Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Linaar80    30/12/2018    6 recensioni
Una suite, tre persone e un risveglio un po' movimentato.
Shot collegata alla long Presente, Passato, Futuro e seguito dell Shot Il giorno dopo
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Threesome, Triangolo
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Il bussare incessante alla porta della suite fece svegliare Genzo, che imprecò, ma appena si mosse una mano cercò di trattenerlo e si rese conto che il suo letto non era vuoto. Si zittì subito, liberandosi dalla presa della ragazza che con lo stesso braccio abbracciava sia Taro sia lui e uscì dalla camera da letto il più velocemente possibile per far smettere tutto quel casino e non svegliare i suoi ospiti.
Non appena aprì la porta venne travolto, non riuscì a fermare la figura che gli si parava davanti.
“Ma che cazzo!” Imprecò di nuovo il portiere verso il capitano, perché anche se c'era voluto qualche secondo per metterlo a fuoco, l'aveva riconosciuto e la sua faccia allarmata non prometteva nulla di buono .
“Genzo, non si trovano più Taro e Lili.” Tsubasa urlò, sempre più agitato mentre camminava per la stanza in modo confuso.
“Ma che cosa stai dicendo?”
Non riusciva a ragionare bene, era appena stato svegliato in modo brusco e poche ore prima era completamente ubriaco o meglio non troppo da non ricordarsi quello che era successo la notte anzi la mattina.
“Sono andato a cercarli, ho bussato; il telefono della camera suona a vuoto da ore. Siamo entrati con il passepartout, ci sono i bagagli ma di loro nessuna traccia e il loro volo ormai è in partenza.” Una spiegazione così contorta e concitata non l'aveva mai sentita ma prima di poter dire qualsiasi cosa una voce dalla camera attirò la loro attenzione, soprattutto quella di Tsubasa.
“Ma che cazzo succede?” Taro, ignaro di tutto quello che stava succedendo, ma molto infastidito da tutto quel vociare, uscì dalla camera quasi nudo scompigliandosi i capelli e sbadigliando sonoramente.
“Succede che avete perso il volo.” 
Genzo gli rispose immediatamente e solo in quel momento Tsubasa si rese conto che anche il portiere era in boxer.
“Ma che ore sono? Merda.” Taro sgranò gli occhi per la sorpresa, ecco l'unica cosa che non dovevano fare: perdere il volo, doveva essere assolutamente a Parigi il giorno seguente in ottima forma, anche se quella l'aveva persa dopo l'ultimo bicchiere.
Tsubasa rimase pietrificato alla vista dell'amico in biancheria e dei segni rossastri sul collo ma dovette quasi reggersi quando arrivò anche lei.
“Ma quanto rumore state facendo? Voglio dormire.” 
Lili, con indosso una camicia da uomo bianca con solo un bottone allacciato all'altezza del seno, si presentò in salotto barcollando reggendosi la testa.
“Che ci fai tu qui, anzi voi qui?” Quasi in carenza d'ossigeno e balbettando il capitano lo domandò agli ultimi arrivati.
“Fino a pochi secondi fa dormivamo poi qualche stronzo ci ha svegliato.” La risposta piccata arrivò subito dalla ragazza che con fare ancora incerto arrivò accanto al suo uomo per un sostegno in più alle sue gambe ancora addormentate.
“Ma con lui?”
Tsubasa era sempre più confuso e incredulo davanti a quella scena, gli sembrava surreale, loro due in mutande e lei con addosso una camicia da uomo che le copriva a mala pena l'intimo e a guardarla bene la camicia era di Genzo visto il monogramma del nome sul taschino.
“E certo è la mia camera dove dovevo dormire sul divano? Poi è troppo piccolo per tutti e tre.” Rispose Genzo sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisetti sghembi, doveva ammettere che stava iniziando a provarci gusto a vedere il suo amico così contrariato e confuso.
“Ma che cazzo volete dirmi? Che tu... tu... voi siete stati qui tutta la notte insieme a dormire? Spero!” 
Tsubasa era un fascio di nervi si sentiva tradito da Taro ma anche da Genzo che fino a qualche ora prima si diceva disgustato dal suo comportamento; poteva sentire le unghie conficcarsi nei palmi talmente stava stringendo e la mascella iniziava a dolergli da quanto era contratta. Nella sua mente aveva davanti due traditori con accanto la causa di tutti i suoi mali.
“Non ti interessa quello che facciamo noi la notte delle tue nozze, Capitano.” Gli rispose Taro infastidito, stufo di tutta quella scenata assolutamente insensata, ma non gli lasciò modo di rispondere perché continuò a infierire senza alcuna remora, ormai non c'era più motivo per essere gentile con lui.
“Anzi cosa ci fai tu qui, non dovresti stare con tua moglie a consumare il matrimonio invece di cercare me?” 
Il rossore sul viso di Tsubasa divenne quasi livido, in un attimo si rese conto di tutto quello che aveva fatto in quei giorni, cosa avesse provato e di una cosa era sempre più convinto: aveva sbagliato le sue scelte. 
“Ma porca puttana lo sai benissimo che questo è tutto un cazzo di errore. Io dovrei stare con te e non con lei e tu non dovresti stare con lei ma con me. E se volevate qualcosa di più non dovevate andare con lui. Che c'entra poi nella nostra storia?”
“La nostra storia? Quale storia? Fra di noi non c'è niente, è stata sola una parentesi, niente altro.” Gli rispose Taro con tono sicuro, lo pensava veramente, non voleva avere più niente a che fare con lui, non provava assolutamente più niente, solo molto disgusto.
“C'entra che è meglio di te in tutto, soprattutto in quello.” Continuò Lili e come era già successo a Parigi Tsubasa, notò che riuscivano a completarsi ancora più perfettamente, ma in un modo diverso, come se fossero entrambi maturati, come se il loro rapporto avesse aumentato di sfaccettature e nessuno lo poteva negare tutte quelle sfaccettature erano terribilmente belle.
Con fare allusivo, con il suo solito passo sensuale, si avvicinò verso il portiere per poi con sorpresa di tutti baciarlo sulla bocca. 
Un bacio lento ma eccessivamente sensuale mentre il suo corpo cercava sempre più contatto con la pelle nuda del portiere. 
Genzo ne rimase allibito, non sapeva che reazione avrebbe dovuto avere, non riusciva a vedere Taro ma solo il capitano, all’inizio pensò di allontanarla, in fine la sua parte razionale si spense del tutto assecondando il bacio, portandole una mano in vita e l'altra dietro la nuca mentre sentiva le sue scendere lungo la schiena. Gli sembrò che ogni sua parte del corpo, ogni sua cellula venisse attivata con quel bacio riportandolo alla mattina con lui avvinghiato a Taro mentre lei lo baciava.
Tsubasa rimase impietrito davanti a quella scena, come un lampo gli venne in mente quando al posto del portiere vi era lui, ma era diverso, lei con lui non aveva mai preso così apertamente l'iniziativa, si voltò verso Taro che li guardava tranquillo, anzi quasi divertito.
“Ma che cazzo fai? Non dici niente?” Gli urlò contro per farlo smuovere, per fargli avere qualche reazione.
“E perché dovrei? Ti girano perché non ci sei tu al suo posto?” Ancora quello sguardo, a Parigi si era accorto di quanto il suo sguardo fosse cambiato, era divenuto più irriverente, più sicuro, più da uomo, non vi era più il ragazzino innamorato perso di lui.
“Ah no? Alla fine non frega niente nemmeno a me, quello che voglio sei tu.”
Con qualche falcata veloce gli arrivò davanti e prima che potesse dire qualcosa gli afferrò la nuca e lo tirò a sé per aggredirgli le labbra. Un bacio di forza, di denti ma come si sarebbe dovuto aspettare non ottenne la risposta che avrebbe voluto, infatti Taro cercò subito di allontanarlo ma senza riuscirci. A venirgli in soccorso fu inaspettatamente Genzo che vedendo la cosa precipitare si staccò da Lili per raggiungerli.
Strattonò il capitano con forza staccandolo dal suo amico, gli stringeva la maglietta all'altezza del collo, la differenza d'altezza e di costituzione era lampante.
“Lascialo stare, non toccarlo.” Gli sibilò fra i denti allontanandolo minacciosamente.
“Wakabayashi non sono cazzi che ti riguardano.” Rispose Tsubasa sfacciatamente, mentre cercava di liberarsi da quella presa di ferro.
“E invece sì, lui, anzi, loro sono miei.”
Genzo non sapeva perché l'avesse detto, ma qualcosa in lui ancora una volta era scattato, doveva proteggerli, voleva allontanarli da quell’uomo che un tempo era stato il suo migliore amico e comunque in fin dei conti anche lui voleva entrare nel loro mondo per qualche ora, gli era rimasta la curiosità di capire cosa sarebbe potuto succedere se Lili non si fosse addormentata.
“Cosa?” La risata isterica di Tsubasa fece venire i brividi ai presenti, sembrava quasi impazzito. Senza accorgersene il portiere lasciò la presa e la ragazza dovette fare un passo indietro. 
L'unico che rimase fermò fu Taro, lo conosceva molto bene, così come le sue crisi isteriche che ogni tanto venivano fuori, come un bambino viziato che faceva i capricci. Perché quello era diventato Tsubasa: un bimbo che aveva avuto troppo dalla vita, troppo velocemente e davanti a qualche ostacolo batteva i piedi a terra.
“Sei stato fregato da loro, come un pivello, ti useranno e ti scarteranno come hanno fatto con me, povero illuso.” 
Inveì contro Genzo, avvicinandosi sempre di più al suo viso, gli occhi sgranati e il viso arrossato. Il capitano stava perdendo le staffe, se ne rendeva conto ma non gli interessava perché in quel momento doveva allontanare un nuovo intruso, un nuovo pretendente, una nuova minaccia, se non era riuscito a eliminare lei, questa l'avrebbe tolta di mezzo in tutti i modi.
“Piantala Ozora.” Zittì tutti Taro, riportando l'attenzione su di sé, era furente, le braccia lungo il busto tese, i pugni chiusi, le labbra formavano una riga dritta e stretta, gli occhi due fessure, nessuno lo aveva mai visto così.
“La tua scelta l'hai fatto quando sei partito per la Spagna, ricordi? E un'altra l'hai fatta ieri dicendo sì alla donna che è riuscita a starti accanto nonostante tutto, non provare a mettere becco mai più nella mia vita, in quella di Lili e ora anche in quella di Genzo.” L'amico avanzò lentamente ma inesorabilmente verso il capitano costringendolo a indietreggiare, spaventato da quella reazione improvvisa.
“Ma... Ma...” Tsubasa non riusciva a rispondere, solo sillabe senza senso gli uscivano dalla bocca, il resto gli si spezzava in gola.
“Fai silenzio! Il discorso è chiuso qui, per sempre. Ora vattene ci sarà la tua Sanae che ti starà aspettando.”
“Taro aspetta...”
“No! Augurati che non trovi la felicità con qualcun altro se no rimarrai solo, in cima, ma solo.” 
Tsubasa sentiva tutti gli occhi addosso, era stato sconfitto, avrebbe dovuto fare scelte migliori, avrebbe dovuto… ma con i se non si poteva andare avanti.
Come se niente fosse alzò il viso con spocchia e se ne andò senza dire più niente, sbattendo la porta.

Il rumore della serratura fece rilassare tutti i presenti, si poteva sentire l'aria più leggera e l'ambiente più libero. Era stato un risveglio assurdo per tutti e tre, ci volle qualche minuto per pronunciare anche solo una parola; solo quando videro Misaki muoversi, e buttandosi sul divano tutti gli andarono vicino, come se avesse dato il consenso di potersi rilassare.
“Taro tutto bene?” Lili si inginocchiò davanti poggiando le mani sulle sue gambe, cercando di guardarlo in volto, lui si fissava le mani incrociate in mezzo le gambe. Era ancora tremante di rabbia e sentiva tutti i nervi tesi, come i muscoli pronti a scattare, aveva provato una rabbia nuova, travolgente e ne aveva avuto anch'esso paura, ne era sempre convinto: Tsubasa riusciva a far uscire il peggio di lui e non voleva che succedesse un'altra volta.
“Bevi.” La voce di Genzo gli fece voltare appena gli occhi ma, la prima cosa che vide fu un bicchiere con del liquido ambrato, lo scricchiolio del ghiaccio attirò la sua attenzione, aveva la gola secca e si ritrovò a pensare che ne aveva proprio bisogno. Lo prese e ne buttò più di metà in una sola sorsata, lo sentì bruciare in gola mentre scendeva, lo aiutò a non pensare e riuscì pure a fare una battuta.
“Vuoi farmi bere per approfittarti di me?” Taro l'aveva accompagnata con un sorriso strano, non allegro come suo solito e dannatamente malinconico. A Genzo ricordò quello che mostrava mentre parlava di Tsubasa, quando gli raccontava tutte le stronzate che gli faceva fare, sentì l’acido salirgli in gola al solo pensiero.
“In verità siete voi che mi istigate ogni volta, peccato per l'intrusione.” Genzo torreggiò su di loro, li osservò, vide la ragazza che un attimo prima stava baciando completamente assorta dal suo amico, mentre gli stava accarezzando la testa. Non riusciva a capire come potessero essere così dolci tra di loro ma estremamente sensuali quando vi era l'occasione, creavano un desiderio incontrollato di trovarsi fra di loro, di far parte del loro mondo; ancora una volta si ritrovò a dar ragione al capitano anche se non lo sopportava.
“Non lo capisco più. Ha deciso tutto lui e quando finalmente sto bene, ritorna con le sue pretese assurde. Mi fa uscire di senno e lo so che queste uscite fanno più male a te Lili che a me.” Le sfiorò la guancia e lei vi appoggiò il volto, un sorriso dolce e gli occhi incastrati nei suoi, limpidi e pieni di quell'amore che neanche loro riuscivano a quantificare.
“Non ti preoccupare per me, lo abbiamo superato una volta e lo faremo un'altra, anche se vederti vicino a lui mi fa venire un senso di nausea che non so spiegarti.” Accompagnò quelle parole con una smorfia di disgusto che appena incontrò di nuovo gli occhi dell'amato svanì per aprirsi in un dolce sorriso.
“Ma spiegatemi, non voglio essere invadente ma come puoi dire quelle cose dopo esserci andata a letto?” Genzo non riuscì a trattenersi, non capiva come potesse essere così dura, da quello che aveva intuito, c'era stata una notte di follia.

Lili prima di voltarsi verso il portiere prese un grosso respiro, non gli piaceva ricordare quegli istanti anche se non poteva negare che l’avessero aiutata a capire meglio il suo uomo e dato modo di mettere le basi per quello che erano diventati.
“A dir la verità ci siamo solo baciati e toccati un po', con lui io non sono andata fino in fondo. Taro non ha voluto per fortuna, non mi piaceva e non mi piace tutt'ora... a differenza di te.” Oltre alla frase, quegli occhi così intensi fecero trattenere il fiato a Genzo, non si era sbagliato l'aveva sentito in quel bacio, in quel contatto pelle a pelle, quel brivido che gli aveva cavalcato la schiena.
“L'avevo notato subito che ti piaceva il nostro portiere Lili.” Taro aveva cambiato espressione, le stava arruffando i capelli, in un gesto dannatamente dolce.
“E già non sono mica stupida.”
“Scusate non ci capisco più niente, perché Ozora vi rivendica?” Il portiere voleva capire, decise di soprassedere sulle ultime frasi, non voleva incastrarsi ancora di più, era già nelle sabbie mobili e non voleva sprofondarci ancora, perché davvero non sapeva se sarebbe riuscito a fermarsi, visto che solo il ricordo del bacio sia con Taro sia con Lili gli stava risvegliando il basso ventre.
“A lui non interessa quello che possiamo provare, lui vuole solo possedere e quando mi ha avuto, è sparito di nuovo. E' geloso ma perché ci ha visto qui con te e non perché prova qualcosa verso di noi, è un gioco per lui, un dannato e schifoso gioco. Solo che noi non abbiamo voglia di giocare con lui, abbiamo trovato la nostra identità come coppia, forse un po' anticonvenzionale ma ci troviamo bene così. É vero dobbiamo ringraziare lui, non so dove saremmo a quest'ora ma ci siamo fatti delle promesse e una di quelle è: con lui mai più.”
“Che poi non è che sia così bravo.”
“Lili...” La rimproverò l'attaccante, per poi assecondarla “Però hai ragione, il bacio di prima ne è la prova.”
“Ragazzi non voglio essere paragonato al capitano e per di più a stomaco vuoto.”
“Ottima idea, ordina la colazione portiere. Intanto sento quando è disponibile il prossimo volo per Parigi.”

Il carrello del servizio in camera arrivò in breve tempo con tutto quello che si potesse desiderare, mentre Genzo restò nel salotto, Lili si rifugiò in camera, bastavano i presenti a vederla quasi nuda. Quando tornò fu seguita da Taro che si sfregava la nuca con un’espressione sconsolata.
“Fino a domani niente voli, sembra che tutta la Spagna vada a Parigi. Dannazione.”
“Vuoi dire che dovremmo stare qui fino a domani?” Chiese Lili già vicino al tavolo, stava sbirciando sotto le cloche pregustando tutto quel ben di Dio.
“Vi ricordo che avete una camera anche voi.” Genzo li interruppe subito, non sarebbe riuscito a sopportare altro, anzi lo avrebbe fatto e come, ed era quello il più grande problema, soprattutto con davanti la ragazza troppo esageratamente piegata in avanti per curiosare l'ultimo piatto. Doveva immediatamente distogliere lo sguardo ma cozzò verso Taro ancora in boxer. “E che cazzo!” penso subito il portiere andava dalla padella alla brace.
“In verità era prenotata fino a stamattina e poi qui c'è posto.” Rispose Lili sgranocchiando un biscotto. Genzo si voltò di nuovo verso di lei con gli occhi sgranati, dopo quelle parole aveva avvertito un brutta sensazione che non sapeva spiegare.
“Sapete che non è una buona idea.”
La risata della coppia accompagnava lo scuotimento della testa del portiere, sarebbe stata una giornata estrema ne era sicuro ma le sue proteste non vennero nemmeno ascoltate, Taro stava già chiamando la reception per far spostare le valige.
Se la colazione è il pasto più importante della giornata, in quel momento e con loro aveva tutto un altro significato e non era per colpa del posto, un tavolo tondo che li accoglieva molto comodamente, non per la camera luminosa e bellissima ma proprio per loro che trasformavano anche una semplice colazione in qualcosa di estremamente sensuale. A parte Lili che per tutto il tempo era rimasta con la sua camicia con solo un bottone allacciato e Taro che non si era degnato di mettersi neanche una maglietta.
Parlottarono del ricevimento, di chi avesse fatto cosa o altre stupidaggini del genere, ma ogni tanto Lili imboccava il suo amico con quello sguardo che avrebbe sciolto anche l'iceberg del Titanic, si protendeva verso di lui, facendo vedere, anche a lui l'assenza di alcun indumento a parte il suo e uno slip striminzito, troppo striminzito.
Ci stava cascando di nuovo, lo sapeva, anzi non era mai riuscito a liberarsi della ragnatela che avevano iniziato a tessere la sera precedente, lo sentiva: ben presto avrebbero pasteggiato con lui e a discapito di tutto, lui ne sarebbe stato felice e soddisfatto.
All'improvviso Taro divenne serio, appoggiò la tazza di tè sul tavolo ma la continuò a tenere guardandoci dentro, come se in quel liquido vi trovasse la risposta a quello che aveva pensato nei momenti successivi all'arrivo di Tsubasa.
“Avrei dovuto darti retta anni fa... Quante volte mi hai detto di lasciar perdere, che mi avrebbe solo fatto del male continuare con lui? E io, invece, ero testardo come un mulo.” Genzo lo osservò, di nuovo quell'aura malinconica, la stessa di quando lo consolava, la stessa che ogni volta gli faceva stringere il cuore.
“Un mulo dopo un po' avrebbe mollato tu invece perseveravi e poi da chi venivi a disperarti?” Replicò con tono calmo, ritornare su quel discorso non era una cosa positiva ma almeno lo avrebbe distolto da loro, dai loro corpi e da tutto quello che avrebbero potuto fare.
“Da te, alla fine eri l'unico che sapeva di noi e che non ci avrebbe mai giudicato.” Continuò Taro, non lasciava la tazza stava perdendo il suo calore iniziale ma fungeva da ancora per non cadere nel tristezza, per non cadere ancora nella disperazione che lui conosceva bene, che tutti e tre conoscevano.
Il portiere riprese: “Non so cosa mi abbia trattenuto da andare da Sanae a dirle tutto o da lui e spaccargli il muso. Era più le volte che ti vedevo piangere che sorridere alla fine. Il capitano è bravo a girare le frittate e le volte che ho provato a dirgli qualcosa, mi faceva credere che avrebbe messo in chiaro tutto ma non l'ha mai fatto, vi ha tenuti in sospeso fino alla partenza per la Spagna. Ecco perché ho insistito tanto che tu accettassi Parigi, lo sapevo che ti avrebbe fatto bene.” 
Ci aveva provato ma nessun suo intervento era valso a qualcosa, avrebbe voluto che fra di loro finisse per Sanae, ma soprattutto per il suo amico Taro, sentiva sempre l'istinto di proteggerlo e di aiutarlo, era così diverso: in campo forte e nella vita privata debole, in balia di un rapporto logorante a cui non riusciva a dire di no.
“Non lo sapevo. Se solo avessi ascoltato, avrei conosciuto Lili con un altro spirito e non ci sarebbero stati tutti questi casini.” Misaki era sorpreso da quella scoperta, non sapeva che lui avesse avuto il desiderio di aiutarlo e che fosse stato soggiogato dalla capacità innata del capitano di far girare le cose a suo favore. Guardava il suo profilo perfetto, era un bellissimo ragazzo, diverso da Tsubasa ma allo stesso modo affascinante se solo all'epoca avesse guardato un po' più in là chissà dove sarebbero arrivati.
“Non me n'ero accorta subito ma fra di voi c'è un’alchimia speciale, perché non è mai successo niente?” Chiese Lili, li stava osservando da un po', in disparte ma molto attenta, aveva notato il cambio di espressione di che fossero stati confidenti anzi, che il portiere era stato un porto sicuro per il suo uomo, l'aveva incuriosita.
“Semplice: io ero perso per Ozora, non vedevo nessun altro al di fuori di lui e Genzo, è Genzo contornato sempre da mille ragazzine adoranti, accompagno dalle più belle donne al mondo, era il più desiderato di tutti e lui non disdegnava la loro compagnia, non ho mai pensato nemmeno una volta che a lui piacessero gli uomini.” Rispose Taro sorridendo appena, nella sua visuale era ancora protagonista la tazza ma questa volta ricca di ricordi, di avvenimenti del passato. Ne scorgeva le ragazzine in divisa dietro la porta di Genzo urlanti o le borsate di cioccolatini di San Valentino che faceva caricare dall'autista in macchina, nessuna impressione strana forse, solo qualche occhiata verso di lui o gli abbracci consolatori che gli faceva, niente poteva dare un’impressione diversa da quello che tutti pensavano.
“E allora perché l'hai baciato?”
Questa volta la ragazza si rivolse a Genzo che continuava a guardare Misaki intensamente, come se anch'esso stesse ricordando quello che l'altro diceva e in più ne vedeva altri di episodi, tra cui la rabbia che provava ogni volta che lo vedeva piangere o il desiderio incontrollato di abbracciarlo per tenerlo con sé e salvarlo da quel rapporto per una vita più felice.
“Non lo so... È stato un attimo, mi sono sentito trasportare da qualcosa che desideravo fare, che forse nel mio essere ho sempre desiderato fare.” Questa volta fu Genzo ad abbassare lo sguardo verso la sua tazza di caffè ormai vuota, come un veggente cercava qualcosa che gli avrebbe fatto capire più se stesso, ma nessun disegno comprensibile vi trovò, solo inadeguatezza di essere sempre stato chiuso in uno stereotipo imposto dagli altri e che alla fine aveva creduto anche lui fosse l’indiscussa verità. Sentiva gli occhi di Taro addosso ma non gli davano fastidio perché sapeva che lui non lo avrebbe mai giudicato e anche se fosse stata una sorpresa venire a conoscenza di quello che albergava dentro di lui, l'avrebbe capito e gli sarebbe stato accanto allo stesso modo di sempre.
“Genzo...”
“Non dire niente, non ce n’è bisogno, non sai quanto sia contento che tu abbia trovato una ragazza forte, che riesce a sostenerti forse meglio di me. Sono davvero felice di averti convinto ad andare a Parigi.”
“Io devo ringraziare sia tu che l'hai convinto sia lui che si è lasciato convincere così da poterci conoscere nel nostro periodo più buio e riuscire a uscirne insieme e più forti, anche da superare quella pazza di prima donna del capitano, sono contenta di essere venuta al suo matrimonio mangiare e bere alla facciazza sua.”
A quella frase tutti sbottarono a ridere, ci voleva una battuta per sdrammatizzare la situazione, se n'era accorta subito la ragazza, l'imbarazzo dei giocatori era palese e non voleva che continuassero a rimarcare cose che in quel momento non avevano più importanza.
Proseguirono la colazione tranquillamente, chiusi nei loro pensieri. Ma all'improvviso Lili smosse la situazione.
“Sapete cosa vi dico... Ora vado a fare una bella doccia. Qualcuno mi fa compagnia?” Si alzò lentamente stiracchiandosi, aveva bisogno davvero di una doccia, magari l'avrebbe svegliata un po' da poter riordinare i pensieri, quella mattina aveva avuto troppe informazioni, tutte insieme e il cervello iniziava a lavorare troppo.
Genzo sussultò riuscendo a recuperare all'ultimo la tazzina che aveva in mano facendo quasi l'equilibrista provocando l'ilarità dei presenti.
“Inizia ad andare poi ti raggiungo.” Rispose Taro continuando poi a sorridere per la scenetta divertente del suo amico. La ragazza annuì per poi recarsi verso la camera da letto. Entrambi i calciatori la seguirono con lo sguardo sparire dietro la porta.
“Ma fa sempre così?” Chiese a Taro.
“Di solito no, ma si lascia andare con le persone con cui si trova a suo agio.” Tornò a guardare il suo amico, gli occhi dopo aver lasciato Lili, ritornarono sulla tazzina che per puro miracolo non gli era caduta dalle mani, grazie alle sue abilità o per sola fortuna.
“Ah... Non avrei mai pensato che ti saresti trovato una ragazza così anzi, per dirla tutta, mi ha davvero spiazzato vederti con lei.” Sollevando lo sguardo incontrò gli occhi di Misaki che lo stava fissando intensamente, aveva un braccio sul tavolo con cui si reggeva il viso, in un posa estremamente dolce.
“Il primo a esserlo sono stato io.” Non gli staccava gli occhi di dosso, come se avesse voglia di scorgere ogni piccola espressione, qualcosa lo bloccava.
“Ho sempre pensato che ti avrei visto con un bel ragazzo francese magari, che ne so... amante dell'arte ma forse mi sarebbe piaciuto ancora meno.”
“E perché mai? Saresti stato geloso?”
“No... Forse sì. Quando mi hai chiesto di non sentirci più, che avevi bisogno di uno stacco completo per riprenderti da Ozora, ci sono rimasto male. Ti capivo ma mi sono accorto presto che mi mancavi e rivederti ora, cambiato, felice e con lei, mi trovo a provare sentimenti contrastanti.”
“Davvero? E quali?” Taro lo voleva spronare ad aprirsi, voleva conoscere di più di quel lato che il portiere nascondeva a tutti.
“Orgoglio per esserci riuscito, per esserti tolto quell'ombra scura che ti accompagnava, ma allo stesso tempo provo gelosia per non essere stato io ad avertela tolta.... da quando ti ho rivisto però, ho una voglia matta di starti vicino.” Se ne era accorto subito dalla cerimonia, e anche se era rimasto spiazzato davanti a quel bacio, non li aveva mai lasciati soli, complice forse la disposizione dei tavoli.
“Ma lo siamo, da ieri che lo siamo.”
“Penso tu abbia capito cosa intendo, ti vorrei più vicino, molto più vicino.”
Si era avvicinato anche materialmente, sporgendosi dalla sedia, ne sentiva il respiro caldo, mentre le labbra si aprirono leggermente, non capiva cosa stesse accadendo, ma tuffandosi di nuovo in quegli occhi avvertì il click nella testa risuonare di nuovo e spazzare via quei pochi centimetri che li dividevano. Le labbra si sfiorarono per poi toccarsi più profondamente dando vita a un bacio dolce, lento, delicato.
Taro ne rimase sorpreso, avrebbe voluto rifiutare ma poi anche in lui qualcosa si sbloccò accettando completamente quel bacio, chiuse gli occhi per immergersi completamente, sentì la mano del portiere accarezzargli il viso per poi scendere sul collo e bloccarsi sul petto, un movimento estremamente dolce ma leggermente titubante. La situazione era assurda ma dopo quelle rivelazione entrambi erano consapevoli di quello che stavano facendo.
Genzo si sporse ancora di più per approfondire meglio, ma dalla camera una voce li interruppe, bloccandoli all'istante, uno di fronte all'altro, ancora occhi negli occhi, entrambi erano imbarazzati.
“Taro, mi porti la valigia per favore?”
Taro si alzò e il portiere non cercò neanche di trattenerlo sapeva che era impossibile, sapeva che lo avrebbe lasciato da solo.

Lili lo stava aspettando seduta sul bordo del letto in accappatoio intenta a frizionarsi i capelli con un asciugamano.
“Grazie... Ma come mai sei così rosso in volto?”
“No niente forse è meglio che faccio anche io una doccia.” Cercò di dissimulare il reale imbarazzo che stava provando, nascondendo il viso dietro il braccio intento a scompigliarsi i capelli prima di nascondersi in bagno.
Non riusciva a capire cosa fosse successo, si sentiva strano poteva dire che era in panico completo e per di più si sentiva una merda per non averle detto niente, si erano giurati sincerità e lui in quel momento stava mancando la parola data. Stava in qualche modo dubitando di se stesso o era solo un reminiscenza del passato che stava bussando alla sua porta, quel passato che lo aveva fatto soffrire e che se avesse accettato avrebbe fatto del male al suo prezioso presente distruggendo tutto il futuro che si era immaginato con lei. La doccia aperta lo stava chiamando lo avrebbe aiutato a dare un ordine ai suoi pensieri e soprattutto al suo cuore.
Quando Lili raggiunse Genzo, il cameriere aveva già liberato il tavolo, lasciando solo qualcosa da bere. Il portiere era in piedi davanti alla vetrata a osservare il panorama o così sembrava ma appena sentì i passi avvicinarsi si voltò e un lampo di delusione gli attraversò il volto. Avrebbe voluto continuare il discorso precedente, ma al suo posto si era trovato lei che lo fissava intensamente.
“Deluso?” Chiese Lili mettendosi al suo fianco.
“No ma che dici... avevamo lasciato un discorso in sospeso e volevo solo capire il suo parere.” 
Rispose il portiere dissimulando un imbarazzo che si era impossessato di lui dopo quel bacio così intimo. Non riusciva ancora a capire il motivo che l'aveva spinto ad avvicinarsi così tanto a lui ma quegli occhi intensi che lo stavano fissando lo rendevano nervoso, incapace di rispondere in modo secco o di abbandonare la contesa con i suoi soliti modi superiori, si ritrovò bloccato continuando a guardare il panorama davanti a lui.
“Sono davvero felice di essere venuta a questo matrimonio per due motivi... il primo: per aver sbattuto in faccia a Tsubasa di nuova la nostra felicità e il secondo di aver potuto conoscere te.” 
A quelle parole Genzo si voltò verso di lei incontrando quello sguardo malizioso che lo aveva steso la sera prima e solo in quel momento si accorse che era vicina, dannatamente vicina. Non ci volle troppo affinché lei si avvicinasse quanto bastava per baciarlo, uno sfioramento leggere, labbra contro labbra per poi ritrarsi subito e aspettare a pochissima distanza.
Lili non aveva mai negato il suo desiderio di baciarlo di nuovo, l'aveva fatto davanti al capitano ma non le era bastato, le mani iniziarono a risalire lungo il torace per poi legarsi dietro alla nuca. Questa volta fu il portiere ad azzerare la distanza ma nell'attimo che schiuse le labbra una voce li interruppe.
“Ehi vi divertite senza di me?” Taro stava uscendo dalla camera, aveva terminato la doccia e li voleva raggiungere al più presto, lo spettacolo che si trovò davanti non lo stupì tanto, conosceva la sua donna e quando voleva una cosa non c'era niente che la smuoveva, ma la novità era averlo fatto senza di lui ma la risposta della ragazza spiegò tutto.
“Non siete stati voi a farlo prima di me?”
Non si era allontanata dal portiere solo le labbra non si toccavano più, guardava il giocatore con gli occhi leggermente socchiusi e un sorrisetto tra il divertito e l'incazzato. A lei aveva dato fastidio quell'approccio in solitaria, potevano avere la scusante del sentimento passato ma niente di più.
“Ci hai visti?” Sbottò Genzo allontanandosi di un passo, era sorpreso e turbato da quella rivelazione, aveva scoperto qualcosa che non voleva far vedere a nessuno e oltre a Taro anche lei lo aveva visto, si sentiva nudo e indifeso, una sensazione quasi opprimente che non conosceva affatto.
“Touchè, ci siamo un po' lasciati trasportare, vero?” Taro appoggiò una mano sulla spalla di Genzo, in un certo modo togliendolo dall'imbarazzo, il contatto lo rilassò, si stava mettendo in una situazione troppo strana e contorta, aveva solo voglia di andarsene, infatti si allontanò da loro passandosi una mano sul viso. Non riusciva a capire come potesse passare da uno all'altra con una tale facilità, come se tutto quello che facevano fosse naturale o era solo loro che lo rendevano naturale? Troppe domande, troppe sensazioni e troppi brividi che non riusciva a controllare e lui amava il controllo, lui aveva passato la sua vita a controllare ogni cosa e ora bastava un'occhiata, un gesto per mandare tutto a puttane.
“Genzo se vuoi che ce ne andiamo non c'è problema, noto come ti stiamo mettendo in difficoltà, le cose precipiteranno come ieri e questa volta nessuno si addormenterà.” 
Taro aveva già notato da prima del bacio la sua confusione e si sentiva responsabile e gli diede il modo di uscirne senza alcun problema.
La mano del portiere continuò a vagare dal viso alla testa, per poi pizzicare il labbro inferiore, era combattuto tra tenerli lì e tuffarsi fra di loro o scappare a gambe levate. La scelta fu ovvia e molto più facile di quello che si aspettava, arrendersi non era contemplato per questo non se ne sarebbe andato e non li avrebbe mandati via.
“Sentite, forse è meglio che anche io mi vada a fare una doccia per schiarire le idee o meglio raffreddare i bollenti spiriti. Poi vediamo di calmarci tutti e facciamo passare velocemente questa nottata.”
Si allontanò senza aspettare alcuna risposta, non ne voleva anzi non ne aveva bisogno, era lui che voleva decidere per tutti.

La coppia rimase in silenzio, ancora qualche secondo poi fu di nuovo Taro a spezzare l'atmosfera.
“Non ti sembra di esagerare un po'?” La guardò seriamente, ne osservò il movimento degli occhi che dalla camera da letto si spostarono subito nei suoi, uno sguardo quasi feroce infatti lo rimbeccò subito.
“Parli tu... che appena ti ha baciato ti sei sciolto come ghiaccio al sole.” Quello che aveva visto gli aveva fatto provare un fastidio che non avrebbe mai pensato di provare. Aveva visto incrinarsi tutte le promesse che si erano fatti dopo Tsubasa e la cosa non le andava per niente a genio, non voleva tornare in quei periodi bui e per di più quando glielo aveva domandato lui aveva omesso l'accaduto, oltre il danno anche la beffa.
“Qui sento una punta di gelosia... Per dirtela tutta sono rimasto sorpreso, tra quello che mi diceva e quello che ha fatto non sono riuscito a capire bene cosa stesse succedendo e mi sono lasciato un po' trasportare.” Taro sapeva bene di aver fatto una stupidaggine, perché le promesse nella loro coppia avevano un peso molto importante, era tutto basato su quello e lui le aveva, in un momento di debolezza, dimenticate e per di più non glielo aveva detto subito, pensando di evitare lo scontro, un errore fatale.
“Mettere la lingua in bocca a qualcuno non è solo un po'... sì, mi sono ingelosita, vederti baciarlo senza di me mi ha fatto quasi partire un embolo, non so cosa mi abbia trattenuta.”
“E hai pensato che fare lo stesso mi avrebbe fatto incazzare? E mi rode dirti che hai avuto ragione.” Lo aveva ripagato con la stessa moneta e allo stesso modo lo aveva fatto imbestialire, si era accorto che non era più saggio stare lì ma non poteva decidere da solo e la scelta di Genzo lo aveva spiazzato.
“Per questo tesoro non farlo più, se no sai che non ho problemi a farlo anche io.” Era lì ferma davanti a lui, postura rigida braccia incrociate sul seno e sguardo incazzato, mentre Taro la osservava con occhi socchiusi, una mano poggiata sulla vetrata e l'altra che tentò di prenderle il braccio per tirarla verso a sé.
“Ok, vieni qui.”
Lili continuò a tenere il broncio mentre Taro si avvicinava sempre più al suo volto, con una mano cercò di afferrarla, le baciò la fronte, per scendere sulla guancia evitò di proposito la bocca ancora imbronciata per raggiungere più velocemente il collo, la vide trattenere il respiro e sciogliere le braccia. Sapeva come prenderla, infatti da lì a poco anche lei si mosse verso di lui per cercare quel bacio che le aveva negato l'attimo prima. Tirò Taro dalla maglietta e lo prese con foga come a rimarcare che lui era solo suo. In pochi secondi il bacio si approfondì, la lingua cercò avidamente la sua compagna come le mani che cercavano la pelle scoperta per sentirne il calore. Ed eccola comparire improvvisamente. L'urgenza di aversi di sentirsi una parte dell'altro, ognuno in balia dell'altro.
Non si preoccupò la ragazza quando si sentì sollevare anzi di rimando si agganciò con le gambe alla sua vita, l'unico mugugno di sorpresa arrivò dal contatto della vetrata fredda, ma Taro lo smorzò non lasciandole la bocca. Sentirlo così eccitato la faceva andare fuori di testa, avrebbe fatto di tutto per lui e ogni volta era sempre più forte il desiderio di stargli vicino.
Si staccarono appena, entrambi ansimando, come sempre non avevano bisogno di parole, gesti o altro, bastavano i loro sguardi lucidi e incredibilmente intensi. Lili gli mise le braccia intorno al collo mentre Taro la trasportò in camera da letto. L'urgenza premeva e niente in quel caso li avrebbe fermati neanche il trovarsi Genzo che usciva dalla doccia in accappatoio.
Il portiere aveva sperato che gli animi si fossero tranquillizzati, che sarebbe tornato da loro e avrebbero passato una serata tranquilla senza intoppi ma ne aveva uno grande come una casa davanti. Non poteva negare che fosse una bella visuale ma in quel momento non ci voleva proprio.
Taro l'aveva appoggiata con delicatezza sul letto, per poi tirarsi su e togliersi la maglietta che ormai era divenuta un impiccio, non gli importò di essere guardato anzi non se ne accorse neppure, voleva solo tuffarsi di nuovo tra quelle labbra che ora gli sorridevano maliziosamente, mentre Lili si spogliava a sua volta rimanendo in reggiseno. Amava quel corpo, così snello, scolpito dalle corse, dal lavoro, la pelle così candida era un richiamo irresistibile per lui, la doveva toccare, baciare, leccare, mordere. Infatti non perse tempo, dopo un altro bacio iniziò ad assaggiarla, percorrendole il collo, già marchiato precedentemente, scendere verso i seni intrappolati in un piccolo tessuto trasparente nero.
Lili non fu da meno tastando a piene mani la schiena del suo compagno, i suoi muscoli contratti, scese verso gli addominali, adorava sentirli scattare sotto i suoi tocchi, non poteva fermarsi lì, doveva proseguire, sfiorò appena l'inguine, provocandogli un grugnito e allo stesso tempo la stretta sul suo capezzoli si fece più forte facendola gemere. Le faceva perdere la concentrazione ma non voleva fermare il suo viaggio arrivando alle cosce, le percorse tutte pregustandosi il viaggio di ritorno che sarebbe stato molto più audace, ma qualcosa attirò la sua attenzione accanto alla gamba del suo uomo, la sollevò curiosa.
“Amore ma ti sei tolto i boxer senza toccarti?” Taro si sollevò appena voltandosi a guardare l'oggetto che gli aveva messo davanti.
“Non sono mica un mago.”
“Sono miei, siete distesi a scopare sui miei vestiti, potevate stare più attenti o almeno avvisare che andavo a fare un giro.” Rispose stizzito il portiere, aveva guardato già abbastanza visto come il suo corpo stava reagendo, sotto la doccia si era promesso di non farsi coinvolgere da quel gioco troppo pericoloso ma ora quelle parole erano scivolate nello scarico come l'acqua con cui si era lavato.
“Ah ops... ci siamo lasciati trasportare. Sono due giorni che ci giriamo intorno, è difficile trattenersi... Non è vero?” La coppia non si era smossa dalla loro posizione rimanendo uno tra le braccia dell'altra, come sempre senza alcuna vergogna.
“Tzè posso riavere i miei vestiti?” Domandò ancor più acido.
“Vieni a prenderteli, noi siamo impegnati.” Lili con fare divertito continuava a tenere in mano i suoi boxer mentre riprendeva quello che stavano facendo. Raggiunse le labbra del giocatore, un bacio che lasciò entrambi senza fiato, le mani lo abbracciarono, il pezzo di stoffa scuro seguiva il percorso che la ragazza aveva deciso, un percorso troppo allettante per rimanere ignorato.
Infatti per il portiere fu difficile anzi impossibile distogliere lo sguardo da quei corpi, che producevano suoni così eccitanti, da quella macchia nera che sfiorava quei glutei così perfetti, da quelle mani che venivano semi nascoste dal reggiseno sollevato, lo sentiva ci stava ricascando, doveva andarsene, doveva vestirsi e uscire da quella camera, da quella situazione così allettante.
Si avvicinò sporgendosi sul letto, acchiappando i boxer ma nel momento in cui fece per allontanarsi si sentì trattenere.
“Sei sicuro di voler andare di là?” Lili l'aveva afferrato per l'accappatoio interrompendo il bacio con Taro, l'aveva fatto senza pensarci troppo, ma aveva dato parola a quello che pensavano i presenti su quel letto.
“Non è affatto una buona idea.” Genzo rimase immobile anche se la sua mente gli stava dicendo il contrario, quegli occhi lo stavano guardando con una tale intensità che dovette spostarsi sull’amico ma non vi trovò una via di fuga anzi ne rimase come stava capitando troppo spesso, incastrato più intensamente da perdere quella poca lucidità che aveva ma la sentiva piano piano scivolare via tra le dita.
“Se vuoi restare, resta.”
A quella frase sussurrata da Taro, il portiere chiuse gli occhi, deglutendo vistosamente, nella sua mente si materializzarono innumerevoli scene che avrebbero fatto perdere i battiti a chiunque, in quel momento avrebbe potuto avere entrambi, in molteplici modi ma la sua immagine veniva sovrapposta a quella di Tsubasa e un senso di disgusto gli invase la bocca. Non sarebbe bastata, dopo tutto quello che si erano detti, una notte di sesso infuocato e poi tornare come erano prima, immancabilmente si sarebbe rotto qualcosa tra di loro e anche se provava un’attrazione forte sia per lei che per lui non voleva perderli, né odiarli né tanto meno farsi odiare, tra di loro non vi era futuro a meno di una bella e duratura amicizia e il sesso non ci poteva essere in nessun modo
“No, non voglio essere la parentesi di nessuno.” Lo disse aprendo lentamente gli occhi, si aspettava di trovare delusione o anche qualcosa di peggio, e invece vi trovò serenità e in qualche modo un po' di sollievo.
Taro lanciò un'occhiata verso la sua compagna che lasciò la presa alla spugna tirandosi poi seduta, mettendosi accanto a lui. Entrambi si erano resi conto che la faccenda stava sfuggendo di mano e forse quel rifiuto poteva essere una svolta anche per loro, il periodo dei giochi stava finendo, era ora di dare una svolta diversa alla loro storia qualcosa di più profondo.
“Sono stati due giorni strani, forse questo non è il modo migliore di concluderli ma preferirei rimanere così. Io vado di là, continuate pure.” Genzo prese i suoi vestiti e li lasciò soli.
Chiudendo la porta dietro di sé, buttò fuori tutta l'aria che aveva trattenuto per non tornare indietro sui suoi passi. Era stata una scelta dettata dal momento ma il pensiero di essere paragonato al capitano lo aveva fatto andare fuori di testa, lui meritava di più e anche se gli rodeva anche loro lo meritavano.
Si accomodò sul divano mettendosi le cuffie per ascoltare un po' di musica non voleva neppure in lontananza sentire i loro rumori se no sarebbe impazzito correndo da loro ma alla fine della prima canzone si voltò e se li trovò davanti e per di più vestiti.
“Pensi che siamo così stronzi da stare di là a far cose mentre tu sei qui da solo? Non siamo più ragazzini.”
“Mettiamo un bel film, ordiniamo schifezze, delle birre e ci mettiamo comodi.” Lili era già al telefono con il servizio in camera.
“Grazie amico.” Genzo lo disse nel momento in cui Taro si accomodò accanto a lui, il giocatore annuì solo, ma dentro di sé lo stava ringraziando non solo per i due giorni passati insieme, non solo per avergli aperto il cuore, per averli ospitati ma soprattutto per avergli fatto capire di cosa avevano bisogno ora.
“Ragazzi che camera ha il capitano?”
“La presidential suite.”
“Allora addebiti tutto alla presidential suite. Grazie.” Lili li raggiunse tutta sorridente mentre i ragazzi la guardavano allibiti.
“Ma Lili...”
“E' il minimo, neanche oggi si tromba almeno una piccola soddisfazione me la concedete.”
Tutti quanti non riuscirono a trattenere le risate, sarebbe stata una serata, tranquilla tra amici e niente più, il giorno dopo ognuno sarebbe tornato alle proprie vite e molte altre porte avrebbero trovato, scelte facili e alcune difficili ma consapevoli che sarebbero rimasti amici e niente più.
   
 
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