22/01/2019
3 recensioniDal suo mondo
– my reason to live.
«La vendetta non te la restituirà mai!»
«Non importa.»
«Non importa.»
Non importava, no. Cosa poteva importare, in quel frangente, a quello che non ebbe scrupoli a definirsi il più grande fallimento della carriera del dottor Gerald Robotnik? Niente. Non gli importava più niente di niente. Tutto aveva smesso di avere un senso da quel maledetto giorno di cinquant’anni prima, da quel dannato istante in cui gli spari e le urla avevano inquinato le pareti della Space Colony ARK, e per questo il mondo doveva pagare, sì, doveva pagare per essersi macchiato del suo sangue. Del sangue di Maria, Maria che aveva gli occhi di sole e la fame di quel mondo ignobile. Una fame vorace, dirompente, quasi incontenibile in quel corpicino minuto e tradito dalla sua stessa carne. Guardava la Terra attraverso il vetro, Maria, i ditini pugnalati dalla piccola sensazione di gelo a contatto con la superficie fredda, il sorriso smanioso di impazienza che la faceva tremare di eccitazione ogni singola volta che volgeva la sua figura a quel pianeta così misterioso e invitante.
Sembrava ancora più piccola ed indifesa quando, in quei momenti, soleva poi girarsi improvvisamente verso di lui e squillare un entusiasta: «Un giorno la visiteremo insieme!» Dopodiché rideva. Rideva di una risata talmente limpida e priva di ombre da parere ultraterrena. E Shadow allora, di riflesso, veniva investito dalla consapevolezza che quella risata potesse tranquillamente essere la cura di ogni male. Ma allora perché, diamine, perché lei non guariva?
E poi, quel giorno, l’orrore le aveva spezzato il sole negli occhi. Sì, gliel’aveva ucciso e poi gliel’aveva strappato via. Lui vi aveva assistito, impotente e distrutto quanto quella vita piegata da situazioni al di sopra del suo controllo.
I suoi occhi già non brillavano più quando, allo stremo delle forze, aveva formulato fiocamente quel: «Visita la Terra per me e proteggi i suoi abitanti…», no, non brillavano più. Si erano spenti, spenti per sempre. Per sempre. Erano diventati vuoti, oscuri come lo era lui. Lui che un po’, solo un po’ – lo ammette –, si era sentito luce con lei accanto. Lui che non aveva capito il senso della sua esistenza, prima di incontrare il suo sguardo. Lui che arse di rabbia, dolore e rimpianto nel medesimo istante in cui l’altra andava a scomparire permanentemente dalla sua visuale – dal suo mondo.
Lui che adesso stringeva le membra lesionate ma brucianti di determinazione di Chris sotto l’occhiata comprensiva di Mister Tanaka e quella sollevata di Amy. Lui che si era immerso in quello sguardo limpido e vi aveva dissotterrato lei, assieme ai suoi occhi di sole e alla sua fame di mondo.
Una fame di cui quel mondo aveva sempre avuto bisogno, in fin dei conti.
Sembrava ancora più piccola ed indifesa quando, in quei momenti, soleva poi girarsi improvvisamente verso di lui e squillare un entusiasta: «Un giorno la visiteremo insieme!» Dopodiché rideva. Rideva di una risata talmente limpida e priva di ombre da parere ultraterrena. E Shadow allora, di riflesso, veniva investito dalla consapevolezza che quella risata potesse tranquillamente essere la cura di ogni male. Ma allora perché, diamine, perché lei non guariva?
E poi, quel giorno, l’orrore le aveva spezzato il sole negli occhi. Sì, gliel’aveva ucciso e poi gliel’aveva strappato via. Lui vi aveva assistito, impotente e distrutto quanto quella vita piegata da situazioni al di sopra del suo controllo.
I suoi occhi già non brillavano più quando, allo stremo delle forze, aveva formulato fiocamente quel: «Visita la Terra per me e proteggi i suoi abitanti…», no, non brillavano più. Si erano spenti, spenti per sempre. Per sempre. Erano diventati vuoti, oscuri come lo era lui. Lui che un po’, solo un po’ – lo ammette –, si era sentito luce con lei accanto. Lui che non aveva capito il senso della sua esistenza, prima di incontrare il suo sguardo. Lui che arse di rabbia, dolore e rimpianto nel medesimo istante in cui l’altra andava a scomparire permanentemente dalla sua visuale – dal suo mondo.
Lui che adesso stringeva le membra lesionate ma brucianti di determinazione di Chris sotto l’occhiata comprensiva di Mister Tanaka e quella sollevata di Amy. Lui che si era immerso in quello sguardo limpido e vi aveva dissotterrato lei, assieme ai suoi occhi di sole e alla sua fame di mondo.
Una fame di cui quel mondo aveva sempre avuto bisogno, in fin dei conti.
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