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Autore: JAckles    13/01/2019    3 recensioni
Piccolo missing moment tratto dall'episodio 46 di Fullmetal Alchemist Brotherhood.
[dal testo]
In realtà una soluzione c'era.
Forse, se avesse avuto più coraggio … No! Che idea ridicola.
Eppure…
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E finalmente anche Winry si rilassò chiudendo gli occhi, pronta a cadere nelle tanto agognate braccia di Morfeo. Ed aveva promesso. Ed Edward Elric manteneva sempre promesse fatte.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Elric, Winry Rockbell | Coppie: Edward/Winry
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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PROMISE

Le 3.36.
Erano passati solo tre minuti dall’ultima volta che aveva controllato la sveglia sul comodino e la situazione non era cambiata di una virgola. Affatto. Forse era addirittura peggiorata. Anzi, a voler essere davvero sinceri, quel forse poteva benissimo essere omesso.
La luce che solitamente di notte illuminava il piccolo patio della villetta, era spenta. Brutto segno. Doveva essere saltata nuovamente la corrente e non sarebbe tornata fino all’indomani mattina quando qualcuno, armato di molta buona volontà, avrebbe riattivato il generatore ai piedi della collinetta. Questo disguido le precludeva ogni possibilità di lavorare su qualche nuovo automail, attività che le avrebbe almeno permesso di ingannare il tempo e far passare più velocemente quella notte che sembrava infinita. Per sua sfortuna la situazione continua a peggiorare. 
Ora l’unica cosa che le rimaneva da fare era dormire. Sicuramente più facile a dirsi che a farsi. Sembrava pressoché impossibile in quel momento, con l’acqua che scrosciava violentemente sulle finestre e il vento che faceva battere ritmicamente i rami degli alberi contro il tetto.
In realtà una soluzione c'era.
Forse, se avesse avuto più coraggio … No! Che idea ridicola.
Eppure…
L’ennesima luce abbagliante illuminò a giorno la stanza polverosa, e il forte rombo che la seguì spinse la ragazza a rifugiarsi nuovamente sotto le coperte.
Maledizione! Non era più una bambina, avrebbe dovuto smettere di aver paura.
E pensare che quando quella sera le prime gocce di pioggia avevano iniziato a cadere ne era stata addirittura felice: Edward avrebbe dovuto rimandare la partenza al giorno dopo; sarebbe rimasto più tempo con lei. Avrebbero potuto parlare e confrontarsi. In realtà a lei bastava anche meno. Anche la sua sola presenza.
La speranza di poter chiarire con lui il furioso litigio di qualche ora prima, però, veloce come era arrivata era scomparsa. Spazzata via dalla porta sbattutale violentemente in faccia dal giovane Elric che si era immediatamente ritirato nella sua camera intimando a tutti di non essere disturbato. Così lei si era ritrovata seduta tra Greed e Darius, alla ricerca delle forze necessarie per ingoiare una cena divenuta improvvisamente indigesta. Poi era iniziato il temporale.
Insomma, la degna conclusione di una giornata orribile.

Un tuono più forte dei precedenti, la fece tornare prepotentemente al presente. Era semplicemente ridicolo. Era rimasta orfana all’età di sette anni, lavorava ogni giorno con pesanti attrezzi meccanici, aveva viaggiato per il paese, visto con i suoi occhi la cattiveria degli uomini rischiando più volte la sua stessa vita, aveva persino rischiato di sparare per uccidere e nonostante tutto ciò aveva paura di uno stupido temporale. Un futile, insulso, temporale. Assurdo!
Ma era più forte di lei. Fin da quando era bambina, la luce accecante e i forti rimbombi avevano la capacità di paralizzarla e terrorizzarla all’inverosimile. E pensare che per riuscire a dormire le sarebbe bastato compiere qualche passo e aprire un paio di porte. Lui era lì... così vicino...
No.
L’avrebbe cacciata. O peggio, se ne sarebbe andato, come aveva fatto poche ore prima. Come faceva ogni volta, lasciandola sempre irrimediabilmente sola ad aspettarlo. Si rigirò nel letto per l’ennesima volta portandosi le ginocchia al petto, sperando che la tempesta passasse il più velocemente possibile.
Aveva quasi finito di passare in rassegna tutte le chiavi inglesi che teneva nel secondo cassetto della sua scrivania – contare mentalmente i suoi attrezzi le aveva sempre conciliato il sonno – quando un boato simile allo scoppio di un’arma da fuoco la fece saltare in piedi. Un fulmine doveva essere caduto particolarmente vicino all’abitazione per provocare un frastuono del genere. I vetri ancora tremavano. A quel punto guardarsi intorno, lasciar cadere le lenzuola e spalancare la porta della camera, fu un unico movimento compiuto nell’arco di 5 secondi netti.
 
Un sospiro le uscì dalle labbra mentre faceva scorrere lo sguardo lungo tutto il corridoio mal illuminato. Spostò il peso da un piede all’altro frustata: terza porta a destra iniziando a contare dalla sua. Non era lontano. Allora perché le sembrava che a dividerli ci fosse un abisso?
Un rumore improvviso la fece sobbalzare. E se uno degli ospiti della casa si fosse svegliato? Non poteva rimanere ancora a lungo in quella posizione. Gettò un ultimo sguardo alla porta dietro di lei. Il pensiero della solitudine racchiusa lì dentro fu sufficiente a farla muovere. Cercando di fare meno rumore possibile, percorse velocemente il corridoio e con decisione abbassò la maniglia d’ottone, infilandosi subito dopo nell’apertura creatasi. Voltò lo sguardo in direzione del letto e si chiuse la porta alle spalle. La sensazione di aver chiuso l’intero mondo fuori fece apparire la camera ancora più piccola di quello che in realtà era. Eppure lei non si sentiva in trappola. Anzi, tutto il contrario.

Edward dormiva supino, il braccio d’acciaio ripiegato dietro la testa e quello in carne ed ossa abbandonato lungo un fianco. Era senza maglietta, le lenzuola accartocciate in una massa informe ai piedi del letto. Il fiato, che aveva inconsapevolmente trattenuto fino a quel momento, le uscì tutto d’un colpo provocando un leggero sibilo. Guardò ancora una volta dietro di sé, come se la vecchia porta in legno potesse infonderle un qualche tipo di coraggio, per poi decidersi ad avanzare lentamente verso il ragazzo.
Avrebbe dovuto svegliarlo?
Per dirgli cosa poi?
“Ed, ho paura del temporale, posso dormire con te? Sai mi sento al sicuro solo al tuo fianco perché sono innamorata di te” suonava già ridicolo nella sua mente, figurarsi dirlo ad alta voce. Come minimo le sarebbe scoppiato a ridere in faccia.
No. Assolutamente no. Non si sarebbe umiliata fino a quel punto. Si sarebbe semplicemente sdraiata al suo fianco – senza toccarlo – e avrebbe dormito. L’indomani mattina sarebbe sgattaiolata di nuovo nella sua stanza e nessuno si sarebbe accorto di niente. Sentì il sangue fluire velocemente verso le sue guance quando i suoi occhi si posarono nuovamente sul profilo del ragazzo addormentato. A quanto pare dall'ultima volta che lo aveva visto non aveva guadagnato solo in altezza.
Sì, era decisamente la soluzione migliore. Il suo amor proprio - il suo orgoglio - ne sarebbe uscito indenne. Il suo cuore forse un po' meno. Ma dopotutto quello era abituato a soffrire.

 
***
 
Si era accorto della sua presenza appena aveva infilato la testa nella stanza permettendo così al suo profumo di raggiungerlo. Anche se sarebbe stato più corretto dire inondarlo. Sapone, fiori di campo e metallo. L’avrebbe riconosciuto tra mille. Avrebbe riconosciuto lei, tra mille.
Non aveva aperto gli occhi, sapeva perché era lì, la conosceva da quando aveva poco meno di tre anni, la conosceva bene come se stesso. Come conosceva Al. Ma era curioso di vedere cosa avrebbe fatto. E poi non le doveva niente visto che era colpa sua se aveva saltato la cena ed era rimasto a rimuginare sulle sue parole fino a pochi minuti prima. I sensi di colpa lo avrebbero tormentato ancora per molto, ne era sicuro. Dal suo punto di vista una rivincita era più che meritata.
Tutto si aspettava, però, fuorché la ragazza si arrampicasse sul suo letto per scavalcarlo e sdraiarsi al suo fianco. Senza toccarlo. Credeva che volesse parlargli per distrarsi dal brutto tempo, forse che volesse approfittare dell’occasione per riprendere il discorso lasciato precedentemente in sospeso. Era testarda come un mulo quando ci si metteva. Lui a quel punto avrebbe fatto finta di dormire, giusto per farla penare un po', e poi le avrebbe fatto compagnia.
Non aveva minimamente contemplato l'idea che facesse una cosa del genere. Ora il suo profumo era ovunque. Probabilmente si era infiltrato anche nel suo cervello poiché iniziava ad avere difficoltà a collegare le sinapsi. Da quello che poteva percepire senza aprire gli occhi, doveva essersi sdraiata a qualche centimetro dal suo fianco destro. Abbastanza vicina per poterla percepire ma non abbastanza per poterla sentire veramente.
Rimase immobile ancora qualche minuto in attesa della mossa successiva della ragazza che però non compì. Niente di niente. Era rimasta immobile. Calma totale. L'unico rumore, il suo respiro leggermente accelerato.
Perché non si muoveva? Perché non faceva niente? Che volesse semplicemente rimanere così? Che le bastasse rimanere così? E a lui, bastava rimanere così? Vicinissimi eppure lontani.
Nonostante di emozioni e sentimenti se ne intendesse meno di zero sapeva benissimo quale fosse la risposta. E non era sicuramente positiva.
 
Dopo altri minuti, che parvero ore, di immobilità e respiri mal trattenuti decise che ne aveva abbastanza e che dopotutto era lei che si era intrufolata di soppiatto nel suo letto; se proprio qualcuno doveva sentirsi in imbarazzo, non toccava di certo a lui. Lentamente aprì prima un occhio e poi l’altro, trovandosi di fronte la schiena della ragazza ricoperta da una sottile vestaglia. Si sentì avvampare di colpo e dovette utilizzare tutta concentrazione a sua disposizione per rimanere fermo immobile.
Anche se non fosse stato un alchimista provetto - il migliore in circolazione - avrebbe comunque percepito un notevole aumento di temperatura nella stanza.
Sempre sull’onda di queste e delle precedenti riflessioni, Edward, si disse che se probabilmente prima il profumo gli aveva semplicemente confuso il cervello, ora sicuramente l’alta temperatura glielo aveva definitivamente fritto. Non trovava, infatti, altre spiegazioni logiche per l’improvviso coraggio che lo invase. Forse se il ragazzo fosse stato solo un po’ più esperto di sentimenti, e di tutto ciò che riguardava il campo amoroso, avrebbe facilmente capito che quello che lo animava e lo spingeva a comportarsi in maniera così “strana” era semplice desiderio.
 
***
 
Era stata davvero brava, campionessa mondiale del salto dell'Edward, lo aveva a malapena sfiorato. Era stata un’ardua impresa resistere alla tentazione di abbracciarlo e affondare il viso nell’incavo del suo collo, ma alla fine ce l’aveva fatta. Il temporale, ormai, era solo un suono in sottofondo, sovrastato dal ben più forte – per lei – battere del suo cuore. Ora doveva solo rilassarsi e cercare di dormire.
Non aveva fatto in tempo a formulare questo pensiero che due braccia la intrappolarono in una morsa d’acciaio. Fisicamente e metaforicamente. Le sembrò che l’aria della stanza fosse stata improvvisamente risucchiata.

‹‹Win››
Il sospiro di un ragazzo per quella che era da sempre la sua più cara amica. Il desiderio di un uomo per la donna amata. L’esclamazione di vittoria di colui che da vinto diviene improvvisamente vincitore. Poco più di un sussurro che nel silenzio della notte sembrò urlo.
‹‹Ed … io …›› non le lasciò nemmeno il tempo di cercare di mettere insieme qualcosa che fosse più di una sconclusionata accozzaglia di sillabe e suoni. Con estrema facilità la trascinò contro il suo petto stringendosela leggermente addosso. Un sospiro di soddisfazione malcelata gli sfuggi dalle labbra e solleticò il collo alla ragazza provocandole una serie di brividi lungo tutta la spina dorsale.
Nessuno dei due seppe per quanto rimasero in quella posizione, immobili come statue, tentando inutilmente di controllare quel muscolo involontario che sembrava stesse disperatamente cercando di far capire loro qualcosa che in una vita di amicizia non avevano mai avuto il coraggio di confessarsi.
Visto il misero fallimento su tutta la linea del suo piano, che ora no, non poteva più definire tanto geniale, Winry pensò che ormai il danno era fatto e che se proprio doveva perdere la faccia che almeno lo facesse bene. Lentamente si voltò e, avvicinandosi ancora di più di quanto credeva possibile, affondò il volto nella clavicola del ragazzo, stringendosi a lui.
‹‹Ho paura›› ammetterlo fu più facile di quanto pensasse e improvvisamente si sentì un po’ più leggera.
‹‹Lo so›› non si aspettava una risposta dal giovane, per questo tentò di sollevare la testa per poterlo guardare in viso ma lui glielo impedì stringendosela ancora di più addosso, quasi volesse farla sparire all’interno del suo petto. Non stavano più parlando solo del temporale.
‹‹Tornerò a casa Win, con Al e i nostri corpi. Non gli permetterò di vincere›› da ogni sillaba traspariva la cieca determinazione di chi è disposto a tutto pur di raggiungere i propri obbiettivi.
Nessuno disse più nulla e il silenzio tornò sovrano nella piccola stanza.
Solo dopo parecchi minuti, convinto che finalmente la ragazza si fosse addormentata, Edward si permise di rilassarsi ‹‹Tornerò sempre da te, è una promessa››.
E finalmente anche Winry si rilassò chiudendo gli occhi, pronta a cadere nelle tanto agognate braccia di Morfeo. Ed aveva promesso. Ed Edward Elric manteneva sempre promesse fatte.


Author's corner
Questa storia mi è venuta in mente durante la visone dell'episodio 46 durante uno dei miei milionesimi rewatch. Non è niente di paricolare, una piccola One-Shot senza grandi pretese, ma nonostante ciò spero l'abbiate apprezzata comunque e mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate. Se vi fa piacere potete dirmelo con una piccola recensione qui sotto.
A presto!
xoxo JA
  
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