Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: FireFistAce    03/01/2019    3 recensioni
[...] Marco è in piedi davanti ai fornelli, mescolando il riso in una pentola. Come ogni notte, abbastanza per uno. Si ferma per un momento ad ascoltare – ascolta il sommesso sibilo del fornello, il debole ronzio del ventilatore, il ticchettio del vecchio orologio. Ma più di tutto, ascolta la solitaria quiete del suo appartamento, e sembra inghiottirlo. [...]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Marco, Portuguese D. Ace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Forty-two seconds
 
Le macchine emettono suoni ed urlano mentre i dottori lavorano in una frenesia organizzata attorno alla figura immobile di Ace.

Sul monitor del paziente, la linea del cuore ha un picco verso l’alto. Ancora. Ed ancora. Marco la guarda, pensando a come il suo stesso cuore sembri battere tre volte più veloce.

Sta osservando attraverso le tende della stanza dove Ace giace nel limbo. C’era una tacita regola negli ospedale riguardanti i familiari aspettare nel corridoio e gli amici nell’atrio. Marco aveva seguito la barella senza nemmeno pensare.

La linea sul monitor ha un picco verso l’alto, di nuovo – acuto, come le macerie che avevano interrotto la caduta di Ace. Ancora – improvviso, come l’esplosione che aveva scagliato Ace dal tetto a terrazza.

Marco riesce a malapena a respirare. Qualcuno nella stanza parla allarmato. “Il pulsossimetro sta calando.” Il suo cuore trema e martella. “-bisogno di stabilizzarlo-“ la testa gira. “-aggiungere in quella salina, dobbiamo alzare la pressione-“

Questa volta, la linea sul monitor non si innalza verso l’alto.

Lui attende, trattenendo il respiro. Questo è normale, si dice. Solo una piccola differenza dal loro solito trattamento d’emergenza, lo avrebbe riavuto indietro e cosciente in un batter d’occhio.

Ma i secondi scorrono. Il defibrillatore non fa niente. Qualche momento dopo, non fa ancora niente.

Marco osserva il corpo fermo e abbandonato di Ace. Alla sua faccia – giovane, rilassata, inespressiva. Ai suoi morbidi capelli neri, abbandonati a ricoprire il cuscino. Alle sue immobili, lisce mani, IV forzato nelle vene. Non c’è sangue, né ferite visibili. Nonostante il trauma, sembra che il ragazzo possa semplicemente alzarsi ed andarsene via da lì – tranne, ovviamente, per tutti i motivi per cui non può farlo. Ace…

Marco si chiede improvvisamente se dovrebbe essere lì, dopotutto. Si sente fuori posto. Fuori fase. Fuori tempo.

La linea rimane piatta. La fissa, aspetta di vederla saltare verso l’alto e tornare ad un ritmo rassicurante…

Rimane piatta.

Giorni dopo, Marco si trova nella camera ardente dove il corpo di Ace giace in una bara bianca. È così diverso dal funerale di Thatch, eppure così simile. I fiori riempiono la stanza. I dolenti riempiono i posti. Gli altri pompieri sono lì, in prima fila. Marco se ne sta in piedi nella parte anteriore della stanza, accogliendo gli ospiti e ricevendo le loro condoglianze. Dal momento che Ace non aveva genitori né parenti, non c’era nessun altro che potesse fare questo per lui.

Mesi dopo, Marco sfreccia con il camion dei pompieri tra le strade di Sabaody, affrettandosi sul posto dell’emergenza. Farà del suo meglio per mettere in sicuro gli altri – farà del suo meglio per aiutare chiunque abbia bisogno – ma si sentirà lo stesso vuoto mentre lo farà. Si rimprovera mentalmente con la voce di Ace riguardo l’importanza di metterci sentimento. Ricorda a sé stesso della promessa fatta a Thatch. Ma sotto quella sottile superficie di determinazione si trovano gli echi di rimpianti: come si lamentava del perenne buonumore di Ace, sempre pronto a mettere gli altri prima di sé, sempre a chiamarlo Vecchio… E si rende finalmente conto che nonostante mesi a chiedersi se le cose sarebbero ‘andate meglio’ prima o poi, adesso non lo faranno mai davvero.

Decenni più tardi, Marco è in piedi davanti ai fornelli, mescolando il riso in una pentola. Come ogni notte, abbastanza per uno. Si ferma per un momento ad ascoltare – ascolta il sommesso sibilo del fornello, il debole ronzio del ventilatore, il ticchettio del vecchio orologio. Ma più di tutto, ascolta la solitaria quiete del suo appartamento, e sembra inghiottirlo. Pensa di sentire degli occhi su di sé, si volta di lato e scopre di essere guardato di nuovo dalle foto di Thatch ed Ace, nel suo piccolo tempio personale contro il muro. Fianco a fianco lo tengono d’occhio, sempre sorridenti, senza mai invecchiare. Si sente come se il cuore si fosse spostato più in alto per soffocarlo, mentre immagina le vite che avrebbe potuto avere.

La piccola linea verde si innalza bruscamente. Marco boccheggia, aspetta che torni al suo ciclo infinito attraverso il campo senza luce del monitor.

Si alza ancora

“-forse lo abbiamo.” “-Mr. Portgas, può sentirmi?”

Gli occhi di Ace si aprono appena. Sembra stanco, dolorante, confuso. Sta cercando nella stanza per qualcosa, o qualcuno.

Marco sembra ricordarsi improvvisamente come ci si muove e si affretta oltre le tende, nella stanza, superando un macchinario spento ed entrando nel campo visivo di Ace. Gli amici attendono nell’atrio, la famiglia nel corridoio… I compagni rimangono insieme.

“Te lo hanno detto i dottori che eri morto?” Marco lo chiede più tardi, mentre Ace si riprende.

Le dita di Marco si contraggono senza sosta sulle lenzuola del letto d’ospedale di Ace, così tanti millimetri lontane da quelle dell’amico. “Hanno detto che ho avuto bisogno di essere rianimato.” Ace lo corregge sottilmente con un sorriso stanco. “Scusa per aver fatto preoccupare tutti.”

“Già, è stato uno spavento durato quarantadue secondi.” Risponde Marco. Il tono vuole sembrare casuale, ma la mascella si è stretta… E all’improvviso, la mano di Marco afferra quella di Ace. I suoi occhi – rossi e luccicanti, ma puliti – si fissano sullo sguardo di Ace. Senza chiedere, Ace può vedere tutto ciò che si nasconde dietro agli occhi di Marco durante quei lunghi momento – la vita vissuta, i rimorsi realizzati. Marco parla con voce ferma, ma lo sguardo trema. “Prometti di non farlo più, vero?”

“Certo, lo prometto.” È la risposta che Ace dona, mentre lascia che le proprie dita si chiudano rassicuranti attorno a quelle di Marco.

È una promessa che nessuno può fare – non veramente. Ma è ciò che dici alla persona che sembra aver deciso di non abbandonare mai più il tuo fianco. Oppure, è ciò che dici quando vuoi quella persona con te per sempre.

---

Note d’autore:

Perché si dice che quarantadue sia la risposta alla vita, all’universo, a tutto quanto.

Ebbene sì, dopo mesi di nulla totale sono ancora viva, sono solo molto pigra per mantenere un buon ritmo di scrittura.
Ma parliamo della storia. Marco ed Ace sono due pompieri che lavorano insieme ed Ace è il novellino che infastidisce Marco continuamente, se non si era capito, e nonostante sia menzionato Thatch non ci sono Barbabianca e tutti gli altri comandanti. Forse in futuro scriverò una long su questa piccola idea, ma tutto dipenderà quando troverò la voglia di buttarla giù come si deve.

Anyway, spero che questa piccola storiella fuori da ogni contesto vi sia piaciuta~

Alla prossima!

FireFistAce
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: FireFistAce