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Autore: RaidenCold    11/01/2019    0 recensioni
Non sono solito fare premesse per le mie opere, ma in questo le ritengo doverose:
questo è per me un esperimento, e vi chiedo scusa perché in certi punti di questa storia sui Cavalieri dello Zodiaco si sente davvero poco di "Zodiacale". Spero comunque che possa essere di vostro gradimento, e che possiate apprezzare i sentimenti che ho voluto mettere in scena.
Leonidas è un giovane un po' introverso che soffre di problemi di insonnia; negli anni ha sviluppato un legame speciale con sua cugina Violate, ma il loro rapporto entrerà in crisi quando nelle vite di entrambi compariranno nuove conoscenze, e con esse nuovi sentimenti. Tra la scuola e le avventure di tutti i giorni, i protagonisti impareranno a conoscersi, e a capire quale sia il loro posto nel mondo; ma fino a che punto riusciranno a comprendere il mondo in cui si trovano?
PS: Chiedo scusa per l'eccessiva lunghezza del titolo, ma sentivo il bisogno di dargli quella precisa forma... buona lettura!
Genere: Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa, Violate
Note: Otherverse | Avvertimenti: Incest, Triangolo
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Il cupo palazzo brillava illuminato al centro da un enorme globo di luce cerulea, attorno a cui si erano radunate diverse persone, tutte vestite con imponenti armature; solo una giovane donna se ne stava lontana da loro, esattamente davanti alla sfera di energia.

La ragazza sollevò il capo ed i suoi occhi si incrociarono con quelli di Leonidas, che poté vedere una grande tristezza in lei, nonostante stesse sorridendo.

 

La sveglia iniziò a suonare, e Leonidas si destò da quel bizzarro sonno; sbadigliò e si stiracchiò tutto assonnato, infine dopo alcuni minuti si alzò dal letto per andare a fare colazione.

 

Leonidas entrò in cucina barcollando assonnato; aveva tutto il pigiama stropicciato ed i capelli scompigliati, ed assomigliava ad un leoncino brutalmente strappato al suo prezioso sonno.

 

“Buongiorno Leo!” - lo salutò una donna sorridente, che indossava una vestaglia color crema dall’aspetto caldo e soffice.

“Giorno mamma…”

Kara era una donna estremamente gioviale, fin dal primo mattino, ed era raro trovarla senza il suo consueto sorriso.

“Dormito bene?”

“Sì, diciamo di sì…” - rispose il giovane coprendosi uno sbadiglio con la mano.

“Sei andato a dormire tardi di nuovo?”

“No…”

“Non si direbbe, hai delle occhiaie che sembri un panda!” - commentò ridacchiando - “Però da oggi devi un po’ regolarti: la scuola inizia!”

Leonidas si sedé borbottando, ed iniziò a sgranocchiare dei biscotti al cioccolato.

“Non capisco perché Loki e Kalos possano dormire…”

“Loro vanno all’università, che inizierà il mese prossimo; e in ogni caso tuo fratello si è alzato già da un’ora ed è andato a correre!”

Leonidas sgranò gli occhi come se gli avessero appena comunicato le gesta di un eroe di guerra:
“Ma che razza di volontà d’animo…”

“Guarda che non è una cosa così eclatante!”

“E allora perché non lo fai anche tu…?”

“M-ma che domande fai?”

“L’altro giorno ti sentivo che ti lamentavi perché ultimamente ti vedevi qualche chilo di troppo addosso…”

“Non sono affari tuoi! E comunque io ho un lavoro, sai?”

Kara aveva un fisico procace certo, ma per essere una donna di mezza età, con tre figli per di più, poteva vantare un corpo decisamente tonico, anche se effettivamente tondeggiante in certi punti.

Nonostante abitudini e caratteri apparentemente distaccate, i due erano in realtà molto simili, in particolare nell’aspetto esteriore: entrambi avevano carnose labbra rosee che brillavano sul viso niveo, e i capelli del medesimo colore corvino.

Solo gli occhi di fatto differivano visibilmente nei loro visi armoniosi e leggermente tondeggianti: Kara li aveva profondi e foschi, mentre quelli di Leo apparivano come scintillanti gemme ambrate.

Caratterialmente poi Leonidas si portava dietro la grande bontà d’animo della genitrice, nonostante a un primo impatto potesse apparire distaccato, quasi rude.

 

Terminata la colazione si recò in bagno per lavarsi il viso.

Mentre si sciacquava il sapone dal volto incrociò il suo stesso sguardo allo specchio, rimanendo per un attimo colpito dal suo aspetto: eppure era il solito robusto ragazzo di quindici anni che era stato anche il giorno prima. Chi altro avrebbe dovuto vedere in quel riflesso?

Scuoté il capo cercando di scacciare quel pensiero bizzarro, ed asciugatosi con un asciugamano andò fuori dal bagno e prese lo zaino di scuola.

 

Salutata sua madre uscì chiudendosi dietro la porta, e mentre ancora si aggiustava il cappotto nero in pelle, si trovò dinnanzi una coppia di figure ad attenderlo: si trattava di due ragazzini più piccoli di lui di un paio d’anni, che lo salutarono lieti.

“Lun, Minerva, mi avete colto di sorpresa.”

“E chi pensavi che fosse?” - rispose Lun ridacchiando divertito.

Era un giovane di piccola statura, dagli arruffati capelli albini pettinati all’insù e lo sguardo vispo e trepidante.

“Non volevamo spaventarti…” - disse timidamente Minerva, una ragazzina minuta e introversa, con grandi occhi verde-acqua e dai setosi capelli color lavanda.

“Ma no stai tranquilla, non mi sono spaventato, ero solo un po’ sovrappensiero.” - la tranquillizzò Leonidas accarezzandole il capo con delicatezza.

“Su andiamo, o faremo tardi il primo giorno di scuola!” - esclamò Lun scalcinante; non gli importava in verità di fare tardi o meno, semplicemente stare fermo per troppi secondi era cosa assai ardua per lui.

“Ma manca un’ora e mezza al suono della campanella…” - commentò Leonidas perplesso, mentre l’amico già era partito per le sue.
“Lo sai che è impossibile contenerlo Leo.” - ridacchiò pacatamente Minerva per poi incamminarsi a sua volta.

“Già” - disse Leonidas tra sé e sé ad alta voce - “sempre lo stesso…”

 

Dopo essersi salutato con Lun e Minerva, i quali frequentando ancora le scuole medie avevano preso una strada differente da un certo punto in poi, Leonidas giunse davanti alla facciata del suo liceo: centinaia di studenti radunati in innumerevoli gruppi chiacchieravano animosamente, raccontandosi mesi di esperienze passati lontani gli uni dagli altri.

Leonidas riuscì a scorgere la sua classe, e come fece per avvicinarsi subito gli venne in contro con passo ciondolante un ragazzo allampanato coi capelli scuri:
“Ehilà Leo, è un sacco che non ci si vede.” - lo salutò prendendogli la mano senza stringerla forte.

“Miles, che piacere vederti! Come sono andate le vacanze in Galles?”

“Una favola, è un posto davvero rilassante, anche troppo…”

“Beh, in fondo ti si addice.”

“Se lo dici tu…” - rispose sorridendo con aria un po’ inebetita.

Nonostante le apparenze Miles era un ragazzo sveglio, solo non si scomponeva mai ed appariva sempre completamente rilassato, complici anche due calmi e limpidi occhi smeraldini; persino dinnanzi alle verifiche più terribili e ai voti più demoralizzanti lui reagiva semplicemente facendo spallucce.

Di colpo un paio di vigorose braccia avvolsero contemporaneamente entrambi i loro colli, e tra i due spuntò una chioma di colore rosso acceso:

“Che state confabulando voi qua?” - domandò ghignando la ragazza.

“Buongiorno anche a te Silen…” - sospirò Miles.

“Non metterci troppo entusiasmo, mi raccomando! Ehi Leo, sai che sembri un panda?”

“Sì, non sei la prima persona che me lo dice oggi.”

“Dormito male? O sei andato in bianco per qualcuna conosciuta questa estate?” - lo punzecchiò con un sorriso ammiccante.

“No, i soliti problemi di insonnia; e poi stanotte ho fatto un sogno un po’ strano…”

“Del tipo?” - gli chiese Miles incuriosito.

“Adesso non ricordo benissimo, però c’erano delle persone, e credo di conoscerne alcune… mi pare ci fosse anche Minerva.”

“Ehi” - lo interruppe Silen - “vedi di non sognare cose strane su di lei, va ancora alle scuole medie!”

“M-ma che hai capito…!” - ribatté Leonidas imbarazzato.

“Anzi, ora che ti vedo con quest’aria così losca, mi chiedo se tu non faccia certi sogni anche su di me…”

Infine, prima che potesse rispondere, la ragazza scoppiò a ridere, a dopo avergli fatto la linguaccia se ne andò via divertita dalla sua stessa birbonata, il tutto sotto lo sguardo perplesso di Miles che si chiedeva soltanto una cosa: ma perché?

Silen era fatta così d’altronde: vispa, imprevedibile, e quasi sempre con un umore a metà tra cordialità ed ira funesta, con sprazzi di strano humour improvviso.

 

Leonidas entrò in classe, e subito gli saltò all’occhio la presenza di un banco vuoto; tutti i suoi compagni però erano presenti, e questo poteva significare soltanto una cosa.

 

Un giovane dai capelli biondi entrò in classe; era abbastanza alto e robusto, ma aveva un viso delicato e grandi occhi azzurri su cui traspariva un enorme senso di spaesamento.

 

“Ciao!” - lo accolse Leonidas - “Tu sei il nostro nuovo compagno di classe, giusto?”

“Uhm, sì…” - rispose timidamente il biondo - “Mi chiamo Deneb, piacere di conoscerti.”

“Io sono Leonidas.”

“Molto piacere, Leonidas.” - disse con un’eleganza quasi solenne.

 

“Tu!”

 

I due si voltarono, e come un razzo giunse davanti a loro Silen:

“Sei il novellino! Ho ragione?”

“Sì, è così.”

“Benvenuto! Prima regola: qui comando io!” - ridacchiò Silen impettita.

“D-d’accordo…” - rispose Deneb perplesso ed un po’ imbarazzato, ma incuriosito dalla rossa.

 

A quel punto la campanella suonò, e tutti si misero al posto; poco dopo entrò nell’aula un uomo slanciato dai capelli neri, con indosso un elegante abito blu scuro, e con un paio di occhiali dalla montatura nera sotto cui si celavano due profondi occhi blu notte.

“Buongiorno ragazzi; come avrete notato, tra di voi c’è un nuovo studente. Spero abbiate fatto conoscenza e che siate gentili con lui, è figlio di un mio buon amico, che forse qualcuno di voi conoscerà: l’ambasciatore Hyoga.”

Leonidas si voltò colpita verso il nuovo arrivato:
“Tuo padre è davvero il signor Hyoga?”

“Sì, certamente.”

“Allora devo assolutamente presentarti mia madre, lei…”

“Basta così” - li fermò il professore - “avrete tutto il tempo per spettegolare durante l’intervallo, ora dobbiamo metterci al lavoro; forse qualcuno di voi avrà la sciocca illusione che essendo il primo giorno non faremo nulla, ma se pensate così sappiate che vi sbagliate di grosso.”

Il professor Alexander era fatto così:impassibile e poco incline alla risata, ma non privo di cuore.

Poteva essere considerato a tutti gli effetti un vero e proprio genio, per essersi laureato a diciannove anni, e per lavorare come docente ad appena ventuno; nonostante la giovane età tuttavia, nessuno osava mettergli i piedi in testa, ed era considerato uno dei professori più severi dell’intero corpo docenti.

Soltanto un’alunna lo guardava totalmente priva di timore, Silen:

la ragazza, generalmente sfrontata con tutti, aveva una riverenza e una docilità nei confronti del professore che stupivano chiunque la conoscesse.

“Molto bene, ora possiamo iniziare la lezione di oggi” - il professore si alzò dalla cattedra, prese un gessetto ed iniziò a disegnare uno schema - “il primo testo che affronteremo è il poema epico dei «Cavalieri dello Zodiaco»; per coloro che odono per la prima volta questo nome, si tratta di un’opera pre-omerica, di cui abbiamo scarse fonti, e quasi tutte per mano di un certo Kriòs, Ariete, di cui non abbiamo alcuna fonte biografica.

In ogni caso, ciò che rende questi rotoli così importanti è il sorprendente stato di conservazione in cui sono state rinvenute in una grotta dell’Arcadia.”

A quel punto Silen alzò la mano ed iniziò ad agitarla impazientemente, al ché il professore le diede parola con un cenno:

“Abbiamo la certezza che siano vere? Insomma, sembra una specie di miracolo dell’archeologia…”

“Di certo non c’è niente nella vita, a parte la morte ovviamente; tuttavia le pergamene sembrerebbero autentiche, e il solo margine di dubbio che abbiamo è che non siano effettivamente così antiche come si pensa, ma di fatto abbiamo a ché fare con un testo letterario decisamente vetusto e ricco di contenuti.”

Il professor Alexander posò il gessetto e si sedette a braccia conserte sulla cattedra; aveva dei fogli con delle annotazioni accanto a sé, ma raramente li utilizzava, per via della sua memoria di ferro.

“La trama è abbastanza semplice: racconta di una feroce battaglia tra Atena e Ade, e di come entrambi schierino un esercito di sottoposti scelti per affrontarsi. La storia viene raccontata dal punto di vista dei servitori della prima, che vengono chiamati Cavalieri di Atena: sono ottantotto, ognuno protetto da una delle costellazioni, e si dividono in tre caste, bronzo, oro, e argento.

Viene dato grande spazio ai cavalieri d’oro, che sono identificati con le dodici costellazioni zodiacali, motivo per cui all’opera è stato attribuito il nome di Cavalieri dello Zodiaco, ma il vero protagonista sembrerebbe essere un giovane cavaliere di bronzo che viene chiamata Pegaso, ed è appunto rappresentante dell’omonima costellazione. Il casus belli è il risultato di un’altra guerra, quella tra Atena ed il fratello Ares, che è stato ferito proprio da Pegaso: Ares chiede vendetta ad Ade, suo buon amico, e così egli, con l’aiuto dei suoi servi Ipno e Tanato, sonno e morte, forma un esercito di guerrieri dell’oltretomba chiamati Spettri, o alla latina Specter, e vi pone al comando i tre giudici dei morti, Eaco, Radamante, e Minosse. La narrazione è piuttosto lineare, ed i vari capitoli raccontano del duello tra il cavaliere di turno, solitamente d’oro, ed uno spettro avversario, culminando spesso in un reciproco annientamento, probabilmente a voler simboleggiare come di fronte alla morte non vi siano realmente vincitori; nonostante l’eccellente stato di conservazione delle pergamene, purtroppo il testo è mutilo, e a mancare sono proprio le ultime pagine, dunque non sapremo mai quale sia la reale conclusione della storia.

Ora vi lascerò alcuni minuti per ricopiare lo schema alla lavagna, dopodiché affronteremo le questioni filologiche del testo e ne leggeremo alcuni passaggi; ci sono domande?”

 

***

 

Terminate le lezioni, Leonidas e Miles videro Deneb incamminarsi solo e lo raggiunsero:
“Ehi Deneb!” - lo chiamò Leonidas.

“Oh, siete voi… fate la stessa strada?”

“Io a dire il vero no, pertanto vi saluto qui.” - rispose Miles congedandosi.

 

“Prima hai detto che volevi presentarmi tua madre; posso chiederti come mai?”

“Vedi, lei viene dal tuo stesso paese, e conosce tuo padre Hyoga; sono molto amici, anche se non si vedono da anni, e mi ha raccontato parecchie cose su di lui.”

A quel punto Deneb lo guardò colpito:
“Dici davvero?”

“Assolutamente.”

“Tua madre invece si chiama…?
“Kara.”

“Kara… forse l’ho già sentito, ma mio padre non parla molto di sé, anzi, non parla molto in generale; è uno di poche parole, ma lo ammiro profondamente.”

“E come darti torto, è grazie a uomini come lui che il mondo diventa un posto migliore di giorno in giorno.”

A quel punto Deneb si fermò e salutò Leonidas cordialmente:
“Ti ringrazio per avermi accompagnato, casa mia è in un’altra direzione; a domani dunque, Leonidas.”

Il giovane sorrise:
“Chiamami pure Leo.”

“D’accordo.” - rispose Deneb ricambiando il sorriso per poi prendere la sua strada.

 

Per un motivo o per un altro, Leonidas finiva sempre per percorrere l’ultimo tratto della strada verso casa da solo.

A volte, in quei momenti, sentiva uno strano senso di abbandono, come se oltre a lui non ci fosse nessun altro ed il mondo fosse diventato improvvisamente un posto vuoto.

In certi momenti aveva come la sensazione di trovarsi fuori luogo, ad osservare una vita che non gli apparteneva: la persona che vedeva allo specchio, la sua voce, le sue passioni, ed il modo in cui interagiva con gli altri, gli sembrava tutto far parte di una specie di sonno.

In ogni caso dopo alcuni istanti quei pensieri sparivano, e ritornava il solito ragazzo di sempre: non ci dava troppo peso, e pensava che col tempo quelle sensazioni se ne sarebbero andate da sole, lasciandolo libero di cogliere ogni momento senza preoccupazioni.

 

Leonidas entrò in casa annunciandosi con un saluto, ma senza ottenere risposta, così un po’ perplesso si recò in salotto per vedere se vi fosse qualcuno:
“Ah siete qui, mi stavo chiedendo come mai non…”

Subito notò oltre a sua madre una ragazza dalla chioma corvina, dando per scontato in un primo momento che si trattasse di sua sorella maggiore.

Tuttavia, non appena questa si voltò lui poté vedere un volto diverso, pur molto simile:
“Ciao Leo.” - lo salutò sorridendo dolcemente la ragazza, facendo sgranare gli occhi a Leonidas, rimasto senza parole.

“Violate…”

In quel momento la sua mente tornò a quella lontana estate di cinque anni prima.

   
 
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