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Autore: Ghostclimber    03/01/2019    4 recensioni
Hanamichi Sakuragi ha appena ricevuto il 51° due di picche.
Sembra a pezzi, e nemmeno Mito riesce a far breccia dentro di lui.
Forse il problema è più profondo di quanto sia intuibile, e sta a Kaede Rukawa cercare di aiutarlo, usando il loro legame tutto speciale, fatto di pugni e insulti.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Questa one-shot doveva essere uno sproloquio mentale di Rukawa sulla bellezza di Hanamichi, ma qualcosa è andato storto.
Per fortuna, gli dei della scrittura guardavano dalla mia parte, e così la storia si è raddrizzata da sola.
Enjoy, e se vi piace fatemelo sapere!
XOXO


 

I've been the king, I've been the clown,
now broken wings can't hold me down,
I'm free again...
-Ozzy Osbourne, Goodbye to Romance

(Sono stato il re, sono stato il buffone,
ora le ali spezzate non possono tenermi a terra,
sono libero di nuovo...)

 





È strano.

Fottutamente strano.

Mi guardo attorno, nella palestra piena ma silenziosa.

Cos'è che manca?

 

SONO IL GENIO DEL BASKET!”

RUKAWA, VEDRAI SE STAVOLTA NON TI ASFALTO!”

MA COME OSI?!”

 

Cerco Sakuragi con lo sguardo.

Di solito non ho bisogno di farlo, attira attenzione come l'allarme antifurto di un'auto in un quartiere tranquillo e silenzioso, ma oggi non sta emettendo un fiato.

Eccolo là.

Solo a vedere le sue spalle muscolose e i suoi capelli rossi mi sento felice.

Sono un coglione.

Io, Kaede Rukawa, sono un coglione.

So di non poterlo avere, so che lui è innamorato della Akagi, eppure non posso fare a meno di gioire quando lo vedo.

Ma cosa diavolo ha?

 

Non crederai mica di poterla conquistare, brutto come sei!”

EHI! Come osi dubitare del grande Tensai, stupido uomo-judo?”

Mi viene naturale, basta guardarti in faccia.”

Ma io ti sdereno!!!”

 

Giusto stamattina ho lasciato il numero del mio oculista nell'armadietto di Aota, il capitano della squadra di judo.

È chiaro che ha bisogno di un bel controllino agli occhi, lo vedrebbe anche un orbo che Hanamichi Sakuragi è tutto meno che brutto.

Non sia mai che la gente vada in giro a dire che Kaede Rukawa è un villano.

Accantonando un attimo il sarcasmo, vorrei proprio sapere che gli prende, e c'è un solo modo per scoprirlo: gli tiro una pallonata in testa.

Lui si gira lentamente, e per poco non gioisco: adesso mi arriverà contro a passo di marcia, sbraitando che sono una stupida volpe rimbambita, e ritroverà la carica.

O forse no?

 

-Non oggi, Rukawa, scusami.- dice, e trasecolo. Alza un paio di occhi gonfi e arrossati nei miei e tenta un accenno di sorriso: -Cinquantuno.- annuncia, come se avesse un senso.

Si allontana strascicando i piedi, e io rivolgo uno sguardo interrogativo al suo amico Mito mentre Sakuragi si mette a fare un po' di fondamentali, dietro la panchina su cui sta Ayako, che si gira, infila le gambe nella fessura tra lo schienale e la seduta e gli rivolge qualche parola in tono comprensivo, facendosi aria col ventaglio invece di usarlo come arma bianca.

È successo qualcosa di cui non sono al corrente, ma che io sia dannato se non riesco a scoprire cosa!

Riporto lo sguardo su Mito, perché sia chiaro che esigo una spiegazione, anche se so di non averne alcun diritto, non io, la nemesi.

-Haruko Akagi l'ha scaricato. Lui si è dichiarato, lei ha risposto che le dispiace ma non riesce a dimenticare te.- è più forte di me, emetto un verso di astio che rende perfettamente l'idea del livello di rottura di palle a cui sono giunto. Se fosse possibile, avrei paura di una frattura dei testicoli, tanto sono esasperato da queste galline che mi muoiono dietro.

-Dev'essere una gran rottura.- commenta Mito, ma non mi pare di avvertire del sarcasmo, quindi per questa volta gli concederò l'onore di una risposta di senso compiuto.

-Sto seriamente pensando di sfigurarmi con un taglierino e tingermi i capelli di verde, magari così la smettono.- Mito si concede un rapido ghigno, poi torna serio. Controlla che Sakuragi non stia guardando e di essere fuori portata d'orecchio dagli altri amici, poi mi fa: -Senti, prova a parlargli.

-Io?

-Sì, tu. Magari non lo dà a vedere, ma ci tiene a te. Forse potresti aiutarlo. Se vuoi.- la tentazione di buttarmi a terra e urlare “SÌ, LO VOGLIO!” è forte, ma ci tengo a non dare nell'occhio. Anche perché se vado out of character, tutto ciò che dirò sarà classificato come Delirio da Febbre Fantasma, quella cosa che la mia zia fuori di coccia aveva spesso: in pratica, il termometro segna temperatura normale ma in realtà hai la febbre.

Sono contento che lo psichiatra sia riuscito ad aiutarla un po' con la sua ipocondria.

Annuisco e torno in campo.

 

Non oggi, Rukawa, scusami.”

Che abbia capito che le nostre risse per me sono un modo di entrare in contatto con lui?

Ci tiene a te.”

Vorrei fingere di fraintendere, ma una voce dentro di me mi ricorda che Sakuragi si è appena dichiarato ad un essere umano di sesso femminile, e a meno di non svegliarmi domani mattina con un paio di tette e niente pisello questo significa che sono fuori dai radar amorosi.

Tuttavia, sono così deficientemente innamorato che andrò da lui e gli parlerò, dovesse anche costarmi l'ultimo brandello di cuore rimasto intatto lo consolerò e gli dirò tutte quelle frasi del cazzo, tipo che la prossima volta andrà meglio, che lei non lo merita, che lei è un'idiota se pensa di poter avere qualche speranza con me dopo che ha spezzato il cuore al mio...

Al mio amico.

Lo chiamerò così.

Dovrò concentrarmi, non vorrei che al posto di “amico” mi uscisse per sbaglio la parola “koibito”, fa pure assonanza, è pericoloso.

Dove la trovo tutta questa ironia non lo so, sono un vero spasso, peccato essere poi una frana quando c'è da aprir bocca.

 

Ma questo cazzo di orologio che problemi ha?

Non è possibile che sia passata soltanto un'ora!

Qualcuno gli cambi le pile!

Non credo che ce la farò a tirare la fine degli allenamenti, e detto da me è tutto un programma, di solito sono capace di allenarmi per cinque ore filate.

Praticamente mi fermo solo quando sono con un piede nella fossa.

Un fischio dalla panchina, Miyagi ci chiama a rapporto.

-Ragazzi, vedo che oggi siamo tutti un po' flosci. Facciamo che per oggi la chiudiamo qui, vediamo di farci una bella dormita. Domani vi voglio tutti belli carichi!- si gira a cercare l'approvazione di Ayako, che annuisce con un sorrisino. Il nostro sbrodolante capitano si volta di nuovo verso di noi, alza un pugno e urla: -SHOHOKU!

-NOI SIAMO FORTI!- rispondiamo in coro, come da copione.

-Stocazzo.- sento bisbigliare a Sakuragi, ma gli altri lo ignorano. Si infila nella doccia ad angolo alla velocità della luce, e rimane sotto il getto dell'acqua a lungo, il viso rivolto nel punto d'incontro fra le pareti. Un paio di volte lo vedo passarsi una mano sulle guance, come a cancellare le lacrime, e devo trattenere l'istinto di uscire così come sono e prendere a schiaffoni quella deficiente che gli ha spezzato il cuore.

Di base, l'unica cosa che mi trattiene è la paura di essere violentato da una massa di cerebrolese se dovessero vedermi nudo.

 

Lo spogliatoio si svuota poco a poco.

Infilo la testa nell'armadietto e fingo di cercare qualcosa, nella speranza che Sakuragi continui a fare quello che sta facendo, cioè muoversi lentamente come una lumaca.

Non voglio parlargli con altra gente intorno.

Se è vero quel che dice Mito, e lui si fida di me, potrei essere quello che letteralmente gli porge una spalla su cui piangere, ma dubito che voglia farlo davanti a tutti.

Vedo Miyagi uscire per ultimo, e dare una lieve pacca sulla spalla di Sakuragi, ancora intento a infilarsi i calzini.

Li tira dall'alto e poi muove il piede su e giù straziando il tessuto elasticizzato, invece di arrotolarli e metterli poco a poco, è proprio vero che la grazia è una cosa che o ce l'hai o non ce l'hai.

 

Mi siedo di fianco a lui sulla panca.

Resta fermo e in silenzio, con i gomiti appoggiati alle cosce e solo i pantaloni e quei poveri calzini bistrattati addosso.

Aspetto con pazienza che decida come comportarsi, e intanto cerco di emanare onde di energia positiva per fargli capire che può fidarsi. O una stronzata del genere, probabilmente visto da fuori sembro solo stitico.

Con un sospiro, si inclina su un fianco e appoggia la testa alla mia spalla. Gli appoggio una mano tra le scapole.

-Mi spieghi perché me la prendo tanto?- chiede.

-Se non lo sai tu...- rispondo. Vorrei trovare una parola gentile, una di quelle frasi che mi sembravano tanto intelligenti mezz'ora fa, ma di colpo mi rendo conto che questa assurdità di legame che abbiamo è fondata sul prenderci in giro a vicenda, sul nascondere sotto uno strato di roccia ruvida un paio di cuori morbidi e insanguinati.

Botte da orbi, insulti e dichiarazioni di superiorità, che non nascondono altro che il bisogno di entrare in contatto, di sentirsi vivi, frasi impacciate che vogliono consolare, e che fanno presa per la loro incapacità ad emergere, come i disegni vivi e dai colori cangianti dei bambini, che con orgoglio ti dicono “Questo sei tu con una palla da basket e una farfalla” e tu non riesci a vederci un accidente, ma appendi comunque lo scarabocchio alla parete, perché in esso riconosci la forza primordiale di un sentimento che non ha bisogno di forme comprensibili per emergere.

 

Piccolo. Il tuo contributo alla partita è stato piccolo.” e invece avrei voluto dire: “Non fartene una colpa, stavamo giocando contro il Kainan, e tu sei stato determinante per la partita. Non lasciare che un errore distrugga il tuo talento.”

Rischiamo di perdere la partita per colpa tua!” e invece avrei voluto dire: “Sei migliorato in una settimana più di quanto io abbia fatto in tre mesi, abbiamo bisogno di te, ti prego!”

 

Un piccolo sussulto di risatine timide è il mio premio.

-È che volevo così tanto essere normale.- dice.

-Illuso. In te non c'è proprio niente di normale.- rispondo.

Ridacchia di nuovo, e la sua spalla preme per un attimo contro la mia ascella, mentre il suo braccio si muove per cingermi la vita.

-Mi spieghi perché con te mi sento così bene?

-Non lo so.- vorrei approfondire il discorso, dirgli che anch'io con lui mi sento bene, cazzo, che mi sento in cima al mondo adesso, su questa panca che puliamo solo con le nostre chiappe, nella puzza di calzini sudati e deodorante spray.

-Con Haruko non mi sono mai sentito così. Sono sempre stato a disagio. Credevo che era perché avevo paura di fare qualche cazzata e giocarmi il suo amore, ma credo che mi sono sbagliato.- vorrei rispondere, ma non so cosa dirgli, e tra noi è lui quello incline agli sproloqui. Io analizzo, argomento e arringo nella mente, lui lo fa a voce alta.

Intuisco che spesso è Mito la persona che gli presta una spalla, ma oggi per qualche motivo la vecchia miscela non funziona, e Sakuragi ha bisogno di me.

Ho paura.

Non so spiegarmelo, ma questo stravolgimento del nostro rapporto mi spaventa.

So che da domani non saremo più gli stessi, ma cosa saremo non lo so. Forse fingeremo di fare a botte comunque, forse invece non ci parleremo più, o forse si trasformerà tutto in una pantomima ipocrita di gentilezze e “ehi, passi da me a guardare la partita?”.

Spero che non sia così.

Ma ho paura.

 

-Mi sentivo a disagio come quando...- comincia Sakuragi, parlando lentamente, le parole slegate, come se le stesse dettando a qualcuno che le scrive: -Come quanto c'è uno che puzza seduto di fianco a te sulla metropolitana, ed è pieno di gente, e lui ti fissa, e non sai cos'ha in mente ma non puoi solo alzarti e andar via.- resto in silenzio, ma la mia mano si sposta sulla sua spalla, e lui l'accetta senza opporre un solo movimento, una parola, un verso.

-Forse mi sono dichiarato per spezzare il... comesichiama...

-Lo status quo?- propongo.

-Sì, una cosa del genere. Mi sentivo sospeso.- dichiara. Credo di non capire, anch'io mi sento sospeso in un limbo, con lui, diviso tra la forza dei miei sentimenti e l'impossibilità a dichiararli.

-“È il respiro prima del grande balzo”- fa, e capisco che è una citazione.

-Nh?

-Lo dice Gandalf nel Signore degli Anelli. Ma non era così con Haruko, era come... stare ad aspettare a vedere se quel neo la smette di ingrossarsi, o vedere se quella tosse catarrosa smette di tormentarti...

-Stai dicendo che la Akagi è un tumore?- sono allibito.

Lui ride.

-Sto dicendo che Haruko è come la paura. Non mi dichiaravo per paura di scoprire che non la amavo per davvero.

-Quindi...?

-Non la amo. Lei è così...

-Normale.- concludo per lui, che scoppia a ridere.

Ride così forte che deve staccarsi da me, e si butta di schiena sulla panchina, con le mani sulla faccia, mentre lo spogliatoio risuona di una risata squillante, diversa da quella che accompagna i suoi proclami di genialità.

Io mi sento in piena luce.

Ho aperto uno spiraglio nella sua corazza, e lui mi ha lasciato guardare dentro, e ora so di cosa avevo -di cosa ho- paura.

Lo amo con ogni fibra del mio essere.

E se non glielo dico, credo che impazzirò.

 

-Cazzo, l'ho sempre saputo che le volpi sono intelligenti!- sbraita fra le risate, poi pian piano si calma, e sono solo dei lievi sussulti quelli che lo scuotono quando infine si alza, puntellandosi sui gomiti per guardarmi in faccia.

Sorride.

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

Apro la bocca per parlare, ma lui mi interrompe, come al solito: -Sai, volpe, e ricordati mentre parlo che non sono normale, quindi è normale che il mio discorso non sia normale...

-Idiota...- lo apostrofo.

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

-Ogni tanto penso che io e te staremmo bene insieme!

Se non glielo dico, credo che...

Aspetta, cosa?

 

Lo stupore dev'essere evidentissimo sul mio viso, perché Sakuragi scoppia di nuovo a ridere e si alza, ora è a cavalcioni sulla panca e si protende verso di me con un'espressione birichina che mi fa venire voglia di mangiarmelo di baci.

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

-Dai, Rukawa, pensaci! Tu ti fai i cazzi tuoi, io i miei. Ci alziamo al mattino, colazione... tu cosa mangi per colazione?

-Pane tostato e marmellata. Col tè verde.- rispondo come un automa, come se questa conversazione avesse un senso logico.

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

-Giura! Anch'io! Allora, colazione, poi a scuola ognuno per cazzi suoi, poi il basket, poi al pomeriggio tu ti alleni o dormi, io esco con Mito e gli altri, la sera cena e io parlo e tu fai finta di ascoltarmi! Davvero, non è il caso che mi ascolti davvero, dico un sacco di stronzate.- scuote la testa incrociando le braccia, sembra una mamma che parla con affetto del figlio un po' scapestrato ma tutto sommato a posto.

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

Non trovo la forza di parlare, emetto solo una specie di “piii” con la gola, e Sakuragi mi fissa stralunato. Arrossisce, di colpo sembra realizzare quello che ha detto e il panico si fa strada nei suoi occhi: -Cio... cioè, volevo dire... insomma, sì, quel che ho detto, però... nel senso, non è che ci sto provando o che, insomma...- ridacchia.

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

-Cioè, sarebbe davvero da mentecatti cercarmi il secondo due di picche della giornata, ecco, RUKAWA!- mi urla a dieci centimetri dalla faccia.

Indietreggio, frastornato.

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

Forse sono già impazzito.

Cala il silenzio.

Apre la bocca come per parlare, poi la richiude e mi fissa.

Sta aspettando una risposta.

 

Potrei dirgli che è ovvio, che non è certo una cosa gay, che saremo grandi amici, ma saprebbe che sto mentendo.

Potrei dirgli di star tranquillo, che mi rendo conto che si tende a straparlare quando si soffre, e magari buttarci dentro un “tu poi straparli in qualunque condizione” a mo' di battuta, ma saprebbe che sto mentendo.

Prendo il respiro, non so come cominciare.

E di colpo mi accorgo che con Sakuragi non ho bisogno di cercare un'introduzione.

Lui capirà.

-Tu non sei normale.- gli dico.

-Tu neanche.- risponde.

-Guarda con quanta costanza l'amavi, quella tizia.

-Nemmeno tre ore dopo sono qui a proporre ad un altro di andare a vivere insieme.

-Paziente come al solito.

-Lo sai com'è fatto il Tensai, mi basta avvicinarmi per assimilare tutte le competenze necessarie.

-Go big or go home.

-Go big or go home.- conferma.

 

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

 

Allungo una mano al suo viso.

Ho ancora paura.

Lui copre la mia mano con la sua, per un attimo temo che voglia scostarla, invece la preme delicatamente contro la pelle morbida della sua guancia.

-Sei splendido.- gli dico.

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

-Piantala di parlare di te stesso, stupida volpe egocentrica.- risponde, ma a bassa voce. Il suo tono è dolce, di conversazione intima, e la sua guancia si strofina lievemente contro la mia mano. Apre gli occhi, mi trafigge con lo sguardo, e aspetta.

 

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

 

Ma dubito di farcela.

Sbuffa scocciato e dice: -Una volta, una persona molto importante mi ha detto una cosa molto ma molto saggia. Vuoi sentirla?

-Nh.- capisce che è un sì. Non so come faccia a capirmi, ma ci riesce.

-“Che ne dici di tirare fuori le palle?”- cita. E stavolta non è Gandalf, non è Harry Potter, non è neanche lo stramaledettissimo Elvis Presley. Sta citando me.

Sposto la mano dietro la sua nuca.

Lo traggo a me.

 

È estasi.

 

Dopo un secondo, un secolo o un paio di esplosioni di stelle, ci scostiamo l'uno dall'altro.

-La cambiamo, la frase?- chiede, con la fronte ancora appoggiata alla mia e gli occhi chiusi. Guardando verso il basso, vedo le sue labbra gonfie e rosse inarcate in un sorriso.

-Che frase?- chiedo.

-Go big or go home. Facciamo che diventa “Go big AND go home”.

-Nh?

-Andiamo da me. Cominciamo dalla cena?- si allontana e mi sorride.

Se non glielo dico, credo che impazzirò.

-Tu non sei normale.

-Tu nemmeno.

-Ti amo.- ecco, gliel'ho detto, e al diavolo la freddezza. Questo idiota tutto pepe tira fuori il peggio di me. Solo con lui reagisco.

-Anch'io, volpaccia, anch'io. Allora?

-Cominciamo dalla cena.- rispondo.

 

-Comincio a uscire, avverto Mito che stasera non faccio la strada con lui. A meno che non l'ha capito da solo, quel ragazzo sa sempre tutto.- mi annuncia Sakuragi dopo essersi infilato la maglietta e la felpa.

Annuisco e lo guardo uscire, e mi domando se stia succedendo per davvero.

Lo seguo poco dopo, ed è con stizza che riconosco la voce della Akagi: -Mi dispiace davvero, Sakuragi, non ho pensato a quello che facevo... Ayako mi ha detto che eri molto giù di morale, e mi sono accorta che...

-Non ti preoccupare.- risponde Sakuragi con un gesto noncurante della mano, e sembra così adulto e così affascinante che non capisco come faccia la Akagi a non sciogliersi sul posto.

-Davvero, Sakuragi, se vuoi... se vuoi possiamo provarci.- dice, quasi supplica, lei.

Cala il silenzio.

Ho di nuovo paura.

 

Quasi sento scattare un interruttore, mentre Sakuragi passa dalla modalità normale alla modalità “Tensai”, ma una volta tanto non sta urlando, e gliene sono grato visto che sono a pochi passi da lui e ci tengo ai timpani.

-Ahahah, ti ringrazio, Harukina, davvero, ma non è il caso!- esclama, grattandosi la nuca e fingendo palesemente una gratitudine che non prova.

Non vogliamo la tua pietà.

-Sai com'è, questa cosa mi ha fatto accorgere che forse le ragazze non è che mi piacciono poi così tanto!- dice, indietreggiando come se temesse un'esplosione di urla omofobe.

Provaci, babbuina. Provaci soltanto.

-Come?- chiede lei, sbattendo le palpebre.

Io sbatto la porta della palestra, e gli sguardi di entrambi si posano su di me.

Fisso la Akagi come se fosse parte del mobilio.

Guardo Sakuragi e mi incammino da solo.

Come per un ripensamento, mi giro un istante a tendergli la mano.

Un gesto freddo, quasi casuale, non sono certo il tipo che salta addosso al fidanzato squittendo paroline d'amore, ma Sakuragi capisce.

E sa che sono così, prendere o lasciare.

Nei pochi istanti in cui resto con la mano alzata ad attendere la sua, nei suoi occhi sembrano passare anni di futuro.

Pochi “ti amo”, mai detti per caso o per abitudine, o peggio, per consolare.

Poche effusioni in pubblico, sempre discrete.

Litigi infiniti per ogni minima divergenza, perché ci saranno, e tante anche.

Risse scatenate senza vinti né vincitori.

Un amore esclusivo, geloso, passionale, più forte delle fondamenta della terra.

 

Sorride.

-Scusami, Harukina.- dice.

Allunga la mano.

-Go big or go home.- dice.

Prende la mia.

-Noi dobbiamo andare.- dice.

Non ho più paura.

 
   
 
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