Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: stellinabg    08/02/2019    0 recensioni
Questa one shot nasce dall'iniziativa "A Different Choice" lanciata su fb da alcune roleplayer.
Il testo si colloca nella scena del capitolo 113 del manga, in cui Armin e gli altri ragazzi sono rinchiusi in prigione. Gli ultimi avvenimenti, unito a quello stato di prigionia inaspettato, portano il biondo a perdersi nelle proprie riflessioni.
"Ed ora che si ritrovava in quella cella fredda e umida, nonostante fosse insieme a Mikasa, a Jean e a tutti gli altri, non poteva fare a meno di immergersi completamente in quel tipo di considerazioni, estraniandosi per un momento da quella triste realtà. Come erano arrivati a quel punto? Armin non riusciva proprio a capacitarsene."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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La one shot seguente è nata dal prompt "A Different Choice" che mi è stato lanciato su facebook da un'altra roleplayer e ho deciso di ambientarla nella scena del manga (cap 113), in cui Armin e gli altri sono rinchiusi in prigione.


Armin era sempre stato un tipo riflessivo, un tipo che rimuginava più e più volte su determinate cose, domandandosi se avesse potuto fare di meglio in determinate circostante. A dire la verità, non era nemmeno il tipo da prendere scelte azzardate senza averci riflettuto bene a fondo, quindi stare a pensarci nuovamente a posteriori, poteva risultare sciocco e superfluo. Eppure, puntualmente, si ritrovava immerso in questo tipo di considerazioni, andando a vagliare nuovamente tutte le varie ipotesi, chiedendosi cosa sarebbe successo se, invece di prendere determinate scelte, ne avesse prese delle altre.

Ed ora che si ritrovava in quella cella fredda e umida, nonostante fosse insieme a Mikasa, a Jean e a tutti gli altri, non poteva fare a meno di immergersi completamente in quel tipo di considerazioni, estraniandosi per un momento da quella triste realtà. Come erano arrivati a quel punto? Armin non riusciva proprio a capacitarsene. Gli eventi si erano susseguiti l’uno dopo l’altro senza che avessero realmente il tempo di assimilarli e forse, nonostante avessero agito sempre con giudizio, sembrava che ad un certo punto, avessero perso di vista qualcosa, troppo presi ad accumulare risultati su risultati.

Armin, quindi, ripercorse mentalmente a ritroso tutti gli eventi, ma persino una mente geniale come la sua, non riusciva a capire dove avessero sbagliato, quel che era certo però era che, nonostante le diverse perdite – tra morti e tradimenti -, quel che più aveva sconvolto il fragile animo del biondo era senz’altro la consapevolezza di non avere più Eren al suo fianco, il suo migliore amico dall’infanzia. Il ragazzo con tanti sogni e sempre pronto ad aiutare gli altri non esisteva più e Armin si sentiva uno stupido a non averlo già capito quando, alla notizia della morte di Sasha, Eren non aveva avuto alcuna reazione, come se non gli importasse nulla. Ma l’evento che sicuramente aveva sconvolto maggiormente il biondo era quello avvenuto qualche ora prima perché gli sembrava di essersi scontrato con un perfetto sconosciuto. Che fine aveva fatto l’Eren che conosceva? Quello che, mai e poi mai, avrebbe fatto qualcosa per ferire lui o Mikasa? Cos’era cambiato così all’improvviso? Non riusciva assolutamente a capirlo, ma su una cosa era sicuro: quell’Eren era un’altra persona. Ed era un altro persino quel gigante che aveva raso al suolo le abitazioni di Marley, macchiandosi di così tanto sangue innocente – perché sì, tra le vittime, c’erano anche tanti civili che non avevano alcuna colpa. Quand’era successo esattamente che il suo migliore amico era diventato quel tipo di mostro che per anni aveva condannato?

Più ci rifletteva e più non riusciva a trovare una risposta a quelle domande, così ad un certo punto, si ritrovò a pensare come sarebbe stata diversa la loro vita se Armin, magari insieme a Mikasa, avesse convinto Eren a non entrare nel Corpo di Ricerca. Naturalmente sapeva che il ragazzo, determinato com’era, non avrebbe mai cambiato idea su una cosa del genere; tuttavia, immaginare uno scenario diverso, non poteva essere di certo sbagliato, soprattutto, non se serviva ad estraniarsi, almeno per un attimo, da una realtà che stava diventando fin troppo scomoda e dolorosa da accettare.

Se fossero stati dei semplici civili, tutto quel che aveva a che fare con la Legione Esplorativa da quando ne avevano fatto parte, non li avrebbe riguardati minimamente. Anzi, probabilmente, molte morti sarebbero state evitate: Sasha, il comandante Erwin, la squadra Levi e tutti gli altri che avevano combattuto spinti da un’ideale di libertà che aveva trovato la propria incarnazione in Eren stesso e che, in qualche modo Armin sentiva di aver contribuito a creare e ad alimentare, quando aveva fatto conoscere all’amico – tramite un libro – quel che avrebbero potuto vedere se solo avessero avuto la possibilità di superare quelle mura senza alcun pericolo.
Se fossero stati dei semplici civili, Armin immaginava che avrebbe vissuto un’esistenza spensierata insieme ad Eren e a Mikasa. Rimasti senza alcun parente in vita, probabilmente avrebbero abitato insieme in una piccola casetta di campagna, dividendosi equamente ogni tipo di lavoro, da quelli domestici a quelli nei campi, discutendo di tanto in tanto delle poche notizie che riuscivano a sentire riguardo gli scarsi progressi della Legione Esplorativa; mentre l’oceano, la neve e tutto il resto, sarebbero rimasti solo dei sogni lontani e irrealizzabili, a colorare le loro giornate, altrimenti monotone.

«Armin, tu cosa ne pensi?»
La voce di Jean lo strappò via da quell’immagine serena, riportandolo con i piedi per terra e ad una realtà che ormai era sempre più difficile da accettare, una realtà che aveva contribuito lui stesso a creare con le proprie scelte. A partire da quando aveva deciso di entrare nella Legione Esplorativa, a quando aveva scelto di battersi affinché Eren non fosse eliminato quando era uscito fuori che era un gigante, e tutte le altre decisioni che aveva preso, spinto dai propri sentimenti, dai propri sogni e dai propri ideali.
D’istinto, alzò lievemente le spalle. Era stanco di pensare, era stanco di prendere decisioni. Voleva solo abbandonarsi di nuovo a quell’immagine felice. Nulla di più.

   
 
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