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Autore: Damarwen    13/01/2019    4 recensioni
Avete mai amato fino a farvi scoppiare il cuore?
Fino a logorare ogni più profondo anfratto della vostra esistenza?
Siete stati felici fino a sentire l’anima risalire nella gola, scivolare dalle labbra, e volare via?
A me è successo!
Il mio nome è Hermione Granger.
E questa è l’altra parte della mia storia.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Avete mai amato fino a farvi scoppiare il cuore?
Fino a logorare ogni più profondo anfratto della vostra esistenza?
Siete stati felici fino a sentire l’anima risalire nella gola, scivolare dalle labbra, e volare via?
A me è successo!
Il mio nome è Hermione Granger.
E questa è l’altra parte della mia storia.

***

Non perderò tempo a presentarmi.
Mi conoscete già.
Sono stata quella del primo banco, con i denti sporgenti e un po’ troppo grandi, con la mano sempre alzata e il lampo di orgoglio negli occhi.
Sono quella che ha sempre la soluzione.
Che studia piani che sembrano infallibili.
Quella che ha goduto della gloria della ribalta, in una guerra che mi ha vista principessa dall’armatura lucente.
Senza macchia.
Senza mai essere messa in discussione.
E mi viene da ridere.
Perché se vi dicessi che in discussione mi ci sono messa?
Che una macchia, invece, io ce l’ho?
Nera come la pece e fredda come il ghiaccio?
Che ho abbandonato la ragione, che ho mentito e che mi sono lasciata trasportare in mondi antichi e sconosciuti, senza saperne riemergere?
Restereste stupiti nel scoprirmi irrazionale, senza uno straccio di piano da seguire ma con una promessa che si scioglie tra le dita?
Forse si.
E allora lasciate che mi presenti di nuovo, che vi faccia conoscere il volto pieno di lacrime di una ragazzina, con gli occhi velati da un segreto e il cuore che martella nel petto.
Quella innamorata di un uomo scomodo.
Un uomo che non ho mai capito fino in fondo, se non quando è stato troppo tardi.
Al quale ho fatto una promessa troppo difficile, una promessa che ho portato avanti per ogni anno della mia lunga vita.
E adesso non ho più la forza di seppellire la parte migliore di me.
E decido di lasciarla scorrere tra le pagine, protetta da una scia di inchiostro, senza il coraggio di dare un suono a questa mia storia sbagliata.
A questa mia storia sublime.
Adesso che tutti continuate a chiamarlo eroe.
Riempiendovi la bocca del suono calmante di questa parola che sembra lenire le vostre coscienze.
A voi che non avete visto niente.
Che vi aggrappate ad un ricordo sbiadito, lasciando che vi ottenebri lo sguardo.
Non sapete di un uomo soffocato dalla vergogna, distrutto dai rimorsi e terrorizzato dal calore.
Non potete immaginarlo rannicchiato in un angolo a strapparsi con le unghie la pelle delle mani.
Non sapete di un uomo pieno di passioni travolgenti e di una giustizia immacolata.
Perché non siete mai stati capaci di guardare oltre alla sua armatura di ghiaccio.
Anche quando è crollata a pezzi in un ricordo concesso con l’ultimo barlume di forza.
E adesso sono vecchia.
Seduta su una poltrona ad osservare i miei adorati nipoti giocare sul pavimento, con una bacchetta di plastica tra le mani.
Una bacchetta nera, con l’impugnatura solcata di arabeschi.
La sua bacchetta.
La bacchetta dell’eroe.
Riprodotta da chi, di tutta questa mia storia, è riuscito a farci un business milionario.
Quella che vendono in ogni negozio di giocattoli di Diagon Alley, accanto alla riproduzione poco credibile di quella del prescelto e di quella seppellita in una tomba bianca, ai confini di un castello che un tempo chiamavo casa.
Ora che tutta la mia vita è raccontata nei libri di storia, farcita di avventure eroiche e di aneddoti inventati.
Adesso che il mio passaggio su questa terra sta per volgere al termine.
Adesso, voglio parlarvi di lui.
Perché è giusto che il mondo ricordi qualcosa in più di un eroe controcorrente dall’anima nera.
E allora vi presento Severus Piton.
Il mio Severus Piton.
Quello che ho visto morire in una catapecchia piena di polvere.
Mentre osservavo impotente il mio amico stringergli le mani sulla gola, di fronte ad una magia troppo forte e a rivoli di sangue irrefrenabile.
Tanto, tanto tempo fa.
Vi racconterò di un uomo che non sapeva amarsi.
Ma che sapeva amare.
Che ha amato me.
Senza mai nemmeno sussurrarlo.
Sputandomi negli occhi una freddezza alla quale non ho mai creduto.
Nemmeno quando mi sibilava addosso parole cariche di disgusto.
Perché io quegli occhi li vedevo.
Quando facevano l’amore nascosti dal mondo, in un sotterraneo gelato, con la complicità di notti senza luna che ci celavano agli sguardi.
Li vedevo anche quando, con gesti noncuranti e saturi di un distacco studiato ad arte, mi intimava di andare via.
Per poi stringermi ancora una volta tra le braccia, prima di vedermi sparire in un corridoio.
Li vedevo quando entravo senza preavviso nelle sue stanze, trovandolo con il volto solcato di lacrime che non avrebbe voluto regalarmi.
Ragazzina, mi chiamava.
Mi sembra ancora di sentire la sua voce, vibrante di accenti profondi ed espressioni taglienti.
Quella voce che amavo fino a farmi contorcere lo stomaco e distruggere i pensieri.
Era il mio professore.
Io la sua studentessa migliore.
Anche se non me l’ha mai detto.
Se non l’ha mai detto a nessuno.
Era il mio sesto anno.
E mi ero innamorata di lui.
Senza una ragione apparente.
Senza concedermi il tempo di difendermi da un amore più grande di me.
Gli avevo dato il tormento per mesi, con il mio corpo perfetto e il mio sorriso saturo di gioventù.
Lo avevo sedotto fino al punto di costringerlo a cedere.
E lui lo aveva fatto, in un pomeriggio in cui l’inverno rivendicava il suo spazio sull’erba del prato.
Senza darmi il tempo di impedirmi di amarlo.
Malgrado me lo fossi ripromessa con ogni fibra del mio mio corpo.
È cominciato tutto nell’oscurità, così come ci è finito.
Solo che nel mezzo, si è incastrata tutta la mia vita.
Le sue mani, questa è la cosa che più mi manca di lui.
Non avete idea di quanto fossero calde, e forti.
Le muoveva in gesti eleganti che non sono mai più riuscita a trovare in nessun altro.
Nemmeno in mio marito, che mi sono costretta ad amare per continuare a vivere.
Perché glielo avevo promesso.
Di vivere.
Ho amato il modo in cui faceva scorrere le sue dita sulle pagine dei libri, i gesti veloci e traboccanti di grazia con cui sminuzzava ingredienti, quelli rapidi e decisi con cui lanciava incantesimi.
Quando le lasciava indugiare sulle copertine disposte in modo maniacale, nella sua libreria immensa.
Quando le lasciava scivolare sul mio corpo che non è mai più stato percorso da brividi uguali.
Lui era così.
Freddo come le notti scozzesi.
E altrettanto immenso, misterioso ed inafferrabile.
Era un uomo pieno di luce nascosta.
Che si odiava al punto di impedirsi di vivere.
Anche quando gli imploravo di farlo.
È stato l’uomo che ha asciugato le mie lacrime, che ha stretto le mie mani con un sentimento che non sapeva concedersi, che mi ha insegnato cosa vuol dire amare, nel modo più travolgente e sublime, che mi ha fatto capire come fingere per proteggere la parte migliore di me.
Lui che non parlava mai, che si lasciava sfuggire solo qualche timida carezza.
Lui che non avrebbe voluto che lo amassi.
Perché sapeva che sarebbe morto in una guerra ingiusta.
Lasciandomi tramortita per il resto della vita a ricordare una storia che non avrei mai potuto raccontare.
Mi mancano la sua intelligenza, il suo sarcasmo, mi mancano la sua ironia scura, il suo sapere, la sua voce.
Quella che ho sentito per l’ultima volta quando ha affidato ad Harry una lacrima, consegnandogli le chiavi della sua vita sepolta dall’inganno.
Ma io quei ricordi li conoscevo, li ho sempre conosciuti.
Anche se sono stata costretta ad estorcerli dai suoi silenzi infiniti.
Dalle sue lacrime che mi lasciava solo immaginare, se non quando le sorprendevo nell’ombra.
Dalle sue parole così rare da renderne difficile il ricordo.
Quelle parole gelate, quelle che mi rivolgeva con un distacco sempre palesemente forzato.
Ma adesso è tempo che lo conosciate tutti.
Per davvero.
Adesso che sento la vita scivolare via dal mio corpo ormai fragile.
Adesso che anelo il momento in cui potrò baciare ancora una volta le sue labbra gelate.
In un altro mondo, in un’altra dimensione.
E allora qui vi saluto, lasciandovi le sue ultime parole come segno tangibile dell’uomo che è stato, senza mai farsi riconoscere.
Scritte nella lettera che mi ha nascosto in un libro.
Il nostro libro.
Quello che forse sperava sarei andata ad aprire, quando la sua mancanza si fosse fatta devastante.
E prego perché anche voi possiate amarlo anche solo una piccola parte di quello che l’ho amato io.
Perché Severus Piton era diverso.
E prima di congedarmi dal mondo voglio farvelo sapere.
A questo punto starete storcendo il naso, immaginandovi la sordida relazione tra la ragazzina sprovveduta e l’ex magiamorte distrutto.
Starete tentando di icasellare le nostre vite nella vostra personale scatola cinese del perbenismo.
E alla fine di queste righe non vi resteranno che due alternative.
Potrete continuare a credere nelle vostre tranquillizzanti certezze, nelle vostre sconvenienze di comodo.
Oppure potrete chiudere gli occhi, fare un respiro profondo e abbandonarvi all’idea sublime che l’amore vero può esistere.
Quello che se ne frega delle convenzioni, delle regole e delle differenze.
Che se ne frega addirittura della morte.
Quello che, davvero, può durare per sempre.
E se ci riuscite, se vi rendete conto che nella vita un amore così vi passa accanto, allora prendetelo.
Perché vivere senza averlo mai provato non è che una pallida imitazione di quello che può veramente essere il passaggio in questo mondo.
Vivete e, soprattutto, amate.
Hermione



Ciao ragazzina,
Quando leggerai queste righe di me resterà solo un corpo freddo e una storia a cui è difficile credere.
E forse ti chiederai perché ho voluto dirtelo.
Perché non abbia lasciato semplicemente sbiadire il mio ricordo nella tua mente, giorno dopo giorno, fino ad estinguersi.
La verità è che sono un codardo.
E ho paura che la parte migliore di me muoia questa notte, senza essere ricordata.
E allora voglio scriverlo a te, che senza alcun preavviso sei diventata proprio quella parte migliore di me.
Quella che non sapevo di avere.
E che mi ha reso un uomo, per la prima volta. 
Fino in fondo.
Io, che ho pensato di amare una donna per tutta la vita, affogato dal senso di colpa e dal tormento.
Logorato dai suoi occhi che non mi avevano mai rivolto altro che compassione.
Io, che ho passato l’esistenza con uno scopo, con un piano da seguire, e con troppe morti sulla coscienza.
Non ero pronto al tuo arrivo.
Io, che pensavo di essere pronto a tutto.
Ed eri fresca come la primavera, e reale come i primi raggi del sole dopo un lungo inverno.
E hai preso a spallate tutto quanto.
Una vita intera.
E io ho capito che non avevo mai amato nessuno, se non forse l’amore stesso, trasformandolo in qualcosa che mi permettesse di fingermi vivo.
E che, per la prima volta nella mia vita, amavo qualcuno davvero.
Amavo te.
Ti chiedo di perdonarmi se non ti ho mai riservato altro che parole di ghiaccio.
Se non mi sono mai concesso di farti capire cosa mi esplodeva nel petto al solo pensiero di averti accanto.
Per non averti mai lasciato scorgere quale amore profondo invadesse la mia anima mentre il mio corpo danzava nudo con il tuo.
Avrei voluto che non ti innamorassi di me.
Ma a questo punto credo di aver fallito.
E allora adesso, all’inizio di questa notte che non mi lascerà vedere una nuova alba, io voglio dirtelo.
Non ricordare l’uomo freddo che mi sono costretto ad essere, ragazzina.
Non ricordare le nostre notti passate a fare l’amore di fretta, dopo le quali ti cacciavo con il gelo nella voce.
Non ti ricordare che facevo fatica a tenerti la mano.
Ricordati invece di quest’uomo raccontato sulla carta, quello che ti ha amata troppo per permetterti di amarlo.
Quello che avrebbe desiderato prendere la tua mano e non lasciarla mai più.
Quello che avrebbe voluto raccontarti la sua vita fatta di ombre.
Quello che avrebbe voluto versare le sue lacrime davanti al tuo sguardo pieno di vita.
E forse tu, tutto questo, sei riuscita a vederlo comunque.
Nonostante i miei fallimentari tentativi.
Perché, malgrado ogni mio sforzo, non riuscivo a prendere a calci questo amore assurdo che mi straripava dagli occhi.
Avrei voluto che tu mi vedessi come un amante di passaggio, che avessi potuto sorridere di una storia assurda tra il professore e la studentessa modello, senza che tutto questo ti soffocasse l’anima.
Ma ho visto troppo odio, troppo dolore e troppe notti senza stelle per non riconoscere due occhi invasi dall’amore.
I tuoi occhi, invasi dall’amore per me.
E adesso non ho più tempo di dirtelo.
Perché alla fine di questa notte mi guarderai morire.
E allora ti scrivo questa lettera, perché tu possa conservare qualcosa dell’uomo imprigionato sotto i miei vestiti neri.
Dell’uomo che ti ha amata con tutta l’anima.
Devo farlo ragazzina.
Perché è giusto.
Perché questo mondo merita qualcosa di più.
E temo che la mia vita sia il prezzo da pagare per potergli regalare la luce del giorno.
Ma adesso mi sembra di farlo con una consapevolezza diversa.
Non è più redenzione, Hermione.
Non è più semplicemente espiazione di vecchie colpe che mi logorano l’anima.
Adesso, questo mondo, io lo salvo per te.
Ed è una sensazione bellissima.
Vivi Hermione.
Trova il tuo sogno, inseguilo e raggiungilo.
Ama ancora.
Ama qualcuno che ti possa regalare una vita, una casa ed un fuoco acceso ad aspettarti la sera.
E passeranno gli anni.
E io ti aspetterò.
Se c’è un posto al di là tutto questo, allora mi troverai sul cancello, con lo sguardo imbronciato, le braccia incrociate e il mantello nero.
Vienimi a cercare ragazzina.
Perché là, se ancora mi vorrai, potrò essere tuo.
Là, se ancora mi vorrai, potrai essere mia.
Goditi la vita Hermione.
Fanne qualcosa di grande.
Io non ho fretta.
Con tutto l’amore che non ti ho mai potuto dire.
Sempre.
Severus

   
 
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