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Autore: Enedhil    29/12/2018    1 recensioni
«Ogni volta che lasciavo Asgard, ne sentivo la mancanza. Ora non esiste più un posto dove tornare. Non esiste più casa.»
Quando Thor riprese, Loki alzò gli occhi al soffitto. «Oh, malinconia! Che gloriosa fine per un'intensa giornata di combattimenti.» Prese alla cieca una delle bottigliette rimaste e la versò tutta nel bicchiere. «Ma prego, continua.»

Comunicare apertamente non è mai stato il loro forte, ma quando il Dio del Tuono e quello degli Inganni si trovano soli, dopo aver distrutto il mondo in cui sono cresciuti, le parole sembrano assumere dei nuovi significati.
Oltre i silenzi, oltre le menzogne, oltre le differenze. Soltanto loro due.
[Post Thor – Ragnarok]
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incest, PWP
Capitoli:
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PERSONAGGI PRINCIPALI: Thor + Loki
RATING: Arancione/Rosso
GENERE: Introspettivo/Erotico
RIASSUNTO: «Ogni volta che lasciavo Asgard, ne sentivo la mancanza. Ora non esiste più un posto dove tornare. Non esiste più casa.»
Quando Thor riprese, Loki alzò gli occhi al soffitto. «Oh, malinconia! Che gloriosa fine per un'intensa giornata di combattimenti.» Prese alla cieca una delle bottigliette rimaste e la versò tutta nel bicchiere. «Ma prego, continua.»

Comunicare apertamente non è mai stato il loro forte, ma quando il Dio del Tuono e quello degli Inganni si trovano soli, dopo aver distrutto il mondo in cui sono cresciuti, le parole sembrano assumere dei nuovi significati. Oltre i silenzi, oltre le menzogne, oltre le differenze. Soltanto loro due.
AMBIENTAZIONE: Post Ragnarok
AVVERTIMENTI: PWP (più o meno) - Come da regolamento, la seconda parte verrà censurata dove sono presenti i contenuti espliciti.
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono. La mia versione è liberamente ispirata ai fatti che si sviluppano nelle serie cinematografiche.

 
MORE THAN A WORD
- Prima Parte -


Non era stato un abbraccio. Solo due corpi, stretti l'uno all'altro, per un lungo, intollerabile momento.
Le braccia di Thor lo avevano rinchiuso al di sotto delle spalle, in una presa che gli era sembrata più simile a quella eseguita su un avversario durante una lotta, piuttosto che a un gesto fraterno e affettuoso. E lui non aveva potuto far altro se non circondargli la vita, le mani posate sull'armatura di cuoio che era ormai divenuta la seconda pelle del Dio del Tuono. Aveva avvertito dei profondi respiri, un tremito incontrollato, perfino il calore dei muscoli che si rilassavano dopo i primi, tentennanti secondi.
A Loki era mancato il fiato. Solo per un attimo; un infido attimo che aveva abbassato le sue difese e lo aveva fatto adagiare a colui che chiamava fratello con una docilità che avrebbe dovuto detestare. Bisogno di avere di più e voglia di allontanarsi si erano alternati a un ritmo frenetico dentro di lui. E più Thor aveva mantenuto quella stretta, respirando vicino al suo orecchio, più lui aveva desiderato di essere fatto di trucchi e magia, ancora una volta, per svanire all'improvviso e lasciarlo ad abbracciare l'aria. Per destabilizzarlo e prendersi gioco di lui, per guardarlo e godere della sua confusione. Per ripararsi dal disprezzo e dal biasimo nel suo sguardo. Perché era più facile farlo da lontano, assecondare quella verità e continuare con un gioco al massacro di carne ed emozioni, piuttosto che ammettere di vedere altro. Perché non c'era davvero disprezzo in quegli occhi chiari che avevano sempre cercato in lui qualcosa che non era mai stato disposto a dare. Forse non c'era mai stato. E odiava Thor per questo. Sarebbe stato così facile sopportare quello, conviverci e girarlo a proprio vantaggio. Ma il resto no. Tutti gli altri riflessi che scorgeva fin troppo facilmente nello sguardo del fratello erano insopportabili, pericolosi e imbattibili, perfino per un Dio dell'Inganno come lui.
Non era stato un abbraccio. Solo una stretta improvvisa, rude, sgraziata nel suo essere forte e impulsiva. Qualcosa che aveva avuto la potenza di un fulmine attraverso le sue vene e il fragore di un tuono tra i suoi pensieri; li aveva gettati nel vento, rimescolati e poi lasciati cadere, frammenti di ricordi e di convinzioni sparsi sulla terra arida. E tra le crepe una speranza, folle e silenziosa, di un cambiamento che avrebbe potuto cancellare un'ombra e far risplendere il sole su entrambi.
Non era stato un abbraccio. Quando Thor lo aveva liberato, dopo aver udito il richiamo di Heimdall che li aveva esortati a tornare dal popolo di Asgard, rimasto in attesa di conoscere il proprio destino, Loki aveva sospirato. Sollievo e rammarico. Un sorriso complice e un'ultima occhiata nello spostarsi per indicare al fratello la porta scorrevole ancora aperta. «Vai.»
«Tu...»
«Sarò lì.»
Non era stato un abbraccio, eppure lo aveva sentito.

*

Dopo diverse ore la situazione era tornata a essere la stessa. Thor era ancora fermo davanti al proprio riflesso nello specchio, un mano stretta sul bicchiere pieno e l'altra ferma sulla bottiglia ormai vuota. Lui, invece, aveva appena varcato l'ingresso e si era fermato a fissare il fratello da una distanza di sicurezza.
«Dovresti essere seduto sul tuo bel trono, non qui a bere quella roba scadente,» esclamò Loki con un finto accenno di rimproverò nel tono. «Ubriacarsi da soli non è considerato un degno festeggiamento dopo un'incoronazione.»

«Dubito di potermi ubriacare con... qualunque cosa sia.» Il Dio del Tuono alzò il bicchiere allo specchio in una sorta di brindisi, prima di berne tutto il contenuto e riempirlo di nuovo. «E la mia corona è forgiata dalle ceneri della nostra terra e dal sangue di chi è caduto. Morte, distruzione, dolore, disperazione. Il mio trono è fatto di tutto questo.»

Loki accennò un sorrisino, incerto se considerare l'attuale stato emotivo del fratello qualcosa di divertente o patetico.
«Su col morale, quindi! Non è poi così diverso da quello su cui sedeva Odino,» commentò, prima di voltarsi verso la parete per sfiorare un pulsante e far richiudere il pannello scorrevole che aveva alle spalle. Una cosa era sicura: non era auspicabile che qualcun altro vedesse il nuovo sovrano affliggersi in quel modo e piangere su un bicchiere vuoto. Si stupì di se stesso, tuttavia, mentre percorreva con calma la distanza che li separava, perché non gli era nemmeno passato per la mente di approfittare di quella situazione e rigirarla a proprio vantaggio.
L'occhio di Thor, dal riflesso, sembrò lanciargli una saetta di ammonimento, ma lui non ci diede peso e continuò imperterrito. «Ti manca solo di andare in un altro regno a rubare un bambino. Su Álfheim, magari. Un piccolo e capriccioso Elfo della Luce, a cui mentirai per centinaia di anni, fino a quando scoprirà la verità e sarai costretto a rivelargli che lo hai preso solo perché ti serviva per portare avanti i tuoi piani.» Non faceva più così male parlare di quella verità. Era sempre spezzato, e i frantumi erano ancora lì dentro, ma in qualche modo si erano rimessi insieme, in un mosaico contorto e sbagliato che nonostante tutto aveva un senso.
Thor si girò a guardarlo con un'espressione ancora più cupa di quella che aveva in precedenza.
Fu un attimo, e Loki si trovò di nuovo addosso il tappo di una delle bottiglie.
Gli rimbalzò sull'addome e finì a rotolare sul pavimento. Lanciò un'occhiata nel punto in cui era caduta l'arma con cui l'altro si era assicurato che la sua presenza fosse reale, poi tornò a fissare il fratello. «Questa cosa sta diventando imbarazzante!»

La maschera di tormento sul volto dell'altro si sciolse in un accenno di sorriso complice.
«Non sono lui,» mormorò il Dio del Tuono, tornando a riempirsi il bicchiere ancora una volta. «Non sono come lui. Vorrei credere di poter essere davvero migliore, come mi ha detto. Padre ha fatto molti errori e io sono ben lontano dall'essere perfetto, ma il tempo delle menzogne è finito. Sono stanco di tutto quello.»

Loki lo raggiunse al mobile e scelse a caso tra gli alcolici rimasti, versandosene un po' a propria volta. «Lo hai chiamato vecchio folle.» Non era una vera e propria replica, ma più una sorta di tacito accordo. Odino non c'era più, li aveva lasciati entrambi con parole amorevoli e la rivelazione di un ennesimo segreto che li aveva quasi uccisi. E nonostante tutto, loro avevano vinto. Insieme.

«Più di una volta.» Aggiunse Thor con una lieve risata, soffocata nel liquido che subito dopo gli riempì la bocca.

«Più di una volta, già. Per tua fortuna, tutte le altre non ti ha udito.»

«O mi avrebbe fatto rinchiudere in una cella.»

«Oserei dire che sono quasi felice che siano tutte esplose col resto delle prigioni. Di certo non mi mancheranno.»
Per un momento rimasero in un quieto silenzio, entrambi a fissare il vuoto, con un bicchiere nella mano. Era una situazione conosciuta, familiare, un'abitudine che si era consolidata nel tempo. Loro due insieme, fianco a fianco, seduti da qualche parte, lontani dal frastuono, mentre i festeggiamenti volgevano al termine. Loki ricordava la pace di quegli attimi, il calore di sorrisi e risate, quando anche la luce della magnificenza del fratello non era poi così accecante per lui.
Lì, da soli, senza il mondo a rimarcare quanto lui fosse inadeguato e Thor, invece, meritevole di tutti gli onori.
Lì, per poche ore in migliaia di anni, si era sentito meno ombra e più parte di qualcosa.

«Mi dispiace.»

La voce del Dio del Tuono era stata spenta dal vetro dentro al quale aveva mormorato quelle parole e Loki corrucciò la fronte. «Per cosa?»

«Io non... sentivo solo di volertelo dire.» Thor indugiò qualche secondo prima di continuare, come se stesse soppesando le frasi da dire. «Ho dubitato di te così tante volte e sono stato arrabbiato per le tue azioni, per ciò che mostravi di essere, quando invece io credevo di conoscere un'altra persona. Forse non ho voluto vedere o sentire, perché non avrei saputo come aiutarti a stare meglio. E probabilmente nemmeno lo avresti mai voluto il mio aiuto.»

«D'accordo, hai parlato abbastanza.» Loki appoggiò il bicchiere con un sospiro inquieto.

«No, sto solo dicendo che non mentivo. Quando ti ho detto che avresti potuto essere molto più del Dio dell'Inganno.»

«Hai solo cercato di confondermi per farmi prendere la decisione che volevi tu.»
Ed era stato così. Se ne era reso conto nell'attimo in cui aveva intravisto in lontananza il palazzo di Asgard e aveva realizzato di aver convinto i ribelli a dirigersi proprio in quel luogo. Thor l'aveva battuto al suo stesso gioco, gli aveva dato ragione solo per manipolarlo, e lo aveva spinto proprio dove voleva.
Stava per ribattere ancora, quando sentì la pressione della mano del fratello sul lato del collo. Il pollice sulla guancia e le dita a premere alla base della nuca in quel gesto con cui Thor era solito reclamare la sua attenzione. E la otteneva. Ogni singola volta.

«No. Tu hai scelto di tornare ad Asgard e di aiutarmi a salvare il nostro popolo,» gli mormorò il Dio del Tuono con un sorriso aperto e soddisfatto. «Tu hai scelto di essere... di più.»

C'era orgoglio nel suo sguardo. E sebbene fosse per metà celato dalla benda, lo avrebbe riconosciuto senza alcun dubbio, perché lo aveva scorto solo negli occhi di un'altra persona, quando le dimostrava di aver appreso le sue arti magiche e di saperle padroneggiare. Solo sua madre era stata orgogliosa di lui. E Thor. Per anni aveva cercato disperatamente l'approvazione di un padre, che non era mai arrivata, e ora che scorgeva quella luce fiera sul volto del fratello, si convinse del fatto che ciò che contava, adesso, era quella.
«Forse tu mi hai fatto desiderare di essere qualcosa di più.» Gli scivolò dalle labbra come una stilla di vino da un calice troppo grande. Rimase lì, senza altre spiegazioni, senza domande, a indugiare nel silenzio di due sorrisi.
Loki lo notò subito, ma rimase immobile in quello spazio di respiri che si era creato tra di loro: lo sguardo di Thor si era abbassato sulla sua bocca, ricreando il fantasma di qualcosa che era già accaduto, e sarebbe bastato un piccolo movimento, una scintilla di pazzia, per dargli di nuovo forma. «Per un po',» aggiunse in un soffio ironico. «In effetti mi è già passato.»

Come colpito da una frusta, il Dio del Tuono si allontanò di scatto con un sorriso fin troppo evidente e terminò in un lungo sorso la bevanda rimasta.
«Sai, è strano pensare che non rivedremo mai più i luoghi in cui siamo cresciuti. Le sale in cui giocavamo, in cui litigavamo e facevamo pace. Le nostre stanze...» L'andatura nervosa con cui Thor aveva iniziato a percorrere lo spazio lasciava intendere a Loki che il nuovo discorso aveva riportato, comunque, i pensieri di entrambi là dove si erano incontrati poco prima. Dei baci non erano le peggiori delle memorie, considerato tutto quello che avevano vissuto negli ultimi tempi, ma sembravano le più pericolose da riportare in superficie. Pericolose perché portavano con loro cose non dette, segreti ed emozioni.
«Ogni volta che lasciavo Asgard, ne sentivo la mancanza. Ora non esiste più un posto dove tornare. Non esiste più casa.»

Quando Thor riprese, Loki alzò gli occhi al soffitto. «Oh, malinconia! Che gloriosa fine per un'intensa giornata di combattimenti.» Prese alla cieca una delle bottigliette rimaste e la versò tutta nel bicchiere. Appena lo strinse per bere, sentì il liquido freddo traboccare e bagnargli le dita. «Ma prego, continua.»

«Dammi un po' di tregua!» esclamò allora Thor, palesemente esasperato. «Posso gestire tutto quanto ma sono stati giorni difficili anche per me! Ho perso mia madre e mio fratello è morto tra le mie braccia, ma poi è tornato e ha mandato mio padre a morire sulla Terra. Ho scoperto di avere una sorella e ho distrutto il mio regno per ucciderla. Non ho più il mio martello, sono rimasto con un occhio solo e non ho più nemmeno i capelli... e mi piacevano i miei capelli lunghi!»

Mentre l'altro parlava, Loki aveva attraversato la stanza per arrivare ad appoggiarsi al tavolo. Di nuovo si sentì tra il divertito e l'annoiato nell'ascoltare le lamentele del grande e possente Dio del Tuono. La punta di dispiacere, che tuttavia provò nel riconoscere dei sentimenti che conosceva bene nello sfogo del fratello, non gli impedì di fare un cenno distratto col capo e mormorare: «Sai che non era davvero un invito a continuare? Il “comunicare apertamente non è mai stato il nostro forte” è sempre valido.»

«Tu hai iniziato a farlo! E adesso ascolti!»

«Bene. Ti ascolto.» Sorrise tra sé, nascondendo le labbra dietro al bordo del boccale, compiaciuto dell'insofferenza che aveva provocato. Lo vide dirigersi per l'ennesima volta al mobile e prendere una delle bottiglie ancora piene. Con evidente agitazione, Thor cominciò a bere direttamente da quella, avvicinandosi con un incedere instabile verso il punto in cui il Dio dell'Inganno si era fermato.

«Sei davvero ubriaco, fratello?»

«Sta' zitto e ascolta.»

Loki represse una risata quando se lo ritrovò a un passo di distanza. Lo fissò e comprese che l'altro stava di certo ponderando su come riprendere il discorso precedente, ma non gli diede il tempo di farlo. Appena Thor socchiuse la bocca per parlare, lo interruppe. «No, mentivo.» Accennò la migliore espressione desolata che riuscì a fingere e riprese: «Non posso stare ad ascoltarti mentre ti lamenti come se avessi ancora dieci anni! Hai un popolo là fuori che ha bisogno di una guida, adesso che non ha più niente. Hai sempre voluto esserlo, quindi fallo. Sii la loro guida e il loro re. Non ti ameranno mai tanto quanto avrebbero amato me, perché diciamocelo, in tua assenza sono stato un sovrano grandioso e andavano pazzi per gli eventi che organizzavo, ma cerca almeno di essere decente. Io ho scatenato il Ragnarok e ti ho aiutato a uccidere tua sorella, sai bene che non avrei problemi a uccidere anche te se non sarai all'altezza.»
E il Dio del Tuono rimase in silenzio a guardarlo. Se ci fossero fiamme di collera, indecisione, confusione o qualcosa di diverso nell'iride azzurra ferma su di lui, Loki non avrebbe saputo dirlo. Ma scorse con chiarezza la sua gola contrarsi, quando Thor deglutì più volte dopo dei profondi respiri, e non era mai stato un buon segno. Allora gli fece un cenno, sussurrando: «Puoi dire qualcosa.» Con la coda dell'occhio intravide la mano del fratello che picchiava con forza la bottiglia sul tavolo. Il vetro del ripiano si incrinò al contatto violento e una ragnatela irregolare si allungò in tutte le direzioni, assottigliandosi via via che si allontanava dal punto dell'impatto.
Loki abbandonò il boccale e fece un passo indietro; una reazione istintiva che era difficile controllare dopo tutti gli scontri che avevano avuto. Ma non era uno scontro quello in cui si ritrovò un attimo dopo. Non uno di quelli che facevano male, perlomeno.

La mano libera di Thor fu di nuovo dietro la sua nuca, le dita lo trattennero, lo trascinarono in avanti e labbra già conosciute premettero sulle sue. Con forza, con rabbia, per zittirlo o privarlo di parole che ancora non aveva pronunciato. Non chiesero altro, restarono lì a scaldare le sue, accompagnate dal respiro rapido che odorava di alcol.
E Loki rimase immobile a domandarsi perché non era lo stupore a prevalere su tutto, ma una sorta di euforia che gli faceva desiderare di avere di più, proprio come era successo quando era stato stretto tra le sue braccia.
Quella sensazione lo spiazzò, lo colpì allo stomaco, al petto, e gli strappò un battito del cuore. L'aveva dimenticata, o in qualche modo si era costretto a dimenticarla. Per l'intera vita aveva bramato di più da chiunque: più considerazione, più attenzione, più potere, più importanza. Tutto per essere al pari di Thor. Avrebbe scardinato i pilastri dell'universo per essere trattato allo stesso modo da chi aveva intorno e da chi aveva amato. E suo fratello non l'aveva mai compreso, non per davvero. Sulla scena, però, erano rimasti solamente loro due.
Nella tragedia che aveva riempito il teatro della sua vita, gli altri attori principali avevano lasciato il palco. Non c'era più nessuno a decidere il copione, se non i due protagonisti. Pagine erano state strappate e riscritte, ma in quel momento toccava a loro improvvisare il nuovo atto.
Thor era lì, la bocca a carezzare la sua nel sospiro tremante di un bacio che prometteva ogni cosa. E Loki bramava ancora di più, ostinatamente fedele al proprio personaggio, a ciò che era sempre stato. Questa volta, tuttavia, avrebbe potuto ottenerlo.

***

La bottiglia gli si era frantumata nel pugno. Thor se ne accorse solo quando allargò la mano per lasciarla e allontanarsi da quel tavolo che sembrava essere stato bagnato da liquido infiammabile e dato alle fiamme, tale era stato il calore che lo aveva divorato quando Loki non lo aveva respinto.
Non che il fuoco lo avesse mai scalfito realmente, ma quello... quello lo aveva sentito.
Non guardò il fratello, mentre tornava davanti allo specchio con la confusa intenzione di bere ancora e ancora, come se servisse a lavare via tutti i pensieri e i turbamenti.
Era troppo. Troppo da accettare, da sostenere, da combattere. Troppo anche per lui.
Il riflesso di Loki, però, lo catturò ancora. Bello e gelido, una figura di ghiaccio che non lasciava trasparire niente. Un Dio delle Menzogne che sapeva nascondere ogni emozione. Se solo non avesse sentito le sue labbra accennare a socchiudersi, poco prima, avrebbe creduto ancora che lo fosse.

«Cos'era?»

«Niente. Era solo... mi dispiace. Ho sbagliato. È stato sbagliato... e folle.» La domanda di Loki era stata poco più di un sussurro e lui non aveva nemmeno riflettuto su cosa rispondere.

«Cosa era?»

Questa volta divenne quasi un grido, eppure non sembrava permeato da ira, disgusto o biasimo. Rimase in silenzio a guardarsi allo specchio, alla ricerca di una spiegazione che non aveva mai avuto e che, di sicuro, non aveva nemmeno in quel momento.

«Di' qualcosa!»

Come posso? Avrebbe voluto urlare, gettargli addosso ogni dubbio, ogni paura, ogni sensazione contrastante. Tutte le angoscianti insicurezze di un cuore che aveva riconosciuto un segreto di sangue ancor prima di esserne a conoscenza. Perché se nella sua mente era stata scritta una verità, nelle sue vene aveva iniziato a pulsare già da tempo una percezione istintiva che l'aveva fatto vacillare. Ed era rimasta laggiù, nascosta tra il bisogno di proteggere e salvare chi aveva sempre chiamato fratello, e quello di guardare oltre quella parola per ammettere che Loki era diventato una parte di lui.
Non riuscì a parlare, non volle farlo. Non appena scosse la testa, intenzionato a cercare un'altra via di fuga in quell'alcol dal sapore amaro delle bugie, un tintinnio improvviso riempì il silenzio.
I bicchieri e le bottiglie andarono in frantumi, colpiti da una forza invisibile, e si accasciarono in schegge disordinate sul ripiano.
«Loki...» Quello era il segno dell'esasperazione di chi meritava una risposta e la verità, e lui, ancora, era colpevole di avergliela negata. Abbassò la testa con un pesante sospiro, ma quando la rialzò il riflesso del suo volto era cambiato. Entrambi gli occhi azzurri erano aperti, la benda svanita, e i capelli biondi scendevano di nuovo sulle spalle, in una perfetta immagine di ciò che era prima dell'arrivo della Dea della Morte. Si concesse un sospiro e l'ombra di un sorriso tradì la sua debolezza. Si portò una mano sulla guancia destra, fermandola prima di toccarsi. «Basta trucchi.»

Loki si avvicinò a lui, il riflesso allo specchio ormai divenuto una presenza concreta alle sue spalle. L'espressione all'apparenza indifferente, quasi che non fosse consapevole di essere lui l'artefice di ogni cosa. «Così è come vuoi essere. È quello che ti manca,» sentenziò. «Adesso sei te stesso. Parla!»

«Cosa devo dire? L'ho fatto e basta.» Thor si voltò per affrontarlo, lo fissò, quasi commosso nell'illusione di guardarlo ancora con entrambi gli occhi. «So che non è giusto! So che... non lo è mai stato. Nemmeno quando è successo anni fa o quando ci scherzavamo, perché così sembrava meno reale. La prima volta mi hai sorpreso e spaventato, ma ero giovane e stupido e non capivo...» Deglutì, la gola bruciava di parole a lungo negate. «Non ne abbiamo mai parlato. Mai. Temevo che qualcuno potesse sentire o capire e mi obbligasse ad allontanarmi da te. È che... ora siamo soltanto tu ed io. Non ha senso ed è da pazzi, ma siamo solo noi ed è come se lo sentissi meno... sbagliato. Eppure lo è ancora.»

«Io non sono sbagliato!»

«Non ho detto che lo sei!»

«E non sono un mostro per averti baciato o per aver risposto alla tua bocca quando ha cercato la mia. Non cercare di farmici sentire!» Indignazione, delusione, smarrimento. Il solito Loki che riusciva a leggere oltre le frasi per colpire là dove faceva più male, là dove la verità veniva taciuta. Ma questa volta si sbagliava.

«Non cambiare le mie parole!» Thor alzò la voce, ferito da insinuazioni più taglienti di un pugnale. «Sto solo dicendo che sei ancora mio fratello. Il bene che ti voglio non è mai diminuito, anche se non sei stato di certo il migliore dei fratelli. Mi hai quasi ucciso, mi hai pugnalato, mi hai tradito, mi hai mentito... ma ancora sento questo bisogno di starti vicino e di...» Si interruppe e lo indicò. Dirlo avrebbe significato segnare il punto di non ritorno. Respirò piano, a lungo, e si mise le mani sui fianchi, come in attesa che fosse l'altro a continuare il discorso.
Ma Loki non parlò, mentre si avvicinava a lui, l'aspetto di uno spietato predatore che ammalia la preda prima di azzannarla al collo. Thor si mosse di un passo, lanciando un'occhiata al pavimento prima di guardare ancora il fratello e aggiungere: «Oh, e non dimentichiamo che mi hai anche fatto cadere dal cielo dentro a una...»

Loki mise una mano nello scollo della sua armatura e lo strattonò in avanti. «Ora hai detto troppo.» Lo zittì a parole prima di farlo con la bocca. Non c'era insicurezza o timore nelle labbra che accarezzavano le sue. Se le stava semplicemente prendendo, con un susseguirsi di tocchi languidi e lievi morsi provocatori. E Thor lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, obbligandosi a non stringerlo di nuovo a sé per impedirgli di allontanarsi o di sparire, se mai fosse stato possibile.
Non voleva far prevalere il proprio volere su quello dell'altro, sebbene il suo intero corpo stesse gridando per farlo. Con Loki era sempre così, come un combattimento su una sottile lastra di ghiaccio che poteva infrangersi da un secondo all'altro. Osare troppo, o troppo poco, era comunque un rischio.
Sentì le sue dita sul mento, non uno sfioramento gentile, ma una pretesa che lo spingeva ad aprire la bocca. E provò per la prima volta il suo sapore, bagnato da quello dell'alcol che entrambi avevano bevuto; la lingua che premeva e cercava, esigente, alla quale concesse la propria senza più riuscire a trattenersi. Un bacio, una presa di posizione, un nuovo scontro, una risposta a domande mai fatte. Thor strinse i pugni così forte da sentire le ferite sul palmo della mano lacerarsi e il sangue scivolagli tra le dita. Non era doloroso, non quanto il bisogno di chiudere tutti i mondi fuori da quella anonima cabina e tenere Loki con sé. Averlo. Sentirlo. Possederlo. Capirlo.
Spalancò gli occhi, o così gli sembrò di fare, quando il fratello fece un passo indietro, lasciandolo inerme sotto a uno sguardo che sembrava di accusa e di sconcerto.
Si trovò a indietreggiare fino al mobile che era diventato una sorta di punto fermo in quel continuo andirivieni di rivelazioni. Si appoggiò a esso, il respiro ancora rapido, un momento di silenzio in cui entrambi si guardarono, in attesa.
«Mi stanno aspettando di sotto?» Lo mormorò con ben poca convinzione, l'ultima possibilità di scelta, l'ultima difesa da qualcosa di inevitabile.

Loki accennò un sorriso tirato, ostile. «Allora dovresti andare,» rispose a voce fin troppo alta, stizzito, indicando il portello chiuso.

«È una domanda. Te lo sto chiedendo.»

«No. Heimdall e la tua amica Valchiria erano occupati a trovare dei posti per far riposare tutti quanti. E l'ultima volta che ho visto Banner stava russando sul tuo trono.»

«Bene.» Thor osservò ancora la propria immagine riflessa. Ciò che non era più, ciò che non sarebbe più stato. Nel bene o nel male, niente sarebbe più stato come prima. Prese qualche frammento di vetro sul piano e lo gettò sugli altri. Alcuni si macchiarono di sangue. «Bene,» ripeté ancora, e infine sussurrò in un respiro spezzato: «Tu... resti qui?»

«È una domanda?» Loki non disse altro fino a quando il Dio del Tuono annuì allo specchio e si girò verso di lui. «Resto qui,» terminò allora, tutta l'asprezza delle risposte precedenti sembrava già svanita.

Allora Thor si arrese. Una resa ambita e necessaria. Dopo giorni, mesi, anni di lotte, chiuse quelle porte a tutto ciò che non era loro due. Arrendersi a Loki, dopotutto, era qualcosa di dolceamaro di cui non si sarebbe mai pentito.
Annullò la distanza che li divideva e gli prese il volto con entrambe le mani, le dita a trattenergli la testa in una presa possessiva. Il profondo respiro di sollievo che gli stava lasciando le labbra finì su quelle di Loki, si mischiò al suo, alle lingue che tornarono a cercarsi con prepotenza in un continuo spostarsi da una bocca all'altra. Avvertì sulla gola una stretta e deglutì contro il suo palmo, si lasciò sfuggire un lieve gemito che interruppe il bacio, e sentì sulle labbra quelle dell'altro che si tendevano in un sorriso. Solo qualche istante, e la mano proseguì dietro la sua nuca, a bloccarlo con la stessa forza che lui stesso stava usando.
Erano così premuti l'uno contro l'altro da perdere di vista l'essenza di un semplice bacio. Si era già trasformato in altro. Un conflitto carnale di morsi, di denti che graffiavano, lingue che possedevano, labbra diventate bollenti e sensibili, senza tregua, senza rimorsi, senza controllo. Baciare Loki era impegnativo, estenuante e travolgente, proprio come restargli vicino. E non avrebbe mai smesso di farlo.
Thor lo spinse contro il ripiano davanti allo specchio, o almeno così gli parve di fare, perché forse fu il Dio degli Inganni a farglielo credere, mentre lo trascinava su di sé. Si distaccò dalla sua bocca, solo per rimpiangerlo un attimo dopo quando guardò il suo viso e vide le labbra socchiuse, la punta della lingua a lambire quello inferiore in un peccaminoso invito a ricominciare. Ma vide anche qualcos'altro: la guancia e il collo, sul lato sinistro, erano sporche del sangue che ancora gli macchiava la mano, benché le ferite si stessero già richiudendo.
Gli venne istintivo usare il pollice e il dorso delle dita per ripulire la pelle chiara, un gesto all'apparenza fin troppo affettuoso, delicato, che in qualche modo portò Loki a spostare di scatto la testa sul lato, per allontanarsene.
«Fermo,» bisbigliò quello che non era nemmeno lontanamente paragonabile a un ordine.
Ottenne di nuovo il suo sguardo su di sé, velato da una punta di confusione, e allora gli catturò di nuovo la bocca. Fu lui a prenderne possesso e a giocarci, fino a quando l'altro tentò di riavere il controllo, solo in quel momento Thor abbandonò le sue labbra per proseguire con le proprie lungo il mento e sulla guancia che voleva pulire, rasentandoli coi denti e lambendoli appena con la lingua. Mantenne la mano ferma sull'altro lato del suo collo, quando si chinò per baciare e leccare quello a cui si stava dedicando, e sentì Loki sospirare. Non di rassegnazione o insofferenza, ma di piacere. Lo rifece, più volte, mordendo la pelle morbida e succhiandola, e si guadagnò altri gemiti arrendevoli che lo fecero sorridere soddisfatto. Rialzò lo sguardo oltre la spalla del fratello e si guardò allo specchio mentre ancora lambiva con le labbra il suo collo, un'immagine inconsueta alla quale si sarebbe abituato molto volentieri.
Fu allora che si vide cambiare. Più baciava quel punto, più l'artificio che il Dio degli Inganni aveva fatto sul suo aspetto sembrava tremare e svanire. Era un equo scambio, perdere quell'illusione per avere il piacere di Loki.

«Siamo ancora fermi qui? Ragazzini che smaniano per dei baci?»

Thor si discostò da lui per guardarlo e il suo respiro, già rapido, divenne ancor più pesante quando l'altro si staccò il mantello dalle spalle, per lasciarlo cadere sul pavimento. Liberatosi di quello, passò ad aprirsi e sfilarsi il primo strato che indossava, spingendosi in avanti nel movimento, visto che non aveva abbastanza spazio, e costringendo così lui a barcollare indietro di un passo.
Qualsiasi dubbio sulle sue intenzioni svanì nell'attimo in cui Loki si aprì il secondo strato, mettendo in mostra il corpo nudo sottostante. «Allora? Cosa...» iniziò a esclamare, con le braccia aperte e le sopracciglia inarcate, in attesa dell'unica azione ovvia da compiere in quel momento.
Ma invece di iniziare a spogliarsi a propria volta, Thor si avventò ancora su di lui, in un nuovo, lungo e profondo bacio. Lo trattenne, anche quando sentì le mani dell'altro su di sé che, alla cieca, cercavano le cinghie di cuoio per aprire l'armatura sul torace e la schiena.
Un sospiro di frustrazione e un morso un po' troppo forte al labbro inferiore lo fecero fermare, in tempo per vedere comparire nella mano di Loki uno dei suoi pugnali.
«No!»

***


Note: Ok, e la prima parte è andata! La seconda arriverà tra pochissimo, il tempo di rileggerla.
È la prima fanfic che scrivo in questo fandom, ma da quando ho visto i vari film, Thor e Loki mi hanno rapita completamente. Mi hanno emozionato, mi hanno fatto ridere e mi hanno fatto malissimo :'( e sono talmente belli, complicati, spezzati e devastanti che dovevo assolutamente scrivere qualcosa con loro due.
Anche se, sicuramente, è già stato scritto di tutto e questa è soltanto la millemillesima versione di questa scena, sentivo il bisogno di scriverla.

Aggiungerò qualcosa di più alla fine, ma nel frattempo dirò solo: non odiatemi! :p


 

   
 
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