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Autore: Enedhil    29/01/2019    1 recensioni
Passo uno: impara le regole.
Passo due: studia gli avversari.
Passo tre: gioca.
Passo quattro: infrangi le regole.
Passo cinque: arrenditi.
Ora, tuttavia, toccava a Thor muoversi e il Dio dell'Inganno non si sorprese nel vederlo avanzare fino a sé. Si guardarono in silenzio per un momento, entrambi con un calice pieno nella mano. Dei sorrisi aleggiavano sulle loro labbra. Aspettativa, agitazione, curiosità, eccitazione.
«Bacia o uccidi, fratello,» enfatizzò allora Loki, allargando le braccia sui lati per esporsi alla sua decisione. «Tocca a te.»

[Prequel di “More Than A Word”]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fandral, Loki, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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MORE THAN A GAME



Passo uno: impara le regole

All'inizio era sempre divertente. Vederli arrivare uno dopo l'altro nella sala, eccitati e pronti a giocare, assistere a come si sceglievano e dividevano nei gruppi che avrebbero preso posto attorno ai tavoli, sui quali erano pronte le scacchiere. Le anfore col vino a portata di mano, i calici che presto si sarebbero riempiti per seguire quelle semplici regole che tutti conoscevano, implementate dalle aggiunte che lui aveva stabilito per rendere le Serate dei Giochi più interessanti.
All'inizio era sempre divertente. Le prime risate, i primi scontri, le prime vittorie e i primi sconfitti. Lui amava i momenti in cui i giocatori venivano messi alle strette. Quegli istanti in cui uno di loro si sentiva braccato, in cui si ritrovava circondato e non poteva far altro che scegliere: fedeltà o tradimento.
Girava tra i tavoli, solo per soffermarsi a quelli in cui qualcuno stava per essere ucciso. E lì rimaneva a fissare la scena, l'indecisione, l'insolenza, la stoltezza, mentre il vino scorreva nelle gole dei partecipanti e sui loro abiti, quando la sentenza di morte sul tabellone da gioco prendeva forma su chi l'aveva subita.
Le chiamava Serate dei Giochi, sì, eppure raramente Loki sedeva a giocare con qualcuno. Non gli interessava farlo, non più. Il tempo in cui cercava di unirsi a un gruppo, in cui voleva essere accettato per partecipare alle avventure fuori dal palazzo, era iniziato e finito con la sua giovinezza. Per un po' era stato bello, prima di capire che essere lasciato indietro non era più un evento saltuario, bensì una costante.
All'inizio era sempre divertente, ogni cosa lo era. Ma poi tutto cambiava.

Delle grida adirate, il rumore di un'anfora che si frantumava sul pavimento e una serie di risate, provenienti dall'altro angolo della sala, attirarono la sua attenzione. Alzò una mano per fermare le due guardie che teneva di scorta all'ingresso, nel caso in cui ci fossero dei comportamenti intemperanti da placare. La situazione tornò alla normalità un attimo dopo, quando un giovane si rialzò di scatto, provocando la caduta della sedia, per poi andarsene con qualche imprecazione e lasciare così il posto a un altro.

Fu allora che li vide passare lungo il corridoio, proprio dietro al giocatore che aveva appena lasciato il tavolo. Rallentarono tutti e cinque, sghignazzando tra loro, poi Hogun e Sif tirarono dritti, lasciando indietro gli altri. Thor e Fandral si fermarono a osservare cosa stava succedendo nel salone, e Loki incontrò i loro sguardi. Lo stavano già giudicando, dietro a quei sorrisini sprezzanti e all'atteggiamento indifferente. Volstagg lo degnò solo di un'occhiata, invece, prima di dire qualcosa al futuro re di Asgard e trascinare via con sé l'altro guerriero, un braccio gettato amichevolmente sulla sua spalla.
Loki tornò a guardare le scacchiere e proseguì tra i presenti, fino a giungere al tavolo imbandito per l'occasione con cesti di frutta e dolci, insieme a decine di anfore piene. Si versò del vino e quando prese il calice avvertì una presenza alle spalle. Allora accennò un sorriso, fingendo una certa sorpresa quando si voltò verso di lui. «Già di ritorno? Credevo aveste programmato di restare fuori l'intera notte.»

«I piani sono cambiati,» replicò Thor, continuando a guardarsi attorno con l'espressione interessata e confusa. «Il cavallo di Sif si è ferito a una zampa sul fiume e abbiamo deciso di rientrare.» Indicò i tavoli con una debole risata. «Hnefatafl, fratello? E che razza di variante hai introdotto? Non ricordo che servisse del vino o che ci si baciasse.»

Loki avvicinò il calice alle labbra, senza però bere. «Tu non ricordi nemmeno le regole di base, per questo vincevo sempre io.»

«Le conosco quelle, ma tu imbrogliavi!»

«Disse colui al quale Madre doveva bisbigliare all'orecchio di muovere i pezzi in diagonale a ogni singolo turno.»

«Si muovono solo diagonalmente, lo so.»

«No, è vietato muoverli in diagonale.»

Thor fece subito una smorfia e alzò gli occhi al soffitto, e Loki rise, scuotendo la testa. «Bacia o uccidi,» aggiunse allora, con una luce soddisfatta sul viso. «Quando un pedone viene chiuso tra due pezzi, non è automatica la cattura per consegna. Chi lo ha chiuso può scegliere se ucciderlo subito, e quindi versargli addosso il vino, oppure baciarlo per cercare di portarlo nel proprio schieramento. Nel secondo caso, tocca al pedone catturato scegliere se tradire il proprio gruppo e passare al nemico, oppure se ribellarsi e uccidere a propria volta.»

«È subdolo e meschino!» commentò il Dio del Tuono, accennando però una risatina allibita. «Tradire i propri compagni per la promessa di altri baci?»

«È strategia,» lo corresse Loki, indicandogli con la mano con cui teneva il calice un tavolo vicino, dove una ragazza stava baciando uno degli ultimi rimasti della squadra avversaria. «È così divertente vedere come si tradiscono a vicenda. All'inizio sono tutti amici e poi si pugnalano alle spalle al primo bacio. Direi che è quasi istruttivo restare a guardarli mentre il loro vero essere esce allo scoperto in giochi apparentemente così semplici.»

Thor corrucciò la fronte e scosse la testa. «Usi il nostro popolo per sollazzarti a loro insaputa e mettere alla prova le tue teoria sulla loro natura?»

Il Dio dell'Inganno trattenne all'ultimo un sorriso palese per quella insinuazione e guardò il fratello negli occhi, ostentando un'espressione innocente e stupita. «È solo un gioco! Loro si divertono, io mi diverto, ci divertiamo tutti.» Si fermò un istante, per poi aggiungere sottovoce: «Ma tu di' a Madre che sto giocando con questi cambiamenti e io racconto a Padre che il suo balcone preferito non è caduto da solo per un cedimento della struttura, ma è stato uno dei tuoi fulmini a colpirlo.»

Non si guardarono. Entrambi restarono a fissare i giovani ancora intenti a scontrarsi, e solo dopo un lungo momento Thor riprese, col chiaro intento di ignorare quanto era stato detto fino ad allora.
«È uno spreco di vino, guarda!»

Quella minaccia funzionava sempre, Loki ormai lo sapeva.
«Non eri nemmeno qui per berlo. Cosa ti interessa?» Gli lanciò solo un'occhiata e poi tornò a guardare davanti a sé, anche quando il fratello gli si avvicinò di più per parlargli, come se non volesse farsi sentire.

«Mi dispiace, ma sai come sono gli altri. Volstagg avrebbe iniziato a fare battute, tu ti saresti offeso e l'atmosfera si sarebbe rovinata.»

Annuì tra sé. Ovviamente sarebbe stata sua la colpa, come sempre. Una delle valide ragioni per non farlo andare con loro. Erano ancora ragazzi quando aveva iniziato a segnarsele, e oramai l'elenco era così lungo e ripetitivo da riempire più di un foglio.
«Sì, sì lo capisco.» Strinse i denti, cercando di controllare l'irritazione e la voglia di rispondere come l'altro si sarebbe meritato, ma erano in mezzo a decine di persone e non sarebbe stato onorevole, per i due figli di Odino, farsi vedere da tutti mentre litigavano come bambini capricciosi.
Sentì però la mano di Thor sulla propria e presto si ritrovò senza il calice tra le dita.
Per un attimo fu tentato di lasciarlo bere. Oh, quanto sarebbe stato spassoso vedere il magnifico Dio del Tuono con i sensi e le percezioni alterate dalla polvere che aveva mischiato al vino. Un trucco semplice che non aveva effetti collaterali, se non quelli di abbassare la guardia e rendere l'atteggiamento più disinibito. Aspettò di vederlo poggiare il bordo del calice alle labbra, ma poi sospirò e gli afferrò il polso per fermarlo.

A Thor non servì una spiegazione, lo capì di sicuro dal suo sguardo. Guardò il liquido vermiglio e poi di nuovo lui. «Cosa hai messo nel vino?»

«Mmm... qualcosa di innocuo, te lo assicuro.»

«È quel “qualcosa di innocuo” che mi è costato un mese di punizione quando avevo dieci anni?»

«Non ti ho detto io di correre per la sala del trono gridando quelle cose su Padre! Non ti crea dei nuovi pensieri, te li fa solo esternare.» Loki alzò le spalle e osservò divertito il fratello che appoggiava il calice con un sospiro rassegnato. «Vuoi giocare? Si sono liberati molti posti.»

«No, Fandral e Volstagg mi stanno aspettando.» Thor prese uno dei dolci rotondi che creavano una piramide sul vassoio e in due morsi lo finì. «A domani.» Ne rubò un altro e si avviò verso l'uscita laterale.

Allora Loki lo seguì, senza fretta, consapevole che gli sarebbe bastato solamente toccare i tasti giusti per trattenerlo, per convincerlo a restare. Il vero motivo per cui volesse farlo, tuttavia, continuava a essere nascosto tra il desiderio di vincerlo, almeno su una scacchiera, e quello di metterlo in difficoltà davanti a tutti.
«Puoi far venire anche loro. Al nostro caro Fandral piace questo gioco, ne sono sicuro.» Ottenne soltanto uno sbuffo divertito. Ma non poteva dirsi stupito. Thor non capiva. Mai. Era troppo pieno di sé per vedere qualcosa che non lo riguardasse.

«Non fa per loro. Conoscono le regole ancor meno di me. Ma questi... questi sono buoni!» Il Dio del Tuono rallentò solo per voltarsi e farsi vedere da lui mentre mangiava anche l'altro dolce, con un sorriso compiaciuto.

Loki aprì bocca per ribattere altro ma all'ultimo si trattenne, deglutì e alzò la voce per richiamarlo con un tono diverso, pungente, diretto. «Ancora non riesci a vederlo? Ti cercano, ti seguono, ti lusingano solo per quello che diventerai. E tu ti stai beando di tutto questo come se fosse reale. Stai affondando in una vasca di miele e non ti accorgi di quanto sia vischioso.»

«Che cosa stai dicendo? Sono miei amici.»

«Lo sono, fratello? Lo sono davvero? Si professavano anche miei amici, eppure da quando nostro Padre ha comunicato ufficialmente la sua decisione di consegnare a te il trono, nel momento in cui lo riterrà opportuno, la mia presenza non è più stata necessaria, né tanto meno gradita.»

Thor piegò le labbra in un sorriso tirato e tornò verso di lui, la voce ancora bassa e profonda, in cui iniziava a percepirsi un graffiante malanimo. «Parli di sciocche convinzioni, Loki. Da tempo sei tu quello che si trova costantemente in disaccordo con loro, che provoca scontri e che ha sempre una parola ostile nei confronti di chiunque. Preferiscono la mia compagnia perché di me si fidano. Non ha niente a che vedere col trono.»

«La fiducia è un fantasma, fratello. Sai che è alle tue spalle, in un angolo buio. Credi di vederla riflessa nello specchio in cui ti stai guardando, ma quando ti volti... è svanita. O non è mai stata lì.» Il Dio dell'Inganno sostenne il suo sguardo e sorrise nel vedere il dubbio crescere, mettere radici là dove c'erano le fondamenta di pietra della certezza. «Quelli che chiami amici sono la tua ombra perché è la luce di nostro Padre a crearla. È la gloria di Odino che bramano, un nome
tra le leggende di Asgard, non la tua compagnia.»

«Smetti di dire così! Sono solo menzogne!»

Loki si sentì spingere all'indietro contro la colonna. In quel punto nessuno avrebbe badato a loro o avrebbe ascoltato il loro diverbio.
Il palmo del Dio del Tuono continuava a premere sul suo petto, e la forza di quel gesto era commisurata alla rabbia che stava nascendo negli occhi chiari che lo fissavano. Quale oltraggio doveva essere per lui! Sentirsi messo in discussione e non avere niente di concreto a cui aggrapparsi. Thor poteva anche celarlo dietro all'arroganza e alla prepotenza, ma in realtà era consapevole che la grandezza del suo nome era ingombrante e pesante come il martello che portava. E Loki lo sapeva bene, perché quando erano soli, quando nessuno vedeva o ascoltava, quando non erano più i figli del Padre degli Dei ma solo due menti e due cuori che si parlavano, i piedistalli dorati crollavano e non rimaneva altro che la verità. Fragile, instabile, dolorosa.
«Sai perché ti fa sentire in questo modo?» gli mormorò allora, e percepì le dita dell'altro che si stringevano a pugno sul suo abito. «Perché è vero.»

Thor inspirò una, due, tre volte, sempre più profondamente. Si stava trattenendo, ma l'insolente bisogno di prevalere era lì che spingeva per uscire, bruciava sul suo viso e fiammeggiava in ogni suo respiro. Loki iniziava già a sentire l'illusione di un pugno in pieno volto, il sapore del sangue sulla lingua. Non era proprio il risultato che sperava di ottenere, ma sarebbe andato bene comunque. Qualunque cosa era meglio di una schiena che si allontanava o di occhi che non lo guardavano.

Ma il Dio del Tuono non lo colpì. Non con un pugno, perlomeno. Si sporse verso di lui per sussurrargli a propria volta: «Non sai niente, fratello. Sta' al tuo posto e smettila con questi patetici tentativi di rendermi ostile verso le persone che mi sono vicine. Sei tu ad aver dimenticato cosa significa averne. Sei tu a non volere nessuno accanto da chiamare amico. Tu non hai fiducia e non fai niente per meritarla.» Gli batté qualche colpetto sul petto, prima di proseguire: «Vuoi giocare? Bene. Sei bloccato, ti ho catturato.» Si spostò di scatto per andare davanti alla colonna e prendere uno dei calici pieni, pronti per i giocatori, e poi tornò da lui. Gli gettò immediatamente il vino sul volto e poi alzò la mano in segno di successo. «E io ho vinto.»

Loki sbatté le palpebre mentre il liquido gli colava dal viso, incredulo per quella reazione del tutto inattesa. L'altro era ancora lì, a meno di un passo da lui, con un'espressione trionfante e strafottente. Stava aspettando una sua reazione, perché a Thor non bastava attaccare una volta, no. Non era soddisfatto fino a quando l'avversario era al suolo a supplicare pietà.
Ma Loki non avrebbe supplicato. Al contrario, lo avrebbe colpito così forte da farlo crollare in ginocchio in preda alla confusione su cosa gli fosse successo.
Avrebbe avuto la meglio. Avrebbe vinto lui, a qualunque costo. Non importava come. Non importava quanto avrebbe fatto male. O quanto sarebbe stato pericoloso.
Allungò la mano dietro alla nuca del fratello, strinse le dita tra le ciocche bionde e lo tirò in avanti verso di sé. Quando posò la bocca sulla sua, per un attimo avvertì la morbidezza delle labbra e poi la pressione dei denti dietro a esse. Spinse di più quando un'imprevista ondata di calore gli investì la gola e il petto. Spinse fino a rendere quello che doveva essere un bacio una morsa quasi dolorosa. Mantenne gli occhi spalancati, non per propria volontà, ma perché le palpebre si rifiutavano di abbassarsi, consapevoli che, se l'avessero fatto, avrebbe significato perdere un po' comunque. Fu così che vide invece quelli del futuro re del Regno Eterno chiudersi, nell'attimo in cui soffiò il respiro caldo, che aveva trattenuto fino ad allora, sulla sua guancia.

Thor profumava ancora di erba e acqua. Di potere, superbia e libertà. E segreti. Glieli sentiva addosso già da anni, li sentiva indugiare tra le sue parole e i suoi silenzi. E li avvertì ancora di più negli istanti che trascorsero prima che il fratello reagisse.

Il Dio del Tuono gli mise ancora una mano sul petto, non per allontanarlo da sé, ma per allontanare se stesso da lui. Si divincolò con la testa dalla presa che ancora lo bloccava e indietreggiò.

Si guardarono negli occhi e Loki scoppiò a ridere all'improvviso, senza quasi accorgersene, senza averlo previsto. Si portò una mano alla bocca per zittirsi, ma il suo corpo continuava a essere scosso dalla risata, che crebbe ancora di più quando Thor abbassò lo sguardo in preda al panico, allo sgomento, alla confusione, e si voltò per andarsene rapidamente dalla sala.
Continuò a ridere e si lasciò scivolare sul pavimento, la schiena contro la colonna, lo sguardo fisso dove il fratello era fuggito. Nello spostare il palmo, si fece scivolare l'indice sulle labbra e allora se le lambì con la punta della lingua. Il sapore del vino era ancora lì, insieme a quello dello zucchero che gli aveva lasciato la bocca dell'altro. Si trovò a sussultare per un'altra risata trattenuta e quando appoggiò il braccio al ginocchio piegato, vide alcuni capelli dorati che erano rimasti intrappolati tra le sue dita. Il respiro gli si fece più veloce e il cuore tradì la sua apparente calma con un battito frenetico. Cosa aveva fatto?

 
**  Continua ** 
   
 
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