Nami
Balloon
Giocando
con l’elio
Da qualche parte
nella Rotta Maggiore
Dopo
il disgraziato scambio di
menti fra Monkey D. Rufy e Nico Robin, e l’ancor
più scellerato utilizzo dalla
prodigiosa macchina aggiustacervelli, la ciurma di Cappello di paglia
si era
cacciata in un bel pasticcio.
I
due, ingranditisi fino a
proporzioni colossali, si erano messi a far danni in giro per il mondo
e solo
con grande fatica erano riusciti a evitare che causassero uno
sconquasso degno di
Godzilla e a farli tornare (finalmente) relativamente normali, con
tutte le
loro manie ed eccentricità.
Dopo
quell’avventura il simpatico
equipaggio si era arrangiato a vivere di espedienti e lavoretti e con
mezzi di
fortuna era riuscito a riprendere il grande, biblico viaggio verso lo
One
Piece.
Dopo
aver partecipato a una famosa
sagra paesana sconfiggendo il temuto Foxy e aver avuto un piccolo
diverbio con
l’ammiraglio Aokiji, avevano raggiunto la ridente cittadina
di Water 7.
Qua
si erano dovuti mettere sulle
tracce di Robin, rapita da un maniaco del sadomaso e dai suoi adepti,
arrivando
quindi ad asfaltare la mirabolante CP9 e a commettere una monelleria da
nulla
quale la distruzione di Enies Lobby.
La
loro avventura successiva era
consistita nello sfuggire alle grinfie di Gekko Moria, Schichibukai
obeso e
ubriacone con la passione delle ombre cinesi, e del suo amicone Orso
Bartholomew.
Durante
queste peregrinazioni
avevano ottenuto due compagni: Franky, truzzo cibernetico e super
abbronzato
che fungeva da carpentiere e spaccone della banda, e Brook, il fratello
perduto
di Jack Skeleton, pervertito suonatore di violino e amante delle balene.
Adesso
stavano veleggiando verso
il Nuovo mondo sulla nave costruita per loro dal truzzo suddetto.
Ed
è proprio nelle viscere di
questo vascello pieno di comfort all’ultimo grido che inizia
la nostra storia.
Un
giorno Nami, dopo essersi fatta
la doccia, uscì da dietro il vetro strettamente avvolta in
un accappatoio,
pronta a fulminare con lo sguardo Sanji e Brook che sicuramente erano
in
attesa.
Avendo
constatato che per fortuna
costoro non erano al momento presenti, si rivestì in santa
pace e uscì dal
bagno indossando una canottiera nera, una cintura di cuoio, una
gonnella di
cotone e i suoi mitici e indistruttibili sandali, che le davano
l’aria di una vera
pantera mangiatrice di uomini.
Mentre
si dirigeva di pessimo
umore sul ponte, qualcuno le strinse una spalla.
Girandosi
scorse Rufy che,
sorridendo, si voltò e cominciò a incamminarsi in
un’altra direzione.
La
ragazza si agitava e si
divincolava strillando come un’arpia partoriente e cercando
di liberarsi di
quella stretta, ottenendo solo di allungare ulteriormente il braccio
dell’altro.
Chiamava
in aiuto i suoi compagni,
ma a quell’ora era probabile che fossero sparsi per tutti gli
angoli della
“Thousand Sunny”, sordi a quelle invocazioni.
Alla
fine di quella via crucis
Cappello di paglia, che aveva sempre continuato a ostentare una faccia
gioiosa,
come se si stesse preparando a una festa di compleanno,
lasciò la presa e
annunciò gongolante alla navigatrice che ansimava:
“Adesso facciamo un gioco!”.
“Splendido!”
pensò Nami. “
L’ultima volta che mi ha proposto una cosa del genere si
è ubriacato e mi ha
usata come punching-ball ! Per non parlare di quando mi ha legato un
razzo alla
schiena!”.
Il
pirata aprì la porta e dietro
trovò ad attenderlo Usopp in persona che reggeva fra le mani
una bombola a cui
era collegato un tubo; sul contenitore c’era scritto:
“Elio superpotente,
durata 24h. Da usarsi per gonfiare i dirigibili. Non utilizzare per
farsi
venire la vocina stridula”.
“Perfetto!
Iniziamo subito, così
vedremo chi di noi due ha ragione!” disse il cecchino
infilando il tubo
direttamente nella bocca della giovane e aprendo la valvola.
All’inizio
la navigatrice aveva
ritenuto che i due volessero dedicarsi a un gioco idiota con i
palloncini: ora
realizzava con orrore che era lei stessa il palloncino.
La
prima sensazione che avvertì fu
il concentrarsi del gas nel ventre, con un lento e impercettibile
allargamento
di quest’ultimo;
finché vi fu spazio la sua silhouette rimase esile, ma poi la canottiera
cominciò a diventare stretta e
la pancia a spuntare dallo spazio che si creava fra il vestito e la
gonna,
mentre
la cintura diveniva sempre
meno rigida e infine si slacciava.
Nei
primi stadi sembrava che fosse
incinta oppure che avesse esagerato con Coca cola e zuppa di fagioli,
ma
purtroppo non era finita lì.
Lentamente
si sollevò dal
pavimento, più leggera dell’aria, e
contemporaneamente le sue sembianze
mutavano: il corpo assumeva una forma sempre più
rotondeggiante, la maglia
diventava a vita bassa, lasciando scoperte porzioni sempre
più vaste di carne,
i lineamenti del viso si facevano gonfi e pieni, le guance tese fino
allo
spasimo, i piedi si ingrandivano rompendo le scarpe e braccia, gambe e
mani
prendevano un aspetto grassoccio.
I
due maschi si piegarono in due
dalle risate vedendo Nami, che ormai aveva raggiunto un diametro di due
o tre
metri, volteggiare su è giù come
un’astronauta nello spazio.
“Guarda
là che gote rosse! Sembra
stia per scoppiare! E guarda come agita le braccia e cerca di sfilarsi
il tubo”
sghignazzò Rufy rotolandosi sul pavimento.
“Povera
illusa! Avevi ragioni, tu,
non esplode se la gonfi!” gli fece eco il compare.
Nel
frattempo, anche se i due
facevano finta di nulla prendendosi a pacche sulle spalle, la ragazza
seguitava
a crescere: ogni istante temeva di saltare in mille pezzi per la troppa
pienezza o di espellere il gas da qualcuno dei molti orifizi del corpo,
ma
ovviamente ciò non sarebbe successo in quanto, pur non
avendo mangiato alcun
frutto stregato, mostrava incredibili doti elastiche come ogni
personaggio dei
manga che si rispetti.
L’elio,
che sembrava non finire
mai, imbottiva gli arti donando loro l’aspetto di
salsicciotti pieni di
rotolini, mentre la pancia e le altre curve del corpo si deformavano in
modo
grottesco ingrandendosi a dismisura.
Improvvisamente
Usopp e Rufy si
sentirono schiacciare da una massa soverchiante e voltatisi si
accorsero che la
navigatrice, a questo punto più simile a una mongolfiera di
forma sferica con
attaccati quattro cilindri di grasso, si espandeva a un ritmo tale da
occupare
l’intera stanza.
Nami
li pressava contro le pareti,
mentre l’ombelico si allargava e i tratti del viso si
sformavano, facendo
fuoriuscire un piede grande quanto un cannone dalla porticina e facendo
curvare
pericolosamente i fragili muri di legno: dopo qualche minuto si
udì un
fragoroso tonfo e il soffitto fu sfondato dal dirigibile umano che
prese
rapidamente quota nel cielo azzurro.
Il
tubo e la bombola le pendevano
ancora dalla bocca ben stretta intorno all’imboccatura,
mentre la canottiera e
la gonna sembravano rispettivamente il reggiseno e le mutande, tanto
erano
tirati.
A
quel punto, spaventato
dall’improvviso frastuono, emerse dal boccaporto il resto
della ciurma: Sanji
che trasportava tre piatti per mano e quattro sulla testa dal servire
alle
ragazze, Zoro, già armato e pronto alla battaglia, Chopper,
reduce da una
sanguinosa puntata di “Dr. House”,Robin, assonnata
e ancora in camicia da
notte, Franky, che stava ascoltando musica house a palla.
Da
un barile fece capolino Brook
che, inscenando uno spettacolino di tip tap, si puntellava sul bastone
e gridò
come un assatanato: “Yohohohoho!!!! Felice giorno gente di
mare!”.
Non
capendo perché il capitano e
il cecchino mostrassero visi terrorizzati e cercassero di mimare
qualcosa di
grosso che volava via indicando il cielo, tutti alzarono lo sguardo e
videro
con immenso stupore un immenso oggetto arancione, nero, rosa e bianco
fluttuare.
“E’
un uccello?” chiese Zoro
aguzzando la vista.
“E’
un aereo?” replicò Chopper.
“No!
E’ NAMI!” osservò giustamente
lo scheletro.
Il
cuoco si sentì di colpo una
fitta al cuore e, dopo aver concluso che quel mostro lardoso era la sua
adorata, lanciò un urlo alla Jean Claude e svenne.
“Ehm…Non
è il caso di preoccuparsi
troppo…E’ solo un po’ di aria nella
pancia!” spiegarono i due tremando come
foglie di fronte ai compagni che, circondati da un’aura
minacciosa, venivano
loro incontro agitando pugni, spade, arpioni, mazze e lanciagranate.
D’un
tratto si sentì una verso
belluino e Nico Robin mormorò: “Mi sa che la
bestia si è risvegliata!”.
Sanji
si era destato dal coma, e
voleva vendetta.