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Autore: Najara    24/12/2018    5 recensioni
"Lucine, ghirlande, palline e stelline, nulla si fanno mancare gli abitanti di Christmas’s city. La gioia si spande e l’allegria si insegue tra le strade, i bambini ridono e giocano con la neve e il profumo dei dolcetti natalizi, le cui ricette segrete sono state scritte da nonne dal sorriso gentile e dalle abili mani, si diffonde fragrante.
Ma non tutte le case sono allegre e colorate. Vi è una casa, la più ricca ed elegante, posta sulla collina innevata, che rimane avvolta nel silenzio. Niente lucine, niente ghirlande, niente dolcetti.
È la casa di miss Grinch e nessuno ha tanto coraggio da incrociare lo sguardo della padrona di casa nel mese di dicembre."
Una storia SuperCorp per Natale, perché non potevo non adattare anche questo classico!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Miss Grinch e la magia del Natale

 

Parte I: Miss Grinch

 

Christmas’s city è una splendida città nascosta tra le Montagne Nevose, qui, come dovrebbe suggerirvi il nome, il momento più atteso dell’anno è il Natale!

E ci siamo, dicembre è iniziato e ogni abitante della cittadina sta facendo del suo meglio per addobbare la propria casa e l’intero vicinato. Lucine, ghirlande, palline e stelline, nulla si fanno mancare. La gioia si spande e l’allegria si insegue tra le strade, i bambini ridono e giocano con la neve e il profumo dei dolcetti natalizi, le cui ricette segrete sono state scritte da nonne dal sorriso gentile e dalle abili mani, si diffonde fragrante.

Ma non tutte le case sono allegre e colorate. Vi è una casa, la più ricca ed elegante, posta sulla collina innevata, che rimane avvolta nel silenzio. Niente lucine, niente ghirlande, niente dolcetti.

È la  casa di miss Grinch e nessuno ha tanto coraggio da incrociare lo sguardo della padrona di casa nel mese di dicembre.

 

Lena Grinch si svegliò con una smorfia. Era sicura che il suo rivestimento anti-Natale avrebbe insonorizzato perfettamente la casa, eppure a svegliarla era stata una di quelle orrende campanelle natalizie.

Si tirò a sedere e con orrore la sentì di nuovo ed era vicina, terribilmente vicina, orribilmente vicina.

Brainiac!!” Urlò e sentì la campanella cadere per terra con un trillo che ferì le sue orecchie. Si alzò e infilò la vestaglia rigorosamente verde per poi dirigersi con passo deciso nel laboratorio.

Qui Brainy stava disperatamente cercando di nascondere una serie di oggetti natalizi.

Lena sentì la rabbia crescere.

“Cosa ci fanno questi immondi oggetti in casa mia?” Chiese e il suo tono avrebbe rivaleggiato con il peggior vento del Nord tanto era freddo.

Il giovane che del Nord sapeva qualcosa e del freddo anche, visto che era figlio dei venti più freddi, si voltò verso di lei con l’aria preoccupata, poi unì i pollici e gli indici e la guardò.

“Stavo eseguendo un esperimento.” Affermò.

“Un esperimento?” Chiese lei, avvicinandosi a lui.

“Sì, volevo comprendere cosa ci fosse di così… magico… in questi oggetti.”

Il viso di Lena si fece ancora più gelido.

“Magico?” Chiese allora lei e la sua voce avrebbe potuto tagliare in due una lastra di ghiaccio. “Non c’è nulla di magico nel Natale! Nulla!!” Dichiarò. “Ora fai sparire queste… cose da casa mia.”

Con passo deciso oltrepassò il giovane dalla pelle azzurra e tornò nella sua stanza.

“Magico… pfff!” Scosse la testa mentre si vestiva. Lei odiava il Natale! Non c’era nulla di magico in esso, nulla!

Un po’ più calma andò in cucina, si bevve un nerissimo caffè, mentre pensava al disgregatore molecolare che stava progettando. Brainy arrivò poco dopo, stringendo tra le mani la posta. Il giornale era sbrindellato e Lena fece una smorfia nell’immaginare il numero di articoli che trattavano del Natale, articoli che Brainy si premurava di tagliare via per lei.

“Non è ancora arrivato il mio pacco?” Chiese con disappunto, distogliendo gli occhi dal giornale.

“Ecco, a tal proposito, ho brutte notizie.”

“Hanno perso il mio cristallo quantico molecolare?? Per forza, con tutti quei stupidi regali di Natale i corrieri si saranno persi l’unico pacco con un reale valore!”

“No.” Disse allora Brainy e le tese un cartoncino della posta. Lo reggeva come se fosse fatto di nitroglicerina. E infatti Lena lo lesse ed esplose.

“Cosa?? Sono passati, ma io non c’ero?? Come osano!! Io non esco di casa per tutto dicembre! Non siamo forse a dicembre?”

“Sì, Lena.” Rispose premuroso Brainy.

“Come osano prendermi in giro così? Li farò a pezzettini, la posta sarà il primo posto sul quale testerò il mio disgregatore!”

“Posso andare a prenderlo io.” Propose il ragazzo. Lena si rigirò il cartoncino tra le mani, poi scosse la testa.

“Grazie, ma no, andrò io.”

“Forse sarebbe meglio…” Tentò di nuovo Brainy, preoccupato dall’idea di Lena che se ne andava in giro per la città a dicembre. Vi erano calamità naturali meno pericolose per la città di quell’evenienza.

“Andrò.” Chiuse la faccenda lei.

 

Kara infilò una ciambella in bocca e la trangugiò in fretta.

“Un giorno o l’altro rimarrai soffocata.” Le fece notare Alex.

“Sono di fretta!” Bofonchiò lei, in naso nella tazza di latte.

“I tuoi cani non scappano, lo sai? Probabilmente non se ne andrebbero dal tuo rifugio neanche se lasciassi tutte le gabbie aperte.”

“Devo passare alla posta questa mattina.” Affermò allora lei, finendo una seconda ciambella.

“Non hai ancora mandato la letterina a Babbo Natale?” Domandò sarcastica Alex, ma Kara alzò lo sguardo su di lei, gli occhi sgranati.

“Chi te lo ha detto?” Chiese e Alex scoppiò a ridere.

“Stai scherzando, vero?” Le chiese poi, nel vederla perplessa. Kara accennò un sorriso.

“Ehm… sì! Certo! Ah Ah Ah.”

Alex corrugò la fronte, ma Kara era già in piedi che si avvolgeva la sciarpa attorno al collo.

“A dopo!” Disse indossando la giacca e sparendo.

Alex corrugò la fronte preoccupata. Kara era… beh, Kara…

Sospirò e scosse la testa.

 

Kara inspirò con gioia l’aria, uscendo nel freddo mattino il cui tiepido sole non riusciva a sciogliere l’abbondante manto innevato. Infilò la mano nella giacca e ne estrasse una bianca lettera dal profumo di biscotti. Aveva lasciato la busta nel contenitore di biscotti apposta per quello, a Babbo Natale sarebbe piaciuto e forse avrebbe potuto pensare di leggerla anche se lei non era più una bambina e se la leggeva, magari avrebbe potuto esaudire il suo desiderio.

 

***

 

Sapeva quello che l’aspettava e, per quanto si fosse detta preparata, non lo era. Il Natale era ovunque, ammiccante, stucchevole, ridicolo, fastidioso.

Lena si mosse con disgusto tra le vie della cittadina cercando di fare del suo meglio per evitare ogni manifestazione di quel ridicolo spirito natalizio che sembrava invadere ogni essere umano presente in città.

Avvolta nella sua sciarpa verde smeraldo superò con perizia un gruppo di bambini che lottavano con delle palle di neve (un singolo sparo della sua pistola tri-phase sciolse tutti i mucchi di munizioni precedentemente preparati dai bambini), avanzò con discrezione tra un gruppo di decoratori di alberi (fece rotolare tra le palline una biglia sub-sonica che con un piccolo schiocco polverizzò ogni decorazione) e oltrepassò un mezzo del comune che piazzava una serie di lucine colorate (premette un bottone e si generò una piccola onda elettromagnetica che spense in un colpo solo tutte le lucine della via).

Molto più rasserenata arrivò alla posta.

“Buon giorno e buon…” L’impiegato alzò la testa e il suo sorriso si congelò nel riconoscerla. “Oh… ehm… salve miss Grinch.”

Lena appoggiò il cartoncino sul balcone, un sorriso che doveva essere terrificante sulle labbra.

“Mi potete spiegare come mai il mio pacco non mi è stato consegnato nel mio domicilio e, invece, ho ricevuto questa… bugia?” Chiese.

“Posso… ehm… vedere?” L’uomo le mani tremanti prese il cartellino e tentò di sorridere. “Ecco, vede… il suo pacco è molto grande e la collina… è difficile da scalare in questo periodo dell’anno… non ci sono strade… ehm…”

Lena gli occhi sempre più pericolosamente verdi lo osservò mentre la fronte dell’impiegato si imperlava di sudore.

“Devo dedurne che le poste non sappiano fare il loro lavoro?” Chiese con una voce soave.

“Oh, spero proprio di no! Ho una lettera importantissima da mandare.”

Lena sbatté le palpebre. La voce giungeva dalle sue spalle, una voce allegra di ragazza. Ruotò molto lentamente, pronta a fulminare chiunque si fosse permesso di interrompere la sua opera di intimidazione e si ritrovò davanti due occhi azzurri, impossibili da nascondere malgrado le lenti d’occhiale, e un sorriso luminoso.

Sbatté di nuovo le palpebre, mentre il viso della ragazza davanti a lei arrossiva.

“Non volevo origliare…” Disse. “Avete gli occhi più belli che io abbia mai visto.” Mormorò poi e il rossore aumentò mentre la giovane alzava la mano per sistemarsi gli occhiali sul viso.

Lena rimase immobile, in silenzio, incapace di reagire davanti a un approccio così diverso dal solito. Non sapeva forse con chi stesse parlando? Lei era Lena Grinch! Tutti la conoscevano e tutti la temevano!

“Le recapiteremo il suo pacco oggi stesso e, ehm… il nuovo postino non sapeva… ci scusiamo profondamente per il disagio.” Lena ruotò di nuovo su se stessa fissando l’impiegato che faceva passare lo sguardo da Lena alla ragazza alle sue spalle come se avesse paura che lei la disintegrasse.

“Bene.” Si ritrovò a dire, poi si voltò per andarsene.

“Ciao.” Disse ancora la ragazza, Lena le passò accanto senza dire una parola poi uscì dall’edificio accogliendo con gioia l’aria fredda della giornata.

Cosa le era successo?

 

“La città è ancora in piedi?” Chiese Brainy nel vederla rientrare. “Non ho sentito l’esplosione dell’ufficio postale.” Aggiunse, poi, nel vederla passargli accanto senza un commento, inarcò un sopracciglio. “Stai bene?”

“Sì.” Disse allora lei. “Ho incontrato una ragazza.”

“Una ragazza?” Domandò Brainy, era un intelletto superiore, ma Lena lo stava mettendo in difficoltà.

“Una ragazza.” Confermò Lena. “Occhi azzurri, sorriso dolce, capelli biondi…”

“Oh! Deve essere Kara Danvers. Non è arrivata da molto in città, sua sorella Alex stava per sposarsi, poi le cose non sono andate come previsto e Kara si è trasferita per starle vicino. Si occupa del rifugio per i cani, tutti la adorano. Scrive anche degli articoli per il giornale.”

“Non ho mai letto il suo nome.” Contestò Lena.

“Ehm…” Brainy unì le dita nel suo modo così tipico e si strinse nelle spalle. “Si tratta sempre di articoli del tipo indesiderato.” Spiegò e Lena fece una smorfia, articoli natalizi che Brainy rimuoveva.

“Capisco.” Disse soltanto, lasciando la stanza per dirigersi al suo laboratorio, Brainy però la inseguì.

“Kara sta bene, vero? Non le hai…”

“Non le ho torto un capello.” Rispose lei secca.

“Questo è un bene, no?” Chiese perplesso il ragazzo.

“No.”

“No?” Ripeté lui osservandola.

Lena si girò, sollevò un sopracciglio e poi chiuse la porta quasi sul naso del suo migliore amico.

Non aveva voglia di parlarne oltre, doveva lavorare! Eppure, mentre si muoveva tra le sue costose attrezzature non poté fare a meno di chiedersi perché non fosse riuscita ad agire come al solito, perché quella ragazza non si era presa una bella e decisa lavata di capo per averla interrotta, anzi, per averle, semplicemente sorriso in quel modo… adorabile?

Scosse la testa cercando di non pensare più a quei brillanti occhi azzurri e all’effetto che il complimento della ragazza aveva avuto su di lei.

 

***

 

“Il pacco è arrivato.” Disse Brainy portando con un levitatore-gravito-sopressore il pesante oggetto fin nel laboratorio. “Lena?” Chiamò poi nel vedere il luogo deserto. Posò il pacco e guardò verso l’alto, per poi salire la scala a chiocciola che portava sul tetto. Qui trovò la ragazza intenta ad osservare la città con il telescopio.

Nel sentirlo Lena sobbalzò, staccandosi con veemenza dall’oggetto.

“Cosa fai qua?” Chiese, agitata.

“Volevo farti sapere che è arrivato il tuo cristallo.” Le spiegò l’uomo, poi inclinò la testa e corrugò la fronte. “Tu, cosa stavi facendo?”

“Calcoli di balistica.” Rispose lei rapida.

“Balistica? Conti sparare sulla città?”

“No! Sì…” Lena lo guardò infastidita. “Faccio quel che faccio, non ti interessa.” Sbottò.

“Molto bene. Ma il rifugio è coperto affinché i cani non abbiano freddo in questo mese nevoso, se vorrai rivederla dovrai andare in città.”

“Io non ho mai detto che…”

“Ho sempre pensato che dovessimo prendere un cane.” Suggerì ancora Brainy.

Lena fece un verso poco rassicurante, frustrata.

“Non so perché mi sono presa te come coinquilino!”

“Perché possiedo un intelletto superiore.” Affermò allora lui. Lena alzò gli occhi al cielo, ma non poté fare a meno di farsi sfuggire un piccolo sorriso. Voleva bene a Brainy, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.

 

***

 

Kara sistemava un grosso albero di Natale, decorandolo con fiocchetti a forma di osso e palline decorate con visi sorridenti di cani.

“Vi piace, non è vero che vi piace?” Chiese ai pelosi abitanti del suo rifugio che abbaiarono felici attorno a lei.

“C’è qualcuno?” Con un ampio sorriso scese dalla scala e raggiunse l’atrio del rifugio.

“Sono qua, stavo addobbando…” Si bloccò quando riconobbe la ragazza che aveva davanti. Stessa sciarpa verde, stessa meravigliosa ed elegante figura. Arrossì prima ancora di riuscire a dire altro. “Oh… sei tu, ciao.” Disse infine, sistemandosi gli occhiali.

“Voglio un cane.” Disse, decisa, la ragazza.

“Un cane? Ma certo, un cane.” Ridacchiò arrossendo ancora un po’ di più.

“Mi hanno detto che questo è un posto per prendere i cani.” Continuò la sconosciuta, sembrava tesa.

“Sì, questo è il posto giusto.” Assicurò e poi sorrise. “Vieni!”

Si voltò e tornò all’interno del rifugio, dove i cani scodinzolarono nel vederla.

“Sono tutti buonissimi, qua c’è Finny, adora i biscotti, poi abbiamo Fred, lui è molto grosso, adora la panna montata, non è vero?” Disse e l’animale scodinzolò felice. “Bobby è un tenerone, ma non ama molto i postini… Cucciolo ha il raffreddore, ma gli passerà presto e…”

“Lui?” Lena indicò il primo cane che le passò sotto lo sguardo, era snello, affilato, nero e bianco. Le sembrava adatto a lei. Kara si voltò a guardare chi indicasse e sorrise.

Max! Lui è molto obbediente e adora le coccole.” Nel sentirsi chiamare il cane alzò il muso e Lena si ritrovò a guardare due dolci occhi scuri. Ecco, ora le sembrava molto meno adatto a lei.

“Hai già avuto dei cani?” Kara si era appoggiata su di un ginocchio e stava coccolando Max che scodinzolava felice.

“No.” Ammise lei.

“Allora ci sono molte cose che devi sapere.”

“Posso informarmi.” Affermò allora lei. Non era più ben sicura che fosse una buona idea essere andata lì.

“Posso aiutarti io.” Disse allora Kara alzando lo sguardo su di lei e sorridendole. “Magari posso darti il mio numero… e l’indirizzo, nel caso volessi parlarne davanti ad una tazza di cioccolata. Ti piace la cioccolata?”

“Sì.”

“Oh, bene! Allora possiamo farlo… bere una cioccolata assieme.” La guardò interrogativa e Lena si trovò ad annuire. “Magari con una ciambella… sai, ci sono tante cose da dire.” Si fermò, la guardava ora, un sorriso sulle labbra.

“Mi chiamo Lena.” Disse allora lei e la ragazza arrossì.

“Giusto…” Rise. “Che stupida. Io sono Kara.” Tese la mano e lei gliela strinse. Le sembrò che la stretta durasse un po’ più del necessario, ma non le dispiacque, le mani di Kara erano forti, calde e asciutte.

Quando Lena uscì dal rifugio aveva un numero di telefono, un nome associato e un indirizzo… oltre ad avere al guinzaglio un cane.

“Lena!” La richiamò la giovane. “Mi chiedevo… ti andrebbe di andare all’accensione dell’albero assieme a me?” Kara aveva uno sguardo imbarazzato, ma speranzoso. Lena aprì la bocca per dirle esattamente cosa pensava di quell’oscenità di albero che svettava al centro della città, ma non riuscì a dire nulla se non:

“Sì.”

 

***

 

Perché aveva detto sì? Lei odiava quell’albero! Odiava quello che rappresentava, odiava quegli idioti che lo guardavano accendersi con degli ‘oh’ ammirati e sorpresi, come se non succedesse ogni anno! Come se la luce elettrica fosse ancora un mistero o una magia per loro: era scienza, maledizione!

Chiuse gli occhi nascondendo il viso sotto al cuscino, ringhiando piano per la sua idiozia, quando un naso freddo fu spinto contro la sua mano.

Spostò il cuscino e si ritrovò ad osservare Max che aveva sul viso un’aria allegra e felice.

“E ora devo anche occuparmi di un cane!” Esclamò esasperata, cercando di resistere alla tentazione di accarezzargli la testa. “Vai da Brainy.” Disse all’animale, che piegò la testa di lato, la coda che si agitava felice nel comprendere che stava parlando con lui. “Sei terribile!” Gli disse, ma poi cedette passandogli la mano tra le orecchie.

Non aveva più nessuna dignità.

 

“Dunque andrai all’accensione?” Le chiese Brainy nel vederla indossare il suo cappotto verde.

“Non vado all’accensione!” Replicò lei.

“Giusto, vai in città la sera dell’accensione, ma non per l’accensione…” Ricordò il ragazzo, un’aria perplessa sul volto.

“Potrei studiare un modo per sabotare la loro serata.” Provò lei e allora il giovane annuì, rassicurato.

“Questo ha senso.” Ammise. “Era impossibile che tu andassi solo per vedere Kara.”

“Esattamente.” Assicurò lei per poi aprire la porta e sparire nella notte cercando di ignorare il sorriso divertito sulle labbra del giovane. Brainy era, decisamente, troppo brillante a volte.

 

La città era illuminata dalle mille lucine, Lena camminava tra le strade con le mani in tasca proteggendosi dal freddo, le vedeva le occhiate perplesse o preoccupate, e, malgrado provasse ad ignorarle, si sentiva sempre più fuori posto. Cosa ci faceva lì? Non era il luogo giusto per lei, doveva tornare a casa…

“Lena!” Aveva già fatto due passi verso casa quando il richiamo la bloccò sul marciapiede. “Avevo paura che ti fossi dimenticata.” Ammise la ragazza arrivando da lei di corsa.

“Non mi sono dimenticata.” Le disse lei. Trovarsi la giovane davanti rendeva le cose diverse, nessun sguardo che la facesse stare male aveva mai attraversato quei brillanti occhi azzurri.

“Lo vedo.” Kara sorrise felice, poi le tese la mano. “Andiamo?” Chiese e Lena si ritrovò ad intrecciare le loro dita, senza un particolare motivo, e a ritrovarsi a nascondere un sorriso sotto la sciarpa.

Kara era una chiacchierona, Lena lo aveva capito subito, e quella sera non faceva eccezione, aveva un commento felice su ogni cosa, sorrideva e salutava tutti quelli che incontrava e non risparmiava le parole neanche con lei.

“Sei silenziosa o sono io che parlo troppo?” Le chiese dopo un poco. “Sono io che parlo troppo, non è vero? Alex mi ha detto di non esagerare… ma sono agitata.”

“Perché sei agitata?” Si ritrovò a domandare, lei era tesa, questo è vero, ma la ragazza sembrava a suo agito tra tutte quelle debordanti decorazioni e quei festosi sconosciuti.

Kara arrossì nascondendo un po’ il viso nella giacca rossa e blu che indossava quel giorno.

“Beh…” La guardò di sottecchi. “Non sono molto brava nei primi appuntamenti. Di solito le persone spariscono.”

“Oh.” Lena abbassò il viso sulle loro mani intrecciate, poi guardò la ragazza con le guance rosse e, finalmente, capì.

“Credevo che, forse, la magia del Natale mi avrebbe dato una mano questa volta… perché tu sei diversa.”

“Diversa?” Forse doveva smetterla di fare domande, ma le sembrava l’unico modo per prendere tempo e riflettere su quello che la giovane le stava dicendo.

Un appuntamento: non aveva mai avuto un appuntamento!

Magia di Natale: lei odiava quella sciocchezza!

“In un modo buono!” Assicurò lei. “Diversa in un modo speciale.” Affermò poi. “Oh, ci siamo!” Esclamò trascinandola in prima fila, spingendo con dei sorrisi e molti ‘scusi’ la folla.

Ed effettivamente era il momento.

Lena alzò il viso verso l’immenso albero, le sue ghirlande, le sue mille decorazioni. Odiava quel posto, odiava quell’albero, odiava il Natale.

Lasciò la mano di Kara e si allontanò, spingendo di malo modo la folla e scappando.

Quello non era il posto che faceva per lei, non lo era affatto. Cos’aveva pensato?

“Lena!” Chiamò Kara, ma lei ignorò la ragazza e corse verso casa.

 

Mentre correva i ricordi tornavano, prepotenti: suo fratello, sua madre, le luci di Natale fredde e beffarde. L’albero distrutto, i regali sparpagliati ovunque dalla furia di Lex e l’odio. L’odio di tutti. La solitudine.

Il peso dei ricordi le chiuse la gola, mentre lacrime amare sfuggivano dai suoi occhi. Odiava il Natale! Odiava la sua ipocrisia. Era solo una bambina eppure l’avevano abbandonata, lasciata tra le braccia di una madre odiosa, aveva chiesto aiuto e aveva solo ricevuto un beffardo rifiuto.

Alle sue spalle, l’oh della piazza l’avvisò che l’albero, come ogni anno, si era acceso, aprì la porta di casa e la richiuse con fragore alle sue spalle. Il silenzio calò su di lei, il suo perfetto isolamento funzionava.

Si appoggiò alla porta, lasciando che la calma della sua casa la rassicurasse.

Era stata proprio sciocca a lasciarsi convincere ad uscire a dicembre, solo brutte cose venivano da…

No. Non avevano appena bussato alla sua porta, non era possibile…

Bussarono di nuovo.

Poteva chiamare Brainy, poteva dirgli di dire che lei non era a casa, ma il ragazzo era uscito quella sera, per una delle sue passeggiate notturne tra i ghiacci.

Max arrivò correndo e scodinzolò nel vederla, abbaiando felice.

Shhh!” Intimò, ma il bussare si fece sentire di nuovo.

Rassegnata si staccò dalla porta e la aprì.

“Scusa… ehm… mi hanno detto che il Natale non ti piace, ma ormai ti avevo invitato all’accensione e… mi dispiace se ti ho spaventata con quella storia del primo appuntamento, a volte non riesco proprio a stare zitta…”

“Ciao Kara.” Disse. Era stranamente piacevole che la ragazza avesse corso su per la collina solo per raggiungerla.

“Ciao.” Rispose allora lei e sul suo viso si aprì un grande sorriso.

“Vuoi della cioccolata?” Le domandò e Kara annuì decisa. Lena aprì la porta e la fece accomodare, mentre Max saltellava attorno alla ragazza felice di vederla.

Si tolsero le giacche e le sciarpe e Lena la fece accomodare in salotto. Lì, un piacevole caminetto spandeva il suo calore.

“Hai una bellissima casa.” Notò la ragazza, guardandosi attorno. “Niente albero di Natale, però.”

“Lo odio.” Ammise lei e Kara annuì piano.

“Ma la cioccolata calda ti piace.” Sembrò rassicurarsi. “Non puoi essere troppo cattiva se ti piace la cioccolata calda.” Arrossì nel rendersi conto di quello che aveva detto.

“Lo so quello che dicono di me.” Affermò allora Lena, ma i suoi occhi si distolsero da quelli di Kara. Suo malgrado la ferì che Kara avesse sentito e forse creduto a quelle parole.

“A me sembri gentile. Piaci a Max e… piaci a me.” Lena la guardò di nuovo, aveva le guance rosse, ma la guardava. “Non scappare di nuovo… ok?” Chiese, titubante.

“No…” Acconsentì lei.

Rimasero in silenzio, sorseggiando le loro cioccolate. Lena non era ben sicura di cosa avrebbe dovuto dire o fare a quel punto, poi le venne un’idea.

“Ti piacciono le stelle?” Chiese e gli occhi di Kara brillarono.

“Sì!”

“Allora devi vedere una cosa.”

La condusse nel suo laboratorio, poi su sulla scala a chiocciola, fin sul tetto dove il suo telescopio aspettava.

“Puoi usarlo.” Disse indicandolo con la mano. Kara accostò l’occhio e corrugò la fronte.

È puntato sul mio rifugio…” Fece notare e Lena arrossì.

“Davvero?” Chiese. “Deve averlo spostato Brainy.” Affermò, per poi volgerlo verso il cielo.

Kara la guardò con un sorriso sulle labbra.

“Allora un pochino ti piaccio…” Considerò.

“No! Ehm… sì?” Lena chiuse gli occhi e sospirò. “Non viene nulla di buono dal Natale.” Affermò. “Non voglio che tu ed io… non voglio che sia a Natale.”

“Ma tu mi piaci molto. Adesso.” Le fece notare Kara. Lena aprì gli occhi e lei era lì, vicinissima. Le sorrise, le guance rosse, poi con delicatezza le posò un bacio sulla guancia.

Lena sbatté gli occhi rimase immobile per un lungo istante, poi scosse la testa.

“Mi dispiace.” Disse soltanto facendo un passo indietro e separando i loro corpi. Kara rimase ferma a guardarla, poi abbassò il capo, accarezzò Max che le aveva seguite e si voltò, andandosene via.

Lena fece un passo per fermarla, poi si bloccò, che senso aveva?

 

Natale era alle porte, Lena stava lavorando al disgregatore molecolare, ormai quasi completato, cercando di ignorare il mondo esterno, come aveva fatto negli ultimi venti giorni, quando Brainy entrò nel laboratorio, gli abiti pieni di neve e un sorriso sulle labbra blu.

“Ho visto Kara, oggi!” Esclamò. Era brillante, ma a volte non capiva proprio nulla. “Mi ha chiesto come stava Max.” Lena non aprì bocca, nascondendo il viso dietro al grande cristallo quantico molecolare. “Era con un ragazzo, molto carino per gli standard umani.” Le mani di Lena si bloccarono stringendosi sugli attrezzi. “Stavano pianificando un favoloso pranzo di Natale, mentre compravano gli ultimi regali.”

“Cosa ti fa pensare che mi interessi?” Chiese finalmente lei. “Stai riempiendo il mio laboratorio d’acqua.” Gli fece poi notare.

“Giusto.” Affermò lui, togliendosi la sciarpa e andandosene.

Lena rimase immobile per un lungo istante, poi scattò in piedi e salì le scale fino al suo telescopio che puntò verso le strade della città. Non le ci volle molto per identificare Kara e il misterioso uomo che l’accompagnata. Era alto, di bell’aspetto, dal sorriso gentile. La aiutò con i pacchetti e la fece ridere. Kara gli si appoggiava, stringendogli il braccio e lo guardava con occhi dolci.

Lena strinse i denti, poi fece una smorfia.

Amavano il Natale? Molto bene, lo avrebbe rovinato a tutti.

Brainy!” Chiamò e quando il giovane arrivò da lei sul suo volto si aprì un terribile sorriso: “Ruberò il Natale!”

 

 

 

Note: Piccola storia natalizia, senza troppe pretese, divisa in due parti. Facile comprendere su cosa l’ho basata. ;-)

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