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Autore: Herm97    17/02/2019    0 recensioni
Lei si trasferisce.
Lei incontra lui.
L'ultimo anno da liceali, e il diploma non è per niente vicino.
(Potete trovare la stessa storia su Wattpad - IAmTavi)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Heidi

 

Stacco gli occhi dal pc e li sposto sul calendario appeso accanto alla bacheca in sughero, il mese di Agoso che si riconosce per una vecchia foto dei Queen in bianco e nero. Con un sospiro malinconico e nostalgico, mi rendo conto che è praticamente passata una settimana dal giorno in cui ci siamo trasferiti, e ancora io mi sento fuori posto.

È orribile svegliarsi in un posto che si conosce appena, dove la gente che incontri per strada non fa altro che squadrarti dalla testa ai piedi come se volesse dirti che non appartieni alla loro favolosa comunità – o qualcosa del genere. Senza contare quei simpaticissimi personaggi che fanno una cosa o l'altra solo per mettersi in mostra, e per giunta si aspettano che la faccia anche tu.

L'unica nota positiva è che ieri, durante la mia corsetta mattutina, mi sono spinta oltre il parco e sono arrivata in centro, dove ho scoperto un negozio che vende dischi e libri insieme. Quando mi sono accorta della sua esistenza era ancora chiuso, ma le saracinesche erano già state tirate su e quindi gli ho dato un'occhiata attraverso una delle vetrine.

Forse oggi pomeriggio ci faccio un salto, mi dico. Tanto non ho assolutamente nulla da fare.

«Hai intenzione di startene a letto tutto il giorno?» mi chiede la mia migliore amica, e io riporto la mia attenzione sul computer.

Attraverso lo schermo vedo Desì infilarsi un paio di leggins grigi sopra il body rosa. I capelli blu le cadono sulla schiena come una stupenda cascata, il septum che brilla quando un raggio del sole colpisce la sua superfice. Per un momento esce dal mio campo visivo, e quando torna ha fra le mani una borraccia piena d'acqua e le classiche scarpe per la danza classica.

«Ho trovato un negozio che fa al caso mio» rispondo, tirandomi su a sedere e sistemando i cuscini perché possa appoggiarci la schiena. «Magari riesco a trovare quel vinile dei The Who che mi manca»

Desì annuisce distrattamente. Chiude il borsone e si guarda intorno in cerca di qualcosa, sparisce nuovamente dallo schermo e qualche secondo più tardi la vedo tornare coi capelli racchiusi in uno stretto chignon.

Le mie labbra si piegano in un sorriso nostalgico e nella mia testa raffiora un vivido ricordo.

Un paio di Halloween fa, io e Desì dovevamo partecipare ad una festa in costume e lei, saltellando dall'eccitazione, aveva proposto di vestirci da ballerine di danza classica. Ovviamente io avevo accettato, ma ad una condizione: avremmo sporcato body e tutù di sangue finto – naturalmente, questo comportava tagli finti sul viso e sulle braccia, un occhio nero e altro sangue che ci usciva dalla bocca.

Desì si era trovata pienamente d'accordo con la mia idea, decidendo che avremmo interpretato il ruolo di due ballerine morte, o qualcosa del genere. Così, qualche ora prima della festa, ci trovammo a casa sua per prepararci. La cosa che ricordo ancora, come se fosse ieri, è il dolore alla testa che ho avuto per quasi una settimana, per via dello stretto chignon che Desì mi aveva fatto.

Mi porto una mano ai capelli e faccio un'espressione che la mia migliore amica capisce al volo, e sul suo viso appare un ghigno divertito.

«Abbiamo vinto il premio per il costume migliore, Weasley» ridacchia, dandosi una sistemata al septum.

«Ne è valsa la pena, lo ammetto» dico, annuendo con un sorriso divertito.

I dieci minuti successivi io e Desì li passiamo a chiacchierare. Parliamo dell'estate che sta finendo, dell'inizio della scuola che si fa sempre più vicino e di molto altro ancora. Un paio di volte le ricordo che ha promesso di venire qui a festeggiare Halloween e il giorno del Ringraziamento, insieme a me e alla mia famiglia.

Poco prima di salutarmi per andare a lezione di danza, Desì tira fuori Kaden, il migliore amico del mio vicino di casa. Mi informa che è riuscita a farsi dare il suo numero e che, al momento, si stanno sentendo.

«Ma te sei contro le relazioni a distanza» dico, corrugando la fronte.

«Sì, ma l'hai visto?» replica immediatamente lei, dandomi della cieca con lo sguardo. «E' un figo pazzesco, Heidi!»

Io scuoto il capo divertita, rimanendola ad ascoltare mentre afferma che per ragazzi come Kaden – belli, in forma e con un viso dolcissimo – le relazioni a distanza sono contemplate. Decide poi di spostare la conversazione su Theo, ma dal pianerottolo fuori camera sua Margaret, sua sorella, la chiama.

Non appena sullo schermo riappare la chat di Skype, rimango ferma a guardare il tempo che abbiamo passato a parlare. Solo quando noto che Desì non è più online, mi ricordo che avrei dovuto dirle che mi manca e che vorrei poterla raggiungere alla scuola di danza per vederla ballare, perché ogni volta che si alza sulle punte è pura magia.

°*°

Mi infilo il vestito col logo dei Guns N' Roses e le Doc Marten nere e mi fiondo in bagno. Apro l'armadietto dove ci sono i trucchi miei di mia madre e tiro fuori il rossetto rosso, portandomelo subito dopo alle labbra. Passo un filo di mascara sulle ciglia, mi metto un filo di crema solare sul viso e infine do una pettinata ai capelli rossicci.

«Hey sexy!» mi dico, facendomi l'occhiolino da sola, davanti allo specchio.

Esco dal bagno e torno in camera solo per prendere una borsa, il portafoglio, il cellulare e le cuffie. Sospiro soddisfatta dando un'ultima occhiata a camera mia: il pavimento sta iniziando a sparire sotto i miei vestiti e al caos generale.

Con l'umore che tocca il cielo, scendo le scale fischiettando una delle ultime canzoni di Lenny Kravitz. Salto gli ultimi due gradini e subito mi dirigo verso la porta che da sul giardino posteriore: Jaime è in piscina a nuotare, mia madre sta prendendo il sole e mio padre sta chiacchierando con Luis, entrambi se ne stanno appoggiati allo steccato che divide le due ville.

«Dove vai conciata in quel modo?» mi chiede mia madre, limitandosi ad abbassare di poco gli occhiali da sole.

Cerco di non alzare gli occhi al cielo e mi mordo la lingua per non mandarla a quel paese.

Non è un segreto che io e mia madre siamo un po' come cane e gatto, e che a lei non piace assolutamente né il mio gusto in fatto di musica, né i vestiti che scelgo di comprare in sua assenza. Quelle poche volte che capita di andare a fare shopping insieme, io vado di corsa alla ricerca delle magliette delle band, jeans strappati e, in generale, vestiti scuri, mentre lei opta per un abbigliamento più sobrio e di classe.

Velocemente le spiego la storia del negozio di libri e dischi che ho trovato ieri mattina, ma lei sembra già aver perso l'interesse. Scuoto piano il capo e, senza farmi vedere, alzo gli occhi al cielo.

Decido che è meglio avvisare anche mio padre, quindi mi avvicino a lui e mi scuso per aver momentaneamente interrotto la sua conversazione con Luis. Ripeto la stessa spiegazione che ho dato circa trenta secondi fa a mia madre, avvisandolo che tornerò fra due ore al massimo e lui, in risposta, mi da un bacio sulla fronte e sorride.

Mi sto girando per andarmene, quando Luis mi richiama: «Theo deve andare a prendere Vanessa. Se aspetti cinque minuti, può darti un passaggio in città»

Ma quei cinque minuti si trasformano in cinque secondi, perché proprio quando sto per declinare l'offerta, Theo apre la porta che da sul retro e si avvicina a suo padre.

Indossa una canottiera bianca molto semplice, che naturalmente lascia in bella mostra i muscoli delle braccia, e un paio di pantaloncini da basket di non so quale squadra. I capelli scuri sono arruffati, non fa che tirare su gli occhiali alla Harry Potter e fra le labbra tremendamente invitanti tiene una sigaretta ancora spenta.

Un momento: tremendamente invitanti?! Le sue labbra?!

Scuoto il capo, sconvolta da ciò che ho appena pensato.

«Papà, io sto andando» mormora Theo, tirando fuori dalla tasca dei pantaloncini un accendino. Se lo porta vicino al viso e accende la sigaretta, poi aggiunge: «Torno per cena»

Vorrei andarmene, ma per qualche strano motivo non riesco a muovermi.

«Daresti un passaggio ad Heidi in città? Deve andare al negozio di dischi e, se non sbaglio, è sulla strada per andare da Vanessa» gli chiede Luis.

Finalmente Theo si accorge che ci sono anch'io e sposta i suoi occhi su di me. Si prende quasi un minuto per rispondere, durante il quale mi squadra dalla testa ai piedi e, un paio di volte, si porta la sigaretta alla bocca. Io incrocio le braccia al petto e sposto il peso prima su una gamba e poi sull'altra, aspettando di sentire Theo dire a suo padre che no, non mi darà un passaggio.

Perché è questo quello che mi aspetto da lui.

Passa ancora una manciata di secondi ed io inizio a perdere la pazienza, ma Theo mi sorprende dicendo: «D'accordo»

Saluta Luis e mio padre, poi mi dice di aspettarlo fuori dal cancello di casa mia. Io annuisco poco convinta e mi incammino senza dire più niente, seguendo lo steccato e quindi attraversando il viale d'igresso della villa. Un minuto più tardi sto superando il cancello e Theo, col G Wagon nero ultimo modello, si ferma proprio davanti a me – i finestrini sono colpetamente abbassati, dall'abitacolo arriva musica abbastanza decente.

«Sali, Reddy!» mi chiama, finendo di fumare la sua sigaretta e buttando il mozzicone a terra, dalla sua parte.

Io sbuffo per il nomignolo e faccio come mi dice.

Non appena ho chiuso la portiera e mi sono allacciata la cintura, Theo alza i finestrini e accende l'aria condizionata, un profumo di vaniglia che mi si insinua nelle narici. Spinge il piede sull'acceleratore e, allo stesso tempo, allunga una mano verso la radio per abbassarne il volume.

Con tutte le mie forze tento di non girarmi verso di lui, ma ad un certo punto cedo e mi metto ad osservarlo. Guida con attenzione, gli occhi che rimangono fissi e concentrati sulla strada e le mani stringono il volante con delicatezza. Per un po' rimane in silenzio, di tanto in tanto lo sento canticchiare le canzoni che trasmettono alla radio.

Come se lo vedessi per la prima volta, mi rendo improvvisamente conto che Theo è proprio un bel ragazzo. Anzi, imitando Desì che descrive Kaden: Theo è un figo pazzesco; persino di profilo non posso far altro che paragonarlo ad un dono dal cielo.

«Complimenti alla mamma» dico, e subito mi porto una mano alla bocca perché questa mia opinione doveva rimanermi in testa in forma di pensiero.

Theo ridacchia. «Riferirò»

Fingo di non sapere a cosa si riferisca e dico: «Come?»

«Beh,» risponde lui, staccando gli occhi dalla strada un solo momento per guardarmi. «è da un po' che mi stai fissando, quindi era ovvio che quel "Complimenti alla mamma" fosse rivolto a me»

Penso alla risposta migliore da dargli per vincere questa breve conversazione, ma dalla mia bocca non esce neanche una parola. Sconvolta da questo mio blocco improvviso, decido di fingere che non sia successo nulle e mi volto verso il finestrino. Solo che mi torna in mente una cosa e, nonostante mi morda la lingua diverse volte...

«Come mai Vanessa ti stava ridando una maglietta, qualche mattina fa?»

Sento Theo che si muove sul sedile, è forse a disagio?

«Non sono il tipo che lascia alla prorpia ragazza i vestiti che le ha prestato» dice, sospirando.

Annuisco, soddisfatta da questa spiegazione, e sposto finalmente la mia attenzione su altro. Per quasi cinque minuti rimango ad osservare come le villette, avvicinandoci sempre più alla città, si trasformano in palazzi. Essendo estate, c'è un sacco di gente in giro: chi stringe in mano borse che portano il logo di qualche negozio, chi sta portando fuori il cane, chi si sta semplicemente facendo una passeggiata con gli amici.

Mi mordo un labbro: A quest'ora, anche io sarei stata in giro coi miei di amici.

Sento la macchina che rallenta e, infine, si ferma esattamente davanti al negozio di dischi. Ammiro meravigliata l'insegna al neon, il via andare delle persone e qualcuno che addirittura balla a tempo di musica rovistando fra i vinili. Noto una ragazza che, in un punto vicino alla vetrina, prende un libro e lo annusa.

Mi sto forse guardando allo specchio?

«Senti, Shortcake, io avrei delle cose da fare»

La voce di Theo mi riporta alla realtà, facendomi rendere conto che sono ancora in sua compagnia. Mi volto per ringraziarlo, ma quando il suo nuovo nomignolo raggiunge il mio cervello cambio idea.

Assottiglio lo sguardo. «Non chiamarmi così»

«Preferisci Biscottino dagli occhi rari?» mi chiede, con finta innocenza.

Chiudo gli occhi e mi metto a contare fino a diedi a bassa voce, scacciando quella voglia di prenderlo a calci e mandarlo a cagare allo stesso tempo. Quando finalmente mi sono calmata, riapro gli occhi e lo trovo lì a fissarmi, le labbra piegate in un sorrise appena accennato.

Con difficoltà dico: «Ti ringrazio per il passaggio»

Quindi scendo dall'auto e rimango un momento fuori dal negozio, alle mie spalle sento uno dei finestrini che si abbassa e: «A più tardi, Shortcake!»

°*°

Nel cielo il sole sta lentamente andando a nascondersi dietro l'orizzonte, colori caldi che trasmettono un senso di pace e tranquillità. Uno stormo di uccelli si alza in volo, un aereo si allontana senza fare rumore e una nuvola assume la forma di quello che sembra un drago.

Supero il cancello d'ingresso e noto Jaime che mi viene incontro con lo skateboard, sul naso un paio di occhiali da sole e i capelli che si muovono ogni volta che lui riprende velocità. Tiene le mani nelle tasche, le labbra piegate in un sorriso rilassato.

«Hey, Ginger!» mi saluta, superandomi solo per curvare. «Dove sei stata di bello?»

Io gli mostro la busta, il logo blu formato da un disco e un libro aperto. «Mi sono lasciata trasportare un pochino»

Jaime si ferma e mi prende il sacchetto dalle mani e ne esamina il contenuto. Tira fuori il primo libro de "Il Trono di Spade" e legge velocemente la trama, poi prende i quattro vinili che ho comprato e ne osserva la copertina. Rimette tutto in ordine, mi passa la busta e afferma che ha proprio voglia di ascoltare uno dei dischi che ho comprato. Senza aspettarmi, riprende velocità in direzione della casa.

Velocemente salgo le scale e mi fiondo in camera mia, togliendomi le Doc Marten con poca cura. Faccio uno scatto verso l'armadio e tiro fuori il giradischi, posizionandolo poi sulla scrivania. Jaime entra nella stanza proprio quando sto mettendo su il vinile di Michael Jackson: Billie Jean è la prima a partire.

Io e Jaime ci lasciamo andare e insieme cantiamo a squarciagola, fregandocene di tutto e di tutti. Non so come, ma ad un certo punto ci ritroviamo persino sul balcone a saltellare. Jaime improvvisa un balletto, mi prende una mano e mi fa fare una giravolta.

Quando arriva Bad, sto urlando ancora più forte di prima.

Parte per la seconda volta il ritornello e io mi rendo conto che abbiamo degli spettatori. Sul balcone opposto, Vanessa e Theo ci stanno fissando: lei completamente scioccata, lui con un mezzo sorriso divertito sulle labbra. Io me ne frego e continuo a ballare senza sosta, Jaime che di tanto in tanto scoppia a ridere.

«And the whole world' has to answer right now, just to tell you once agian who's bad!»

   
 
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