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Autore: eiden    19/07/2009    2 recensioni
Erano anni che non piangeva.
Forse non piangeva da tutta la vita, nemmeno lei si ricordava quando era stata l’ultima volta che si era lasciata andare.
Un Von Karma non piange.
Un Von Karma non si lascia andare.
Un Von Karma non può, e basta.
Perché un Von Karma è perfetto.
I pensieri di Franziska alla fine di Justice for All.
[Prima classificata al concorso di fanfiction indetto dal forum ufficiale di Phoenix Wright]
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Franziska von Karma
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Le lacrime scorrevano sulle sue guance pallide quasi faticosamente, come se quel liquido trasparente e bruciante fosse in realtà sabbia, graffiante, incandescente, come se fosse velenoso.

Erano anni che non piangeva.

Forse non piangeva da tutta la vita, nemmeno lei si ricordava quando era stata l’ultima volta che si era lasciata andare.

Un Von Karma non piange.

Un Von Karma non si lascia andare.

Un Von Karma non può, e basta.

Perché un Von Karma è perfetto.

Sempre e comunque.

E lei? Chi era lei? Che cos’era lei?

Lei era una Von Karma.

E come tale si comportava, come tale aveva sempre seguito suo padre verso quell’eterno ideale di perfezione.

E Franziska?

Franziska, dentro di lei, moriva.

Ogni giorno un pezzetto di lei si seccava, si sbriciolava, lentamente, dolorosamente, rumorosamente.

Ma lei non sentiva.

Lei non voleva sentire.

Perché se l’avesse fatto si sarebbe lasciata andare.

E un Von Karma non può.

E basta.

Si era rassegnata subito al suo ruolo.

In realtà fin da quando aveva memoria, lei era sempre, sempre, sempre additata come l’erede di Von Karma, un futuro procuratore temibile quanto il padre. Era talmente abituata a sentirsi indicata in quel modo che non aveva mai nemmeno avuto il sentore di un’altra possibile scelta. Suo padre le aveva detto, fin da quando era bambina, che il suo compito per essere una buona e brava figlia era seguire le sue orme.

E così era stato.

Perché lei voleva così disperatamente essere una buona e brava figlia, tanto buona e brava da meritare l’affetto di tutti.

Condizionata, soggiogata, completamente sottomessa alle decisioni di quell’uomo così forte, che caricava di così pesanti aspettative una bambina di soli sei anni.

Ma a lei stava bene così.

Era contenta.

Perché lo ammirava sinceramente.

E questo non faceva che farla soffrire, continuamente contrapposta tra quel sentimento e la malsana gelosia che la afferrava ogni volta, ghermendola con artigli che sembravano di ghiaccio.

Perché crescendo se n’era accorta, se n’era accorta subito, di quella cosa che la stava mangiando da dentro, quella strana morsa che l’afferrava e le faceva mancare il respiro, preda di una sensazione così potente da annullarla; lei, così piccola da non capire ancora che pericoloso mostro fosse.

La figlia di Von Karma.

L’erede di Von Karma.

Il genio Von Karma.

E Franziska?

Franziska, dentro di lei, moriva.

Ricacciata sempre più a fondo, nascosta, al buio, sotto strati di frammenti di sentimenti. Quei sentimenti con cui cercava di soffocarla, di ucciderla.

Perché la voleva morta.

Voleva che morisse. Non voleva più soffrire.

…più soffrire…

Voleva essere perfetta. Voleva essere perfetta per suo padre.

Perché la guardasse con orgoglio, con amore. Perché le facesse una carezza sulla testa, un abbraccio.

Povera piccola illusa Franziska, lui non ti vorrà mai più bene di così!

Quella voce che la tormentava, che cercava di farla cadere ogni volta. La reprimeva sempre, di sicuro era Franziska, l’inutile Franziska non-perfetta che si voleva vendicare. Sì, era colpa sua!

Non lo sapeva, lei, povera anima anelante solo un po’ di calore, che Franziska era quasi morta, che quella voce era di qualcuno, o qualcosa, ben più forte di quella bambina che cercava a tutti i costi di uccidere.

E poi il colpo più duro, una stilettata dritta al cuore, una secchiata d’acqua gelida su un corpo che cercava solo di scaldarsi al misero tepore del sole d’inverno.

L’accademia in Germania dove era rimasta rinchiusa per così tanto tempo da averne perso il conto.

E Franziska era morta.

Era morta la voce.

Era morta lei.

Tutto ciò che la muoveva era quella stupida maschera che si era costruita, una Franziska finta, una Franziska marcia.

Ma ogni cosa era meglio del vuoto che sentiva quando la toglieva.

E aveva imparato a non toglierla più.

Franziska la dura.

Franziska che a soli diciotto anni era già procuratore.

Franziska che non perdeva mai un processo.

Franziska. Perfetta.

 

[No, no, no, no, no, era marcia, marcia, non era perfetta, non era Franziska, aiuto, aiutatemi]

 

La frusta, per tenere la gente lontano da lei, da quella maschera fin troppo sottile, fin troppo fragile.

L’espressione strafottente, di una persona che ha il potere nelle proprie mani.

 

[Aiuto, aiutatemi, è buio, è freddo, non lasciatemi qui, papà, ti voglio bene]

 

E poi…

E poi…

 

LUI.

 

La perfezione non esisteva, lei aveva perso.

La perfezione non esisteva, suo padre aveva perso.

La perfezione non esisteva, suo padre era colpevole.

 

[Colpevole, colpevole, COLPEVOLE!]

 

Per cosa aveva combattuto? Per cosa?

 

[La perfezione non esiste]

 

Non poteva essere più un procuratore. Non poteva rimanere, poteva solo scappare. Scappare come aveva sempre fatto, perché era troppo doloroso rimanere.

 

[La perfezione non esiste]

 

Mio padre ti ha sempre voluto molto più bene che a me. Perché tu, a differenza di me, eri perfetto.

Sono sempre stata nella tua ombra. Perché io non riuscivo a essere migliore di te.

Ma io non voglio più stare nella tua ombra Miles Edgeworth.

Io ti odio.

 

[Papà, guardami]

 

Ti odio perché sei sempre stato migliore di me e papà ti voleva sempre più bene che a me.

 

[PAPA’ GUARDAMI, SONO IO, FRANZISKA!]

 

Io volevo solo diventare perfetta per te, papà.

 

[Perché non mi vuoi bene, papà?]

 

Ma la perfezione non esiste

 

[LA PERFEZIONE NON ESISTE!]

 

Questa maschera…

E’ inutile…

 

E poi eccole, che cadono, le lacrime. Fanno male, bruciano, non mi fanno respirare. Non ricordavo nemmeno il loro sapore, è salato, pizzica sulla labbra screpolate.

 

Eppure stanno lavando via un pezzettino alla volta quella maschera malefica, quella maschera velenosa, marcia, che stava cercando di uccidermi. E poi lo sento, il pianto di una bambina…

Franziska…

Non sei morta…

Devo ricominciare…

Da sola…

Miles Edgeworth…

La nostra battaglia…

Comincia solo ora.

 

Forse un giorno riuscirò a diventare Franziska Von Karma.

Ma per ora sono Franziska.

Solo Franziska.

Piacere.

  
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