ha appoggiato il suo ginocchio.
Sono
steso a pancia in giù mentre abbraccio il mio cuscino. “Non sei costretto a
farlo, lo sai.”
Lui si
strofina una dose di olio o unguento, o qualsiasi cosa sia, sulle mani. Cerco
di non sussultare e deglutisco quando lo sento mettersi a cavalcioni su di me.
Lui si china un po’ e mi parla all’orecchio in tono suadente.
“Non è
davvero una cosa tanto altruista come tu credi.”
Nico
inizia a massaggiarmi sulla spalla con quelle mani scivolose, facendo pressione
su quel muscolo stirato. Senza rendermene conto emetto un gemito di piacere.
“Oh mio Dio, perché avevo provato a dissuaderti?”
“Perché
sei testardo e forse un po’ orgoglioso. Ma sei anche sensibile e razionale,
quindi sai quando stare zitto e accettare aiuto.”
“Era una
domanda retorica, Nico.”
Lui
sbuffa e continua a massaggiarmi la schiena, tracciando con le mani la forma
della mia colonna vertebrale. Non sto neanche ad ascoltare i rumori che mi
escono dalla bocca fino a quando le sue mani smettono di muoversi. Guardo
aldilà delle mie spalle e lui mi sembra a metà tra il compiaciuto e il
dolorante.
“Mi stai
uccidendo con tutti questi rumori.”
“Ehm,
sono rumoroso?” Perfino io posso sentire quanto sembro indolenzito.
Lui
scuote la testa, fa un respiro profondo e poi si rimette a lavorare. “Aspetta
che tu ti senta meglio con la spalla. È tutto quello che ho da dire.”
“Mh, okay,” mormoro direttamente nel cuscino, senza
realmente ascoltare. “Sai, penso che dovremmo tutti e due lasciare la facoltà
di medicina. Sarò il tuo chef e tu sarai il mio massaggiatore. Potremmo
viaggiare attraverso tutto il continente.”
L’avverto
stendersi su di me per parlarmi all’orecchi, “perché non ce lo teniamo come piano
b?”
Faccio un
respiro veloce quando sento le sue labbra poggiarsi sulla mia nuca. “Nico…”
farfuglio, e gemo ancora, inarcando inconsciamente la schiena quando quelle
labbra sfiorano le mie spalle.
“Attento,”
dice. “La tua schiena.”
“Cristo,
vorrei non fossi dolorante adesso.”
“Perché?”
Chiede, persistendo nel baciarmi la spalla mentre le sue mani riposano sui miei
fianchi. “Che faresti se non fossi tanto indolenzito?”
“Ti
supplicherei di continuare e ti strapperei i vestiti da dosso. Cristo, tu sei
bellissimo senza maglia.”
Mi volto
a guardarlo quando lo sento allontanarsi e stringo gli occhi lamentandomi quando lui si sfila via la t-shirt. “Non è
corretto.”
Lui
ritorna a stendersi su di me; il calore del suo petto nudo contro la pelle
della mia schiena mi fa sospirare.
“Ti
piace?” Mi chiede con voce roca direttamente nel mio orecchio. “Pelle a pelle,
con la tua schiena contro il mio petto…?”
“Oh mio
Dio…” ho appena spinto i miei fianchi contro di lui? Stando al modo in cui le
sue mani mi stringono le anche, suppongo che potrei averlo fatto.
“Levi…”
il movimento deve averlo colto di sorpresa, ovviamente, e avverto la sua fronte
rilassarsi contro la mia spalla. “Forse non è una buona idea,” la sua voce
suona soffocata.
“Questa è
l’idea migliore che tu abbia mai avuto,” fomentato dall’eccitazione spingo di
nuovo il mio bacino contro di lui. “Metti nuovamente le tue mani su di me. Per
favore.”
Lui
sospira, e mentre una delle sue mani rimane sul mio fianco, ancorandomi a lui,
l’altra scivola sotto di me, lungo il mio petto, e mi strofina un capezzolo.
“Questo non era quello che avevo programmato,” mormora, “le mie intenzioni
erano buone.” Lui fa una risata colpevole.
“Non
potrebbe importarmi di meno,” dico, raggiungendo la sua mano, quella che si
trova sul mio petto, e me la porto accanto alle labbra, baciandogliela.
La sua
fronte spinge contro la mia nuca e improvvisamente la sua mano si allontana
dalla mia e, in un rapido movimento, scivola giù per sfiorare il mio inguine.
Io sussulto e i miei fianchi si contorcono contro di lui. “Nico ...”
“Solo… fa
attenzione alla tua spalla,” dice e la sua mano segue il percorso delle gocce
di sudore che scivolano lungo il mio petto.
La sua
mano arriva lì e io mi sento
spacciato. Infatti, l’altra sua mano stringe il mio fianco con fermezza. “Non
farlo,” dice con voce che sembra spezzata, “ti farai male.”
“Mi stai
dicendo di non muovermi,” dico incredulo e istintivamente muovo il bacino, uscendo
e rientrando dalla sua mano. “Questa non è una cura, è una tortura,” mormoro.
“Levi…”
Io
aspetto nel caso in cui lui dovesse dire altro, ma non lo fa. La mano che ha
sul mio fianco sfiora i miei umori e la sento scivolare giù, lungo il solco del
mio fondoschiena. L’altra sua mano, invece, mi accarezza delicatamente la
guancia. “Sei bellissimo,” bisbiglia.
Posso
avvertire il mio corpo remare e mi sento sollevato, sicuramente sono meno
esposto quando il suo petto inizia nuovamente a premere contro la mia schiena. Eccetto
che, adesso, posso sentire la frizione nei suoi pantaloni contro il mio sedere,
cosa che mi taglia il respiro.
“Posso…?”
Non so
cosa mi stia chiedendo almeno fino a quando lo sento sbottonarsi i pantaloni;
avverto l’inconfondibile forma e calore della sua eccitazione strusciare contro
la spaccatura del mio fondoschiena.
Mi
inumidisco le labbra velocemente, lanciandogli un’occhiata di sbieco. “Tu
vuoi…? Adesso?”
Nonostante
sia annebbiato da quella voglia matta, qualcosa scatta all’interno di lui e
scuote la testa per dire di no. “No, non quello. Quando accadrà sarà senza
dolori di sorta, intendevo solo questo…”
Accadono
due cose. La sua mano massaggia con fare deciso il mio pene, mentre lui spinge
il suo bacino contro il mio didietro, posso sentire la sua erezione tra le
natiche.
La mia
mano libera si allunga contro la spalliera. “Mio Dio.”
“Tutto
ok?” Chiede.
“Sì,”
mormoro, “Cristo, Nico, i-io vorrei…”
“Shh…” lui respira contro la mia spalla, continuando a
masturbarmi in quel modo, strofinandosi contro di me. “Lo faremo quando starai
meglio.”
“Nico,
Cristo, per favore…”
Gemo e
poi resto senza fiato quando i suoi denti mordicchiano la mia spalla; le sue
labbra si incurvano in un sorriso quando baciano il punto dolente.
“Sarai
sicuramente selvaggio a letto, posso dirlo.”
“Non
potrei immaginare di sentirmi meglio di così…”
“Oh, lo
sarà. Ti farò sentire molto meglio.”
“Io già…”
e mi interrompo per sospirare, “già mi sento meglio. Sei fantastico.”
“Il mio
Levi…” Lui bisbiglia contro la mia spalla e il suo bacino si muove rapidamente
contro di me, mentre la sua mano salda mi porta vicino all’orgasmo.
“Ho
bisogno… Nico… ho bisogno di… per favore,” sarà stata la disperazione nella mia
voce, il modo in cui ho pronunciato il suo nome, o l’esatto momento in cui ho guardato verso
la mia spalla i suoi occhi a mandorla, la sua fronte increspata, e lo vedo
serrare gli occhi. La sua fronte preme contro la mia spalla e sento dei getti
sparsi, caldi e umidi, contro il mio sedere e parte della schiena.
La sua
mano continua a masturbarmi, fino a quando non raggiungo l’orgasmo qualche
attimo dopo. Grido, mordendomi il mio inesistente bicipite, e la mia mano batte
contro la spalliera del letto.
C’è
silenzio, fatta eccezione per quei respiri alterati e la sensazione di queste
carni umide che si sfiorano per qualche minuto, il tempo di recuperare un minimo
di lucidità. Le sue mani scivolano lungo i miei fianchi, le sue labbra baciano
ancora la mia spalla come a chiedermi – senza effettivamente farlo – se va
tutto bene. Questo sicuramente non era quello che aveva pianificato e ora vuole
sapere se è tutto okay, se mi sento bene per come sono andate le cose.
Arrossisco
e mi giro, così da stenderci l’uno accanto all’altro. Penso che, da come mi sia
avvicinato a lui, io abbia dissipato ogni suo dubbio o incertezza. La sua mano
si poggia contro il mio collo e mi tira a sé; in seguito, sfiora il mio naso
con la punta del suo e mi bacia nuovamente le labbra.
“È
stato…”
“Mamma
mia,” dico, “wow.”
Nico
sorride pigramente, il suo pollice mi sfiora la guancia arrossata. “Non eri
indolenzito? Questo è stato imprudente da parte mia.”
“Sto
bene. Mi sento alla grande, al momento.”
Lui ride
piano, “mi riferivo alla tua spalla.”
“Oh,” mi
giro cautamente, “teso, ma bene.”
“Volevo
davvero solo massaggiarti la spalla,” dice, in una nota di disappunto verso sé
stesso, “è solo che… tutti quei versi che facevi, cavolo, eri così sexy.”
Mi sento
completamente rosso e accaldato, e lui ride.
“Hai
qualcosa con cui posso pulire qui? Prima che ci incolliamo al letto.”
Arrossisco
di nuovo. “Usa la mia maglietta.”
Lui lo
fa, interrompendosi a metà dell’azione. “Tua mamma non ti lava i vestiti, o
forse sì?”
Roteo gli
occhi, “Cristo, Nico, no!”
“Ero solo
curioso,” dice, terminando di pulire.
Quando
torna a stendersi, mi mordo il labbro, e ho un attimo d’esitazione prima di
stendermi per metà sopra di lui. Nico mormora qualcosa per approvare e mi
abbraccia, stringendomi a lui.
“Si sta
così bene,” farfuglia, accarezzandomi i capelli.
“Molto
bene.” Il suo viso sembra beato.
“E ora
ecco una domanda strana, e una domanda che non ho faccio da secoli. Quando
rientra tua mamma?”
Lui ride
mentre io sbuffo e mi nascondo nell’incavo tra il suo collo e la sua spalla.
“Devo assolutamente trovare un appartamento tutto mio. Seriamente…”
“Perché
la prossima volta non andiamo a casa mia?”
“Oh, sì.
Mi piace l’idea.”
Lui mi solleva
il mento e io non ho scelta alcuna se non quella di guardarlo negli occhi.
Preme le sue labbra contro le mie; non so cosa stia pensando ma so che
trattiene una risata.
“Porta
con te il poster di Legolas.”
***
Note a margine:
Cosa
succede se trascorri una notte insonne?
Beh, una
persona normale prenderebbe dei sonniferi o si dedicherebbe alla lettura di un
libro; ma io non sono normale, non lo sono mai stata, e quindi sono andata in
giro per archivi online fino a scovare una serie di deliziose fan fiction sulla
mia nuova OTP: Levi e Nico di Grey’s anatomy.
Ho
chiesto il permesso all’autrice e, una volta ottenuto, ho iniziato a tradurre
questa storia, nella mia nuova notte insonne. Trovate il link della storia in
alto, prima del testo.
Spero che
vi sia piaciuta; credo che non debbano esserci errori di forma, nel caso li
trovaste fatevi avanti!
Tutti i
commenti che ne usciranno (se lo faranno) saranno tradotti direttamente all’autrice!
A presto,
forse, con una nuova traduzione! J