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Autore: JinevraChichiSon    09/02/2019    3 recensioni
Spesso ci inventiamo storie per fuggire dalla realtà. Spesso vorremmo che le situazioni attorno a noi fossero diverse. Spesso non vorremmo conoscere il significato di certe parole.
Spesso le persone che soffrono di depressione non si rendono conto di star male.
I personaggi del mio racconto non esistono, ma questa è la biografia di molte persone.
Genere: Dark, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mia sorella gemella è una vera stronza.
 
Avevo 14 anni quando mi insultò per la prima volta. Si chiamava Lily, i suoi capelli rossi brillavano come fuoco al sole.
 
Era entrata in camera mia. «Non riesci a studiare?» mi chiese «E’ perché sei troppo stupida»

Io la odiavo, non la volevo, se fosse morta sarei stata più felice.

Era sempre lì. Durante le mie interrogazioni la sentivo ridere di me, dal fondo della classe, ogni errore che facevo me lo rinfacciava. l’ansia che provavo per colpa sua era assoluta.
Avevo il terrore di ogni cosa.

Quando uscivo con e mie amiche lei usciva con me. Ogni volta che provavano a confidarsi con me, io non sapevo che dire. Lei sì. Era più brava di me in queste cose.

Conosceva meglio di me ogni cosa, per questo riusciva a correggermi, riusciva a sminuirmi e a farmi del male con il solo sguardo.

Quando venni bocciata alle superiori mi disse che se lo aspettava da me, che ero troppo stupida per potercela fare. Venne bocciata pure lei quell’anno. Ma ebbi come l’impressione che lo fece di proposito, per seguirmi e per continuare ad insultarmi.
Il mio odio verso lei era così grande che non sapevo più cosa fare.

Conobbi un ragazzo, quando di anni ne avevo 15.
Quando ero in giro con lui, lei non comparve mai. Ero felice di questo. Uscire con lui era come una liberazione, Lily se ne stava a casa, da sola, a far maturare la sua rabbia.

«Quanto pensi che durerete?» mi chiedeva quando tornavo «Credi che lui sarà in grado di amarti, di volerti bene? Sei patetica, non te ne rendi conto?» rise così forte da farmi venire i brividi «Prima o poi mi dovrà conoscere»
Nel mio cuore sapevo che aveva ragione, ma se avesse conosciuto Lily, di me non ne avrebbe mai più voluto sapere.

In quel periodo iniziai a lavorare grazie alla scuola. L’inesperienza sul lavoro era palese a tutti. Ma a Lily ancor di più. Ogni errore che commettevo, sentivo il suo sguardo addosso. Iniziai ad aver paura di tornare a casa, perché sapevo cosa sarebbe successo, sapevo gli insulti che mi avrebbe rivolto, sapevo ogni cosa.

Iniziò a tormentarmi anche la notte. Mi teneva sveglia e mi parlava di quanto io fossi patetica. Non sapevo se lo stesse facendo per il mio bene o no. Sapevo solo che per colpa sua iniziai a dormire due ore a notte. Ero sempre più stanca, lei invece non si stancava mai.

Un giorno litigai col mio ragazzo. Tornai a casa e lei era lì che rideva. Non so come faceva sempre a sapere tutto prima ancora che io glielo dicessi.
Iniziammo a litigare. Ci picchiammo con tutto ciò che avevamo. Io avevo solo dei pugni e le creai qualche livido, ma lei aveva una lama in mano, l’aveva rotta da uno dei rasoi di nostro padre. Rideva mentre la premeva contro il mio corpo nudo.

Io non seppi più che fare con lei.

Non la sopportavo, ma non potevo mandarla nemmeno via. Era troppo più forte di me.

In più lei era tutto ciò che io non ero: intelligente, bella, un po’ misteriosa. Era sempre attenta a ciò che diceva davanti alle persone. Non era mai scorretta, ogni tanto faceva la timida, ma regalava dei bei sorrisi alle persone. Nessuno avrebbe mai capito la persona che era in realtà. Nessuno mi avrebbe mai creduto se avessi loro detto cosa mi stava facendo.

Iniziai a sentirla anche quando non era con me. Mi immaginavo il suono della sua risata in ogni momento della giornata.

Spesso tremavo quando lo sentivo.

Il mio ragazzo vedendo i tagli che lei mi aveva fatto si spaventò e mi lasciò. Io non provai nemmeno a spiegare come erano apparsi sul mio corpo.

Lily, per tutta risposta, rise.
Era così uguale a me, e pure così diversa.

Quando eravamo in pullman mi mettevo la musica nelle cuffiette, così da non doverla ascoltare durante il viaggio. Ma c’erano giorni in cui mi parlava così forte alle orecchie che copriva la musica.
Non le interessava di farmi piangere in pubblico, non le interessava di nulla.

Arrivate a casa litigavamo sempre di più. Ero come un pezzo di stoffa davanti ai suoi occhi.
L’odio che provavamo l’una per l’altra era qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto misurare.

Avevo 18 anni, quando Davide venne a vivere a casa mia.
Lui aveva la mia stessa età. Lo conoscevo dalla prima elementare e mi era sempre stato vicino e io ero sempre stata vicina a lui. Perciò fu naturale la cosa. Quando fece coming out e litigò con i suoi mi chiese di passare una sola notte da me, per schiarirsi le idee. Non so bene come, ma non se ne andò più via.

Lily con lui non ci parlava. Davide la ignorava. Sembrava che non la vedesse.
Nemmeno lui sapeva come mi trattava e lei stava attenta a non comportarsi male davanti a lui.
«Se preferisci» mi diceva «gli mostro tutto quanto, come ti tratto, come mi tratti tu. Voglio vedere se almeno lui resta»
Io non volevo questo. Nessuno sarebbe stato in grado di capire il rapporto che io e mia sorella gemella avevamo.

Avevamo 20 anni quando tutti e tre decidemmo di trasferirci. Io e Lily facevamo le commesse. Davide iniziò a vivere di arte. Era bravo nel disegno, così iniziò a vendere i suoi ritratti. Ci sapeva fare anche con la macchina fotografica, così iniziò a lavorare anche come fotografo.
Tra tutti e tre non guadagnavamo molto.

Lily iniziò a mangiare sempre meno. Mi disse che era colpa mia. Iniziò a dimagrire, e mi disse che anche io non stavo bene.
Guardandomi allo specchio notavo il passaggio di lei sul mio corpo. Tutti i lividi e i tagli che mi faceva. Mi insultava ogni volta che mi piazzavo davanti allo specchio ad osservarmi.

Lei invece non aveva nessun segno, non so perché ma era sempre perfetta. Uguale a me, sì, ma migliore. Non capirò mai perché.
Le mie occhiaie erano ormai evidenti e la mia memoria iniziava a perdere colpi. Lei rideva ogni volta che mi preoccupavo per questa cosa. Mi disse che stava facendo cose al posto mio, così non mi dovevo preoccupare di far tutto. Un puro e semplice atto di gentilezza.

Ma io non le credevo. E come potevo?

Quando qualcuno mi rivolgeva la parola, Lily mi parlava più forte. Non ascoltavo quasi mai i discorsi degli altri. La gente iniziò a stancarsi di me. Della mia memoria. Era tutta colpa di Lily, io lo sapevo, ma nessuno lo capiva. Nessuno vedeva niente. Nessuno era in grado di capire i miei disagi.

Nei nostri anni di convivenza, Davide iniziò a capire qualcosa. Mi chiedeva sempre di me, come stessi.
Trovò un rasoio rotto un giorno. Era stata Lily, ma io non glielo potevo dire. Lui mi diceva sempre più spesso di essere preoccupato per me, per la mia salute. Diceva di volermi bene e di non sapere più cosa fare con me.
Mi convinse a fare terapia da una psicoterapeuta. I soldi che avevamo ci bastavano a malapena per mangiare, ma accettai.

Alzai dei muri, contro Lily. Ero diventata più forte di lei, o forse era lei ad essere diventata più debole. Ogni tanto provava ancora a farmi del male, ma non sempre ci riusciva.

Avevo 21 anni quando in terapia conobbi Emanuele. Riusciva ad amarmi nonostante Lily, nonostante tutti i problemi, nonostante me.
Iniziò ad aiutare me e Davide in casa, ogni tanto stava da noi a dormire. In quei giorni Lily spariva completamente. Odiava Emanuele. Quasi quanto odiava me. Così se ne andò.

Ero felice. Più felice che mai.

Smisi di sentire la sua risata. Smisi di vederla nelle altre persone. Smisi molte cose. Ora che non avevo più nessuno con cui litigare, i miei tagli iniziarono a rimarginarsi, i miei lividi a guarire. Ripresi peso.

Avevo 23 anni quando io ed Emanuele comprammo un test di gravidanza.
Una vita che cresceva in me. Mi misi paura.

Mi guardai allo specchio e, per un attimo, la sentii. Lily. Mi guardava attraverso i miei occhi e rideva attraverso la mia bocca. Non sarei mai stata in grado di mandarla via del tutto. Lo sapevo. Lei che era così uguale a me, non poteva semplicemente sparire per sempre.

Mi ritrovò Davide, in un mare di lacrime e chiamò la mia terapeuta. Lei venne a casa, parlammo molto e mi rassicurò. Mi disse di non lasciare che il passato mi trascinasse verso il basso, che potevo farcela e che non potevo lasciare che qualche cicatrice si riaprisse.

Io ed Emanuele eravamo felici. Lui iniziò a finire il trasferimento, da me e Davide. Quando dovevamo parlare della creatura che stava nascendo, la chiamavamo Pippi, non voleva dire assolutamente nulla, ma allo stesso tempo significava tutto.
Mi ripromisi che quell’esserino non avrebbe mai conosciuto Lily, sarebbe sempre stato, o stata, all’oscuro della sua esistenza

Avevo 23 anni e avevo Pippi che cresceva in me, quando una macchina si schiantò contro la mia mentre stavo andando a lavoro.

Mi svegliai in un letto di ospedale. Con Emanuele che dormiva poggiato nel letto al mio fianco. Gli accarezzai i capelli e si svegliò. Mi disse che Pippi non ce l’aveva fatta.

Quando tornai a casa ci trovai Lily. Non so come, ma aveva saputo tutto. Mi picchiò. Non riuscii nemmeno a reagire quella volta. Rimasi stremata contro una parete del bagno a piangere per ore. Mi trovò Davide, di nuovo. Si sedette vicino a me e mi disse che non mi sopportava più. Che era stanco delle mie bugie e dei miei crolli.
Mi disse inoltre che era da un po’ che stava con un uomo, era più grande di lui. Lo amava e si sarebbe trasferito. Quell’uomo, da qualche mese ormai,  gli diceva che ero solo un peso e che non avrei mai aiutato la luce di Davide a brillare e lui era d’accordo.

Mi sembrò di morire.

Parlò Lily per me «E allora vattene» disse. Era seduta vicino a me. «Sapevi già tutto quando hai deciso di vivere in questa casa. Se sei stanco, come tutti gli altri, è meglio che te ne vai. Senza tornare»
E Davide se ne andò. Aveva già tutto dentro una borsa. Aveva deciso da settimane di andarsene, doveva solo trovare la forza per abbandonarmi.
Mi disse di tornare in terapia. Che non voleva perdermi.

Come chiuse la porta Lily si mise di nuovo a ridere. Mi picchiò di nuovo.
Quando Emanuele tornò a casa fece un lungo discorso con Lily. Lei parlò per me tutto il tempo. Lei gli disse che doveva stare tranquillo, che sarei stata bene, che avevo bisogno di tempo.
Emanuele mi abbracciò e Lily andò via.

Eravamo solo noi due in quella casa, ma ogni tanto Lily tornava. Lily c’era mentre andavo a lavoro, Lily stava nuovamente riempiendo le mie giornate.
Tornò a vivere da noi, dopo un po’.

Mi picchiava quasi tutti i giorni. Quel periodo per me fu un inferno. Lily iniziò di nuovo a tenermi sveglia la notte. Di nuovo ero stanca. Di nuovo la mia memoria cominciò a vacillare.

Ho smesso di presentarmi a lavoro da una settimana, ormai.

Io ed Emanuele stavamo litigando tutti i giorni. Diceva che non mi capiva, che mi amava, ma gli stavo facendo male. Non sapeva come aiutarmi.
Lily l’ha mandato via. Ha detto che non lo voglio più vedere.

Ieri ho trascorso il mio terzo giorno senza di lui. Mi chiama ogni giorno. vuole tornare da me, ma io gli dico che sto bene e di non rompermi.
In questi tre giorni Lily non mi ha picchiato. Mi ha dato da mangiare, mi ha pettinato, vestito.

Ha preparato un bagno caldo. E così che ha detto che vuole che me ne vada.

Avevo 23 anni quando sono entrata in una vasca di acqua calda e Lily mi ha tagliato le vene. Emanuele mi ha chiamato tutta la mattina, voleva e assicurarsi che stessi bene.

Mi ha trovato la notte in un bagno di sangue, il mio cuore non batteva già da ore.

Il mio necrologio annuncerà che i miei capelli rossi brillavano come il fuoco al sole, che i miei genitori, i miei amici e il mio ragazzo hanno provato a tirarmi fuori dalla depressione, ma non ce l’ho fatta, sono morta combattendo contro di lei.
Il mio nome è Lily, sono figlia unica e il mio funerale si svolgerà domani mattina, chiunque voglia darmi un ultimo saluto può venire.

 
 
 
 
 
NOTE AUTRICE
Scusatemi se questa stoia è un po’ strana.
Se vi ritrovate in essa, o se avete qualsiasi problema di cui vi piacerebbe parlare, non esitate a scrivermi.
Un abbraccio,
JinevraChichiSon

 

  
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