Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: GrumpyTrolla    03/01/2019    2 recensioni
Severus Piton e Lucius Malfoy si sono incontrati per la prima volta all’esordio del loro primo anno ad Hogwarts: sono coetanei e, nonostante le incolmabili differenze, hanno sempre condiviso un legame speciale. Ora hanno quattordici anni e si apprestano ad iniziare un nuovo anno scolastico, ma dovranno fare i conti con un misterioso oggetto dalle straordinarie capacità magiche che sconvolgerà le loro vite.
* Aggiornata con lentezza.
* Dedicata a tutti coloro che mi hanno ispirata, sostenuta, incoraggiata e sopportata durante la stesura.
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lucius Malfoy, Severus Piton | Coppie: Lucius/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Anzitutto, anche se un po’ in ritardo, colgo l’occasione per augurare a tutti un buon Natale ed un felicissimo anno nuovo! Doverosamente, poi, mi scuso per il mostruoso ritardo di questo aggiornamento ma, come accennato nella sinossi, sono una persona brutta e lenta.
Ringrazio, pertanto, tutti coloro che continueranno a seguire questa storia e tutte le magnifiche persone che, durante la mia infame assenza, le hanno permesso di raggiungere le 750 letture!
Vi adoro, grazie a tutti, ed un grazie molto speciale a Uguatholu, il mio preziosissimo beta reader :* !
 
 
Capitolo 6: Tutta la grazia crudele delle tigri bianche
 
 
I know, I’ve heard that to let your feelings show
Is the only way to make friendship grow
(Lo so, ho sentito che mostrare i tuoi sentimenti
È l’unico modo per far crescere l’amicizia)
 
 
La città è nera e da ogni finestra, come ferite, discendono vessilli rosso sangue contro l’ossidiana delle pareti. Anche le persone che l’abitano sono nere: anime tumefatte, indifferenti e sbiadite, vagabondano per le strade umide senza mai rivolgersi la parola, in un’esistenza priva di significato. Dal cielo, nuvole scure promettono ogni sorta di cattivo presagio, mentre le strade sono spazzate da un vento inquieto e sibilante, poiché così vuole il Nero Signore; è ancora per sua volontà che nessuno degli abitanti ha un nome, così che la vita possa scorrere verso una disperazione sempre più profonda ed ineluttabile.
Tutt’a un tratto però, senza apparente motivo, il ragazzo-senza-nome inizia a udirla: una voce di bambina che canta una canzone, bella, leggera e risoluta come il battito d’ali di una farfalla. Per seguirla, decide di fuggire dalla Città Nera e, con sua somma meraviglia, scopre che nessuno aveva mai impedito alle anime oppresse di lasciare la loro prigione: non vi erano mai stati sorveglianti né carcerieri e le stesse mura non erano che fumo ed ombre. Giusto al di là di esse, al di fuori di quel tetro incubo, per la prima volta il giovane scopre l’esistenza di un intero mondo. I nuovi luoghi che gli si presentano innanzi agli occhi possono essere azzurri, verdi, viola e addirittura gialli!

Repentinamente, si trova a dover strizzare le palpebre per non lasciarsi abbagliare da quel nuovo sole, tanto cocente ed intenso da poter appartenere solo all’estate. Le braccia, nude oltre le maniche corte della maglietta, emanano quel profumo tipico della pelle scaldata e gli sembra di riconoscere il luogo in cui si trova: in quegli stessi giardinetti aveva conosciuto Lily Evans, diventandone presto un buon amico.
Abbassando gli occhi, ricorda di essere ancora un bambino e di dover correre. Sente il cuoricino battergli all’impazzata, felice finalmente; la bella, gentile ma agguerrita Lily Evans sta correndo appena qualche metro più in là, la vede voltarsi e gridare «Scappa!». Porta un vestito satinato blu e bianco e guardarla in volto fa venire in mente una nuvola contro il cielo del tramonto: ancora, Lily porta le mani attorno alla bocca e urla «Non puoi startene fermo!». La vede gettare in avanti il braccio, puntando l’indice in sua direzione. No, non su di lui, forse da qualche parte alle sue spalle mentre esclama «Attento!», ma troppo tardi.
Una mano lo tocca gentilmente tra le scapole, una voce allegra lo informa del fatto che «Ora ce l’hai tu,» e che deve chiamarsi «Severus!». Per la prima volta, proprio in quel momento, ciascun pezzo della sua vita si è incastrato con gli altri ed ogni cosa ha finalmente un senso: d’improvviso, del tutto inaspettatamente, l’ombra senza nome è diventata qualcuno, e quel qualcuno è Severus.

Voltandosi di scatto, però, fa giusto in tempo ad intravedere il sorriso di Lucius, quegli occhi che il sole d’agosto fa splendere come la neve sulla cima delle montagne. È più grande di loro, è un ragazzo, con gambe irragionevolmente lunghe e tutta la grazia crudele delle tigri bianche: quando inizia a correre, per il giovane Piton è come se l’intero mondo s’inclinasse sul proprio asse. Sentiva che non lo avrebbe raggiunto mai più.
Lily Evans scaccia le ombre di quell’ingiustizia con la sola vivacità della propria risata, lo prende per mano, dice «Andiamo!» ed inizia a trascinarlo all’inseguimento. Spavaldamente, abbandonano i giardinetti della loro infanzia, trovandosi a doversi districare in un paesaggio sempre più fitto ed inospitale; in quel luogo, che ricorda la Foresta Proibita di Hogwarts, solo sporadicamente il sole riesce ad affacciarsi fra gli alberi, gettando un perverso caleidoscopio di luci sul terreno.
Nell’animo del piccolo Severus, la gioia muta in frustrazione ed infine in terrore: col cuore spezzato, colmo dell’assoluta disperazione che solo i bambini possono provare, rallenta la propria corsa fino a fermarsi. Quando inizia a piangere, anche i grandi occhi verdi di Lily incominciano a strabordare di lacrime; si abbracciano, iniziando a singhiozzare all’unisono.

Dopo alcuni momenti che sembrano anni, le braccia di Lucius avvolgono entrambi, rincuorandoli con versi gentili e consentendo loro di affondargli le testoline contro le spalle. Severus gli getta le braccia al collo e, con voce spezzata, dice «Non voglio che mi lasci mai più
Tutta raggomitolata, come cercando di farsi sempre più piccola, la dolce Lily Evans dice «Se ci lasci da soli in questo brutto posto, moriremo sicuramente
Con la serenità desolata delle steppe innevate, Lucius risponde: «Era solo un gioco.», poi chiude gli occhi e dice «Giuro che non me ne andrò mai.», redimendo così di colpo tutte le disarmonie del mondo.
Eppure, subito dopo quella mareggiata di serenità, soggiunge il maremoto della realizzazione: esterrefatto, il giovane Piton si avvede improvvisamente di chi è, di chi ha davanti e, quindi, di star sognando visto che da tempo ha smesso di essere un bambino.
E si sveglia di soprassalto.

 
Proprio come sarebbe lecito pensare, non ci sono finestre nel sotterraneo in cui ha sempre alloggiato la Casata di Serpeverde; nonostante ciò, nel momento stesso in cui riapre gli occhi, Severus Piton capisce istintivamente che dev’essere ancora molto presto.
Oggi è venerdì. – ricorda subito dopo – Il professor Lumacorno ha organizzato una “festicciola informale”, poiché domani è san Valentino e ci sarà una gita ad Hogsmeade.
Questa nuova serie di informazioni gli esplode a catena nella mente, rovesciandogli lo stomaco e lasciandogli addosso una sensazione di pura angoscia. Lancia uno sguardo al letto accanto al suo, scoprendolo vuoto; prima ancora di rendersene conto, è già in piedi ad indossare la vestaglia sul pigiama. Se da una parte La Faina è sempre stata una bestiola spietatamente mattiniera, dall’altra la sua salute non ha fatto che peggiorare nelle ultime due settimane: un lento ma costante deterioramento cui nessuno è stato in grado di offrire una spiegazione.
Sirius Black, le cui sporadiche buone idee tendono a morire di solitudine in quella testa bacata, in quei giorni ha diffuso ogni sorta di dicerie sulla condizione del cugino; ad incarognire maggiormente il giovane Piton, però, sono state certe bizzarre allusioni – che non è certo di comprendere appieno – e che riguardano la nascita di Lucius. Nulla di tutto ciò avrebbe dovuto stupirlo, eppure la rabbia di Severus è tale da non riuscire neppure ad esprimerla.
Merlino, dammi la pazienza… – si è ritrovato più volte a pensare – perché se mi dai la forza, finisce con un’accusa di omicidio.

Raggiunge la sala comune, che è deserta a quell’ora del mattino. Solo per pura fortuna riesce a notare la figura della Faina, vestita di tutto punto e addormentata su uno dei divani più appartati. Luciu Malfoy è il suo migliore amico, la sua anima gemella, se mai ne è esistita una; guardandolo riposare nel silenzio di quell’enorme stanza vuota, tale pensiero gli pare, però, improvvisamente irrealistico. Lucius è sempre stato un ragazzo bizzarro, egocentrico e bisognoso, fin da bambino, di una quantità smodata di attenzioni. Molte volte Severus ha invidiato il suo bell’aspetto, le immense ricchezze della sua famiglia e quel carisma tanto inconsueto per la loro età – per ogni età. Non avrebbe mai immaginato che, dietro alla sua copertina patinata, il compagno potesse avere un solo problema reale e concreto.
Tuo fratello è morto, lo ha sbranato il terribile mannaro. – è quanto gli torna alla mente, gettandolo in preda ad una strana contrizione: il giovane Piton non è estraneo al senso di colpa, ma questo è di un genere diverso, che gli è del tutto ignoto.
Come se risvegliato dall’insistenza del suo sguardo, l’unico erede dei Malfoy apre gli occhi ed i loro sguardi si incrociano; senza dire una parola, si mette seduto per osservare la sala comune deserta. Con la voce impastata dal sonno dice «Severus…», ma non sa bene come continuare: non hanno parlato molto, dopo il litigio durante l’ora di Storia della Magia e l’imbarazzo è palpabile. Con aria insicura, nonostante per due settimane lo abbia evitato in favore degli Archicazzari, Lucius chiede «Severus, io ti piaccio ancora?».
La prima reazione del giovane Piton è aggrottare le sopracciglia con aria astiosa, perché certe cose, semplicemente, non potrebbe mai dirle a Lucius: immaginare che il compagno possa anche solo intuire il genere di pensieri che riesce a suscitargli lo spaventa e lo imbarazza a morte. È con tono di sufficienza, quasi stizzito che gli dice «Sei il mio migliore amico, Faina, non potresti mai non piacermi.»

Se io non fossi chi sono, e nemmeno tu fossi tu, avrei anche potuto trovare il coraggio di dirtelo. Forse perfino di colmare il misero vuoto tra le nostre labbra, quella notte di un mese fa. – è il pensiero immediatamente successivo, che lo riempie di sorda rassegnazione, della voglia di andarsene altrove e di restare al contempo. Ma questo è proprio il genere di cose da non dire a chi, con poche parole ben scelte, potrebbe strizzarti il cuore tra lunghe dita eleganti: perché l’animo di Severus resta diviso ed a Lucius Malfoy, che appende la luna in cielo con la sola meraviglia del suo sorriso, non è mai piaciuto condividere.
La risposta sembra comunque bastare alla Faina che, con tono insolitamente cauto, dice «Penso che dovremmo parlare.» ed appoggia le mani unite sulle proprie gambe. «Solo che non so bene da dove cominciare… ho fatto alcune cose un po’ brutte, in questi giorni.»
La notizia non sorprende affatto il giovane Piton, perché dopo due settimane di trattamento del silenzio era lampante che l’Iraconda Divinità delle Futili Vendette fosse arrabbiata. Convinto che nessuna di queste “rivelazioni” possa sconvolgerlo, Severus gli si siede accanto e dice «Prova a cominciare dall’inizio.», attendendo pazientemente che il compagno ritrovi il filo dei propri pensieri.
C’è un silenzio particolare nella sala comune, a quell’ora del mattino: quella strana sorta di stasi mistica che avvolge i luoghi affollati quando sono ancora vuoti. Lucius prende tre respiri profondi, nient’altro che tre vani tentativi di iniziare il discorso; inumidendosi e schiudendo le labbra, ci prova un’ultima volta. «Nella sua ultima lettera, mio padre ha scritto che vuole riavermi a casa.» esordisce, più atterrito e stanco che mai. «Penso che abbia ragione, qui nessuno capisce cosa mi stia succedendo e seguire le lezioni diventa sempre più imbarazzante e difficoltoso…» aggiunge, scuotendo il capo e sforzandosi, con scarso successo, di parlare più in fretta. «Ha già contattato diversi medimaghi e medistreghe di tutto rispetto perché vengano a visitarmi al maniero… nel frattempo, potrò continuare a studiare coi miei ritmi. Il professor Silente ha accettato di sottopormi alcuni piccoli test all’inizio dell’anno prossimo, così che possa accedere al quinto anno senza problemi.». Poi, proprio quando sembrava che il cuore di Severus non potesse sprofondare maggiormente, Lucius conclude dicendo «Non lo sa nessuno. Non volevo dirlo neanche a te, ma papà verrà a prendermi lunedì.»
 
E il mondo si rivoltò dall’interno, vomitando lava nell’universo.
 
Perché è di un’assenza di sei mesi che si sta parlando e per la stessa, egoistica ragione che lo spinge ad amare quel narcisista vigliacco che è la Faina, il giovane Piton si sente rapinato. Preda dell’ansia, il cuore prende a palpitargli nel petto sempre più rapido ed inclemente.
Eppure, Abraxas Malfoy ha ragione. Lui possiede i mezzi necessari a guarire il suo unico, adorato figlio ammalato. – è il primo di una rapida successione di pensieri, nella mente di Severus: un pensiero che fatica ad accettare come proprio e che, nonostante la sua lucida correttezza, semplicemente non gli appartiene. Eppure, lo adoro anch’io. – segue subito dopo, in una strana, intima ribellione nella sua testa. Poi, ancora: Quando mai è bastato?
Nonostante lo smarrimento, il giovane Piton inizia a sentir montare anche una rabbia cieca e cocente. Con la forza di un grido a pieni polmoni, pensa: Non voglio che mi lasci., finendo però annichilito dal successivo Non abbastanza da andare a trovarlo a casa sua, però, e questo è tutto dire.
Giusto un attimo prima che ogni buon sentimento di Severus venga inghiottito da un buco di nera depressione, l’Inclemente Nume del Tutto Perduto torna a parlare: «La verità è che volevo tenerlo segreto, scomparire e basta, solo per farti soffrire… perché, nonostante sappia benissimo che non ha alcun senso, sono arrabbiato.» gli dice, serrando tra loro le dita con maggiore forza, aggrottando le sopracciglia in un’espressione impertinente e testarda. «Di più: perché, a voler essere sinceri, sono veramente furioso. Sicuramente non sai che, nei primi giorni di febbraio, la tua amica è venuta a parlarmi. Non ho idea del perché credesse che ci avrebbe fatto bene, ma le ho detto cose molto brutte.» e mentre continua a raccontare, la sua voce lenta e stanca si tinge di rabbia crescente: «Non so bene da dove siano uscite, ma non me ne pento affatto, perché la odio, se possibile ancor più di prima e vorrei che sparisse

Agendo d’impulso, Severus chiede «Cosa vi siete detti, esattamente?»; stando allo sguardo dardeggiante che Lucius scocca in sua direzione, però, dev’essere stata la cosa più sbagliata da dire.
Ignorandolo, l’unico erede dei Malfoy riprende a parlare: «Ho usato l’Archivio del Serpente come scusa per invitare Remus Lupin ad Hogsmeade con me, solo per farti dispetto. Poi, domattina, progettavo di lanciare piccole maledizioni sulle tue cose… per renderti il san Valentino orrendo al punto da farti pentire di essere andato con lei.»
Chiuso nel proprio silenzio, Severus vorrebbe davvero potersi arrabbiare con Lucius per ciò che gli ha appena detto; il pensiero, però, di tutte le volte in cui lui stesso lo ha appositamente ferito, lo riempie di un’immensa empatia. È il problema di quando due persone si amano davvero-davvero molto: la facilità estrema con cui si può arrivare a ferirsi, sfruttando ogni confidenza, ammissione o debolezza come un’arma. Questo, il giovane Piton lo capisce fin troppo bene.
«Volevo che capissi di non aver bisogno di lei, visto che hai me… e tu lo sai, che sono più importante.» riprende Lucius, l’intero corpo che viene percorso da un leggero scatto nel pronunciare quelle parole. «Solo che stamattina mi sono alzato molto presto, come sempre… ma non avevo neppure finito di vestirmi che già mi sentivo stanco come a fine giornata. Così, ho capito che non potrò fare proprio nulla per mandarti fuori dai gangheri, né oggi né domani. Mentre ribollivo di rabbia, allora, qui da solo e nel dormiveglia, ho pensato… che forse mi sbagliavo.»

Fissandolo, Severus cerca di capire, di appellarsi a quella sinfonia fuori dall’ordinario che è sempre stata la loro amicizia, ma non ci riesce. La Faina non ammette mai i propri errori, poiché la superbia è il suo scudo e solo due volte, dall’inizio della loro amicizia, hanno abbassato le difese. In ambedue i casi, però, questa vulnerabilità era legittimata dal favore della notte e dall’intimità del baldacchino nel dormitorio.
Ripercorrendo le parole del compagno, uno strano misto di rassegnazione e terrore si impadronisce del giovane Piton: Volevo che capissi di non aver bisogno di lei, visto che hai me… poi ho pensato che forse mi sbagliavo. – ed improvvisamente, non riesce più nemmeno a ricordare come mai la gelosia della Faina fosse un problema, in primo luogo. In questo momento, in effetti, lo stesso Severus sente l’inesplicabile paura di venir lasciato indietro; puntualmente, ad essa si accompagna l’istinto di fare sciocchezze, come umiliare Lucius o fargli del male in qualche modo, così che non si avveda mai di poter avere di meglio, dimenticandosi di lui.
Era stata la Sempiterna Divinità del Protagonismo ad avvicinarlo, nei primi mesi del loro primo anno ad Hogwarts; l’ultima cosa che Severus avrebbe voluto, a quel tempo, era proprio trovarsi a tu per tu con la Piccola Perfezione Scolpita nel Platino. Eppure, alla fine Lucius aveva vinto: con la placida pazienza degna solo dei caimani era riuscito, un morso per volta, ad abbattere la sua reticenza.

Ora non puoi ripensarci all’improvviso. – è ciò che Severus vorrebbe dirgli. – Non puoi credere che sono stato solo uno sbaglio.
«Cosa volevi chiedermi?» è ciò che, invece, gli domanda.
Lentamente, Lucius chiude gli occhi e per un attimo è come se il mondo intero svanisse dietro le sue palpebre chiuse. «Due cose.», gli dice il giovane Malfoy, «E sono entrambe molto, molto importanti.».
 
--
 
Succedeva, talvolta, quando ancora si trovavano ben lungi dal diventare amici, che i loro sguardi si incrociassero e che Lucius gli sorridesse senza alcun motivo apparente: in quei momenti, era come venire inghiottiti in una bolla d’ossigeno mentre tutto attorno non vi erano che abissi terribili.
È ancora il 13 febbraio, la sera prima di San Valentino, ed attualmente l’Abisso è la sala in cui il professor Lumacorno ha deciso di ospitare la sua festicciola a tema. Per sfuggire alle grinfie con cui il loro mentore vorrebbe sollevarli uno ad uno come trofei, Severus ha iniziato a saltare da un nascondiglio all’altro in quel salone affollato. Celato dietro la torta a strati più alta che avesse mai visto, il giovane Piton ha notato l’entrata di Lily Evans, accompagnata da Remus Lupin.

Di bene in meglio. – è il primo pensiero ad attraversargli la mente, perché certo, quei due sono amici, ma il ragazzo di Grifondoro è anche uno stronzo ributtante.
Quando, giusto un poco più tardi, anche Lucius fa il suo ingresso, i suoi occhi di ghiaccio lo intercettano a colpo sicuro dietro al suo nascondiglio glassato; l’unico erede dei Malfoy indossa una tunica in raso e cachemire, drappeggiata da un mantello nel medesimo rosso scuro, fermato sulla spalla destra da una spilla a forma di serpente. Il sollievo della sua presenza è però ben misero, poiché non vi è ombra di sorriso sul volto della Faina, evidentemente intenzionata a lasciarlo, solo e boccheggiante, come un pesce fuor d’acqua. Per un istante, Severus si sente attraversare da una strana fitta di fastidio.
«Non è bello, il modo in cui mi stai evitando…» lo sorprende, alle spalle, la voce di Lily; quando si volta, trovarsela davanti all’improvviso è come un pugno nello stomaco. È bella, nel suo abito da sera dal taglio babbano, un bicolore scampanato rosso e oro.
«Non ti sto evitando.» le dice, lentamente. «Siccome avevi dell’immondizia con te, aspettavo che la gettassi. A meno che non volessi una mano?», piccola parentesi retorica che gli frutta una gomitata, poco convinta ma puntigliosa, contro l’addome.
Blandamente astiosa, Lily aggrotta le sopracciglia. «Siamo quasi a san Valentino… non riesci ad essere meno acido?»; una smorfia incurva le labbra di Severus in un mezzo ghigno dall’aria spiacevole, una risposta più che sufficiente. Quando torna ad osservare l’ingresso, Lucius non c’è già più. Come leggendogli la mente, Lily riprende a parlare: «Quel vampiro succhia-esistenza del tuo amico si è andato a sedere vicino alla finestra. Remus voleva salutarlo. Sempre che riesca a scavalcare i groupies arraffasoldi di cui si circonda sempre.»
Severus aggrotta le sopracciglia, perplesso ma anche meravigliato dal modo in cui la giovane Grifondoro non appaia mai malevola, neppure pronunciando parole antipatiche. «Hai chiesto a Lupin di placcare Lucius, per venirmi a parlare?» le chiede, vedendola alzare gli occhi al soffitto e, con un sorriso spontaneo e sereno, riabbassarli nei suoi: per un attimo, è come venire catapultati su verdi distese di puro benessere.
«Malfoy è più spaesato di un cervo in autostrada. Ci hai mai fatto caso, che sorride sempre quando non sa cosa dire? Mi basterebbe iniziare a parlare di asciugacapelli o dei Teletubbies per ammansirlo, figurati se mi intimorisce.»

Severus apre la bocca per parlare, ma nessun suono ne viene fuori: sa che un buon amico prenderebbe le difese di Lucius, eppure tutto ciò che riesce a produrre è un sospiro rassegnato. «La mia esistenza è comunque ben lungi dal venir risucchiata… qualsiasi cosa significhi.» e senza alcun preavviso, subito dopo le dice «So che avete parlato. Qualsiasi cosa vi siate detti, ora dice di odiarti.»
Le labbra di Lily, rosse e lucide come ciliegie, si increspano in una smorfia riflessiva. «Hm.» mugola appena, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Avevo notato il vostro allontanamento e mi sono dispiaciuta.» inizia a raccontare, palesemente a disagio. «Gli ho detto che poteva unirsi a noi domani, che non era un problema visto che siamo solo amici. Nonostante non fossimo mai andati d’accordo, ho precisato di non avere niente contro di lui. Ha risposto che farà di tutto per rovinarmi la vita.»
La vede esitare e schiarirsi la voce prima di ricomporsi e dire, in uno strano slancio d’orgoglio: «Non parlava solo di scuola, Severus… intendeva proprio la mia intera vita
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: GrumpyTrolla